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Il caso Epstein racconta perfettamente la società malata americana rappresentata da Trump e i suoi

22 Dicembre 2025 8 min lettura

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Il caso Epstein racconta perfettamente la società malata americana rappresentata da Trump e i suoi

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La vicenda della rete di predatori pedofili che ruotava intorno alla figura di Jeffrey Epstein è emblematica di un sistema di potere malato e fortemente radicato in una società bigotta e ipocrita come quella americana. È l'emblema del lato oscuro del potere, che può contare su ricchezza sconfinata, corruzione, influenza politica e portare avanti per anni abusi, violenze, soprusi, ricatti senza rispondere alla legge e senza concedere verità e giustizia alle sue vittime. 

Il caso Epstein, che coinvolge per la sua amicizia con l’inquietante uomo d’affari anche il presidente degli Stati Uniti d’America, racconta in maniera plastica cosa è l’America oggi. Quell’America che grazie al consenso di milioni di americani, alimentati da odio, suprematismo bianco, razzismo e teorie cospirative, è riuscita ad arrivare nella stanza dei bottoni del paese più potente al mondo.

Quella rete di predatori pedofili ha goduto per anni di copertura politica, giudiziaria e giornalistica. Ed è certamente la storia di un fallimento sistemico. Ma se spostiamo per un attimo il nostro punto di osservazione, ci rendiamo conto che è anche un esempio potentissimo di cosa sia la democrazia, che ricadute può avere il coraggioso giornalismo investigativo, e cosa significhi la lotta di una sola donna per ottenere verità e giustizia. Virginia Giuffre, una delle vittime di questo sistema perverso, malvagio e convinto di essere intoccabile, ha lottato fino alla fine contro una sistema potentissimo fatto di ricatti, omertà, disprezzo per la legge e qualsiasi principio etico e morale. 

La vicenda risale ai primi anni 2000. Jeffrey Epstein aveva messo su una rete di abusi sessuali su minorenni, per il reclutamento di ragazze giovanissime a un certo punto si avvale della complicità perversa di Ghislaine Maxwell, che reclutava e adescava le vittime e faceva da intermediaria con uomini potenti. Ad ospitare gli incontri residenze di lusso fra Florida, New York e isole private in possesso dello stesso Epstein. 

Le prime accuse documentate contro Epstein risalgono al 2005–2006, quando diverse minorenni denunciano abusi sessuali nella sua residenza di Palm Beach, in Florida. La polizia locale raccoglie numerose testimonianze coerenti; il caso arriva a livello federale e viene esaminato dall’FBI. Ma nel 2008, nonostante l’accumulo di prove, il Dipartimento di Giustizia sceglie di non procedere con un’incriminazione federale. Anzi viene fatto un accordo segreto che consente a Epstein di patteggiare per reati minori a livello statale, evitando il carcere e ottenendo, di fatto, un’immunità estesa anche a eventuali complici non nominati. Le vittime non vengono informate dell’accordo, in violazione delle leggi federali sui loro diritti.

Da quel momento, e fino al 2016, sul caso viene risucchiato da un vuoto giudiziario: nessuna nuova indagine penale, nessuna iniziativa federale, nessuna spiegazione pubblica. Epstein continua a vivere da uomo potentissimo, frequentando ambienti politici, finanziari e mondani di altissimo livello. Eppure è una figura molto controversa: l’origine del suo patrimonio rimane in larga parte opaca. Al di là del noto rapporto con il miliardario Les Wexner, che poi lo accuserà di averlo manipolato e di essersi appropriato indebitamente di parte delle sue ricchezze, la sua enorme ricchezza rimane avvolta nel mistero. Anche su questo fronte, le indagini si fermano prima di arrivare a conclusioni definitive.

La riapertura del caso, comunque, non avviene per iniziativa giudiziaria, ma grazie al giornalismo investigativo. Nel 2018 la giornalista del Miami Herald Julie K. Brown pubblica l'inchiesta che diventerà poi un libro nel 2021 (dove svelerà anche le minacce e le pressioni ricevute personalmente), Perversion of Justice, che ricostruisce in modo dettagliato l’insabbiamento del 2008, restituisce centralità alle voci delle vittime e dimostra come lo Stato fosse pienamente consapevole della gravità dei reati.

