Il voto in Repubblica Ceca e il rischio di un governo filo-russo
6 min letturaAggiornamento 5 ottobre 2025: Il miliardario Andrej Babiš ha vinto le elezioni parlamentari nella Repubblica Ceca, anche se il suo partito (ANO) non ha ottenuto la maggioranza assoluta.
Secondo i dati definitivi, ANO ha ottenuto 82 seggi e avrà bisogno del sostegno di due piccoli partiti euroscettici – Green Deal Motorists for Themselves, noto per le sue posizioni contro la transizione ecologica, e il partito anti-immigrati Freedom and Direct Democracy (SPD), guidato dall'imprenditore ceco-giapponese Tomio Okamura – per arrivare ai 110 seggi necessari per avere la maggioranza. Il partito del presidente uscente, SPOLU, ha ottenuto 52 seggi. Secondo le aspettative i risultati dei due alleati di SPOLU, il partito dei Pirati e quello dei Sindaci e Indipendenti che hanno ottenuto rispettivamente 15 e 22 seggi.
Formare il governo non sarà però così semplice come sembra. Dopo il discorso di ringraziamento elettorale, Babiš ha dichiarato di voler governare da solo, piuttosto che creare una coalizione formale.
ANO ha più punti in comune con Green Deal Motorists for Themselves. I due partiti siedono già nello stesso gruppo del Parlamento europeo, i “patrioti per l'Europa” – fondato lo scorso anno da Babis insieme all'ungherese Viktor Orban e all'austriaco Herbert Kickl – e vogliono ridurre o respingere gli obiettivi di emissioni dell'UE per contrastare il riscaldamento globale. Entrambi i partiti sono fermamente contrari a un maggiore onere finanziario per le famiglie ceche a favore di un'energia più pulita ed entrambi si oppongono al divieto dell'UE di vendere nuove auto a benzina e diesel dopo il 2035.
I rapporti con l'SPD potrebbero essere più tesi. Per cominciare, l'SPD ha combattuto queste elezioni in un'alleanza formale con una serie di partiti marginali di estrema destra, il che significa che dovrà cedere loro alcuni dei suoi seggi. Okamura potrebbe non avere il pieno controllo dei deputati del suo gruppo parlamentare.
Ma, soprattutto, a dividere sono le posizioni apertamente anti-europeiste dell’SPD. Babiš ha già categoricamente escluso la possibilità di indire un referendum sull'adesione all'UE o alla NATO, una priorità politica fondamentale per l'SPD. E anche il presidente ceco, Petr Pavel, nei giorni scorsi ha annunciato che si rifiuterà di approvare la nomina di ministri anti UE. La strada per il nuovo governo è ancora lunga.
Da ieri la Repubblica Ceca è al voto. I sondaggi danno favorito il miliardario populista Andrej Babiš, che promette di aumentare i salari e migliorare la crescita riducendo gli aiuti all'Ucraina. Una sua vittoria darebbe slancio al campo populista anti-immigrazione europeo e potrebbe complicare il consenso sulle politiche climatiche in un paese in cui nessun governo in carica ha mai ottenuto un secondo mandato dal 1996, riporta il Guardian.
Alle elezioni di cinque anni fa, l’ottobre del 2021, Babiš era stato sconfitto dalla coalizione del partito Spolu (Insieme) dell’attuale primo ministro, Petr Fiala, e altri partiti di orientamento liberale-centrista, che aveva poi sostenuto con successo nel 2023 la candidatura alla presidenza della Repubblica Ceca dell'indipendente Petr Pavel, ex capo di Stato Maggiore ceco. Ex ministro delle finanze dal 2014 al 2017, Babiš è stato primo ministro dal 2017 al 2021: un mandato segnato da scandali di corruzione e procedimenti legali in corso relativi a conflitti di interesse, riporta Haaretz.
Dall’ottobre 2021 è successo di tutto. C’è stata l’invasione russa dell’Ucraina che ha visto l’impegno della Repubblica Ceca e, soprattutto, c’è stata un'impennata dell'inflazione in seguito alla pandemia e uno dei peggiori cali dei redditi reali in Europa da cui il paese si sta lentamente riprendendo. Tutto questo ha ridotto i consensi di Spolu, che si sono impegnati nella riduzione del deficit di bilancio, e ha avvantaggiato la nuova candidatura di Babiš.
L’andamento dei consensi ha sorpreso diversi analisti. “Tre anni fa l'economia ceca era in difficoltà a causa dell'invasione russa dell'Ucraina. L'inflazione era in aumento, i prezzi dell'energia erano in aumento e molte persone erano molto insoddisfatte dello stato dell'economia”, osserva Jiří Pehe, ex direttore della NYU di Praga. “Ora l'economia ceca sta crescendo a un tasso del 2-3%, l'inflazione è molto bassa, il tasso di disoccupazione è tra i più bassi in Europa e, in termini relativi, il tasso di povertà è molto basso. Perché qualcuno dovrebbe votare per qualcuno che dice che il paese è sull'orlo del collasso economico?”
Tuttavia, i sondaggi danno il partito di Babiš oltre il 30% dei voti, circa 10 punti in più rispetto a Spolu. L’orientamento di un futuro governo guidato dal miliardario cerco dipenderà molto dalle alleanze che Babiš sarà costretto a stringere pur di governare. Molto probabilmente dovrà cercare il sostegno dell'estrema sinistra e l'estrema destra e che fanno temere per un’uscita dall’Unione Europea e dalla NATO da parte della Repubblica Ceca. Accuse che Babiš ha finora sempre respinto.
