Un anno dopo la tragedia di Novi Sad, i giovani serbi tornano in piazza e sfidano il potere corrotto di Vučić
6 min letturaMentre studenti e altri cittadini provenienti da ogni parte della Serbia marciavano verso Novi Sad per partecipare alla commemorazione delle sedici vittime morte sotto la tettoia della stazione ferroviaria, la tragedia avvenuta il 1 novembre dell’anno scorso, durante una conferenza stampa, i giornalisti hanno rivolto al presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, la seguente domanda: “Tutti guardano e attendono sabato. Si aspetta che tutto si svolga pacificamente?”
“E cosa c’è sabato, una partita o cosa?”, ha risposto il presidente serbo alla domanda su cosa si aspettasse per quel giorno. Solo in un secondo momento si è ricordato che proprio oggi si terrà la commemorazione per la tragedia di Novi Sad, l’evento che ha dato origine alle manifestazioni studentesche che da un anno attraversano il Paese, aggiungendo di essersi già informato presso i servizi sul numero di persone attese.
Vučić ha chiesto a sua volta ai giornalisti se credessero davvero che i “blokaderi”, come lui definisce i manifestanti che bloccano le strade delle città serbe in segno di protesta contro il governo, potessero provocare un cambio di potere picchiando qualcuno per strada o distruggendo edifici. Gli eventi che sono proprio accaduti sporadicamente nell’ultimo anno.
Dalle proteste pacifiche alla repressione
Le proteste studentesche che hanno portato al blocco delle lezioni e di altre attività accademiche nelle università serbe sono ufficialmente iniziate il 22 novembre, quando, davanti alla Facoltà di Arti Drammatiche di Belgrado, alcune persone legate al Partito Progressista Serbo, la principale forza politica a sostegno del presidente Aleksandar Vučić, hanno attaccato e aggredito gli studenti riuniti per quindici minuti di silenzio in memoria delle vittime del crollo della tettoia di Novi Sad. Dopo quell’evento, gli studenti serbi hanno presentato al governo diverse richieste, a cominciare dalla pubblicazione della documentazione completa relativa alla ristrutturazione della stazione ferroviaria di Novi Sad. In particolare, chiedono di avere accesso a tutti i documenti per garantire che il governo non nasconda nulla all’opinione pubblica, una richiesta che, finora, non è ancora stata soddisfatta.
Lo scorso fine gennaio alcuni studenti che stavano scrivendo dei messaggi sui muri della sede del Partito Progressista Serbo a Novi Sad, sono stati aggrediti dagli attivisti dello stesso partito. Una delle studentesse è stata gravemente ferita, colpita alla testa con una mazza da baseball, episodio che ha costretto l’ex premier serbo, Miloš Vučević, a dimettersi. Qualche mese dopo, un'altra studentessa che protestava in silenzio è stata gravemente ferita quando il conducente di una Ford Fiesta l’ha investita sul marciapiede.
Tuttavia, uno degli eventi che ha sconvolto il paese era quando durante una delle più grandi manifestazioni a Belgrado, il 15 marzo scorso, la polizia ha usato un cannone sonoro per spaventare e disperdere i manifestanti, più di 100mila persone, mentre osservavano 15 minuti di silenzio per ricordare le persone morte a causa del crollo di tettoia nella stazione ferroviaria. Molti dei presenti hanno riferito di aver riportato problemi di salute per il rumore improvviso, mentre sui social media circolavano video che denunciavano l'accaduto.
Tuttavia, i ministeri della polizia e della difesa, l'agenzia di sicurezza, il presidente e il primo ministro serbi hanno tutti negato fermamente l'uso di un simile dispositivo e hanno annunciato un'indagine sull'incidente. Anche la Commissione Europea ha chiesto un'indagine trasparente, che tutt'oggi non si è conclusa. L’ultima protesta, tenutasi a Belgrado il 28 giugno, ha riunito circa 140mila manifestanti e si è conclusa con scontri con la polizia, mettendo in evidenza la riluttanza di Vučić a rinunciare al potere attraverso mezzi democratici. Da quel momento, diversi report di media indipendenti e organizzazioni della società civile hanno denunciato molestie sessuali contro le studentesse arrestate nelle stazioni di polizia e l’utilizzo di armi e sostanze chimiche illegali per respingere i manifestanti.
Governo irresponsabile, Europa indifferente
A quasi un anno dalle proteste antigovernative, durante le quali oltre 60 facoltà sono state bloccate, il governo ha rafforzato la narrazione secondo cui l’incidente di Novi Sad sarebbe in realtà stato un atto terroristico. A sostenere questa “teoria del complotto” c’è anche Ana Brnabić, ex presidente del governo e ora presidente del Parlamento di Belgrado che interverrà al Forum Ue sull’Allargamento, a Bruxelles, il prossimo 18 novembre. Nel frattempo, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione in cui ha chiesto a Vučić di fermare la repressione e di essere serio nel percorso di adesione. Con una maggioranza di 457 voti favorevoli, 103 contrari e 72 astensioni, l’Aula di Strasburgo ha approvato il 22 ottobre scorso la risoluzione sulla “polarizzazione e l’aumento della repressione” in Serbia.
