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Se una rivoluzione è possibile

1 Dicembre 2011 2 min lettura

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Se una rivoluzione è possibile

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2 min lettura

Due giorni fa ricorreva il primo anno dalla morte di Mario Monicelli, e molti sul web hanno voluto ricordarlo attraverso questo video . Si tratta della celebre intervista a Rai per un notte, nella quale il regista afferma che soltanto una rivoluzione potrebbe riscattare l'Italia in declino. 

Eppure, a quanto si apprende dai nostri media, di rivoluzioni ce ne sono state: viola, arancione, verde, rosa, digitale, delle app, della mobilità urbana, del mercato del lavoro, della burocrazia regionale, del costume, della bellezza, dei rimborsi, dei wc, del mercato dei videogiochi, del cemento, del traffico milanese, della spesa, dei resti, delle abitudini, della pubblicità, dello switch off, del potere economico femminile, dell'ingresso in centro a pagamento, del “biomimetismo”, del consenso informato, della scherma, della Champions League, nella gestione dei servizi pubblici, nella gestione della macchina comunale, nel sistema della lievitazione, su due cavalli, per cambiare le abitudini dei baresi più indisciplinati, a metà, soft, dal basso, del sistema di governance dell'università, del benessere, del fast fashion, del cotto e mangiato, del pantalone, del vento. Soltanto per citare alcune delle 45.156 volte in cui il termine è stato usato, negli ultimi dieci anni, dai due quotidiani più letti in Italia: la Repubblica e Il Corriere della Sera
Anche noi abbiamo parlato di “rivoluzione”, facendo nostra una riflessione di Giovanna Zucconi sul linguaggio, ed abbiamo ripreso più volte il tema, specie in contrapposizione ad un metodo nell'argomentare basato su offese e sarcasmo (ad es. qui); forse è arrivato il momento di compiere un passo in più su quella strada, rifiutando una volta per tutte anche lo svilimento del linguaggio “buono” che avviene attraverso la ripetizione ossessiva. 
Il meccanismo è semplice e facilmente sperimentabile: prendete un'espressione qualunque, e ripetetela nella vostra mente un considerevole numero di volte. Già dopo pochi istanti constaterete che quest’unione di lettere, poco prima tanto familiare, avrà improvvisamente smarrito il suo significato, tanto da doverne mettere in dubbio non soltanto la grammatica ma, per quanto assurdo, la sua effettiva esistenza. 
Abbiamo citato i giornali e potremmo parlare dei discorsi della politica o dei talk-show televisivi, ma guardiamo invece a noi stessi: non è proprio la nostra quotidiana mancanza di cura verso le parole ad averle annichilite, compreso l'uso che spesso facciamo di esse in Rete (dal citazionismo pseudo-colto sui social network ai match retorici tra blogger)? Se il processo di “banalizzazione” avviato dalla comunicazione di massa richiede che ogni parte assolva la propria funzione di trasmettitore, non potremmo allora fare la differenza semplicemente tirandoci indietro? Usando con parsimonia le “armi” a nostra disposizione? La parola “rivoluzione” è soltanto uno dei tanti ordigni che abbiamo, più o meno consapevolmente, detonato prima di lanciare.
Sigismondo Baldovino
@valigiablu - riproduzione consigliata

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