Come l’ICE sta diventando la forza di polizia ‘privata’ di Trump
5 min letturaLa nuova legge di bilancio varata dagli Stati Uniti, che Trump ha definito “Big Beautiful Bill”, è stata molto analizzata nelle sue complessità: taglia esponenzialmente i sussidi per le rinnovabili, rischia di far perdere l’assicurazione sanitaria a 12 milioni di cittadini, alza il debito pubblico del paese, il tutto per finanziare un massiccio taglio delle tasse di cui beneficerà in maggior misura la fascia più ricca della popolazione.
Nel documento, che contiene quasi mille pagine di provvedimenti, è previsto anche un grande finanziamento per le agenzie che si occupano di confini e immigrazione. In totale, garantisce 170 miliardi, di cui ben 75 direttamente all’ICE (Immigration and Customs Enforcement), la forza di polizia responsabile del controllo dell’immigrazione, che diventa quindi la forza dell’ordine meglio finanziata del paese, con un budget più grosso di molti eserciti occidentali, tra cui quello italiano, e arriverà ad assumere circa 10.000 nuovi agenti. Questa forza di polizia è nata, insieme al nuovo Dipartimento per la Sicurezza Interna, dopo gli attentati dell’11 settembre, spartiacque per definire l’immigrazione non più una possibilità di crescita economica del paese, ma un fattore di rischio, problema di sicurezza nazionale.
Nel nuovo budget, poi, 45 miliardi verranno utilizzati per la costruzione di nuovi centri di detenzione, in modo da poter arrestare sempre più persone, arrivando quindi a uno stanziamento totale superiore a quello dell’intero sistema federale di carceri americane. Per dare un rapporto numerico, il nuovo centro di detenzione per irregolari costruito nelle Everglades, in Florida, e dallo stesso Trump ribattezzato “Alligator Alcatraz”, costa circa 450 milioni di dollari l’anno; questo budget permetterà la realizzazione di circa venti nuovi centri di questa grandezza. Ciò che l’amministrazione si aspetta da un afflusso di denaro così massiccio è l’aumento delle carcerazioni e dei successivi rimpatri, anche di immigrati irregolari non accusati di alcun crimine, per poter raggiungere il target, che il governo stesso si è prefissato, di 3.000 arresti al giorno.
Responsabile delle politiche sempre più dure e controverse del governo contro l’immigrazione è Stephen Miller, consigliere di Trump sin dall’inizio del suo primo mandato nel 2017 e che si sente responsabile di incarnare la visione politica radicale del presidente. Contrario all’immigrazione sin da giovane, convinto che il fenomeno abbia portato gli Stati Uniti troppo a sinistra, oggi, come analizzato dal New York Times, ha un controllo indiretto su tutti i dipartimenti che se ne occupano, dalla Sicurezza interna alla Giustizia. A lui si deve la recrudescenza negli arresti di questi mesi: se inizialmente la politica era quella di cercare gli immigrati con precedenti penali, adesso tutti gli irregolari sono nel mirino. Miller ha apertamente consigliato di andare a presidiare le catene che assumono lavoratori migranti, come gli Home Depot e i 7-Eleven, per trovare più facilmente irregolari in cerca di un’occupazione e arrestarli. È quello che è accaduto a Los Angeles il mese scorso, e che ha dato vita alle proteste per cui Trump ha richiesto l’intervento nella città della Guardia Nazionale, contro il parere della sindaca Karen Bass e del governatore Gavin Newsom. Questo ha notevolmente aumentato il numero di detenzioni, con 94.906 arresti fino all’11 giugno, di cui da maggio almeno 1.000 al giorno, comunque lontani dall’obiettivo di 3.000.
I cittadini statunitensi, però, non sembrano contenti di queste nuove politiche migratorie: infatti, in campagna elettorale Trump aveva avuto vita facile parlando di arrestare tutti i criminali, ma nei fatti le operazioni non si svolgono così. Se Tom Homan, il responsabile del controllo dei confini, aveva inizialmente detto che gli arresti avrebbero riguardato i “peggiori del mondo”, oggi sappiamo che ICE cerca di catturare tutti gli illegali presenti sul territorio americano, quale che sia la loro condizione di fronte alla giustizia, nel tentativo di arrivare alla cifra richiesta dal governo.
Per farlo, Palantir, azienda fondata da Peter Thiel, fornisce strumenti per combinare i dati presenti nei sistemi governativi in modo da velocizzare gli arresti. A Los Angeles, nei dieci giorni che hanno portato alle rivolte, secondo dati ottenuti da New Republic, il 58% delle persone messe in stato di detenzione non era mai stata citata in giudizio per alcun crimine. Inoltre, più del 75% del totale degli arrestati finora in tutti gli Stati Uniti non ha condanne penali, se non infrazioni minori legate alla guida. Ad aprile, il 53% degli americani era contro queste tattiche: infatti, una larga maggioranza degli statunitensi è favorevole a deportare i criminali e a tenere a bada il confine, evitando l’arrivo in massa di nuovi migranti, ma non è concorde sul colpire gente che già si trova sul territorio americano, lavora e rispetta le regole.
