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E su facebook sbarca il Tea Party all’italiana. Dall’America con furore

18 Agosto 2011 6 min lettura

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E su facebook sbarca il Tea Party all’italiana. Dall’America con furore

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6 min lettura

È giunta anche su Facebook la voglia di Tea party. oltre 2.000 fan. Il proclama è di quelli decisi.

"Il gruppo ufficiale finalizzato all'organizzazione delle tappe del Tea Party in Italia.

Se volete organizzare la rivolta dal basso anche nella vostra città, questo è il posto giusto!"

E via col merchandising delle teiere (sono turbocapitalisti d'altra parte), i video con un Oscar Giannino vestito sempre più sobriamente, i tasti per diventare amici su Facebook, Twitter ed il canale Youtube (il minimo sindacale). 

Ed un networking di tutto rispetto:

Il Treno del Reno - Centro Studi Liberali - ISFIL - JEFFERSON - UltimaThule - Libertiamo - ConfContribuenti - CARTA LIBERA - Gioventù Liberale Italiana - Scenari Politici - L'Officina - Centro Culturale Verona - La Cittadella Interiore - Tocqueville - SBL - Zuppa di Porro - il blog di Nicola Porro - Percorsi in Libertà - Jimmomo - Mondopiccolo - The Common Sense Revenge - Tea Party Piemonte.

Destra xenofoba, romanticherie ottocentesche, patriottismi e liberalismi vari.
Qualche confusione dottrinaria: ma, ormai, chi ci bada?

C'era una volta in America
Le strade dell'inferno sono lastricate di buone intenzioni.
E quelle del dispotismo totalitario dai proclami dei liberali.

Negli Stati Uniti d'America il negoziato congressuale per un accordo con il Presidente Barack Obama - sull'innalzamento legislativo del tetto del debito pubblico americano - ha avuto un solo vincitore: il Tea Party e i deputati Repubblicani più sensibili ai suoi orientamenti. 

Il richiamo al Tea è parte del mito – e della storia fondativa degli States. Quelle casse di tè distrutte nel 1773 nel porto di Boston erano vendute dalla Compagnia delle Indie alla quale la Corona britannica aveva concesso forti sgravi fiscali per venderlo a prezzi più bassi e contrastare il commercio – ed il contrabbando - dei coloni americani.

Business, as usual. Rapporti tra colonie e monarchia britannica.

Un bel pretesto, per la destra nazionalista e xenofoba americana, per assumere un fatto storico, mistificarlo a proprio uso e consumo, infiocchettarlo con l'etichetta “freedom” (la libertà, sopratutto di ignorare fatti e realtà) e presentarlo come la sfida del XXI secolo allo statalismo, alla burocrazia, alle tasse, a tutto quello che “puzza” di socialdemocrazia europea. 

E il ricatto di questa destra, mentre gli Stati Uniti erano sul baratro di una possibile dichiarazione di default tecnico, ha funzionato. Obama è stato costretto ad accettare un accordo fortemente asimmetrico pur di innalzare il debito pubblico che prevede forti tagli alle spese del governo federale e l'intoccabilità delle rendite finanziarie. Pochissimi hanno ricordato che quel deficit è stato causato dalle guerre “umanitarie” promosse da George W. Bush e dal salvataggio delle banche per la crisi dei mutui per le case e dei subprime, prodotta proprio dall'assenza di regole e di sanzioni statali. 
Chi sono i frontier-man - e soprattutto le frontier-girl – dei Tea party statunitensi?

Jerk & Bitch, il loro modello antropologico. Meglio se con gambe lunghe e tacco 12” per le donzelle, eloquio macho ed irrefutabile, pistola al fianco e mascella volitiva per i maschi alfa, o presunti tali. 

I Repubblicani, provati dalle sconfitte militari e politiche di Bush, individuano nel Tea il movimento politico di riferimento, ormai – e seguono pedissequamente le sue linee politiche e comunicative.

Sarah Palin è ben nota. Completamente ignorante di questione economiche (e geopolitiche). Favorevole alla caccia, alle armi ed alle liste di proscrizione dei suoi avversari politici. Con una target list ed un'infografica, con tanto di mirino esplicativo, pubblicata anche sul suo profilo pubblico su Facebook. Se poi qualche pazzo la prende sul serio e tenta di uccidere uno dei “target” da lei indicata, la Deputata Gabrielle Gifford, assassinando nel frattempo un giudice federale e altre cinque persone, tra cui un bambino, è solo uno sfortunato incidente.

Glenn Beck, l'anchorman, lo scrittore, il videoblogger dell'ultradestra americana - ricordiamolo, multimilionario - ha detto la sua sulla strage di Oslo e dell'isola di Utoya. Quei giovani massacrati gli ricordano molto, visto che erano lì, tutti insieme, per fare proselitismo politico, la gioventù hitleriana. "There was a shooting at a political camp, which sounds a little like, you know, the Hitler youth. I mean, who does a camp for kids that's all about politics? Disturbing."

