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Report, il Garante per la privacy e Fratelli d’Italia: cosa racconta davvero il caso Ghiglia

6 Novembre 2025 10 min lettura

Report, il Garante per la privacy e Fratelli d’Italia: cosa racconta davvero il caso Ghiglia

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Garante per la privacy, si dimette il segretario generale Angelo Fanizza


Aggionamento del 21 novembre 2025. Il segretario generale Angelo Fanizza si è dimesso il 20 novembre, dopo meno di due mesi dalla nomina. Magistrato del Tar del Lazio e docente universitario, Fanizza era stato scelto lo scorso ottobre per guidare la struttura amministrativa dell’Autorità fino al 2027. La decisione è arrivata al termine di una giornata segnata da forti tensioni interne, culminate con un’assemblea dei dipendenti che ha chiesto all’unanimità le dimissioni dell’intero collegio.

Secondo Report, Fanizza avrebbe chiesto al dipartimento informatico dell’Autorità di “estrarre la posta elettronica, gli accessi VPN e ai sistemi documentali” dei dipendenti, nel tentativo di individuare la fonte delle informazioni interne trapelate dopo la prima puntata dell’inchiesta. La richiesta, datata 4 novembre, è stata definita illegittima dallo stesso dirigente della sicurezza informatica, che ne ha informato il personale.

Il collegio del Garante, guidato da Pasquale Stanzione, ha diffuso una nota in cui “ribadisce la propria totale estraneità” alla vicenda e ricorda che l’accesso ai dati personali dei lavoratori da parte del datore di lavoro “può costituire violazione della privacy”. La vicenda, esplosa in un clima già segnato dalle accuse di Report su presunti conflitti d’interesse e contiguità politica, ha aggravato ulteriormente la crisi di fiducia intorno all’Autorità. Le opposizioni, da M5S ad Avs, chiedono ora con più forza le dimissioni del collegio: “Quando perfino il personale interno denuncia opacità e conflitti di interesse, l’unica risposta sensata è un passo indietro”, ha dichiarato il deputato Dario Carotenuto (M5S).

 

Le nuove accuse della trasmissione Report al Garante per la privacy

Aggiornamento dell'11 novembre 2025. Domenica scorsa è andata in onda un’altra puntata di Report sul Garante per la Privacy, portando all’attenzione il caso della multa inflitta a Meta per i primi modelli di smart glasses, gli occhiali con telecamera incorporata. Secondo quanto ricostruito dal programma, gli uffici del Garante avevano inizialmente proposto una sanzione da 44 milioni di euro, ridotta a 17 milioni e infine ulteriormente abbassata a 12,5 milioni dopo un incontro tra il dirigente di Meta Italia, Angelo Mazzetti, e Agostino Ghiglia, membro dell’Autorità nominato in quota Fratelli d’Italia. Il programma ipotizza che tale incontro possa aver avuto un'influenza sull'esito del provvedimento. Secondo Report Guido Scorza, nominato in quota M5S, avrebbe un potenziale conflitto di interessi.

Il Garante ha replicato prima della messa in onda, definendo l’inchiesta “destituita di ogni fondamento” e affermando che non vi sia mai stato alcun rischio, nemmeno potenziale, di danno erariale. Secondo l’Autorità, la differenza tra la proposta degli uffici e la decisione finale è il frutto della fisiologica dialettica interna e non implica irregolarità. Il Garante aveva chiesto a Report di non trasmettere il servizio “nei termini annunciati”, riservandosi ulteriori azioni legali.

Anche Ghiglia è intervenuto pubblicamente, respingendo ogni accusa e parlando di “pura forzatura con intenti diffamatori”. Ha negato qualsiasi ruolo nella rideterminazione della sanzione e ha definito “sensazionalismo scandalistico” la narrazione proposta dal programma. 

Guido Scorza ha invece risposto sul suo sito,sia a ridosso delle anticipazioni della puntata uscite sul Fatto Quotidiano, e dopo la messa in onda della puntata. Scorza spiega di aver interrotto ogni legame giuridico ed economico con lo studio di cui faceva parte al momento della nomina al Garante, evitando da allora qualsiasi contatto. Precisa che in “oltre duemilaseicento provvedimenti”, solo dieci hanno coinvolto lo studio e si è sempre astenuto quando ne ha avuto notizia.

