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Un suicidio al giorno tra i disoccupati? I dati non dicono questo

4 Gennaio 2012 7 min lettura

Un suicidio al giorno tra i disoccupati? I dati non dicono questo

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Matteo Pascoletti (ha collaborato Antonio Scalari)
@valigiablu - riproduzione consigliata

Il 3 gennaio l’ANSA ha riportato la notizia secondo cui in Italia, nel 2009, si è ucciso (circa) un disoccupato al giorno: 357 morti in 365 giorni.

Il dato, messo così, appare allarmante. Cito due passi dell’ANSA:

 Un suicidio al giorno tra i disoccupati: una ricerca dell'Eures, istituto di ricerche economiche e sociali, relativa al 2009, già delineava un aumento record dei suicidi per motivi economici. E che a pagare questo prezzo sono sempre più gli uomini, più fragili rispetto alla perdita di ruolo determinata dal licenziamento. Come è stato anche evidenziato dagli ultimi fatti di cronaca, che hanno visto piccoli imprenditori, ma anche un pensionato, in crisi economica decidere di togliersi la vita. Sono stati 2.986 i suicidi commessi in Italia nel corso del 2009, anno in cui non era ancora evidente la portata della crisi economica, con un aumento del 5,6% rispetto all'anno precedente. [...] Anche in termini relativi appare evidente come il lavoro costituisca un vero e proprio discrimine: nel 2009 si registrano infatti ben 18,4 suicidi ogni 100 mila disoccupati contro 4,1 suicidi tra gli occupati. Un ulteriore indicatore del rapporto diretto tra il fenomeno e la crisi è rappresentato dal numero dei suicidi per ragioni economiche, che raggiungono proprio nel 2009 il valore più alto degli ultimi decenni (198 casi, con una crescita del 32% rispetto al 2008 e del 67,8% rispetto al 2007).

Considerando che il rapporto parla del 2009, e che il 2012 si preannuncia come un anno di recessione, va da sé che c’è da essere preoccupati. Si parla di “record”, e si citano gli “ultimi fatti di cronaca” che avrebbero “evidenziato” il dato, accostando i due aspetti senza specificare ulteriormente. Inoltre l’ANSA pare riferirsi all’anno appena trascorso, poiché dice che la ricerca “già delineava un aumento record”. Quel “già” sottintende “era a quel tempo così, figurarsi ora”. Inoltre, dato che nel 2009 “non era ancora evidente la portata della crisi economica” nasce spontanea la domanda: che cosa ci aspetta per il 2012, in termini di suicidi, essendo ormai evidentissima la portata della crisi?

Ma se si legge con attenzione l’ANSA, balzano agli occhi alcune incongruenze.

Innanzitutto “motivi economici” non vuol dire “disoccupazione”. Una persona può avere un lavoro e dei debiti ingentissimi che non riesce a pagare; dunque sono tra loro categorie diverse. Inoltre come fanno gli “ultimi fatti di cronaca” (con riferimento agli ultimi mesi) a evidenziare un dato che si riferisce al 2009?

È  il caso allora di andare direttamente alla fonte: la ricerca dell’EU.R.E.S. citata dall’ANSA. Cercando in rete, è possibile reperire un comunicato stampa/sintesi proprio dell’ EU.R.E.S. (che elabora in parte dati ISTAT), intitolato L’ultimo grido dei senza voce. Il suicidio in Italia al tempo della crisi, e su cui evidentemente si è basata l’ANSA. Il comunicato non è recente: come si può vedere dalla rassegna stampa nel sito dell’EU.R.E.S. molti articoli risalgono al maggio 2011, quindi il comunicato non è di questi giorni. La notizia è perciò stata ripresa a distanza di circa 6 mesi (ne parlano, tra gli altri, Repubblica, Rai News e Lettera43).

Nel comunicato è possibile vedere i dati citati negli articoli. Si nota così che lo stesso allarmismo dell’EU.R.E.S. è fuorviante rispetto ai dati stessi, dove non ci sono indicatori economici che giustifichino o quantifichino quel “ai tempi della crisi”. Per rendersene conto è sufficiente vedere la tabella a pagina 5, che riporta l’Indice suicidario in Europa calcolato ogni 100mila abitanti. La Media UE è di 10,3. L’Italia ha un punteggio di 5, ed è terzultima. Naturalmente in questo caso essere terzultimi è positivo, è la stessa EU.R.E.S. a dirlo:

La Lituania, con 31,3 suicidi ogni 100 mila abitanti tra il 2005 e il 2009, è il Paese con il più alto tasso di suicidi in Europa. Anche Ungheria (21,9),  Lettonia  (20,3) e Slovenia (19,8) presentano indici molto superiori alla media europea (pari a 10,3).  Segue la Finlandia che, nell’Europa “a 15”, presenta l’incidenza più elevata (18,2 suicidi ogni 100 mila abitanti), il Belgio (17,6), l’Estonia (17,3), la Croazia (15,5), la Francia (15,2)  e la Svizzera (15).