Michelle Bachman, che ha vinto una sorta di sondaggio pre-elettorale in Iowa, ha esplicitamente affermato di voler creare il gruppo dei Repubblicani che si richiamano alle idee del Tea Party.
Chiaramente per lei l'omosessualità è una malattia, e i bambini neri crescevano più sani durante il periodo della schiavitù che nell'era-Obama. 

Qui si può sottolineare una caratteristica comune all'intero modello di comunicazione delle nuove destre occidentali.
L'utilizzo della boutade, della mistificazione, del paradosso: senza alcun limite. Senza il minimo rispetto per dati, fatti elementi oggettivi. Chi li porta a difesa della confutazione delle tesi espresse di questi amanti del Tea è noioso, borioso, pedante. E sta parlando, chiaramente, di cose che non interessano al popolo.

La dissimulazione assertiva, l'esaltazione della propria autostima come elemento fondamentale della giustificabilità delle proprie convinzioni, la totale irrisione e disprezzo per il dialogo ed il confronto.
Che vengono, comunque, sempre richiesti, come idolo polemico.

E non si dimentichi, specie in occasione di talk show, la caparbia e disinvolta invenzione di realtà altre, parallele, mai provate. 

Made in Italy
Per quanto riguarda il successo europeo di tali modelli è interessante l'opinione di Tom Vandyck sul quotidiano belga De Morgen: “Il Tea party è l'espressione statunitense di sentimenti che in Europa sono rappresentati già da anni da partiti come il Vlaams blok, oggi Vlaams belang (Vb, nazionalisti fiamminghi) nelle Fiandre, Il Front national in Francia, il partito del defunto Pim Fortuyn nei Paesi Bassi o la Lega nord in Italia. 
Ora però i successi delle teiere statunitensi fanno ospitare gli xenofobi localisti europei nei “salotti buoni” del discorso politico e nelle istituzioni parlamentari. 
Su L'Espresso del 18 agosto 2011, a pagina 15 Alessandro De Nicola ripete il mantra: “Per ridurre il debito si devono tagliare le spese e non aumentare le imposte”.
Il comandamento unico viene ripetuto da tutti coloro che si professano “anti-casta”, senza alcuna distinzione. Nessuna analisi, nessun criterio di selezione delle spesa da tagliare. L'importante è “che siano liberate risorse per investimenti e consumi, restituendole ai privati”.

Attenzione al ragionamento. “La litania sull'evasione ha stancato: bisogna stanarla, ma nel frattempo che si fa, si tassa chi già paga?”. 

Nessuna soluzione per l'evasione fiscale. Se si ha la febbre la colpa è del termometro. L'on. Marco Reguzzoni è il Presidente dei Deputati della Lega Nord. Non perde occasione, in ogni dichiarazione di voto, di esaltare i valori del Tea Party statunitense.
Riesce a dire nella stessa frase che ringrazia il governo per aver mantenuto in ordine i conti e chiedere giustizia per i tartassati del Nord. 
Il Tea Party all'italiana sbarca su facebook
Ed ora il Tea Party è sbarcato con successo sul social network facebook.
Meno tasse. Stato magro. Anoressico.

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Fino ad ora, i post sono relativi all'esaltazione dell'ex ministro Antonio Martino, del governatore del Texas Rick Perry (che gira con una pistola anche quando va a giocare a tennis), e a favore della Lega Nord. 

Tra i commenti: “Il fatto che il Sole24ore sia apertamente pro-Obama è la dimostrazione (se ce ne fosse ancora bisogno) che il nostro è uno stato socialista con le aziende avverse al libero mercato. Come ogni stato socialista (visto che in natura non esiste ) è destinato a fallire”. Si parte bene. 
Il Tea party italiano potrebbe quindi essere l'ennesima trasformazione di marketing politico della destra italiana berlusconiana.

Da Forza Italia, al “predellino” e al Popolo della Libertà, per passare a un Partito Popolare Europeo presentabile - per il moderatismo e conservatorismo italiano, con un motore popolare antistatalista e ostile all'Unione Europea. La Lega dopo Bossi, insomma, che proverà a darcelo a bere. Cosa? Il Tea, ovvio. 

Lo stato è oggi ipertrofico, elefantiaco, enorme e vulnerabilissimo, perché ha assunto una quantità di funzioni di indole economica che dovevano essere lasciate al libero gioco dell'economia privata”.
[...] Noi crediamo, ad esempio che il tanto e giustamente vituperato disservizio postale cesserebbe d'incanto se il servizio postale, invece di essere avocato alla ditta stato, che lo esercisce nefandemente in regime di monopolio assoluto, fosse affidato a due o più imprese private. [...]
In altri termini, la volontà del fascismo è rafforzamento dello stato politico, graduale smobilitazione dello stato economico”.
Benito Mussolini. Opera Omnia., XVI, p. 101
Consigli di lettura:
Crashing The Tea Party - The New York Times
Massimo Ribaudo
@valigia blu - riproduzione consigliata

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