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Il Partito Laburista di Starmer sta regalando il Regno Unito all’estrema destra

15 Settembre 2025 11 min lettura

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Il Partito Laburista di Starmer sta regalando il Regno Unito all’estrema destra

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Quando nel luglio del 2024 il Labour Party di Keir Starmer ha vinto le elezioni nel Regno Unito c’erano due sentimenti tra gli osservatori di sinistra, contrapposti ma non necessariamente incompatibili. Da una parte c’era il sollievo per la sconfitta dei Conservatori, accompagnata alla soddisfazione per la vittoria di un partito di sinistra. Dall’altra questa appariva come una magra consolazione: Keir Starmer, partendo da posizioni socialdemocratiche, proponeva nel suo manifesto per le primarie del Labour politiche di sinistra, come aumento della tassazione per i più ricchi e la difesa dei diritti dei migranti. Durante il suo mandato da leader dell’opposizione aveva però alleggerito le sue posizioni per cercare di far breccia negli elettori delusi dai Tory.  

Si era quindi rimangiato buona parte delle promesse fatte in precedenza. Aveva via via fatto marcia indietro sulla volontà di cancellare tagli al welfare State voluti dai governi conservatori: tra questi il più noto riguarda il Two child benefit cap, un provvedimento introdotto dai conservatori per limitare detrazioni e assegni oltre il secondo figlio che secondo le analisi aveva aumentato la povertà nelle famiglie più numerose. Aveva promesso di cancellare le tasse universitarie, salvo poi addirittura aumentarle per la prima volta dal 2017. Il magazine Big Issue ha raccolto tutte le giravolte fatte durante la campagna elettorale da parte di Starmer.

Il risultato non è stato però quello sperato: queste giravolte avevano portato a una disaffezione nei confronti del Labour. Secondo i sondaggi, nel voto del 2024 gli elettori hanno scelto il Labour Party più per liberarsi da quindici anni di Tory più che per le proposte politiche. In particolare, la maggioranza ottenuta da Starmer a livello di seggi è fortemente inflazionata rispetto alla percentuale di voti, a causa anche del ruolo svolto da Nigel Farage e dal suo Reform Party che ha sottratto voti nei collegi ai Conservatori. 

Inoltre aveva espulso esponenti di spicco dell’ala sinistra, come l’ex leader del partito Jeremy Corbyn, di cui era Ministro Ombra per la Brexit. Questo aveva creato ancora più tensione tra i militanti e simpatizzanti del Labour. Corbyn si è poi candidato nel suo collegio di Islington North, in mano ai laburisti fin da un’elezione sostitutiva del 1937, battendo il candidato del partito per quasi 15 punti percentuali. 

Dopo la vittoria del 2024, la soddisfazione di avere un partito di centrosinistra al governo si è perciò assottigliata. 

Il declino della popolarità di Starmer e i movimenti a sinistra

Una volta al governo,  i nodi sono venuti al pettine. A dimostrarlo c’è un sondaggio, svolto tra metà e fine agosto, di YouGov sulla popolarità di Starmer e del suo governo: il tasso di approvazione netto di Starmer tra il 13 e il 28 agosto è il secondo più basso tra i leader dei principali paesi europei e degli USA, dietro quello del presidente francese Emmanuel Macron, che viene però da quasi un decennio alla guida del paese. Non solo: anche per quel che riguarda le intenzioni di voto, il Labour di Starmer ha subito il calo più elevato per un partito di governo nel Regno Unito degli ultimi quarant’anni: dopo appena un anno di voto, il calo è stato dell’11 per cento. Questa emorragia di voti è diretta prevalentemente a sinistra: un’analisi sempre del Guardian basata sui sondaggi di YouGov rivela che solo il 56 per cento degli elettori del Labour lo voterebbe oggi. Il 14 per cento si è spostato invece su partiti di destra, in particolare il Reform Party di Farage. Ma il 26 per cento si è indirizzato verso partiti progressisti come il Green Party, lo Scottish National Party e i LibDem. 

