Post Diritti Digitali Europa

Multa a X: l’Europa sfida le potenze tecnologiche e politiche e prova ad agire come regolatore globale

8 Dicembre 2025 15 min lettura

author:

Multa a X: l’Europa sfida le potenze tecnologiche e politiche e prova ad agire come regolatore globale

Iscriviti alla nostra Newsletter

15 min lettura

La pietra miliare nella regolamentazione digitale

Il 5 dicembre 2025 segna una data storica nell'evoluzione della governance digitale globale. La Commissione Europea ha emesso la sua prima decisione formale di non conformità ai sensi del Regolamento (UE) 2022/2065, noto anche come Digital Services Act (DSA), imponendo una sanzione pecuniaria complessiva di 120 milioni di euro alla piattaforma X, di proprietà di Elon Musk. Questo evento non rappresenta la mera applicazione di una sanzione amministrativa, ma costituisce il battesimo del fuoco per il nuovo regime regolatorio dell’Unione Europea, progettato per imporre responsabilità sistemiche alle “Very Large Online Platforms” (VLOPs).

La decisione giunge al culmine di un’indagine formale durata quasi due anni, avviata nel dicembre 2023, che ha scrutinato le modifiche strutturali, algoritmiche e di policy implementate dalla piattaforma Twitter a seguito della sua acquisizione da parte di Elon Musk e del successivo rebranding. La sanzione colpisce tre aree critiche della gestione della piattaforma:

  1. la progettazione ingannevole delle interfacce utente (in particolare il sistema di verifica “Blue Checkmark”);
  2. la trasparenza del repository pubblicitario;
  3. l’accesso ai dati pubblici per la comunità di ricerca.

Sintesi delle violazioni e delle sanzioni

La Commissione ha strutturato la sanzione totale disaggregandola in tre componenti distinte, ciascuna corrispondente a una specifica violazione degli obblighi di trasparenza e design previsti dal DSA. La ripartizione, che riflette la gravità e la natura di ciascuna infrazione, è la seguente:

Violazione contestata Riferimento DSA Importo della sanzione
Design ingannevole (Dark Patterns) Art. 25(1) € 45.000.000
Ostacoli all’accesso ai dati per la ricerca Art. 40(12) € 40.000.000
Opacità del Repository Pubblicitario Art. 39 € 35.000.000
TOTALE 120.000.000

Questa decisione impone a X non solo il pagamento della multa, ma anche l’adozione di misure correttive immediate e vincolanti, con scadenze fissate a 60 e 90 giorni lavorativi per rettificare le difformità rilevate.

Il contesto geopolitico

La decisione ha innescato una reazione immediata e polarizzata sull’asse transatlantico. Mentre Bruxelles difende l'applicazione dello stato di diritto nel mercato unico digitale, figure di spicco dell’amministrazione statunitense entrante e lo stesso Elon Musk hanno inquadrato la sanzione come un attacco politico alla libertà di espressione e all'innovazione americana. Questo scontro eleva la questione da una disputa di conformità normativa a un potenziale punto di attrito nelle relazioni commerciali e diplomatiche tra Stati Uniti e Unione Europea.

Il Digital Services Act: genesi, filosofia e architettura giuridica

Per comprendere appieno la portata della sanzione inflitta a X, è indispensabile analizzare il substrato giuridico su cui essa poggia. Il DSA non è una semplice evoluzione normativa, ma una riscrittura fondamentale delle regole di ingaggio per l’economia digitale.

Dal “Mere Conduit” alla responsabilità sistemica

Fino all’entrata in vigore del DSA, la regolamentazione delle piattaforme online in Europa era governata principalmente dalla Direttiva sul commercio elettronico del 2000 (Direttiva 2000/31/CE). Tale direttiva era fondata sul principio di esenzione di responsabilità per gli intermediari tecnici (ISP e hosting provider), a condizione che essi non avessero conoscenza effettiva dell’illiceità dei contenuti o agissero prontamente per rimuoverli una volta informati. Questo approccio, concepito in un’era pre-social media, si è rivelato inadeguato a gestire le complessità delle moderne piattaforme algoritmiche.

Il DSA, quindi, introduce un cambio di paradigma verso la “gestione del rischio sistemico”. Le piattaforme designate come VLOPs (cioè con oltre 45 milioni di utenti attivi mensili nell’UE) non sono più considerate meri veicoli passivi per il traffico di dati, ma architetti attivi dell’ambiente informativo. Di conseguenza, sono gravate da obblighi proattivi di trasparenza, due diligence e mitigazione dei rischi sociali, tra cui la disinformazione, la manipolazione elettorale e la violenza online.