Nonostante nel paese sia in corso uno scontro pubblico per la difesa di quei valori europei che la Commissione Europea proclama al centro della sua azione, il resto d’Europa è rimasto abbastanza indifferente. Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, ha visitato la Serbia il 15 ottobre scorso incontrando il Presidente serbo, Aleksandar Vučić, a Belgrado per esortare il paese a un impegno più concreto verso l'adesione all'Unione Europea, sottolineando che è tempo che la Serbia sia concreta con i fatti e non solo a parole, nel suo percorso europeo.
Per fugare ogni dubbio sulla posizione di Bruxelles sulla dura repressione del governo serbo dei movimenti di protesta che infiammano la Serbia, la leader UE ha affermato: “Siamo a favore della libertà anziché dell’oppressione, compreso il diritto di riunirsi pacificamente“. Pacificamente e in bici, gli studenti serbi hanno percorso l’aprile scorso 1.400 chilometri da Novi Sad fino a Strasburgo per far sentire la voce delle proteste in Serbia e chiedere aiuto all’Europa. Il silenzio nei confronti dei manifestanti e la scarsa incisività dei rappresentanti delle istituzioni europee nel contrastare un leader autoritario possono forse spiegarsi con il delicato equilibrio che quest’ultimo mantiene nei Balcani occidentali. L’Unione Europea sembra osservare la situazione in Serbia con un occhio aperto e l’altro chiuso, in un atteggiamento ben diverso da quello di 25 anni fa, quando gli studenti serbi protestavano contro il regime dittatoriale del presidente Slobodan Milošević e godevano del pieno sostegno delle istituzioni europee.
Il movimento studentesco: nè di destra, nè di sinistra
A un anno di distanza, tutti questi eventi hanno profondamente spaccato la Serbia. Da un lato, ci sono gli oppositori del regime di Vučić, studenti e cittadini che chiedono una Serbia in cui le istituzioni funzionino davvero e dall’altro, i sostenitori di un leader e di un partito che mantengono il potere attraverso la paura, le minacce e la corruzione.
Nonostante la volontà del movimento studentesco di non prendere posizione su questioni che potrebbero polarizzare la società serba, al suo interno sono comunque emerse tendenze di destra e nazionaliste. Durante alcune proteste, i manifestanti hanno presentato simboli religiosi e bandiere con la mappa del Kosovo accanto al tricolore serbo, con lo slogan “Non arrendersi”, mentre il posto per le bandiere dell’UE non ha trovato spazio.
Come sostiene il politologo serbo Naim Leo Beširi, gli studenti non hanno ancora assunto una posizione chiara sul rapporto tra la Serbia e l’UE, di cui il paese è candidato all’adesione dal 2009, ma il loro obiettivo primario è eliminare tutto ciò che ci divide e combattere la corruzione e quando arriverà un nuovo governo e garantirà elezioni libere, potranno discutere se sono per l’UE o per la Russia.
Vučić: “C’è sempre la possibilità che mi dimetta”
Frustrati per l’assenza di responsabilità, gli studenti serbi e l'opposizione da maggio chiedono nuove elezioni. In un primo momento, il movimento studentesco aveva rifiutato con convinzione qualsiasi interazione con l'opposizione, ma ora gli studenti che sostengono con forza la necessità di tornare alle urne hanno annunciato che presenteranno una lista elettorale, che sarà resa pubblica solamente quando e se verranno convocate le elezioni. Allo stesso tempo, la società civile ha invitato tutti i partiti dell’opposizione a non partecipare alle eventuali elezioni, in segno di sostegno ai candidati degli studenti. Ma questo sta inevitabilmente portando a timori e tensioni nel vasto movimento democratico.
Tuttavia, il presidente serbo non ha ancora convocato le elezioni perché non è sicuro di poterle vincere. Da calendario istituzionale, la Serbia dovrà in ogni caso tenere le elezioni presidenziali nella primavera del 2027 e quelle per rinnovare il parlamento prima della fine dello stesso anno.
Nel corso di una conferenza stampa, in riferimento all'eventualità di una propria candidatura alle prossime elezioni presidenziali, Vučić ha precisato che non potrà candidarsi perché la Costituzione glielo vieta. Parlando della durata del suo mandato ha affermato che “esiste sempre la possibilità che presenti le dimissioni”. Il suo volto “da vittima” di una situazione politica che sta facendo tremare il paese potrebbe anche fare presa sull’elettorato, ma non è questo il caso degli studenti e dei cittadini che stanno lottando per i diritti, la democrazia e contro la corruzione e l’autocrazia, in un paese in cui, un pomeriggio, il crollo della pensilina di una stazione ferroviaria appena ristrutturata ha portato via con sé sedici vite.
Immagine in anteprima: frame video Sky News via YouTube