Questi sondaggi non tengono conto di una novità importante all’interno del panorama politico britannico. Durante l’estate è stata proposta la creazione di un nuovo partito di sinistra da parte dell’ex leader del Labour Party Jeremy Corbyn e Zarah Sultana, parlamentare laburista sospesa dal partito proprio per aver votato un emendamento del Green Party che puntava ad abolire il two-child benefit cap. Il nuovo partito non ha ancora un nome definitivo, provvisoriamente è stato scelto Your Party come atto di denuncia verso una politica interessata soltanto agli interessi dei ricchi e che non ascolta l’opinione delle persone normali. 

Secondo le rilevazioni di Ipsos, il partito di Corbyn e Sultana farebbe presa soprattutto tra i giovani. Il 20 per cento dell’elettorato si dichiara propenso a votare un nuovo partito di sinistra, ma questo nasconde le differenze generazionali: la percentuale arriva infatti al 33 per cento nella fascia 16-34, calando poi con l’età. Anche il 33 per cento di chi ha votato per il Labour Party alle elezioni del 2024 si dichiara intenzionato a votare un nuovo partito di sinistra. A giocare un ruolo, però, c’è anche la competitività del partito in contesto di maggioritario secco come quello britannico: una proposta unitaria tra il nuovo partito di sinistra e il Green Party accoglie il favore del 31 per cento dei britannici. Questa percentuale aumenta per i giovani, che arrivano al 52 per cento, e quasi la metà degli elettori del partito laburista nel 2024. 

Anche le novità nel Green Party segnalano movimenti a sinistra. A inizio mese il partito ha eletto come suo nuovo leader il quarantaduenne Zack Polanski, che ha intenzione di dare una svolta. Secondo Polanski, il partito deve allontanarsi da una retorica troppo tecnica e puntare invece su una comunicazione più immediata ed efficace, virando a sinistra in quello che viene definito “ecopopulismo”. La sua linea economica è decisamente di sinistra, criticando le politiche di sgocciolamento che hanno contraddistinto gli anni al governo dei Tory, oltre a supportare l’introduzione di Reddito di Base Universale. Per quanto riguarda il Labour, il nuovo leader del partito ha dichiarato che darà battaglia, soprattutto per quel che riguarda il tema delle disuguaglianze. Come in buona parte dell’Occidente, infatti, dopo un netto calo durato fino agli anni 70-80, le disuguaglianze di reddito e patrimonio sono aumentate negli ultimi trent’anni. Nato in una famiglia ebrea, Polanski sottolinea che il governo non sta facendo abbastanza per fermare il genocidio in corso nella striscia di Gaza. Nei giorni scorsi ha proposto l’arresto del Presidente di Israele Isaac Herzog, in visita ufficiale in UK. 

Un governo manageriale che guarda a destra

La disaffezione diffusa anche tra gli elettori del Labour Party e i movimenti alla sua sinistra sono sintomatici della piega presa dal governo Starmer. Se durante la campagna elettorale c’erano state delle giravolte e il suo programma si era annacquato, fino a diventare sostanzialmente quello di un partito centrista, al governo la virata a destra è stata ancora più netta oltre a una mancanza di visione chiara del futuro del paese. 

Dal governo fanno sapere che ciò è dovuto alla difficile situazione sia domestica sia internazionale. Sul fronte interno, infatti, a pesare ci sono la Brexit e le manovre di politica economica di Liz Truss che hanno minato la fiducia nei confronti degli investitori, tanto che proprio l’ex prima ministra ha minacciato di querelare Starmer se questi continuerà ad accusarla di aver affossato l’economia. 

Se in parte è vero che l’eredità che si trova a gestire il governo Starmer non è invidiabile, al contempo la gestione ha lasciato a desiderare. A partire dalla figura di Starmer, visto come un leader privo di carisma e senza una visione trasformativa del paese. Uno studio ha analizzato l’approccio politico di Starmer, fin da prima che diventasse Primo Ministro. Secondo gli autori, quella di Keir Starmer può essere catalogata come una "giuridificazione" della politica, una tendenza che si inserisce nella visione del governo come arte dell’amministrazione. Questa tendenza, sottolineano gli autori, rischia di essere disastrosa proprio in un periodo di crisi e cambiamenti strutturali come quelli che stiamo vivendo. 