La designazione di X come VLOP

Il 25 aprile 2023, la Commissione Europea ha ufficialmente designato X (allora ancora in fase di transizione dal marchio Twitter) come Very Large Online Platform. Questa designazione è stata il catalizzatore legale che ha attivato gli obblighi più stringenti del regolamento. Da quel momento, X è stata soggetta alla supervisione diretta della Commissione Europea, anziché delle sole autorità nazionali (come l'autorità irlandese, competente per molte big tech con sede a Dublino).

Questa centralizzazione della supervisione a Bruxelles è stata concepita proprio per evitare i colli di bottiglia e le lentezze riscontrate nell'applicazione del GDPR, garantendo un’azione esecutiva rapida e uniforme contro i giganti del web.

I poteri investigativi e sanzionatori

Il procedimento contro X ha dimostrato l'ampiezza dei poteri istruttori conferiti alla Commissione dal DSA. Questi includono:

  • richieste di informazioni (RFI): la Commissione può ordinare alle piattaforme di fornire documenti interni, dati algoritmici e spiegazioni sulle decisioni di policy;
  • ispezioni e audit: possibilità di condurre ispezioni in loco e richiedere audit indipendenti;
  • misure provvisorie: potere di ordinare azioni immediate in caso di rischio grave e imminente;
  • sanzioni: multe fino al 6% del fatturato annuo globale per non conformità e penalità di mora fino al 5% del fatturato giornaliero medio.

Nel caso di specie, l’indagine è stata avviata il 18 dicembre 2023. La Commissione ha poi emesso i suoi rilievi preliminari il 12 luglio 2024, dando a X la possibilità di esercitare il diritto di difesa. La decisione finale del dicembre 2025 indica che le argomentazioni difensive presentate da X non sono state ritenute idonee a giustificare le violazioni.

La prima violazione: design ingannevole e “dark patterns”

Il Concetto di “Dark Pattern” nel DSA

L’Articolo 25 del DSA stabilisce un divieto generale per le piattaforme online di progettare, organizzare o gestire le proprie interfacce in modo da ingannare, manipolare o distorcere materialmente la capacità dei destinatari del servizio di prendere decisioni libere e informate. Questa disposizione recepisce e codifica il concetto di “Dark Pattern” (schema non trasparente), ovvero quelle pratiche di design dell’interfaccia utente (UI) e dell’esperienza utente (UX) studiate per sfruttare i bias cognitivi degli utenti a vantaggio della piattaforma.

La metamorfosi del “Blue Checkmark”

La violazione più mediatica e significativa contestata a X riguarda la gestione del sistema di verifica, simboleggiato dalla famosa “spunta blu”.

Storicamente, su Twitter e sulla maggior parte dei social media, la spunta blu ha svolto una funzione di certificazione dell’identità. Essa segnalava che la piattaforma aveva verificato che l’account appartenesse realmente alla persona o all’entità dichiarata (ad esempio, un politico, un giornalista, un’azienda o una celebrità). Questo sistema creava un segnale di fiducia (trust signal) fondamentale per l’ecosistema informativo: la spunta blu garantiva, cioè, l’autenticità della fonte.

Sotto la gestione di Musk, X ha trasformato radicalmente questo sistema, introducendo il servizio in abbonamento “X Premium” (precedentemente Twitter Blue). In questo nuovo regime:

  1. la spunta blu è divenuta un benefit associato al pagamento di un canone mensile (monetizzazione dello status);
  2. la piattaforma ha smesso di richiedere prove documentali di identità per la concessione della spunta alla massa degli abbonati (eliminazione della verifica);
  3. nonostante il cambiamento radicale del significato sottostante (da “identità verificata” a “utente pagante”), X ha mantenuto lo stesso identico simbolo grafico (persistenza del simbolo).

L’argomentazione della Commissione: inganno sistemico

La Commissione ha stabilito che questa pratica costituisce un “Dark Pattern” ai sensi dell’articolo 25(1). L’argomentazione si fonda su diversi punti chiave:

  • sfruttamento dell’affidamento pregresso: X ha sfruttato l’associazione mentale consolidata negli anni dagli utenti, che collegano la spunta blu all’autenticità, per vendere abbonamenti;
  • opacità semiotica: l’interfaccia non distingueva adeguatamente tra account verificati per interesse pubblico (vecchio regime, in parte mantenuto per governi con colori diversi ma spesso confuso) e account paganti;
  • facilitazione delle truffe: consentendo a chiunque di acquistare una spunta blu, X ha permesso a malintenzionati di creare account che imitano banche, funzionari governativi o aziende crypto, ingannando gli utenti con un falso senso di legittimità. La Commissione ha rilevato che chiunque può pagare per ottenere lo status di “verificato” senza che l’azienda verifichi in modo significativo chi c’è dietro l’account.

