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Cosa c’è dietro l’improvviso aumento dei test missilistici della Corea del Nord

7 Ottobre 2022 6 min lettura

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Cosa c’è dietro l’improvviso aumento dei test missilistici della Corea del Nord

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Sei lanci missilistici in 12 giorni, 40 in un anno. La Corea del Nord mostra la sua potenza balistica in quella che si può considerare a tutti gli effetti un’escalation militare in Asia orientale.

Gli ultimi tre missili sono stati lanciati nello spazio di due giorni. Il primo, il 4 ottobre: un missile balistico a raggio intermedio ha raggiunto un’altitudine di circa 1.000 km, più in alto della Stazione Spaziale Internazionale, ha volato per circa 4.500 chilometri e sorvolato il Giappone, prima di cadere nell’Oceano Pacifico. Si tratta del primo lancio missilistico verso il Giappone dal 2017 e della distanza più lunga mai percorsa da un'arma nordcoreana, secondo i funzionari di Tokyo e Seul.

La gittata fa ritenere che i missili nordcoreani a medio raggio possano ormai raggiungere l’isola di Guam, un piccolo territorio statunitense nel Pacifico occidentale che la Corea del Nord aveva minacciato di attaccare con un “fuoco avvolgente” cinque anni fa. La traiettoria fa pensare, infatti, che il missile lanciato il 4 ottobre sia più potente dell'Hwasong-12, testato dalla Corea del Nord nel 2017 e che aveva spinto l’allora presidente statunitense Donald Trump a inviare i bombardieri supersonici B-1B e altri aerei da guerra nei pressi della Corea del Nord. Il presidente nordcoreano Kim Jong-un aveva risposto con un lancio di prova di un missile balistico intercontinentale, a suo dire in grado di raggiungere con una testata nucleare gli Stati Uniti.

Due giorni dopo, il 6 ottobre, la Corea del Nord ha lanciato altri due missili balistici a corto raggio verso il Mare Orientale, secondo quanto dichiarato dall’esercito sudcoreano, dopo che il giorno prima Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud avevano condotto delle esercitazioni militari in risposta al lancio del 4 ottobre e la portaerei a propulsione nucleare americana, la USS Ronald Reagan, era tornata nelle acque a est della Corea del Sud. Gli aerei sudcoreani e statunitensi avevano sparato contro un finto bersaglio su un'isola disabitata nel Mar Giallo, Stati Uniti e Giappone avevano effettuato esercitazioni congiunte nel Mar del Giappone.

Non si tratta delle prime esercitazioni congiunte nell’area tra Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud. Il 23 settembre, in concomitanza con una visita della vicepresidente statunitense Kamala Harris al confine fortificato tra le Coree, la portaerei Ronald Reagan aveva fatto scalo in Corea del Sud per la prima volta dal 2018 e i tre paesi avevano condotto esercitazioni navali insieme per la prima volta dal 2017. All’epoca, la Corea del Nord aveva lanciato due missili verso il Giappone e poi condotto un test nucleare in tutta risposta.

Anche questa volta, il copione è stato lo stesso. Per Kim Jong-un le esercitazioni della scorsa settimana sono una prova che i tre Stati si starebbero preparando alla guerra e così ha iniziato a lanciare missili, riporta il quotidiano giapponese The Asahi Shimbun.

Questa volta, però, gli Stati Uniti non sembrano voler scatenare “fuoco e furia”, come dichiarato da Trump nei confronti di Kim cinque anni fa, scrive Reuters in un articolo dal titolo evocativo “Pieni di fuoco ma a corto di furia”. Washington ha definito i nuovi lanci del 6 ottobre una violazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu e una minaccia ai paesi della regione e a tutta la comunità internazionale. Un portavoce del Dipartimento di Stato americano ha fatto comunque sapere che gli USA continuano a perseguire l'approccio diplomatico e chiedono alla Corea del Nord di aprire un dialogo. 

