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Trump e l’invio di truppe federali in California: un punto di non ritorno per la democrazia americana

12 Giugno 2025 6 min lettura

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Trump e l’invio di truppe federali in California: un punto di non ritorno per la democrazia americana

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“Se alcuni di noi possono essere prelevati dalla strada senza un mandato, solo sulla base di sospetti o del colore della pelle, allora nessuno di noi è al sicuro. I regimi autoritari iniziano prendendo di mira le persone meno in grado di difendersi. Ma non si fermano qui. (...) La California è solo la prima, ma di certo non finirà qui. La democrazia è sotto attacco di fronte ai nostri occhi”. Con queste parole Gavin Newsom, il governatore dello California, ha commentato nel corso di una conferenza stampa gli ultimi sviluppi riguardanti l’invio di truppe federali da parte del presidente Trump, in risposta alle proteste che stanno avvenendo a Los Angeles per via degli arresti indiscriminati di migranti irregolari da parte dell’ICE, la polizia federale che si occupa di immigrazione.

“La democrazia è sotto attacco proprio davanti ai nostri occhi”, ha affermato Newsom. “Il momento che temevamo è arrivato. Stanno distruggendo il progetto storico dei nostri padri fondatori: tre rami indipendenti e uguali del governo”. Newsom ha esortato gli americani a difendere il paese: “So che molti di voi provano profonda ansia, stress e paura”, ha detto. “Ma voglio che sappiate che voi siete l'antidoto a quella paura e a quell'ansia. Ciò che Donald Trump vuole di più è la vostra fedeltà, il vostro silenzio, la vostra complicità in questo momento”, ha detto Newsom. Trump, di contro, ha affermato che se fosse nei panni di Tom Homan, la persona a cui lui stesso ha dato mandato di gestire i confini, arresterebbe Newsom, in un’escalation che ha pochi precedenti nella storia statunitense recente.

Nella giornata di venerdì un gruppo di agenti ICE ha fatto una retata a Westlake, un quartiere a maggioranza latina di Los Angeles; questo rientra nella nuova strategia dell’amministrazione, che sta cercando di aumentare sensibilmente il numero dei deportati. Secondo un report del Wall Street Journal, gli arresti sono sempre di più, e avvengono anche senza mandato e senza identificazione, in luoghi dove prima le persone si sentivano più al sicuro, come scuole, chiese, ospedali, o le stesse aule di tribunale. Se in campagna elettorale Trump aveva promesso di deportare tutti i criminali velocemente, ora si sta muovendo indiscriminatamente contro tutti i cittadini senza documenti, quale che sia la loro condizione con la giustizia, secondo la politica incarnata dal suo consigliere, Stephen Miller, contrario all’apertura degli Stati Uniti a qualsivoglia forma di immigrazione. La retata, avvenuta presso la sede di un Home Depot, una catena di articoli per la casa, ha generato varie proteste nei quartieri a maggioranza latina della città californiana, per cui la polizia statale è intervenuta.

Allo stesso tempo, però, Trump ha richiesto l’intervento di 4.000 agenti della Guardia nazionale, che normalmente sarebbero alle dipendenze del governatore ma che Trump ha posto sotto il controllo della Casa Bianca, e di 700 marines. Queste, a oggi, possono dare solo un supporto logistico alla polizia locale, e non possono direttamente compiere azioni sul campo come arrestare persone: per farlo, Trump dovrebbe invocare l’Insurrection Act, una legge che consente al Presidente di mobilitare truppe federali per sedare rivolte interne. Una prerogativa che la Casa Bianca non utilizza dal 1992, quando sedò, sempre a Los Angeles, le proteste seguite all’assoluzione di alcuni poliziotti che avevano picchiato brutalmente Rodney King, un cittadino afroamericano, dopo averlo fermato per guida in stato di ebbrezza: la differenza fondamentale è che, in quel caso, l’allora governatore della California richiese al presidente Bush l’intervento. L’ultima volta che venne invocato da Washington senza il consenso di uno Stato risale alle lotte per i diritti civili. Nel 1965, il presidente Lyndon Johnson lo utilizzò per dare una difesa federale alla marcia dei cittadini afroamericani per rivendicare i propri diritti da Selma a Montgomery, in Alabama: l’allora governatore razzista Wallace non voleva schierare la polizia a difesa della marcia.