Conseguenze e misure correttive

La sanzione specifica per questa violazione ammonta a 45 milioni di euro. X ha 60 giorni per presentare alla Commissione le misure specifiche che intende adottare per porre fine a questa infrazione. Le opzioni per X potrebbero includere:

  • modificare visivamente il simbolo per gli utenti paganti, distinguendolo chiaramente da quello di verifica dell’identità;
  • introdurre un processo reale di verifica dell’identità (KYC - Know Your Customer) per tutti gli abbonati premium;
  • rimuovere il termine “verificato” dalla descrizione del servizio se non corrisponde a una verifica sostanziale.

La difesa di X, che ha spesso invocato la “democratizzazione” della verifica come obiettivo politico, si scontra qui con il principio di tutela del consumatore: non si può democratizzare uno standard di sicurezza abbassandolo al punto da renderlo ingannevole.

La seconda violazione: opacità del repository pubblicitario

L’imperativo della trasparenza pubblicitaria (Art. 39 DSA)

L’articolo 39 del DSA impone alle VLOPs obblighi stringenti in materia di trasparenza pubblicitaria. Le piattaforme devono creare e mantenere un archivio (repository) pubblicamente accessibile e ricercabile contenente informazioni dettagliate su ogni annuncio mostrato sulla piattaforma per un periodo di un anno dall'ultima visualizzazione.

L’obiettivo di questa norma è duplice:

  1. accountability commerciale: permettere agli utenti di capire chi sta cercando di influenzarli commercialmente;
  2. integrità democratica: consentire a ricercatori, giornalisti e ONG di monitorare le campagne di disinformazione politica, le interferenze elettorali straniere (FIMI) e la micro-targettizzazione di gruppi vulnerabili.

Il repository deve includere:

  • il contenuto dell’annuncio;
  • l’identità di chi ha pagato per l’annuncio e di chi lo ha commissionato;
  • il periodo di esposizione;
  • i parametri di targeting utilizzati (es. età, posizione, interessi).

Le carenze strutturali del Repository di X

L’indagine della Commissione ha rivelato che il repository pubblicitario messo a disposizione da X è funzionalmente inadeguato e non conforme agli standard dell’articolo 39. Le criticità rilevate includono:

  • inaccessibilità tecnica: il sistema è stato descritto come afflitto da eccessivi ritardi nell’elaborazione, rendendo di fatto impossibile l’analisi in tempo reale o su larga scala;
  • mancanza di dati essenziali: mancano informazioni critiche, come la chiara identificazione dell’entità legale che finanzia la campagna o i dettagli precisi sui criteri di targeting;
  • barriere di design: l’interfaccia non permette ricerche multicriterio complesse, essenziali per i ricercatori che devono analizzare pattern di propaganda coordinata.

La Commissione ha concluso che queste barriere non sono semplici problemi tecnici, ma caratteristiche di design che minano lo scopo stesso dei repository pubblicitari.

Confronto con altre piattaforme (il caso TikTok)

È istruttivo confrontare l’approccio di X con quello di TikTok. Nello stesso giorno in cui è stata annunciata la multa a X, la Commissione ha comunicato di aver accettato gli impegni vincolanti presentati da TikTok per risolvere problemi analoghi relativi al proprio archivio pubblicitario. TikTok ha collaborato attivamente durante l’indagine, proponendo modifiche tecniche per garantire la piena trasparenza, evitando così una sanzione pecuniaria.

Questo confronto evidenzia come la multa a X non sia inevitabile, ma il risultato di una mancata cooperazione o di un’incapacità di proporre rimedi efficaci durante la fase procedurale.

Sanzione e obblighi

Per questa violazione, X è stata sanzionata per 35 milioni di euro. La piattaforma ha 90 giorni per presentare un piano d’azione che renda il repository pienamente conforme, garantendo accessibilità, affidabilità e completezza dei dati. Il fallimento in questo ambito potrebbe esporre X a ulteriori penalità periodiche.