Le fonti vicine a Downing Street confermano una tesi di questo tipo, senza però una caratterizzazione morale. Più che dare una direzione su questioni cruciali come la crisi del welfare state e la politica industriale, il governo segue un approccio manageriale di consultazioni. 

Le politiche trasformative, soprattutto a livello economico, finora non si sono viste, tutt’altro. I piccoli interventi proposti dalla Cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves hanno attirato le critiche sia degli imprenditori che dei cittadini. Non solo, quando il governo ha cercato di intervenire in maniera netta sul Welfare State lo ha fatto con una netta stretta. Per ridurre la spesa corrente, il governo aveva proposto una revisione dei criteri e delle cifre erogate per gli assegni delle persone con disabilità e i lavoratori in malattia. Questo ha portato a un malcontento diffuso all’interno del Labour Party. Con il rischio che la riforma sarebbe passata solo grazie al voto dei conservatori, Starmer ha dovuto fare concessioni alla corposa frangia ribelle del Labour Party. Ciò non ha comunque convinto 49 parlamentari laburisti che non hanno votato la misura. 

Questa crisi ha inasprito le critiche nei confronti di Rachel Reeves, cancelliera dello scacchiere. Reeves rappresenta un elemento di stabilità per i mercati finanziari, in quanto ritenuta sostenitrice di una politica fiscale responsabile. Durante quelle settimane si rincorrevano voci su una sua estromissione dal governo. Starmer si è rifiutato di dichiarare che avrebbe confermato il suo sostegno alla Cancelliera, salvo poi mettere una toppa quando la situazione sul mercato azionario aveva portato a un calo della sterlina e un aumento del tasso di interesse dei Gilt, cioè i titoli di debito del governo britannico. 

Proteste e Immigrazione: Starmer rincorre Farage

La politica economica non è il solo ambito in cui il governo sta svoltando a destra. 

Tra i temi più caldi in questi mesi c’è quello sulla libertà di espressione, in particolare riguardo alle proteste contro il genocidio a Gaza. Negli ultimi mesi, Palestine Action, un gruppo che sostiene la fine dell’apartheid compiuto da Israele ai danni della popolazione palestinese e delle ostilità nei confronti dei civili a Gaza, è stata inserita tra le associazioni terroristiche. Questo ha portato a varie proteste da parte dei manifestanti e ad arresti di massa, anche tra persone di età superiore ai 60 anni. Per lo stesso motivo è stata al centro delle polemiche la scrittrice irlandese Sally Rooney.  L’autrice ha dichiarato che continuerà a versare le royalties ottenute dalla BBC per la trasposizione proprio di Normal people e Conversations with friends a supporto di Palestine Action. Risiedendo in Irlanda, Rooney è al di fuori della giurisdizione britannica. Ma esponenti del governo hanno fatto sapere che potrebbe configurarsi come reato un appoggio esplicito del gruppo durante una presentazione di un libro o la partecipazione a un festival. 

Anche sull’immigrazione Starmer ha segnato un cambio di rotta. Paradigmatico sotto questo punto di vista un discorso pronunciato proprio da Starmer nel maggio del 2025 per illustrare i cambiamenti in materia. Nel corso del discorso il Primo Ministro ha dichiarato che senza regole stringenti sull’immigrazione “rischiamo di diventare un’isola di estranei”. Il discorso è stato paragonato a quello del ministro ombra conservatore degli anni ‘60  Enoch Powell, in cui dichiarava che presto i britannici sarebbero diventati stranieri nella loro terra. Per quel discorso, il leader dell’opposizione Edward Heath lo costrinse alle dimissioni. 

La strategia adottata da Starmer sull’immigrazione è sintomatica però delle dinamiche elettorali innescate nel Regno Unito. I conservatori, dopo la pesante sconfitta del 2024, hanno eletto una nuova leader, Kemi Badenoch, che appartiene alla destra del partito. Badenoch infatti sposa posizioni conservatrici anche sui diritti civili, dopo che i conservatori (da Cameron in poi) si erano dimostrati più aperti. Tuttavia, questo non ha portato a un aumento dei consensi. Al contrario, gli elettori si sono rivolti sempre di più verso Reform, il nuovo partito fondato da Nigel Farage. Dopo il referendum sulla Brexit, si era ritirato dalla politica, avendo raggiunto il suo obiettivo. Farage aveva quindi cominciato un’operazione di rebranding, lavorando come speaker radiofonico e partecipando a reality show. 