Nel libro, Brown non si limita a raccontare i crimini di Epstein, ma spiega come il procuratore Alexander Acosta (che poi divenne segretario del Lavoro sotto Trump, dimettendosi proprio a causa di questa inchiesta) concesse a Epstein l’accordo segreto.

L’impatto dell’inchiesta giornalistica è immediato: l’opinione pubblica reagisce, le autorità federali riaprono il dossier e nel 2019 Epstein viene arrestato con l’accusa di traffico sessuale di minori.

Ma non si arriverà mai a processo. Epstein muore in carcere nell’agosto 2019, prima dell’inizio del dibattimento. Ufficialmente si tratta di suicidio. 

Una figura centrale che ha permesso di far riemergere il caso è Virginia Giuffre, una delle principali testimoni. Giuffre ha denunciato pubblicamente e in sede giudiziaria di essere stata adescata e abusata da Epstein e dalla sua collaboratrice Ghislaine Maxwell. Le sue deposizioni hanno avuto un ruolo decisivo nel far comprendere che non si trattava di episodi isolati, ma di una rete organizzata di sfruttamento. Maxwell è stata processata e condannata nel 2022; Giuffre si è suicidata a 41 anni ad aprile 2025, dopo anni di esposizione mediatica, pressioni legali e costi personali enormi.

A un certo punto della storia pubblica di questa vicenda, il caso si intreccia con la propaganda MAGA e le teorie cospirative di cui è impregnata la cultura sovversiva trumpiana, finendo per travolgere in un corto circuito tragico-comico la stessa amministrazione Trump. 

In sintesi, secondo molti esponenti del mondo MAGA, Epstein non si sarebbe suicidato ma sarebbe stato ucciso, per evitare che rivelasse segreti scioccanti su alti esponenti del mondo del partito democratico, tra cui i coniugi Clinton. In questo contesto, Trump era visto addirittura come l’eroe che una volta al potere avrebbe sconfitto i potenti malvagi. 

Una dinamica che si rivelerà un boomerang per Trump - che non ha mai preso le distanze da quelle teorie e una volta arrivato al potere, ha nominato a capo della FBI figure come Kash Patel e Dan Bongino, da sempre convinte dell’esistenza di una lista Epstein - ma anche per i suoi sostenitori che si aspettavano una totale trasparenza da parte dell’amministrazione con la pubblicazione di tutti i documenti, che avrebbero una volta per tutte rivelato lo scandalo legato all’amministrazione democratica.

Le cose si sono però complicate, come abbiamo raccontato in questo articolo, e sotto la pressione dell’ambiente MAGA tra influencer e politici anche fedelissimi del Presidente, dopo vari tentativi di far dimenticare questa lista, Trump è stato costretto a firmare la legge per rendere pubblici i documenti che riguardano il caso, i cosiddetti Epstein Files. E arriviamo al caos di questi giorni. 

L’atto approvato dal Congresso e firmato da Trump, Epstein Files Transparency Act, imponeva al Dipartimento di Giustizia di rendere pubblici entro 30 giorni tutti i documenti non classificati in suo possesso sul caso Jeffrey Epstein: indagini, procedimenti, rapporti di detenzione e morte, materiali dell’FBI, registri di viaggio e di volo, nomi di persone ed enti coinvolti, accordi di immunità o non perseguibilità, e le comunicazioni interne sulle decisioni di incriminare o meno Epstein e i suoi associati.

Consentiva omissioni solo in casi molto limitati (tutela della privacy delle vittime, sicurezza nazionale, indagini in corso) e imponeva che ogni oscuramento fosse motivato per iscritto e comunicato al Congresso. Vietava esplicitamente di trattenere o censurare documenti per ragioni di imbarazzo, danno reputazionale o sensibilità politica.

La scadenza per la pubblicazione era il 19 dicembre. 

Nel pomeriggio del 20 febbraio, il Dipartimento ha iniziato a rilasciare il materiale richiesto. Ma, nonostante la legge specificasse che dovessero essere pubblicati TUTTI i documenti, ne è stata resa pubblica solo una parte, anche se hanno annunciato che altri ne sarebbero stati rilasciati in seguito. Tra le altre cose, mancano tutte le interviste dell’FBI con le sopravvissute e i memorandum interni del Dipartimento di Giustizia sulle decisioni di incriminazione.

