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Quelli che “la fine del berlusconismo”

15 Aprile 2013 2 min lettura

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Quelli che “la fine del berlusconismo”

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L'altra sera ero un po' giù di morale quindi per rinfrancare il mio spirito sono andato a cercarmi degli editoriali di qualche mese fa sulla "fine del berlusconismo/dell'era berlusconiana/del ventennio berlusconiano". Dell'epoca ricordo articoli, speciali, scenari futuri da immaginare, pagine e ore piene di affreschi sul dopo-Silvio. "Il Grande Fratello non tira più". "Ha perfino vinto Vecchioni a Sanremo". "Il segno dei tempi". È inutile e forse anche un po' irritante fare un elenco dei commentatori e dei commenti che ne avevano garantito l'estinzione - basta fare una ricerca veloce su Google e farsi un'idea di questa galleria di fantasmi in pigiama, un limbo di impressioni distorte stampate per sempre nei motori di ricerca.

Anzi non avrei voluto neppure scriverne, finché non ho visto questa foto (insomma, GUARDATELA. E pensate ai sopracitati articoli). E poi, comunque, non sarebbe carino: l'abbiamo sperato e magari detto anche noi, convinti che quella di Berlusconi fosse una "parabola ormai discendente" (altra perla del frasario "post-berlusconiano") (e tre) facendoci interpreteri sociologici improvvisati e ufficiali testamentari di una storia all'epilogo.

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E invece CIAONE: rischia di vincere le elezioni a febbraio pur perdendo i milioni di voti, diventa ago della bilancia d'ogni minima peristalsi istituzionale (non ultima l'indicazione di un Presidente della Repubblica "amico"), continua a crescere nei sondaggi (guidandoli - sì, i sondaggi eccetera) e sfodera prestazioni di piazza (a Roma come a Bari) che ormai odorano di leggenda. Silvio Berlusconi non ha solo riacciuffato con presa arcigna il tema della personalizzazione della politica, chiudendo nello stanzino le fantaprimarie del PDL e il ricambio generazionale del centrodestra, ma lo ha portato a un nuovo livello: la riduzione di sé e della propria figura pubblica al solo nome SILVIO - la cosa che mi ha colpito più di tutte questo weekend: lo sfondo azzurro "Silvio Silvio Silvio Silvio" dietro di lui. Non "PDL", non, "LIBERTÀ", non "#GAZEBO". Just "SILVIO". È tornato. Non è mai andato.

Di fronte all'effimero da accademia, all'incolore delle definizioni, delle nomenclature incomprensibili, degli aggettivi e delle cariche (democratico, costituzionale, largo, condiviso, segretario, cavaliere) Silvio ha spolverato l'immagine volutamente umile, rinfrescante e diretta del proprio-nome-proprio. Come volesse puntare sul collegamento empatico, sull'evocazione di una storia insieme personale e comune - TU mi conosci per come mi chiamo IO, non per la mia carica istituzionale -, sulla semplicità disarmante ma allo stesso tempo celebrativa, epica, umile e modestissima. Al PD non restano che due strade: aprire uno Svapo Center o cambiare nome in "Francesco" (e augurare "Buon pranzo!" ogni domenica).

(CIAO A TUTTI è una specie di rubrica talvolta satirica che non aveva ancora parlato di Silvio Berlusconi e ora non se ne può più beare in giro).

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