Questa operazione simpatia è risultata vincente portando Farage, soprattutto dopo la caduta di Boris Johnson, di nuovo al centro del dibattito pubblico, anche grazie a un partito più strutturato. La strategia di Reform, che oggi è in testa ai sondaggi, coincide con la formula che ha funzionato per molti partiti fascio-populisti in Occidente: una retorica a favore di lavoratori e piccoli risparmiatori, più vicina quindi ai temi di sinistra, coniugata con posizioni conservatrici a livello sociale. Con un governo impantanato e senza visione e il collasso dei conservatori, Farage punta quindi a prendersi Nr.10 alle elezioni del 2029. Il fatto che non si tratti di un’ipotesi remota lo dimostrano i finanziamenti ricevuti dal partito: secondo un’analisi di Opendemocracy, vari finanziatori un tempo legati al Partito Conservatore si sono ormai spostati verso Reform.

Ma Farage è solo il volto “presentabile” della destra radicale-estrema britannica, che sta vivendo momenti di grande fermento. A conferma c’è la manifestazione anti-immigrazione di questo fine settimana organizzata dall’attivista di estrema destra Tommy Robinson. All’evento hanno partecipato, da remoto, altri esponenti dell’internazionale di destra come Elon Musk ed Eric Zemmour. 

Cambiare rotta, anche se è difficile

I consensi per Reform assieme ai movimenti a sinistra delineano un panorama di radicalizzazione per la politica britannica, con un possibile collasso del dominio dei due principali partiti- il Labour e i Tory- a favore di formazioni più radicali. 

Se Starmer e il suo partito vogliono sopravvivere e non fare la fine dell’esperienza Macron ma in versione accelerata hanno bisogno di distaccarsi da una visione tecnocratica e di mera amministrazione dell’esistente. Quello di cui ha bisogno il Labour è una visione trasformativa del paese che vada a incidere sulla vita delle persone comuni che si trovano ad affrontare problemi come l’inflazione, la crisi dell’NHS, un’economia in stagnazione. Per risolvere questi problemi sistemici, non si può optare per correzioni infinitesime. Recentemente Starmer ha varato un rimpasto, a seguito anche delle dimissioni della vice premier Angela Rayner. Durante un’indagine interna, infatti, erano emerse delle irregolarità riguardo al pagamento delle tasse per una sua abitazione. Ma questi cambiamenti, fatti anche per dare nuova linfa vitale a un governo in affanno, non sono abbastanza.

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Quello che serve invece è un piano ambizioso che guardi a sinistra. Questo è necessario per porre un freno all’avanzata di Farage nei sondaggi. Al contrario, il governo finora ha provato la strategia opposta, cioè una comunicazione che inseguiva Farage sui suoi temi. La differenza è che, laddove Starmer è criticato per le giravolte, le posizioni disumane sull’immigrazione di Farage sono le stesse di un tempo. La coerenza in politica gioca un ruolo fondamentale. 

Non è comunque detto che Starmer riesca a sopravvivere, stretto appunto in questo nuovo clima polarizzato tra la destra di Farage e la sinistra che intercetta i delusi. Il rischio è che l’esperienza Starmer non sia nient’altro che un relitto del passato, una gestione meramente burocratica del governo davanti a sfide che richiederebbero invece prese di posizione più nette e politiche che vadano a intervenire sui problemi delle persone normali.

(Immagine anteprima via Flickr) 

 