Fondatore e proprietario della holding AGROFERT, attiva nei settori dell'agricoltura, dell'alimentazione e dei prodotti chimici, Babiš ha accumulato una fortuna del valore di 4,3 miliardi di dollari, secondo Forbes. Nel 2012 ha fondato ANO, ritenuta “in Repubblica Ceca la divisione politica di AGROFERT”, spiega ad Haaretz Michal Malý, docente del Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università Carlo IV. “ANO non è democratico al suo interno. Non è tenuto insieme da alcun tipo di programma o idea. È tenuto insieme dalla lealtà a Babiš”, aggiunge Pehe.
Ma, a differenza di leader più ideologici come Orbán in Ungheria o Fico in Slovacchia, prosegue Malý, Babiš è più simile a Silvio Berlusconi. “È una specie di camaleonte. Può sempre cambiare posizione perché non si tratta di ideologia, ma di affari”, spiega Malý.
Negli ultimi 10 anni, Babiš è passato dalla destra tradizionale al centro-sinistra, e ora al nazionalismo e al populismo.
L'anno scorso, ANO ha lasciato il gruppo liberale ALDE al Parlamento europeo e si è unito all'alleanza di estrema destra Patriots.eu di Viktor Orbán. "Non ha molto senso. ANO non è filorussa e non si trova particolarmente a suo agio con il Fidesz [di Orbán] o con il Partito della Libertà [austriaco]", spiega l'esperta di politica estera, Pavlína Janebová. Ma, prosegue, in questo momento a Babiš servono i voti di destra, e questo spiega non solo la sua affiliazione a Patriots.eu, ma anche la sua partecipazione alla Conservative Political Action Conference (CPAC) di quest'anno in Ungheria.
In un potenziale secondo mandato, la questione più significativa in materia di politica estera sarà probabilmente l'Ucraina. Dall'invasione su larga scala della Russia nel 2022, la Repubblica Ceca è stata un sostenitore chiave dello sforzo di difesa dell'Ucraina, anche come importante fornitore e organizzatore di munizioni. A luglio 2025, c'erano 380.680 ucraini con protezione temporanea che vivevano nella Repubblica Ceca: la quota più alta rispetto alla popolazione nell'UE. Questi ucraini, dice Pehe, “ora contribuiscono al bilancio dello Stato più di quanto viene speso per loro” in termini di assistenza sociale.
Pur donando meno di altri dal punto di vista finanziario, i cechi sono stati tra i primi a fornire carri armati e veicoli da combattimento e hanno avviato la cosiddetta “iniziativa ceca”, riunendo commercianti e funzionari della difesa per trovare milioni di proiettili di artiglieria in tutto il mondo per Kiev con il finanziamento dei paesi occidentali.
Babiš si è impegnato per porre fine a questo progetto, sostenendo che è troppo costoso, e ha detto che vuole che siano la NATO e l’Unione Europea a occuparsi dell'Ucraina. “Non abbiamo i soldi per la nostra gente. Il nostro programma è per una vita migliore per i cittadini cechi... Non siamo in Ucraina”, ha detto Babiš in un dibattito mercoledì su CNN Prima News.
Il sostegno all'Ucraina tra i cechi rimane forte, ma mostra segni di stanchezza, secondo un sondaggio condotto dall'istituto di ricerca STEM. ANO chiede “misure diplomatiche che portino alla fine della guerra in Ucraina”, che Janebová interpreta come un sostegno al piano di pace sostenuto dagli Stati Uniti. Tuttavia, aggiunge, non ci si deve aspettare che le truppe ceche partecipino a operazioni di mantenimento della pace: “Sarebbe molto impopolare tra la popolazione ceca”, spiega l’esperta di politica estera.
Per quanto riguarda i rifugiati ucraini in Repubblica Ceca, mentre Babiš ha iniziato a sostenere che sono un peso, Pehe ritiene che i suoi interessi commerciali potrebbero alla fine temperare questa retorica: “Babiš sa che se quei rifugiati tornassero in Ucraina, le sue fabbriche di trasformazione alimentare rimarrebbero senza lavoratori”.
Una eventuale vittoria di Babiš potrebbe anche cambiare le relazioni con Israele. Secondo gli osservatori non ci sarà una rottura radicale, ma potrebbe cambiare il modo in cui la Repubblica Cerca voterà all'ONU e all'interno dell'UE. Finora Praga ha bloccato ogni tentativo di sospendere, in tutto o in parte, l'accordo di associazione UE-Israele. Ma “se Israele continuerà su questa strada dell'uso della forza e del blocco di qualsiasi via verso una soluzione diplomatica”, ipotizza Irena Kalhousová, direttrice dell'Herzl Center for Israeli Studies dell'Università Carlo IV di Praga, “allora sarà sempre più difficile per la Repubblica Ceca mantenere la sua posizione attuale”. E se il consenso più ampio dell'UE inizierà a orientarsi verso sanzioni o pressioni diplomatiche, Babiš potrebbe seguire l'esempio.
La politica estera ceca, compresa la sua posizione su Israele, dipenderà non solo dall'interesse nazionale e dall'opinione pubblica, ma, come detto, anche dalla coalizione che Babiš formerà dopo le elezioni. Tra le opzioni a sua disposizione vi sono il partito di estrema destra Libertà e Democrazia Diretta (SPD), il cui sostegno a Israele è in parte motivato dall'islamofobia, l'alleanza populista di sinistra Stačilo! (Basta!), che include il vecchio partito comunista antisionista; oppure Babiš potrebbe formare un governo di minoranza, basandosi su uno o più accordi di fiducia e sostegno.
Il voto “deciderà la direzione della Repubblica Ceca”, ha commentato l’attuale presidente Fiala, 61 anni, ex professore di scienze politiche, subito dopo aver votato. L’esito delle elezioni deciderà “se andremo verso il passato o verso il futuro, se la nostra strada porterà a est o a ovest”.
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