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Questo mio Paese analfabeta

8 Novembre 2011 3 min lettura

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Questo mio Paese analfabeta

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Non è più una boutade, nè un giudizio. È un dato di fatto.
E speriamo che voi che leggete capiate la sostanziale differerenza. 

Al World editors forum ha fatto sensazione ai partecipanti stranieri il tema dell'analfabetismo funzionale italiano, in quel caso collegato alla scarsa circolazione dei giornali.

Un punto di partenza per questo tema è la definizione offerta dall'Ocse, il consorzio di associazioni internazionali che si occupa tra l'altro di valutare i livelli cognitivi nelle varie età dei singoli paesi in funzione della necessità di "avere competenze nella comprensione dei testi scritti e nelle operazioni di calcolo per partecipare in modo attivo alla vita democratica di un paese e al suo sviluppo economico", cioè: "A person is functionally illiterate who cannot engage in all those activities in which literacy is required for effective functioning of his group and community and also for enabling him to continue to use reading, writing and calculation for his own and the community's development." 

Un dato registrato nello Human Development Report, dell'Onu, segnala una situazione italiana particolarmente grave: in questo rapporto, del 2009, gli italiani che hanno problemi di analfabetismo funzionale arrivano al 47% della popolazione.

Sono dati che erano già stati allertati in uno studio di Tullio De Mauro un paio di anni fa e dovrebbero allertare chi governa non certo fargli affermare che "coi libri non si mangia". Quando si sa perfettamente, e chi lo ha affermato su tutti, che lo sviluppo economico e civile di un paese dipende dall'istruzione e dai livelli cognitivi dei suoi cittadini (è sempre l'OCSE a certificarlo e a mettere in relazione i due dati). 

Siamo ufficialmente un paese di ignoranti in piena regressione (il 50% di analfabetismo funzionale della popolazione adulta questo significa, detto in altro modo, mica altro), anche perché i dati sono peggiorati negli ultimi due anni (a nessuno venga in mente di collegare la cosa con il peggioramento dei livelli d'istruzione conseguenti al ridimensionamento delle ore di italiano e di tecnologia operate dai decreti Gelmini! E all'eliminazione progressiva dei moduli coi doppi maestri e del tempo pieno! Non sia mai: sarebbe una rivendicazione di categoria!!). Si direbbe, infatti, che la situazione generale italiana sia peggiorata tra il 2009 e il 2010. 
Il tema generale è enorme e non è collegato solo a povertà o disoccupazione, anche se sono direttamente correlati. È collegato anche agli investimenti, fossero solo di interesse primario e di considerazione, nella scuola.

Ma è anche un problema di sistema educativo complessivo e di alternative mediatiche, poiché il tempo maggiore trascorso dai ragazzi non è a scuola (con le sue ore tagliate e le sue classi pollaio) o nello studio bensì davanti ai mezzi televisivi e molto meno davanti al pc: in un paese che fonda molta parte della sua comunicazione sulla televisione, non sulla lettura di libri o quotidiani, e ci riferiamo alla popolazione adulta, la sfida a migliorare le proprie capacità di lettura e scrittura è ridotta. 

Da notare che l'analfabetismo funzionale non è l'analfabetismo tout court: riguarda le capacità di lettura e di comprensione e valutazione di un testo scritto complesso, non il fatto di avere o non avere frequentato una scuola.

Riguarda le conseguenti capacità di riflessione, di consapevolezza degli eventi e di capacità personale di porre collegamenti consequenziali e valutazioni fattive tra di essi. 

Al di là del giudizio e delle considerazioni su chi possa avere vantaggi da un paese per metà privo di strumenti valutativi personali e autonomi, il dato dovrebbe creare sconcerto, ma anche far riflettere.

L'elettorato di centro destra è statisticamente maggiore tra chi ha titoli di studio inferiori. Che non legge quotidiani nè libri. E che, anche se li leggesse, non avrebbe gli strumenti cognitivi per comprenderli. Ma non è solo quella parte di elettorato. La statistica comprende anche altro tipo di elettorato, ed è quello più "ammaestrabile" da demagoghi e populisti di fronte a facilissimi slogan. 

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In entrambi i casi quelli ad essere messi in crisi sono i binari della democrazia.

Si può agire in due modi: o continuando a prendere in giro il paese o iniziando a pensare che senza un vero investimento nell'architettura di sistema della scuola pubblica, nelle metodologie e nel posizionamento adeguato delle risorse tali ritardi culturali sono destinati inevitabilmente a crescere.

   

Mila Spicola
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