10 Commenti
  1. Federico

    La sinistra ha bisogno di una robusta dose di realismo: si deve smettere di promettere privilegi (impossibili da elargire) mascherati da aiuti e sventolare principi assoluti come dogmi incrollabili dai suoi piedistalli autocostruiti. Quello dell'immigrazione è il più lampante di tutti, in Europa: se la base elettorale NON vuole accogliere altri migranti, continuare imperterriti con la retorica dell'accoglienza non farà che spostare voti su astensioni e destre "sociali" sempre più estreme. I Milei, i Trump, i Bolsonaro, Le Pen, Farage (nonostante il disastro brexit!) non nascono perché improvvisamente la gente si sveglia "fascista" (etichetta che sarebbe da usare con un po' più di criterio e oramai ultrainflazionata), nascono perché l'alternativa antepone principi dogmatici (e tipicamente mal sviluppati, e nemmeno approfonditi) a quello che è il sentire degli elettori, andando a riempire un vuoto. La manifestazione di Londra non è roba tipo le patetiche "passeggiate per la sicurezza" della nostrana Casapound, è qualcosa che ha portato in piazza 110MILA (secondo Scotland Yard) elettori "standard" che si sentono persi e spaventati. Qui in Italia c'è metà gente che non vota più i partiti istituzionali: un vuoto enorme, che il Vannacci di turno riempirà molto presto se non si fornirà un'alternativa credibile.

    • Matteo Pascoletti

      Veramente era piena di fasci a partire dall'organizzatore Tommy Robinson, ma capisco la vigliaccheria del doversi nascondere dietro il "senso comune". Così come le recenti settimane sono state piene di organizzazioni, movimenti di estrema destra che prendono di mira strutture che ospitano rifugiati o moschee, attivisti, gente comune. Se tu non li consideri "gente" abbi il coraggio di ammetterlo senza nasconderti dietro i sofismi. Da persona che vive nel Regno Unito (quindi immigrato) dal 2020 e quindi sta un attimo a contatto con la "gente" che viene evocata da certi discorsi qualunquisti come il tuo: sono "gente" anche gli immigrati come me, sono gente gli operatori di associazioni non profit la cui vita viene messa a repentaglio da quella propaganda schifosa. Sono "gente" i sindacalisti che vengono presi di mira. Perciò se la sinistra deve diventare disumana per venire incontro a te, sai che forse basterebbe tu ammettessi di essere di destra? È legale, sai? Non ti devi vergognare. Ma a parte questo, i dati sull'immigrazione non parlano di nessuna emergenza, lo sanno anche i sassi che il problema principale che il Regno Unito sta scontando è la Brexit. Ovvio che politici come Farage, artefici della Brexit, non è che vogliono fare una campagna elettorale su questi temi, e trovano grandissime complicità in ciò, dai media compiacenti ai "realisti" come te. Chissà come diventa la vita dei "realisti" come te, quando qualcuno prova a toccarne i diritti....

      • Federico

        Ma li leggete i commenti prima di rispondere, o appena intravedete uno discostamento minimo dalla tesi proposta vi si serra la vena e partite in quarta? Se è così, fate prima a chiudere la sezione commenti e mettere solo un unico tasto "mi piace" alla ei-fu-twitter. Chi ha mai detto che bisognerebbe negare i diritti di qualcuno? Che poi l'unica volta in cui ho parlato di "gente" è stato in riferimento al corpo elettorale italiano e al 50% di astensione. Secondo te a cosa è dovuto? Al fatto che improvvisamente milioni di persone si sono svegliate e accidenti, oggi si sono svegliate fasciste? O forse al fatto che le masse critiche degli elettori (che non sono così povere come ci si vuole vendere, ma accidenti, hanno in mano il boccino politico del paese) si sente ignorate su tutta una serie di paure e questioni che per la sinistra "più pura" (tipo quella che si arroga l'odioso diritto di distribuire patenti di "antifascismo" e "vera sinistra") sono tabù? Purtroppo il problema che vedo è sempre quello: si pretende di piegare la realtà alle proprie convinzioni, principi, idealismi, quando andrebbe fatto l'esatto opposto. Sul tema delle migrazioni, non si vuole capire che, se la massa critica dell'elettorato è spaventata dalla presenza sempre più importante in aree urbane di migranti provenienti da culture diversissime (e diverse volte incompatibili) dalla nostra, inizierà a rivolgersi a chi dice di poter rispondere a quella paura. Sui temi economici, invece, è facile promettere i ponti d'oro welfare a chi non capisce che non sono sostenibili, poi però quando devi rimangiarti la parola l'elettore si incazza. E finisce per partecipare alle manifestazioni sul white pride o a correre appresso la vecchia balla della "destra sociale". E veniamo al punto della discordia: ammettere che l'integrazione così come è stata proposta finora NON FUNZIONA, produce solo ghettizzazione e pressione eccessiva su certe aree urbane, ammettendo che l'intera catena della gestione del fenomeno va radicalmente e realisticamente ripensata e regolata è fare disumanizzazione? Osservare che l'impatto anche di poche persone provenienti da culture diversissime dalla nostra può risultare pesante e difficile da digerire per gli autoctoni, senza necessariamente che si verifichino casi di reati e criminalità che finiscono nelle statistiche. è sdoganare il fascismo? Se sì, beh, allora preparatevi, perché i Vannacci e i Farage sembreranno dei centristi moderati rispetto a quello che potrebbe arrivare continuando su questa china. Negli USA ne stanno avendo già un'anteprima.