Nel frattempo, le opposizioni  Pd, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra hanno chiesto le dimissioni dell’intero collegio dell’Autorità. Elly Schlein ha parlato di “sistema gestionale opaco” e di “forte permeabilità alla politica”. Giuseppe Conte ha rilanciato la proposta di legge sul conflitto di interessi. Sandro Ruotolo, del Pd, ha sollevato il tema dell’indipendenza compromessa del Garante. Anche Peppe De Cristofaro ha denunciato “una gestione dei viaggi e delle spese allegra” e “una macchia indelebile” sull’Autorità.

La premier Giorgia Meloni ha replicato ricordando che l’Autorità “è stata nominata dal Parlamento durante il governo giallorosso” e che “dire che sia pressata dal governo di centrodestra è ridicolo”. Alla premier ha risposto Ranucci, ricordando che “nel collegio siedono anche un membro della Lega e uno di Fratelli d’Italia”, ovvero Ghiglia. Giovanni Donzelli (FdI) si è detto favorevole “allo scioglimento di qualsiasi ente o autorità nominata dalla sinistra”.

 

Nelle ultime settimane si è aperto uno scontro senza precedenti tra Report, la trasmissione d’inchiesta di Rai 3 condotta da Sigfrido Ranucci, e il Garante per la protezione dei dati personali. Multe, diffide e servizi su uno dei componenti del Garante, Agostino Ghiglia, nominato in quota Fratelli d’Italia, hanno scandito le tappe. Il tutto a ridosso dell’attentato che ha colpito Sigfrido Ranucci lo scorso 16 ottobre, in un clima quindi sempre più teso per quanto riguarda la libertà di informazione, i meccanismi di trasparenza delle autorità regolatrici e i rapporti con la politica.

La multa del Garante a Report

Il caso nasce dalla decisione del Garante, con un provvedimento del 23 ottobre 2025, di infliggere alla Rai una sanzione di 150mila euro per la messa in onda, l’8 dicembre 2024, di un estratto audio di una conversazione telefonica tra l’allora ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e la moglie, Federica Corsini. Quell’audio era parte di un’inchiesta di Report sul caso di Maria Rosaria Boccia, imprenditrice indicata come consulente del ministero e al centro di un intreccio di relazioni personali e istituzionali con lo stesso Sangiuliano, vicenda che aveva portato alle dimissioni di quest’ultimo. Per quella puntata arrivano due segnalazioni: una dell’ex ministro Sangiuliano, una della moglie Corsini.

 

Un posto al ministero: la telenovela Sangiuliano-Boccia e la debolezza sistemica del governo

 

Secondo Report, la conversazione mostrava come la decisione di Sangiuliano di bloccare la nomina di Boccia fosse stata presa sotto pressione della moglie, configurando così un’interferenza familiare nelle funzioni pubbliche di un ministro. Il Garante, nel suo provvedimento, ha però stabilito che la Rai ha violato diversi articoli del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR) e del Codice della privacy italiano, affermando che la trasmissione dell’audio abbia travalicato il limite dell’essenzialità. Ovvero la pubblicazione di quella conversazione tra marito e moglie da parte di Report non era indispensabile per rendere l’informazione completa e di interesse pubblico.

L'audio, si legge nel provvedimento, non era “indispensabile”, ma solo “funzionale” all’inchiesta (per ammissione della stessa Rai), cioè utile a rafforzare la narrazione giornalistica senza aggiungere elementi decisivi di interesse pubblico. L’Autorità ha ritenuto che la Rai fosse consapevole di violare la normativa e che la scelta di trasmettere la conversazione fosse dettata da esigenze editoriali.

L’inchiesta di Report sul Garante

Sigfrido Ranucci ha risposto alla decisione del Garante intervenendo in collegamento a una conferenza stampa del Parlamento europeo. In questi giorni raccolgo solidarietà bipartisan”, ha detto Ranucci in riferimento all’attentato subito, “ma si sta rivelando ipocrita: da una parte solidarietà, dall'altra qualcuno sta armando il Garante della privacy per punire Report e dare un segnale esemplare ad altre trasmissioni”. Ranucci ha poi chiesto al Garante europeo di verificare l’operato del Garante della privacy italiano, accusandolo di agire “come un’emanazione del governo”.