Come molti hanno fatto notare ci sono pochissime immagini di Epstein con Trump, nonostante il loro stretto rapporto. I fascicoli si sono invece concentrati sull’ex presidente democratico Bill Clinton. 

Per di più gran parte del materiale è stato così pesantemente censurato che, davanti alle telecamere, Jake Tapper della CNN ha fatto scorrere sul suo telefono un documento di 100 pagine completamente annerito e ha commentato: “Questa è la trasparenza che stiamo ottenendo”.

Questo meme diventato virale sui social spiega più di mille articoli o editoriali il pasticcio che il Dipartimento di Giustizia ha combinato, pensando di depistare l’opinione pubblica e farla franca.

Nella sua newsletter la storica Heather Cox Richardson sottolinea infatti che “mentre il Dipartimento di Giustizia ometteva materiali che la legge imponeva di pubblicare, alcuni funzionari avevano inserito materiale non pertinente: una foto dell’ex presidente democratico Bill Clinton, della pop star Michael Jackson e della leggenda della musica Diana Ross insieme a dei bambini, suggerendo che i tre fossero associati all’abusatore sessuale Jeffrey Epstein. L’immagine è stata rapidamente identificata dagli utenti dei social media non come una foto privata proveniente dagli archivi Epstein, ma come un’immagine pubblicamente disponibile scattata durante una raccolta fondi del 2003. I bambini non erano vittime di Epstein, ma i figli di Jackson e Ross. Successivamente è emerso, come riportato da Michael R. Sisak e David B. Caruso dell’Associated Press, che almeno 16 file inizialmente pubblicati sul sito pubblico del Dipartimento di Giustizia sono scomparsi senza spiegazioni, incluso uno che mostrava diverse fotografie di Trump con Epstein”.

Molti osservatori hanno definito la pubblicazione "fumo negli occhi", un modo per dare l'illusione della trasparenza senza colpire davvero il cuore del sistema di potere che ha protetto Epstein per decenni.

Le modalità con cui è stato rilasciato il materiale, il mancato rispetto della scadenza fissata dalla legge, le foto pubblicate e rimosse in un secondo momento, le parti oscurate e fortemente redatte, quelle non pubblicate nonostante le richieste del Congresso hanno scatenato una crisi istituzionale, testimoniata anche da critiche e accuse di tentativo di insabbiamento bipartisan. Un problema politico, come scrive anche il WSJ, da cui Trump non si libererà tanto facilmente. 

Nel suo libro postumo, Nobody's Girl: La mia storia di sopravvivenza in nome della giustizia, Giuffre racconta la sua vita dalle molestie subite nell'infanzia fino al reclutamento da parte di Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell mentre lavorava a Mar-a-Lago, descrive il sistema di traffico sessuale orchestrato da Epstein, confermando le accuse contro figure di spicco come il principe Andrea e fornendo dettagli sul coinvolgimento di altri uomini potenti. Le sue parole suonano oggi come un monito per leggere i fatti di questi giorni e per comprendere questa vicenda che non riguarda solo Epstein. Perché questa vicenda, come dice Giuffre, non è un’anomalia, ma un tassello di un sistema di potere che coinvolge i più alti livelli della società americana e che sta travolgendo da mesi lo stesso presidente Trump:

“Per quanto sia stato fatto per portare alla luce i crimini di Epstein e Maxwell, serve ancora più azione. Perché c’è ancora chi pensa che Epstein fosse un’anomalia, un caso isolato. E si sbaglia. Se è vero che l’enorme numero di vittime da lui sfruttate può collocarlo in una categoria a sé, Epstein non era un’eccezione. Il modo in cui vedeva donne e ragazze - come oggetti da usare e poi scartare - non è affatto raro tra certi uomini potenti che si ritengono al di sopra della legge. E molti di quegli uomini continuano ancora oggi con la loro vita quotidiana, godendo dei privilegi che il loro potere garantisce.

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Non lasciatevi ingannare da chi, nell’entourage di Epstein, sostiene di non sapere cosa stesse accadendo. Epstein non solo non nascondeva ciò che succedeva, ma provava persino una certa compiacenza nel far assistere gli altri. E gli altri guardavano - scienziati, fundraiser provenienti dall’Ivy League e da altre istituzioni celebrate, capitani d’industria. Guardavano e non gliene importava nulla”.

 

 

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