Inoltre, nell’ultimo mese sono diventate sempre più visibili le modalità violente con cui ICE arresta le persone: ci sono video che mostrano una donna presa dopo aver spaccato il vetro della sua macchina, un addetto alle pulizie inseguito da un agente con un fucile semiautomatico, cittadini americani a cui viene imposto con la forza di cancellare i video con cui si documentano gli arresti, utilizzo di gas lacrimogeni e granate stordenti in un assetto che sembra quello di una guerra. Per di più, gli agenti possono compiere le loro operazioni a volto coperto, rendendosi di fatto irriconoscibili e causando ancora più paura nella popolazione. Proprio per questo, i senatori democratici stanno cercando di portare avanti un progetto di legge, il VISIBLE Act, che richiederebbe alle forze ICE di avere una mostrina e non mascherarsi: dati i rapporti di forza al Congresso, è destinato a non passare.
Il modo in cui l’amministrazione si pone verso queste tattiche violente non è solo di approvazione, ma anche derisorio nei confronti delle persone migranti. Dopo aver aperto il nuovo campo di detenzione nelle Everglades, una regione della Florida con clima tropicale, Trump e la Segretaria alla Sicurezza Interna, Kristi Noem, hanno visitato il luogo, lo hanno brandizzato col nome “Alligator Alcatraz” e hanno deriso le persone che verranno lì detenute. Trump ha addirittura affermato che dovranno imparare a fuggire correndo a zig zag, per non farsi prendere dai coccodrilli che popolano l’area. Una visione sempre più disumanizzante degli irregolari, che non fa mistero del fatto che è proprio la loro condizione di irregolarità a renderli obiettivi delle forze dell’ordine, e non le loro fedine penali. Da inizio anno, poi, 13 persone sono morte in custodia dell’ICE, e nel frattempo sono stati tagliati i fondi alle agenzie che su questi decessi dovevano monitorare. Un sistema controintuitivo, dato che se ci si aspetta di aumentare considerevolmente gli arresti si dovrebbero aumentare anche i fondi per controllare che nei centri di detenzione non avvengano episodi che mettano in pericolo la vita delle persone, ma così non accade.
Nonostante questo, il target di 3.000 arresti al giorno, totalmente autoimposto dal governo, continua a non essere raggiunto: una nuova idea per aumentare il numero, come segnalato da Vox, è quella di denaturalizzare cittadini, in modo da poterli deportare. Una tattica utilizzata durante il maccartismo per colpire i comunisti, in un periodo in cui gli Stati Uniti denaturalizzavano circa 20.000 persone all’anno, che l’amministrazione vorrebbe utilizzare su larga scala. L’attorney general Pam Bondi ha già parlato di colpire “chi pone pericolo alla sicurezza nazionale”, una definizione molto vaga, che si è già visto utilizzare per revocare i visti agli studenti che avevano partecipato alle manifestazioni sull’invasione di Gaza.
Dato che gli agenti possono arrestare senza mandato, a volto coperto, avendo come obiettivo gli immigrati irregolari e chi sembra un migrante irregolare, i cittadini, soprattutto quelli di origine latina, hanno paura ad uscire di casa. In un paese che sembra avvicinarsi a grandi passi a uno Stato di polizia, in cui alcuni sono arrivati a uscire con il passaporto per dimostrare velocemente la propria cittadinanza, un conduttore radiofonico di Los Angeles ha detto apertamente: “Oggi si ha paura di avere la pelle scura”.
Immagine in anteprima: frame video NBC News via YouTube








Roberto Simone
Quello che mi preoccupa non è l'idiozia dei pochi che si credono i padroni del mondo, ma il silenzio di tutti gli altri.
moltomale
Quello che dici vale per i Democratici dell'establishment, ma non è assolutamente vero che gli americani non protestano contro l'ICE. Infatti, stando agli ultimi dati, il 70% degli americani si oppone alle "deportazioni" ICE.
Roberto Simone
@Moltomale In realtà il mio era più che altro uno sfogo, Non mi riferivo agli americani ma a quello che vedo intorno a me qui in Italia. Mi pare che stiamo perdendo la capacità di indignarci, incapaci di dare il giusto peso e la giusta priorità alle notizie, sospesi fra l'indifferenza e la capacità di minimizzare e banalizzare qualunque cosa, dal genocidio a Gaza ai morti annegati nei nostri mari fino alle deportazioni di persone che non hanno commesso alcun reato in paesi in cui teoricamente vige lo stato di diritto, compreso il nostro. Deportazione: ma ci rendiamo conto del senso di questa parola?
Valigia Blu
Ciao, attenzione però a non far di tutta l'erba un fascio, anche perché ci sono stati Democratici addirittura arrestati: https://www.axios.com/2025/06/17/lander-democrats-arrested-charged-immigration-trump
moltomale
Mancano dei dati fondamentali: l'ICE non sta solo rapendo - "deportando" non è corretto perché le azioni compiute non sono legali - gli illegali nel Paese, ha anche bersagliato rifugiati e "illegali" che si presentano in tribunale per continuare le proprie pratiche per il permesso di soggiorno, rendendo di fatto impossibile per loro ottenerlo (poiché se si presentano rischiano il rapimento, se non lo fanno risultano "illegali"). E l'assalto alla popolazione latina in particolare sta avendo effetti devastanti in particolare per l'agricoltura, poiché essa è estremamente dipendente dal lavoro sottopagato degli immigrati. Infatti ci sono già le prime avvisaglie che il regime Trump tenterà di utilizzare le persone rapite come schiavi da noleggiare ai coltivatori.
Bea
I Pretoriani.