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Cosa mi piace e cosa non mi piace di Grillo e del MoV5Stelle

29 Maggio 2013 3 min lettura

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Cosa mi piace e cosa non mi piace di Grillo e del MoV5Stelle

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[UPDATE 30.5.2013] E poi ci sono post come I maestrini dalla penna rossa, in cui Grillo definisce Rodotà, senza nominarlo, 'un ottuagenario miracolato dalla Rete, sbrinato di fresco dal mausoleo dove era stato confinato dai suoi a cui auguriamo una grande carriera e di rifondare la sinistra.' Ecco in questi casi il linguaggio del leader del M5S fa schifo almeno quanto il contenuto. Se il Movimento si disintegrerà, distruggendo aspettative, sogni, energie, impegno di tanti attivisti e di chi lo ha sostenuto e ci ha creduto, sarà solo ed esclusivamente responsabilità di Grillo. (Consiglio la lettura dei commenti sul blog di Grillo a questo ultimo post. E non venisse a raccontare che sono troll e infiltrati).

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Leggendo l'ultimo post di Grillo, ho pensato di buttare giù un po' di appunti su Grillo e il MoVimento 5 Stelle. Sono pensieri sparsi rispetto anche alle vicende di questi ultimi giorni.

1) Mi piace che il M5S abbia coinvolto giovani impegnati contro una politica che non è gestione di potere per il bene comune, ma gestione di potere per il potere.

2) Non mi ha convinto la classe dirigente selezionata dal metodo Grillo/Casaleggio. Soprattutto non mi convince l'idea 'filosofica' alla base del Movimento, «uno vale uno». Mi pare evidente che non regga, si è più volte scontrata con decisioni calate dall'alto: chi ha deciso la fuoriuscita dal Movimento di Favia & Co? Davvero «uno vale uno» se a possedere il logo del Movimento è Grillo, che mette fuori dai 5 Stelle attivisti di primo piano con una semplice lettera di un avvocato? La democrazia orizzontale della Rete (ma anche fuori dalla Rete, come tiene a precisare il mio amico Tedeschini Lalli) semplicemente non esiste. Possiamo  - e anzi, direi dobbiamo - pretendere una democrazia che allarghi e potenzi sempre più le sue forme di partecipazione (questo significa anche c'è bisogno di una cultura della partecipazione da parte dei cittadini). Come dice Stefano Rodotà:

La democrazia rappresentativa si salva solo con un innesto di democrazia partecipativa. Non le vedo in conflitto. I partiti non devono pensare che i movimenti inquinano. Nello stesso tempo i movimenti non possono pensare di non dover fare i conti con la democrazia rappresentativa.

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3) Il linguaggio - usato strategicamente o meno (e che ha portato nella comunicazione politica il linguaggio della satira) - non mi è mai piaciuto, capisco che soprattutto all'inizio sia stato funzionale alla spallata e magari fa parte dello stile e della natura di Grillo, indipendentemente da tecniche e strategie. Ma ora proprio lo trovo faticoso, pesante. Mi scoccio. E il livore, l'aggressività anche la scarsa qualità che lo caratterizza fanno male ai concetti, ai contenuti e alle questioni che anche giustamente si pongono. Ma che alla fine - almeno per me - non passano. Perché passa il messaggio rancoroso, aggressivo. «Le parole sono finestre, o muri», come recita il libro di Marshall Rosenberg.

4) Sulla Rai Grillo ha ragione, come ha ragione sui giornali contro in modo quasi sbalorditivo, tra superficialità, incompetenze (se confondi un commento di un utente con la base, con gli attivisti tanto per fare un piccolo esempio...) e vere e proprie forzature: l'occupazione dei partiti  - tutti, sì sono tutti uguali - è indecente e oserei dire antidemocratica. Sulla sua proposta di riforma della Rai, che non mi convince, vorrei capire: come è stata presa? Chi l'ha presa? Se ne può discutere?

5) A Grillo consiglierei oggi una lettura lenta, senza fretta, visto che lui dice di non averne, dell'articolo Il deserto dei delusi, di Barbara Spinelli pubblicato su La Repubblica. Perché lui ha ragione a paragonare i risultati comunali del 2013 a quelli del 2008, ma non può negare che rispetto a febbraio metà degli elettori che avevano votato i 5 Stelle hanno deciso di astenersi. E non può non vedere che il Movimento ha un problema importante rispetto alla selezione e alla formazione della propria classe dirigente. La buona volontà, l'impegno sincero, cristallino di tanti attivisti che hanno deciso di investire tempo ed energie non basta. Soprattutto se vuoi scardinare un sistema di potere che ci ha portato dove siamo. Devi essere all'altezza. Non puoi permetterti lo spettacolo di questi tre mesi, tra errori politici e di comunicazione.

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