        • Matteo Pascoletti

          Ciao Federico, Puoi darmi del tu, se hai un "voi" immaginario con cui te la stai prendendo non è una mia responsabilità rappresentarlo, né farmi carico delle tue emozioni. Quanto al resto, confermo tutto quello che ho detto. Se c'è qualcosa che non ti è chiaro di quello che ho detto e hai bisogno che te lo spieghi meglio sono naturalmente a disposizione. Buona giornata

          • Federico

            Questa continua aggressività (sia attiva che passiva) da superiorità morale è esattamente una delle motivazioni per cui chi non è di sinistra ci guarda con disprezzo (per non dire peggio) crescente. Non mi stupisce: sembra che a sinistra siamo impegnatissimi a farci i nostri circoletti di dibattito giusto per sbrodolarci addosso quanto siamo bravi, belli e buoni e fare la gara al più puro, mentre fuori ci sono i grezzi, gretti, stupidi e ignoranti. Però poi ci domandiamo non solo perché chi sta "fuori" non porti il suo voto a sinistra, ma pure perché in questo circolo le fila si assottiglino sempre di più. La colpa, tuttavia, è sempre e sistematicamente di qualcun altro e, ancora una volta, eccoci al solito dibattito tra sordi. Chi non segue la narrazione viene bollato, come hai fatto sommariamente nella prima risposta, o, come hai fatto nella seconda risposta, fintamente compatito. In entrambi i casi non hai minimamente toccato il cuore di quello che ho detto, cioè che possiamo farci tutti i discorsi che vogliamo, ma è la massa critica dell’elettorato che sta scivolando sempre più a destra, a prescindere dalla maldestra toppa che cerca di metterci lo Starmer/Macron/Mertz di turno. E quindi continuiamo a rifiutarci di capire che, per fare un banalissimo quanto iconico esempio, una singola donna in burqa che passa per strada (che, ça va sans dire, non fa nessuna statistica) è la migliore propaganda possibile per gente come Farage (che non mi stupirebbe se iniziasse a mandare alcuni dei suoi in giro col burqa) e, non paghi, continuiamo ad etichettare tranchant come “fasciorazzista” chiunque veda quella donna coperta da capo a piedi e provi un senso di paura per quello che, involontariamente, rappresenta e richiama. Aggiungi un contesto dove la crisi subprime è stata pagata in toto da quella stessa massa critica (nonostante le promesse in primis dell’allora astro nascente del progressismo liberale Obama) e hai confezionato la ricetta perfetta: il voto sulla Brexit, Trump, destre in ascesa in occidente, sono tutti sintomi di questo stato d’animo collettivo. Non ci piace? Non eliminerà il fatto che le elezioni non le decidono gli ultimi, ma chi sta nel mare magnum della classe media lavoratrice, la stessa che in Argentina si è stufata di sussidiare l’altra metà di popolazione ed ha votato Milei. Vogliamo seriamente sostenere che siano tutti fascisti, come i 110000 della marcia di domenica scorsa? Il mio è uno sfogo? Sì, perché francamente vedere che alle porte ci sono gli AFD, i Farage (DI NUOVO!) e più localmente i Vannacci, mentre chi dovrebbe contrastarli sembra fare a gara per sgombrargli il campo è tremendamente frustrante e avvilente.