Il Presidente USA Joe Biden ha ribadito il “fermo impegno” degli Stati Uniti a difesa del Giappone durante una telefonata con il presidente giapponese Fumio Kishida che ha definito il lancio un “comportamento violento". Il ministro della Difesa, Yasukazu Hamada, ha detto che il Giappone non esclude alcuna opzione, compreso il contrattacco, mentre cerca di rafforzare le proprie difese di fronte ai ripetuti lanci missilistici della Corea del Nord. Anche la Corea del Sud ha annunciato che potenzierà le proprie forze armate e aumenterà la cooperazione con gli alleati.

Sarebbe una grave sottovalutazione ritenere che l’incremento della frequenza dei test missilistici sia il frutto della sola indignazione da parte di Kim Jong-un per le esercitazioni congiunte di USA, Giappone e Corea del Sud in Asia orientale, scrive il giornalista del Guardian, Justin McCurry. Al contrario, spiega il corrispondente da Tokyo, dietro questi test c’è una lucida valutazione del contesto internazionale. 

Gli osservatori di Pyongyang erano convinti che Kim Jong-un avrebbe evitato di intraprendere qualsiasi azione prima del congresso del Partito comunista cinese il prossimo 16 ottobre. Ma, come detto, l’occasione era troppo ghiotta per poter mostrare a tutti la propria potenza balistica. L'instabilità politica globale e i fragili equilibri all’interno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno dato alla Corea del Nord “l’opportunità per provocare i suoi vicini senza temere di incorrere in un altro ciclo di sanzioni”.

Kim Jong-un ha sfruttato la guerra in Ucraina, verso la quale erano rivolte le attenzioni degli Stati Uniti, per stringere legami più stretti con Mosca, e le tensioni tra USA e Cina nello stretto di Taiwan per avvicinarsi a Pechino. 

Queste stesse tensioni si sono poi riverberate nel Consiglio di sicurezza dell’ONU. Nel 2006 le Nazioni Unite hanno vietato alla Corea del Nord di testare armi balistiche e nucleari, o di far volare i missili verso o sopra altri paesi senza alcun preavviso o consultazione viola le norme internazionali. La maggior parte dei paesi evita di farlo perché può essere facilmente scambiato per un attacco o può essere considerata un’azione estremamente provocatoria.

La sessione di mercoledì 5 ottobre si è conclusa con una vaga richiesta di ulteriori discussioni sulla questione senza prendere una decisione sulle prossime mosse. Anzi, durante la discussione, Russia e Cina hanno sostenuto che i test missilistici della Corea del Nord sono stati una reazione alle esercitazioni militari guidate dagli Stati Uniti nella regione.

Quanto accaduto è solo l’ultimo esempio di una crescente polarizzazione che contrappone Russia e Cina ai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, Stati Uniti, Regno Unito e Francia, scrive AP. Già a maggio, la Cina e la Russia avevano posto il veto alla richiesta degli Stati Uniti di imporre ulteriori sanzioni alla Corea del Nord per i suoi nuovi lanci missilistici, spaccando il Consiglio di Sicurezza per la prima volta da quando ha iniziato a punire Pyongyang nel 2006.

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In genere, la Corea del Nord ha fatto seguire ai lanci missilistici un test nucleare. E, stando a quanto sostenuto da funzionari statunitensi e sudcoreani, un settimo test nucleare potrebbe essere imminente. Le immagini satellitari del sito di sperimentazione di Punggye-ri suggeriscono che non è questione di se, ma di quando: la Corea del Nord starebbe valutando il tempo politico giusto per poter fare il test, ha commentato Soo Kim, analista della RAND Corporation.

“La situazione è migliore e peggiore rispetto al 2017”, ha commentato Patrick Cronin dell'Hudson Institute: “Migliore perché non abbiamo un presidente che potrebbe voler tentare un attacco preventivo che potrebbe degenerare rapidamente; peggiore perché Kim Jong-un pensa chiaramente di avere un ampio margine di manovra per testare e costruire le sue diverse e sempre più capaci armi nucleari e missilistiche”.

Immagine in anteprima: un cittadino giapponese osserva la gittata del missile lanciato dalla Corea del Nord il 4 ottobre  – frame video Sky News via YouTube

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