La terza violazione: blocco dell’accesso ai dati per la ricerca

La ricerca come pilastro della sicurezza online (Art. 40 DSA)

L’articolo 40 del DSA riconosce il ruolo fondamentale della comunità scientifica indipendente nel monitoraggio dei rischi sistemici. Le piattaforme non possono essere i soli giudici delle proprie prestazioni in materia di sicurezza. L’articolo prevede due meccanismi di accesso:

  1. accesso per “Vetted Researchers” (Art. 40.4): accesso a dati sensibili o non pubblici, previa approvazione delle autorità competenti;
  2. accesso ai dati pubblici (Art. 40.12): obbligo di fornire ai ricercatori accesso ai dati pubblicamente accessibili (post pubblici, interazioni, metriche) in tempo reale e senza indebiti ostacoli.

Lo smantellamento dell’ecosistema accademico di Twitter

Prima dell'acquisizione da parte di Musk, Twitter era considerata la piattaforma “gold standard” per la ricerca accademica sui social media, grazie a API aperte e accessibili che avevano alimentato migliaia di studi su disinformazione, salute pubblica e sociologia digitale.

Sotto la gestione X, questo ecosistema è stato sistematicamente smantellato:

  • chiusura delle API gratuite: le API accademiche sono state revocate e sostituite da piani Enterprise con costi proibitivi (fino a 42.000 dollari al mese), escludendo di fatto la maggior parte delle università e delle organizzazioni no-profit;
  • divieto di scraping: i termini di servizio di X proibiscono esplicitamente lo scraping (estrazione automatizzata) dei dati pubblici. Sebbene il DSA non autorizzi lo scraping indiscriminato, l’articolo 40(12) impone alle piattaforme di facilitare l’accesso ai dati pubblici per scopi di ricerca. La Commissione ha stabilito che vietare lo scraping ai ricercatori idonei, senza fornire alternative valide e accessibili, costituisce una violazione.
  • barriere burocratiche: le procedure messe in atto da X per richiedere l’accesso ai dati sono state giudicate eccessivamente complesse e dissuasive.

Impatto sistemico e sanzione

La Commissione ha argomentato che ostacolando la ricerca indipendente, X sta minando la ricerca su diversi rischi sistemici nell’Unione Europea. Senza accesso ai dati, è impossibile verificare se l’algoritmo di X promuove contenuti d’odio, se le misure contro i bot russi sono efficaci o se la piattaforma sta proteggendo i minori.

Questa violazione è stata sanzionata con 40 milioni di euro. Anche in questo caso, X ha 90 giorni per presentare un piano che ripristini un accesso efficace ai dati pubblici per i ricercatori, in conformità con l’articolo 40(12).

Metodologia di calcolo della sanzione

La determinazione dell’importo di 120 milioni di euro non è arbitraria, ma segue i criteri di proporzionalità e dissuasività previsti dall’articolo 52 del DSA.

I fattori del calcolo

La Commissione ha basato il calcolo su tre parametri fondamentali:

  1. gravità delle infrazioni: le violazioni contestate non sono incidentali ma strutturali. Riguardano il design stesso della piattaforma e le sue interfacce principali, impattando potenzialmente tutti i 45 e più milioni di utenti europei;
  2. durata: le infrazioni si sono protratte per un periodo significativo. Il cambio delle spunte blu è avvenuto nel 2022/2023, e le barriere all'accesso ai dati sono state erette progressivamente nello stesso periodo. La persistenza di queste pratiche nonostante l’apertura dell’indagine nel dicembre 2023 ha aggravato la posizione di X;
  3. natura delle infrazioni: si tratta di violazioni che minano la trasparenza, che è il prerequisito per qualsiasi altra forma di accountability.

L’importo relativo al fatturato

Il DSA consente multe fino al 6% del fatturato annuo globale. Poiché X è ora una società privata, i suoi dati finanziari non sono pubblici. Tuttavia, stime di mercato collocano i ricavi di X nel 2024 tra i 2,5 e i 3 miliardi di dollari.

Una multa di 120 milioni di euro (circa 130-140 milioni di dollari) rappresenta approssimativamente il 4-5% del fatturato stimato. Questo colloca la sanzione nella fascia alta dello spettro punitivo, molto vicina al massimale del 6%. Ciò segnala che la Commissione considera queste violazioni estremamente gravi. Sebbene la cifra possa sembrare irrisoria rispetto al patrimonio personale di Musk, per l’entità aziendale X rappresenta un colpo significativo alla redditività operativa.

Analisi geopolitica: lo scontro transatlantico

La decisione della Commissione trascende l’ambito legale per entrare prepotentemente nell’arena geopolitica, specialmente alla luce del cambiamento di amministrazione negli Stati Uniti.

