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La Russia ha messo sulla lista dei ricercati lə giornalista russo-americanə Masha Gessen

14 Dicembre 2023 3 min lettura

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La Russia ha messo sulla lista dei ricercati lə giornalista russo-americanə Masha Gessen

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Il ministero degli Interni russo ha inserito nella sua lista di ricercati lə giornalista russo-americanə Masha Gessen. Lo ha riferito il sito indipendente russo Mediazona, dopo aver trovato l’informazione nel database del ministero. In seguito la notizia è stata confermata anche da Associated Press. Non è stato però finora possibile sapere a quando risale l’inserimento nella lista dei ricercati.

Alla fine di novembre il Servizio Federale per la Sicurezza (FSB) aveva aperto un procedimento contro Gessen in base alla legge che punisce chi diffonde “notizie false” sull’esercito. La legge, firmata da Putin nel marzo del 2022, prevede una pena fino a 15 anni. La notizia del procedimento era stata diffusa dall'emittente televisiva in lingua russa Dožd'.

L’episodio al centro del provvedimento risale al settembre 2022, e si riferisce all’intervista rilasciata da Gessen al canale YouTube del giornalista russo Yuri Dud. Durante l’intervista, Gessen aveva parlato dei crimini commessi dalle forze armate russe nella regione di Kyiv, in particolare a Bucha, teatro nel marzo di quell’anno di un vero e proprio massacro di civili. 

Nell’intervista Gessen aveva definito “delirante” la versione fornita delle forze armate russe, secondo cui si sarebbe trattato di una messa in scena. Il video dell’intervista ha realizzato finora oltre 6 milioni e mezzo di visualizzazioni.

Gessen è una persona transgender non binaria, e usa in inglese i pronomi neutri they/them. In Russia ha militato come attivista per i diritti LGBTQ+, e nel paese è statə tra le voci più importanti della comunità. Da sempre criticə verso il regime di Putin, ha pubblicato sull'argomento importanti libri come The future is history. How totalitarianism reclaimed Russia e The man without a face. The unlikely rise of Vladimir Putin. Gessen ha definito la stessa guerra in Ucraina come “una guerra totalitaria contro una società anti-totalitaria”.

Nell’estate del 2013 Gessen ha lasciato la Russia dopo l’introduzione della “legge anti-gay”, in seguito alla quale le autorità russe hanno iniziato a prendere di mira i figli delle coppie omogenitoriali. A dicembre dello stesso anno è avvenuto il trasferimento definitivo negli Stati Uniti, grazie al doppio passaporto. Così racconta Gessen in un articolo uscito su Slate, a proposito della decisione di lasciare la Russia con la famiglia:

Gli americani vogliono adottare i bambini russi e farli crescere in famiglie di pervertiti come quella di Masha Gessen", ha dichiarato il politico di San Pietroburgo Vitaly Milonov, mettendo insieme propaganda omosessuale, adozioni e agenti stranieri. Lo ha detto in un'intervista al più grande tabloid del paese alla fine di marzo, quando sono iniziate ad arrivare le offerte di borse di studio dalle tre scuole americane in cui Vova [il figlio adottiva di Gessen, NdT] aveva fatto il colloquio [...].  "Non tornerà", dicevo, stringendo il pugno. A questo punto era chiaro che non sarebbe tornato davvero, nemmeno per le vacanze. Nella nuova realtà politica e culturale della Russia, un tribunale avrebbe facilmente deciso di annullare l'adozione di Vova, e io non me ne sarei nemmeno accortə.

In un articolo sul Guardian, scritto nell’agosto dello stesso anno, Gessen ha raccontato l’aggressione subita due mesi prima di fronte alla Duma, nel periodo dell’approvazione della legge. “Due cose sono successe quel mese, mi hanno picchiato davanti al Parlamento per la prima volta e ho realizzato che in tutte le mie interazioni, comprese quelle professionali, non ero più percepitə come giornalista: ero diventatə una persona con un triangolo rosa”.

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Per effetto della stessa legge contro la diffusione di “informazioni false”, nel dicembre dello scorso anno è stato condannato a otto anni e mezzo in una colonia penale il politico e attivista Ylia Yashin. A Yashin era stata contestata una diretta sul suo canale YouTube, in cui aveva parlato apertamente dell’uccisione di civili compiuta a Bucha dalle truppe russe. 

Il mese scorso un’altra attivista, Sasha Skochilenko, è stata condannata a sette anni per aver violato la stessa legge. Skochilenko aveva partecipato a San Pietroburgo alla “protesta dei cartellini”, con cui vari attivisti avevano messo sulle etichette dei capi di abbigliamento  nei negozi informazioni sul numero dei civili uccisi a Mariupol dalle truppe russe.
Secondo l’ONG russa OVD-Info, dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, sono quasi 20mila i cittadini incarcerati in Russia incarcerati per aver protestato contro la guerra. 776 persone sono invece state accusate per le loro posizioni sul conflitto.

Immagine in anteprima via Flikr

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