Secondo Steve Vladeck, professore alla Georgetown University, la mossa di Trump è un’escalation non necessaria per tre motivi: da un lato, ci sarà sicuramente il rischio che queste truppe utilizzeranno la forza, anche solo per difendere altri agenti, aumentando il rischio di tensioni; inoltre, c’è la possibilità che quella di Trump sia una mossa iniziale per invocare successivamente l’Insurrection Act, amplificando lo scontro; in terzo luogo, il Presidente sta facendo ricorso a una prerogativa che dovrebbe essere utilizzata quando c’è un consenso unanime. Nei fatti, le forze di polizia di Los Angeles non hanno richiesto né ricevuto notifiche dell’arrivo dei marines e il governatore Newsom ha citato in giudizio Trump per aver inviato forze federali non richieste a Los Angeles, e lo ha accusato di star costruendo uno spettacolo.

È importante sottolineare che i reportage che arrivano da Los Angeles dimostrano che la situazione non è così caotica: ci sono rivolte in alcune aree circoscritte della città, la maggior parte pacifiche, e solo in alcuni casi si assiste ad atti violenti, come l’incendio dei robotaxi Waymo da parte dei manifestanti. La stessa sindaca di Los Angeles, Karen Bass, ha istituito un coprifuoco dalle 20 alle 6 del mattino in modo da disperdere le proteste, ma soltanto in una piccola area circoscritta della città. L’amministrazione, però, ha tutto l’interesse a descrivere la situazione in California come “fuori controllo”, e per farlo amplifica sui social contenuti che provengono da influencer conservatori che riprendono solo le azioni più violente e richiedono che Trump riporti il tutto a una situazione pacifica.

Mentre la tensione cresce, alcuni giornalisti che stanno tentando di coprire le proteste in California hanno subito violenze dagli ufficiali di polizia. Il giornalista di CNN Jason Carroll, che si trovava sul luogo di un’azione di dispersione, è stato detenuto per un breve periodo, mentre alla giornalista australiana Lauren Tomasi è stato sparato un proiettile di gomma mentre si trovava in diretta televisiva. Secondo CPJ, il comitato che si occupa della protezione dei giornalisti, gli episodi accertati di ostruzioni e attacchi diretti a giornalisti e al loro lavoro sono stati almeno venti.

Un motivo di tensione ulteriore, come descritto da William Kristol su The Bulwark, è che nell’ordine esecutivo in cui Trump pone la guardia nazionale sotto il suo controllo le parole “California” e “Los Angeles” non compaiono. Si tratterebbe, invece, di un’autorizzazione senza mandato temporale, e quindi potenzialmente illimitata, al Segretario alla Difesa Hegseth per mobilitare truppe da spedire “dove ci sono le proteste”: nulla vieterebbe, quindi, di replicare lo stesso schema per altre proteste in altri Stati. Infatti, gli eventi di Los Angeles hanno generato manifestazioni pacifiche contro le azioni dell’ICE in varie città degli Stati Uniti, come New York, Boston, Chicago, Dallas e Atlanta. Inoltre, sabato sono previste marce di protesta contro le politiche del presidente in molte città, organizzate dal movimento “No Kings”, che comprende un’ampia coalizione di movimenti progressisti.

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La volontà di Trump di intervenire direttamente, contro l’opinione del governatore Newsom e delle stesse forze di polizia locale, ha infiammato lo scontro, generando un’escalation che ha peggiorato la situazione. Robert Reich, sul Guardian, ha scritto che ci troviamo di fronte ai primi stadi della possibile instaurazione di uno stato di polizia: prima si dichiara l’esistenza di un’emergenza, poi si giustifica l’invio di truppe in modo da ottenere un monopolio interno nell’uso della forza, poi si dà la possibilità a queste di arrestare senza bisogno di un mandato. Tutti fatti avvenuti in questa settimana, contestati vigorosamente da Newsom e da parte dei cittadini, accolti invece con inerzia dalla maggioranza repubblicana al Congresso.

Nancy Pelosi, parlando della scelta di Trump di inviare senza richiesta la Guardia nazionale a Los Angeles, ha affermato che “il 6 gennaio del 2021 (il pomeriggio del tentato golpe) lo abbiamo pregato di usarla per difendere il Congresso, mentre invece oggi la invia”. La deportazione sempre più massiccia e l’utilizzo di forze federali senza confrontarsi coi poteri statali rendono gli Stati Uniti sempre più vicini al punto di non ritorno: quella che prima si definiva “crisi costituzionale”, oggi diventa un attacco alle prerogative stesse della Costituzione statunitense.

Immagine in anteprima: frame video CBS News via YouTube

1 Commenti
  1. Anonimo

    Per chi volesse seguire tutti i giorni le questioni del regime di Trump, raccomando vivamente il canale YouTube Parkrose Permaculture.

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