L’Italia, con una media di 5 suicidi per 100 mila abitanti, registra il terzo valore più basso  tra i Paesi europei, preceduta dalla sola Grecia (2,9) e da Cipro (3,1); vicini ai valori italiani  quelli della Spagna e del Regno Unito (6,4) e del Portogallo (7,5).

Visto che negli articoli il leit motiv dominante è crisi = disoccupazione/povertà = aumento record suicidi, leit moitiv che parla del 2009 gettando tetre ombre sul 2012, riporto  di seguito i dati della  tabella (a pagina 3 del comunicato EU.R.E.S.) relativa al numero di suicidi per anno e alle motivazioni. Se si vogliono vedere i dati ISTAT, su cui l’EU.R.E.S. ha basato le proprie elaborazioni, sono disponibili QUI.

  • Malattie fisiche - 314
  • Malattie psichiche - 1.075
  • Motivi affettivi - 320
  • Motivi d'onore - 12
  • Motivi economici  - 198
  • Non indicato - 1.067

Totale - 2.986

L’emergenza suicidi riguarderebbe principalmente persone affette da malattie psichiche. Se si sommano a queste i suicidi per malattie fisiche, si raggiunge una percentuale di circa 46,5% sul totale dei suicidi. Questo dato, forse, può voler dire che in Italia esiste un problema gravissimo di welfare, mancando adeguata assistenza a persone che soffrono di malattie fisiche o mentali. Ora, è abbastanza ovvio che un disoccupato cada facilmente preda delle depressione (malattia psichica), ma l’EU.R.E.S. non stabilisce questa correlazione, né mostra analisi a riguardo supportate da dati: si limita a ignorare il dato delle motivazioni, concentrandosi sui disoccupati. Ma per individuare rapporti di causa/effetto servono altri dati da incrociare. Per esempio bisognerebbe confrontare il tasso di suicidi con l’andamento della disoccupazione negli anni. Si può obiettare che non bisogna vedere il numero in sé di suicidi, ma l’andamento negli anni, come e quanto varia il numero. Questo è vero, ma ho puntualizzato l’aspetto perché i media stanno parlando del dramma di un suicidio al giorno per motivi economici, e dunque del numero in sé, e non soltanto della variazione.

Quanto alla tabella delle motivazioni, si nota subito che “disoccupazione” non compare tra le voci perché, come si può vedere dall’ISTAT (TAV.2), il dato emerge dall’analisi della condizione professionale: è dunque separata dal fattore motivazionale, come è separata per esempio la provenienza geografica. La rilevazione dell’ISTAT separa queste voci perché si basa su “modelli individuali di denuncia di suicidio o tentativo di suicidio compilati dalla Polizia di Stato, dall'Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza in base alle notizie contenute nella scheda all’atto della comunicazione”. Dunque nel modello compilato la condizione lavorativa è a parte, rispetto alle motivazioni. Ecco a confronto le due sezioni di tabella originale dell’ISTAT (Tav. 2):



La prima colonna riguarda i maschi, la seconda le femmine, la terza il totale. Il numero 357 che scandirebbe la media di quasi un suicidio al giorno per colpa della crisi risulta sommando la voce “ricerca nuova occupazione” con “in cerca di prima occupazione”: 272+85 = 357. Ma allora, se si è preso questo numero dandogli un valore causale, ciò può essere fatto con altri numeri, soprattutto se maggiori. Sempre nella tabella 2 dell’ISTAT, per esempio, si può vedere che nel 2009 si sono suicidate 1009 persone sopra i 65 anni: quasi 3 al giorno. Inoltre essere in cerca del primo lavoro non è esattamente come essere in cerca di nuova occupazione: i dati andrebbero contestualizzati in base all'età, e in base al periodo di inattività.

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Un altro aspetto da sottolineare, e che i media hanno completamente ignorato è che nel sito dell’EU.R.E.S. è presente la rassegna stampa che cita la ricerca, è presente il comunicato/sintesi della ricerca, ma della ricerca completa non c’è traccia. Ho chiesto conto di ciò a Fabio Piacenti dell’EU.R.E.S., e sono in attesa che risponda alla mia mail.

L’allarmismo sembra dunque ingiustificato, e di certo approssimativo. Ma un’emergenza suicidi c’è, e riguarda i suicidi nelle carceri (pag. 6 comunicato EU.R.E.S.). Nel 2009 il dato è impressionante: 72 suicidi, il numero “più alto degli ultimi 20 anni”. vale a dire 116,5 suicidi ogni 100mila detenuti, un indice “20 volte superiore alla popolazione totale”. Nel 2010 i suicidi in carcere sono lievemente calati, pur restando a livelli altissimi rispetto alla popolazione totale, ma si è registrato un picco di tentati suicidi.

Perché nei media l’attenzione è rivolta lontano da questi morti? Forse perché si ritiene il lettore medio più coinvolto dalla crisi e meno incline all’empatia verso un detenuto che si suicida o che tenta il suicidio?

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