Alle dichiarazioni di Ranucci segue una minaccia di querela da parte di Pasquale Stanzione, presidente del Garante della privacy. Il livello dello scontro tra la trasmissione e l’organo indipendente si alza, tanto più che nella nuova stagione, Report dedica una puntata proprio alla decisione del Garante, in particolare per uno dei commissari, Agostino Ghiglia. Il quale aveva provato a bloccare la messa in onda con una diffida, contestando “l'acquisizione illecita di dati personali ottenuti attraverso l'asserita violazione della corrispondenza privata”. 

La vicenda cambia così piano: dal merito della telefonata e della decisione del Garante si passa al modo in cui quell’Autorità ha deciso e all’osservanza dei criteri di trasparenza e indipendenza. Report ha infatti documentato la presenza di Ghiglia nella sede di Fratelli d’Italia in via della Scrofa, il pomeriggio del 21 ottobre scorso, ovvero il giorno prima in cui è stata decisa la multa contro la trasmissione. Sul caso Sangiuliano il commissario inizialmente sarebbe stato favorevole a una semplice ammonizione; tuttavia il 22 ottobre vota per la multa. A fargli cambiare idea è stato l’incontro nella sede di Fratelli d’Italia?

La difesa ufficiale è che Ghiglia si sia incontrato con Italo Bocchino, direttore editoriale del Secolo d’Italia e Presidente della Fondazione Alleanza Nazionale, per parlare della presentazione di un libro che il commissario starebbe per pubblicare. Il problema però è che Italo Bocchino, intervistato da Report nella stessa puntata, non ricorda molti dettagli del libro in questione. Inoltre, in una mail interna del 21 ottobre Ghiglia aveva scritto: “Domani andrò da Arianna Meloni". Ghiglia ha ammesso con l’inviata di Report di aver parlato con la sorella della presidente del Consiglio, ma solo per scambiare qualche parola “di cortesia” sulle rispettive famiglie. C’è poi una discrepanza nella durata dell’incontro: 20 minuti secondo Bocchino, più di un’ora secondo quanto documentato da Report

Le comunicazioni interne visionate da Report evidenziano altri interventi di Ghiglia in favore di Fratelli d’Italia, o circostanze che ne chiamano in causa l’imparzialità. In un’altra occasione, ad esempio, Gennaro Sangiuliano inoltra a Ghiglia due ricorsi presentati contro due giornalisti a nome proprio e della consorte, scrivendo “non chiediamo alcun trattamento di favore ma solo i diritti di ogni cittadino”. 

Per il libro Fratelli di chat, con cui il giornalista Giacomo Salvini ha sviscerato le chat del partito di Meloni, Ghiglia si muove addirittura ancora prima della sua uscita e prima di ogni esposto, per acquisire informazioni. Così scriveva:

Ho necessità di un approfondimento "serio" sulla sussistenza di un trattamento illecito di dati personali relativamente al libro del Fatto sulla chat dei parlamentari di FDI. Non è così scontato e ovviamente attenderemo eventuali reclami ma mi serve un approfondimento "prima facie". All'interno del Collegio Guido non sarà d'accordo.

Un altro caso riguarda l’inchiesta Gioventù meloniana di Fanpage, che ha visto una giornalista della testata lavorare sotto copertura, documentando gli aperti richiami al fascismo da parte di alcuni militanti in posizioni di rilievo. Nei video pubblicati erano presenti alcuni minorenni, i cui volti erano stati oscurati, tuttavia dei genitori hanno poi presentato un esposto al Garante. L’autorità ha respinto l’esposto, tuttavia secondo Report Ghiglia è intervenuto nel tentativo di far sanzionare Fanpage

Il dubbio di una decisione non imparziale

Come i giornalisti hanno codici deontologici, così organi come il Garante hanno i loro codici etici. Nel caso specifico, esso prevede che i componenti osservino “i doveri di lealtà, imparzialità, diligenza ed operosità previsti per i dipendenti pubblici”. Ci sono vari articoli del Codice che finiscono perciò sotto i riflettori, alla luce di quanto visto nella puntata. Ad esempio l’articolo 5:


Il dipendente partecipa ai soli incontri e riunioni, anche informali, rilevanti per l'attività d'ufficio cui è autorizzato a prendere parte; evita inoltre contatti non autorizzati con destinatari anche indiretti degli atti e dei provvedimenti in fase di adozione o con chi fornisce o intende fornire beni o servizi all'Ufficio.