La narrazione della “censura” vs “sovranità”

Dagli Stati Uniti, la reazione è stata coordinata e violenta.

  • Elon Musk ha definito la multa inaccettabile e ha suggerito provocatoriamente che l’UE dovrebbe essere abolita per restituire sovranità agli stati membri;
  • JD Vance (Vice Presidente Eletto USA): ha avvertito Bruxelles contro l’uso delle normative per “attaccare” le aziende americane, inquadrando la multa come una punizione per il rifiuto di X di censurare i contenuti;
  • Marco Rubio (Segretario di Stato Designato): ha definito la multa un attacco a tutte le piattaforme tech americane e al popolo americano da parte di governi stranieri, minacciando ritorsioni diplomatiche;
  • Brendan Carr (Presidente FCC): ha accusato l’Europa di usare il DSA come strumento protezionistico per "tassare" il successo tecnologico americano.

La narrazione statunitense tende a confondere deliberatamente le violazioni procedurali (trasparenza, design ingannevole) con la regolamentazione dei contenuti (censura). Esperti come Daphne Keller hanno sottolineato che la multa non riguarda la libertà di parola o quali contenuti sono permessi su X, ma riguarda pratiche commerciali scorrette (ingannare i consumatori con le spunte) e obblighi di trasparenza aziendale.

La posizione dell’Unione Europea

L’UE, per bocca della Vicepresidente Henna Virkkunen, ha ribadito il principio della “Sovranità Digitale”. Il mercato unico europeo ha regole proprie, approvate democraticamente dal Parlamento Europeo e dal Consiglio. Chiunque voglia operare in questo mercato deve rispettarne le leggi, indipendentemente dalla nazionalità dell'azienda.

La Commissione sottolinea che il DSA protegge i diritti fondamentali degli utenti europei, incluso il diritto a non essere manipolati da interfacce ingannevoli. La fermezza di Bruxelles in questo caso serve anche a inviare un messaggio preventivo all'amministrazione Trump: l’Europa non intende deregolamentare il proprio spazio digitale sotto pressione diplomatica.

Prospettive future: scenari e rischi

I prossimi passi procedurali

X deve ora decidere se conformarsi o continuare lo scontro. Le possibilità sono:

  • ricorso: è estremamente probabile che X impugnerà la decisione davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE). Tuttavia, il ricorso non sospende automaticamente l’obbligo di pagare la multa né l’obbligo di presentare i piani correttivi, a meno che la Corte non conceda misure cautelari (cosa rara);
  • piani d’azione: entro 60 e 90 giorni, X dovrà presentare proposte concrete. La Commissione valuterà questi piani con l’ausilio del Board of Digital Services. Se i piani saranno giudicati insufficienti, la Commissione potrà imporre le penalità di mora giornaliere.

L’indagine sui contenuti illegali

È importante notare che questa sanzione chiude solo il capitolo “trasparenza”. Rimane aperta l’indagine parallela riguardante:

  • la diffusione di contenuti illegali (odio, terrorismo);
  • l’efficacia delle misure di moderazione;
  • la gestione della disinformazione.

Queste aree sono considerate ancora più critiche dal DSA. Se X venisse trovata in violazione anche su questi fronti, le sanzioni future potrebbero essere cumulative e ancora più pesanti, portando teoricamente a scenari di non sostenibilità operativa della piattaforma in Europa.

Conclusioni

La multa di 120 milioni a X dimostra che il DSA non è una tigre di carta ma uno strumento esecutivo funzionante. Per X, rappresenta un bivio esistenziale: adattare il proprio modello di “assolutismo free speech” alle regole di un mercato da 450 milioni di persone, o rischiare un’escalation che potrebbe portare all’isolamento o all’espulsione de facto dal mercato europeo. Per l’Europa, è la prova della sua capacità di agire come regolatore globale, sfidando anche le potenze tecnologiche e politiche più influenti del mondo.