          • Matteo Pascoletti

            Ciao, Scusa ma sono tre commenti che vomiti rancore, per il resto io sono classe lavoratrice e milito in organizzazione della classe lavoratrice, dove, ti assicuro, non vomitiamo odio razzista come quello vista e sentito alla manifestazione di Londra. Nelle organizzazioni della classe lavoratrice si parla di come migliorare la vita delle persone attraverso riforme, non facendo sentire ad altri lavoratori che sono il nemico semplicemente perché non sono abbastanza "britannici". 1000 razzisti sono 1000 razzisti; 100 mila razzisti sono 100 mila razzisti. quindi non posso rispondere dei tuoi sproloqui e ti invito cortesemente a non usare la classe lavoratrice come alibi. Se uno odia gli immigrati non è perché è della classe lavoratrice, ma chi vuole prendere il potere da destra deve ovviamente instillare odio verso gruppi sociali specifici perché non può certo affrontare le questioni di classe. Tutto qua, è una dinamica che in paesi come il Regno Unito è vecchia di almeno 100 anni, ma se non ci credi puoi sempre provare a contattare organizzazioni sindacali britanniche con cui condividere il tuo punto di vista.

  2. Roberto Simone

    Mi pare di capire dall'articolo che le scelte economiche del governo - di ogni governo - di sua maestà sono condizionate in modo importante dai mercati. Non so se sia una novità per gli inglesi, ma per noi, come per i greci non lo è affatto. Il secondo dato che mi sembra importante è dato dall' operazione simpatia di Farage. Nell'articolo si dice che per un politico la coerenza è importante, ma a me non sembra. Per poter affermare che qualcuno sia coerente bisogna conoscerne e ricordarne la storia, compresi i danni che ha provocato e le promesse che non ha mantenuto. Ora, delle mirabilie che la Brexit secondo Farage avrebbe dovuto generare non c'è traccia e tuttavia Farage vola nei sondaggi grazie ad "un'operazione simpatia" avvenuta ovviamente tramite i media (nell'articolo si parla di reality).Gli stessi che fanno degli immigrati un'emergenza che nei numeri non c'è. L'emergenza esiste: ma solo nella percezione della gente. Infine il terzo punto che mi pare importante sono i finanziamenti al partito, perché i finanziamenti arrivano da chi i soldi li ha, non certo dai disoccupati, e per fare politica servono dannatamente. E chi finanzia non lo fa per amore della democrazia ma per il suo tornaconto. Mercati. Media, finanziamenti ai partiti: questi tre elementi messi insieme mi paiono la causa principale di un progressivo svuotamento dall'interno della democrazia che è un problema che va ben al di là della figura di Starmer e anche della Gran Bretagna, perché con sfumature diverse è presente in tutte le nostre democrazie.

    • Valigia Blu

      Ciao Roberto, sicuramente i media hanno avuto una responsabilità non indifferente nel non saper gestire l'estrema destra, questo è un elemento di cui tenere conto (ne avevamo parlato già a suo tempo in un articolo che trovi linkato in questo, proprio nel passaggio in cui si parla di media e Farage). Tuttavia non si può pensare che un governo (qui naturalmente Starmer vale anche come parte per il tutto) non abbia "agency" o capacità di intervenire, e sia in qualche modo un corpo in balia della corrente. C'è una analisi per esempio di Persuasion UK che spiega come si muove l'elettorato laburista "curioso" verso Reform: è una minima parte, di solito è più portato a posizione socialmente conservatrici, ma per vede come fumo negli occhi la vicinanza di Farage a personalità come Trump, o le politiche negazioniste sul clima. Se guardiamo a come ha operato il Labour nell'ultimo anno, è chiaro che di analisi del genere non tiene minimamente conto. Va inoltre ricordato che un peso rilevante per quanto riguarda finanziamento e - soprattutto - base elettorale/voti del Labour ce l'hanno i sindacati, con cui l'attuale partito rischia di entrare in collisione. https://persuasionuk.org/research/reform-curious-labour