Nel caso della sanzione decisa per la Rai, non è stato certo il solo Ghiglia a decidere. Dei quattro commissari, però, Guido Scorza si è astenuto in quanto “non era d’accordo in diritto”. Per Ginevra Cerrini Feroni, in quota Lega, in un passaggio di una mail di Ghiglia mostrata da Report si cita la decisione di votare secondo quanto indicato dal partito. Mentre il Presidente Pasquale Stanzione, eletto con i voti del PD, è mentore del fratello dell’avvocato di Gennaro Sangiuliano, incaricato dell’esposto per la puntata di Report

In base all’articolo 11 del codice, “il presidente, i componenti del Garante e il segretario generale [...] si informano reciprocamente degli incontri anche informali cui prendono parte in materie rilevanti per l’attività del Garante”. Gli altri membri, quindi, sapevano dell’incontro avvenuto il giorno prima?

La vicenda mette così a nudo una tensione che non sembra circoscrivibile a un singolo caso, ma investe l’operato del Garante e i rapporti tra stampa e potere. Da un lato, c’è il dovere del giornalismo d’inchiesta di esercitare il diritto di cronaca anche su figure di potere senza travalicare i limiti imposti dalla privacy e dai codici deontologici. Report è una trasmissione giornalistica del servizio pubblico: la redazione e Sigfrido Ranucci non possono essere immuni da verifiche sul proprio operato. Da questo punto di vista non devono esistere “paladini”, figure caricate simbolicamente di una qualche missione e in virtù di ciò sollevate per eccezione da responsabilità. Un errore in un’inchiesta può produrre danni concreti: è per scongiurare ciò che esiste una deontologia.

Dall’altro lato, c’è però la garanzia di indipendenza del servizio pubblico e delle Autorità di garanzia. Se anche la decisione del Garante di multare la Rai fosse corretta e ineccepibile nel merito, resta il problema di come si è arrivati a prendere quella decisione, della rete di rapporti, comunicazioni ufficiali o ufficiosi, delle ombre che sollevano dubbi doverosi. L’imparzialità è insomma un abito che fa il monaco.

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Eppure, in Italia, i codici etici e le regole di trasparenza che dovrebbero garantire questo equilibrio sono spesso considerati meri adempimenti formali, o interpretabili a seconda della convenienza. Le istituzioni indipendenti non possono permettersi di apparire loizzate o schierate, soprattutto quando giudicano questioni che coinvolgono il potere politico. Al contrario, è proprio la credibilità del metodo con cui si decide più ancora della decisione stessa a determinare la fiducia dei cittadini.

Questo aspetto rimanda a un problema sistemico: la permeabilità tra politica, media e organi di vigilanza. La Rai, come servizio pubblico, è da decenni al centro di una gestione partitica che assegna direzioni, spazi e programmi secondo logiche di appartenenza. Da agosto è in vigore il Media Freedom Act, che proprio per quanto concerne il servizio pubblico pone l’Italia in un grave deficit di democrazia, per quanto riguarda l’indipendenza della Rai. 

In un quadro del genere, gli incontri di Ghiglia, lo zelo nell’intervenire quando c’è di mezzo la premier Meloni e il suo partito fanno pensare a un clima da “cattura dei media”. Ossia un problema sistematico dove la proprietà dei media e gli organismi di controllo hanno una relazione simbiotica con la politica, creando un clima di favori reciproci. La stampa diventa sempre più un megafono del potere, e gli organismi indipendenti una pantomima di autorevolezza che protegge gli abusi o le pratiche scorrette. Quanto visto con la multa alla Rai e l’inchiesta di Report sul Garante, da questo punto di vista, mostra ancora una volta la vulnerabilità dell’Italia di fronte al rischio di questa relazione simbiotica, facilitata dal conformismo di chi magari pensa “così fan tutti”.

(Immagine anteprima: frame via YouTube)

 

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