 

Dettaglio tecnico delle violazioni

Tabella comparativa: requisiti DSA vs pratiche X

Articolo DSA Requisito legale Pratica rilevata su X Discrepanza
Art. 25 - Interfacce Online Divieto di design ingannevole o manipolativo che distorce le scelte dell'utente. Uso del simbolo di verifica (spunta blu) per account paganti non verificati. L’utente è indotto a credere nell’autenticità di account che hanno solo pagato un abbonamento.
Art. 39 - Pubblicità Repository pubblico, ricercabile, completo di dati su finanziatori e target. Repository lento, incompleto, privo di dati su entità legali e parametri di targeting. Impossibilità per i ricercatori di tracciare flussi pubblicitari opachi o politici.
Art. 40(12) - Dati Accesso ai dati pubblici per ricercatori senza indebiti ritardi o costi. Divieto di scraping nei ToS; API a costi proibitivi; procedure di accesso ostruzionistiche. Blocco effettivo della ricerca indipendente sui rischi sistemici della piattaforma.

Cronologia del caso

  • 25 Aprile 2023: X designata come VLOP ai sensi del DSA.
  • Agosto 2023: entrata in vigore degli obblighi DSA per le VLOPs.
  • 18 Dicembre 2023: apertura dell’indagine formale da parte della Commissione Europea.
  • 12 Luglio 2024: invio delle conclusioni preliminari a X.
  • 5 Dicembre 2025: adozione della decisione finale di non conformità e imposizione della sanzione.
  • Febbraio 2026 (stima): scadenza per la presentazione del piano correttivo sulle spunte blu (60 giorni).
  • Marzo 2026 (stima): scadenza per i piani su pubblicità e dati (90 giorni).

Approfondimento tematico: la semiotica della fiducia e il mercato della verifica

La questione delle “spunte blu” trascende il semplice design dell’interfaccia utente (UI) per toccare le fondamenta stesse della fiducia nell’economia digitale. Per oltre un decennio, le piattaforme social hanno educato gli utenti a riconoscere determinati simboli visivi come garanti di verità o autenticità. Questo processo di educazione collettiva ha creato un capitale semantico associato alla spunta blu.

Quando X ha deciso di vendere la spunta blu come parte dell'abbonamento Premium, ha di fatto liquidato questo capitale semantico per generare profitti a breve termine. Tuttavia, non ha comunicato efficacemente questa svalutazione al mercato.

In termini economici, si è verificata un’asimmetria informativa: X sapeva che la spunta non garantiva più l’identità, ma l’utente medio continuava ad operare secondo la vecchia euristica (“spunta = vero”).

La Commissione Europea, intervenendo con l’articolo 25, ha agito non solo come regolatore tecnologico ma come autorità di protezione dei consumatori, sanzionando una pratica commerciale che sfrutta l’inerzia cognitiva degli utenti. Le implicazioni sono vaste: se le piattaforme vogliono cambiare il significato dei loro simboli di fiducia, devono farlo attraverso un redesign radicale che rompa la continuità visiva, oppure devono mantenere gli standard di verifica sottostanti. La decisione stabilisce che non si può avere entrambe le cose: i benefici della fiducia pregressa e i ricavi della vendita indiscriminata.

Approfondimento tematico: la sovranità dei dati e la “black box” algoritmica

La sanzione relativa all’articolo 40(12) tocca il nervo scoperto del potere delle Big Tech: il controllo sui dati. Per anni, le piattaforme hanno operato come “scatole nere”, dove gli algoritmi di raccomandazione determinano cosa vedono miliardi di persone senza alcuno scrutinio esterno.

Iscriviti alla nostra Newsletter


Come revocare il consenso: Puoi revocare il consenso all’invio della newsletter in ogni momento, utilizzando l’apposito link di cancellazione nella email o scrivendo a info@valigiablu.it. Per maggiori informazioni leggi l’informativa privacy su www.valigiablu.it.

L’accesso ai dati per i ricercatori è il meccanismo di “reverse engineering” democratico previsto dal DSA. Senza i dati, non possiamo sapere:

  • se l’algoritmo privilegia contenuti polarizzanti per aumentare l’engagement;
  • se le misure di moderazione dichiarate nei report di trasparenza vengono realmente applicate;
  • come si diffondono le campagne di disinformazione coordinate.

La resistenza di X nel fornire questi dati non è solo una questione di costi tecnici (API), ma una difesa strategica del proprio segreto industriale e politico. Fornire dati ai ricercatori significa esporsi a critiche basate su evidenze empiriche. La multa di 40 milioni di euro sancisce il principio che, in Europa, la trasparenza algoritmica è un obbligo di legge, non una concessione della piattaforma. Questo crea un precedente per tutte le altre VLOPs (Meta, Google, TikTok), che dovranno investire risorse significative per costruire infrastrutture di accesso ai dati robuste e conformi, pena sanzioni analoghe.

Immagine in anteprima via giornaleradio.fm

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


CAPTCHA Image
Reload Image

Segnala un errore