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Amministrative 2016: analisi di una sconfitta

21 Giugno 2016 5 min lettura

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Amministrative 2016: analisi di una sconfitta

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Ripartire dalle persone

Questa mattina mi sono svegliato e ho pensato alle migliaia di Virginia Raggi e Chiara Appendino che stanno dedicando i loro anni migliori, le loro energie, la loro passione alla politica all'interno dei partiti. Dibattiti, comizi, banchetti, volantinaggi. C'è però una differenza fondamentale tra le due nuove prime cittadine di Roma e Torino e i militanti senza nome: le prime hanno avuto la possibilità di candidarsi a qualcosa, i secondi no. I secondi sono rimasti imbrigliati in logiche spartitorie, in liste realizzate con il bilancino, in una rispettosa e allo stesso tempo umiliante riverenza verso gerarchie immobili.

I partiti dovrebbero ripartire dai loro giovani (e meno giovani) talenti, dovrebbero dare reali possibilità ai tanti bravissimi militanti che tengono materialmente in piedi la baracca. Nei partiti classici è praticamente impossibile che un militante 'semplice' (laddove per semplice non si intende il primo passante, ma piuttosto una persona estremamente competente ma senza ruoli dirigenziali) possa diventare sindaco di una grande città. Ma da ieri l'alibi del "non ti conosce nessuno" o "non hai abbastanza voti" è definitivamente caduto.

E non basterà sindacare sulle procedure di selezione del MoVimento5Stelle, non basterà alludere alle modalità di voto tutt'altro che trasparenti, non basterà sottolineare la distanza abissale tra la militanza classica e i video su Youtube per poter mettere in discussione un concetto molto chiaro: nel M5S chiunque può contendere la leadership a livello locale; nei partiti classici, al momento, no. L'assenza di una reale contendibilità della leadership renderà il MoVimento5Stelle sempre più attraente degli altri partiti. E gli italiani al momento preferiscono una speranza opaca al 'nessuna speranza'.

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Simboli, valori e identità

In questi mesi c'è stata una polemica mossa dagli elettori del M5S nei confronti di tutti gli altri partiti e candidati: "Perché vi vergognate dei vostri simboli e non li usate sui manifesti?". La spiegazione tecnica della scelta di non usare i simboli sui manifesti è antica (nel senso che non è certo il primo anno in cui i loghi sono poco evidenti nella comunicazione politica) ed è spesso legata al fatto che i candidati sono espressione di una coalizione e non di singoli partiti - a differenza proprio dei candidati del MoVimento5Stelle - e dunque i loghi sono difficilmente utilizzabili su materiali che invece devono fare della pulizia e della semplicità di lettura il loro tratto distintivo. Nessuno contesta a Hillary o a Trump di non utilizzare il logo dei loro partiti, per fare un esempio banale.

Sarebbe sbagliato però ridurre la questione a semplici valutazione di tipo grafico e tipografico. Questa spiegazione tecnica può nascondere un portato simbolico che forse occorre rimettere al centro: il logo del MoVimento5Stelle non è semplicemente un segno grafico, ma è un elemento a cui i cittadini/elettori associano valori distinti, chiari, identitari. Possiamo dire lo stesso dei loghi del PD, di Forza Italia in questo momento? Io credo di no.

Il logo del M5S invece crea appartenenza. E infatti i candidati lo usano con orgoglio. Lo usano perché in questo momento quel logo è uno dei pochi che nella politica italiana può 'aggiungere' voti e non toglierli (esercizio mentale ozioso ma forse utile: provate a piazzare Virginia Raggi e Chiara Appendino in un altro partito, con le loro storie personali e i loro programmi: ce l'avrebbero fatta ugualmente?).

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Ritorno all'ideologia

Come riempire i simboli di contenuti e significati è l'essenza della politica. Vincere le elezioni è lo strumento attraverso cui quei contenuti e significati diventano azione. I contenuti e i significati dell'azione del MoVimento5Stelle sono deliberatamente e orgogliosamente post-ideologici. Il dirsi "né di destra né di sinistra" è infatti una cifra distintiva, da sempre. Grazie a questo posizionamento, il MoVimento5Stelle è il vero 'partito della nazione' dei ballottaggi perché appare votabile a elettorati che altrimenti non avrebbero nulla a che spartire.

A mio avviso esiste solo una strada per disarticolare un partito post-ideologico: tornare all'ideologia. Attenzione, per ideologia non si intende nulla che appartenga al secolo scorso, né nelle idee né negli uomini. Si intende un insieme di idee politiche chiare, un orizzonte culturale definito, una visione di lungo periodo, una leadership fresca.

Una forza post-ideologica si batte se è obbligata a prendere una posizione netta; il consenso del MoVimento5Stelle si contende se la sinistra torna a fare la sinistra e la destra torna a fare la destra. Solo in questo modo i compositi elettorati che oggi formano la base del M5S potrebbero ritornare nelle loro posizioni originali.

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Questione di fiducia

Chiunque pensi che il voto delle Amministrative riguardi solo la politica commette un errore di valutazione fatale, peraltro ancora più grave perché dimostrerebbe che la lezione delle politiche 2013 non ha insegnato nulla. Tra le élite messe profondamente in discussione dal voto c'è infatti, allo stesso modo, il sistema dei partiti e il sistema dei media.

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Sabato Luigi Di Maio, ragionevolmente il prossimo candidato Premier del M5S, ha invitato su Facebook a non comprare più quotidiani come 'La Repubblica' e 'Il Messaggero' né a consultare i loro siti Internet. Tutto questo è accaduto nel silenzio quasi integrale dell'opinione pubblica.

Questo silenzio non è semplice distrazione, a mio avviso: è una sostanziale condivisione dell'appello e del messaggio potente (quanto pericoloso in prospettiva) che c'è dietro: i media italiani sono sostanzialmente inaffidabili, meglio evitarli.

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* L'autore di questo post è socio dell'agenzia di comunicazione Proforma e si è occupato delle campagna elettorale di Roberto Giachetti a Roma e Virginio Merola a Bologna.

Aggiornamento 22 ottobre 2016 ore 14.35 > In una versione precedente di questo post avevamo pubblicato questo passaggio che è risultato alla fine delle verifiche scorretto, non è vera la notizia che Appendino si sia avvicinata alla politica attraverso le Fabbriche di Nichi > Chiara Appendino, neo sindaca di Torino, ad esempio, si era avvicinata alla politica attraverso le Fabbriche di Nichi, spazio di aggregazione, proposte e rinnovamento politico, composto da associazioni sul territorio, gruppi on line, circoli, nato nel 2010 per accompagnare il percorso politico di Nichi Vendola e poi bruscamente interrotto per provare a trasformarlo in una corrente di partito. [*Siamo in attesa che questo particolare venga confermato]

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