      • Roberto Simone

        Avevo risposto ieri ma il post non è mai apparso. Ci riprovo. Intanto grazie per la risposta però devo segnalare che il link porta ad una pagina inesistente. Il mio commento non voleva essere una difesa di Starmer ma nasceva dalla sensazione che da qualche anno tutti i governi progressisti - uso il termine nel senso più generico possibile per indicare chi si sente antirazzista e si dice favorevole ad una società maggiormente egualitaria - incontrino difficoltà che hanno dei punti in comune. A cominciare dal ruolo dei mercati: il caso estremo è probabilmente stato il governo Tsipras in Grecia ma è evidente soprattutto nei paesi come il nostro con un debito pubblico elevato la loro capacità di influenzare le politiche economiche e non certo nel senso di una maggiore redistribuzione della ricchezza. Ovviamente le situazioni sono molto diverse fra paese e paese e le ragioni sono sempre molteplici e complesse, non ultima l'inadeguatezza - per incapacità, ambizione personale o mancanza di visione - di chi è chiamato a ricoprire incarichi governativi (in Italia penso a Renzi, per esempio). E tuttavia se è vero che "non si può pensare che un governo [...] non abbia "agency" o capacità di intervenire, e sia in qualche modo un corpo in balia della corrente" a me sembra altrettanto vero che una "corrente" ci sia e vada in senso opposto al "progressismo", perché mira a indebolire la democrazia. Negli ultimi trent'anni fenomeni "populisti" si sono verificati praticamente ovunque. In genere sono nati contro la classe dirigente corrotta e inetta e avevano la pretesa di dare "voce al popolo". Tutti hanno avuto nei social media e nelle nuove forme di comunicazione il loro megafono per l'ovvia ragione che nei social la comunicazione è bidirezionale e "si può dire la propria". Ma tutti - anche quelli non razzisti, nati da un'indignazione sacrosanta e con le migliori intenzioni del mondo - hanno fatto danni alla qualità della democrazia. Pensiamo a quello che sta succedendo in Nepal proprio in questi giorni, per esempio, dove per cercare di placare la piazza il parlamento ha eletto un primo ministro indicato da una sorta di sondaggio online: un grande esercizio di democrazia per chi non è abituato a porsi troppe domande sulla fragilità dei processi democratici, a cominciare dal ruolo di chi gestisce la piattaforma su cui si è votato, di chi può o non può accedervi, del numero effettivo di partecipanti al sondaggio, delle modalità in cui è avvenuto e via di seguito. Il rischio è ovviamente sempre lo stesso: che dietro ad un'illusione di democrazia sia un numero molto ristretto di cittadini a decidere per tutti. Oppure pensiamo al M5S in Italia, che dalla sua origine ha messo alla berlina la democrazia rappresentativa (oltre all'idea che la competenza sia un valore anche in politica) predicando l'avvento della democrazia diretta (evidentemente non avevano mai letto "Il futuro della democrazia" di Norberto Bobbio). Non sono riusciti a realizzare alcuna riforma che andasse nella direzione di "dare voce al popolo", ma in compenso sono riusciti a farne passare un paio che ne hanno indebolito la rappresentanza: la diminuzione del numero di parlamentari e il taglio al finanziamento pubblico dei partiti. Quando la democrazia si indebolisce (ossia quando si indeboliscono le regole e i servizi che permettono al maggior numero possibile di persone di partecipare al dibattito pubblico con cognizione di causa e consapevolezza del proprio potere) a rimetterci è sempre chi ha meno. Tanto più quando l'idea dominante è che essere poveri non sia una condizione ma una colpa: perché non lavori abbastanza, perché non hai studiato abbastanza o semplicemente perché appartieni ad un'etnia diversa per cui "è giusto" che tu sia povero. E qui si torna al ruolo dei media, sempre più globali nell'utilizzo ma sempre più nelle mani di pochissime persone (il primo che viene in mente è certo Elon Musk, ma pensiamo anche a Vincent Bolloré in Francia per tacer dei Berlusconi in Italia) che quindi hanno i mezzi e la capacità di indirizzare le scelte "democratiche" dove l'aggettivo in questo caso è talmente svilito da significare solo "della maggioranza votante". E io spero sinceramente che abbiate ragione quando scrivete che "i media hanno avuto una responsabilità non indifferente nel non saper gestire l'estrema destra" perché la mia impressione è che invece la stiano proprio cavalcando. PS: il nome è Roberto

        • Valigia Blu

          Scusa, hai ragione, abbiamo corretto link e sistemato nome.

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