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Il grande inganno della “mascolinità in crisi”

16 Luglio 2025 8 min lettura

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Il grande inganno della “mascolinità in crisi”

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La mascolinità sta davvero attraversando una “crisi” come spesso si sente dire? Il femminismo sta esagerando? Gli uomini “non possano più dire nulla”? Le femministe sono “troppo radicali”? Francis Dupuis-Déri, esperto di antifemminismo e mascolinismo, analizza e decostruisce questo tipo (tenace) stereotipo. 

Francis Dupuis-Déri è un ricercatore franco-canadese, professore presso l’Università del Québec a Montréal (UQAM). È un esperto  di movimenti sociali, e negli ultimi anni, ha lavorato in maniera particolare su antifemminismo e mascolinismo. 

Dupuis-Déri è autore di numerosi libri, tra cui La crise de la masculinité ; autopsie d’un mythe tenace (“La crisi della mascolinità; autopsia di un mito tenace”, Éditions du remue-ménage, 2018), Antiféminismes et masculinismes d’hier à aujourd’hui (“Antifemminismo e mascolinismo ieri e oggi”, PUF, 2019) e Killer Althusser: The Banality of Men (Althusser assassino, la banalità del male, Between The Lines, 2025). 

Di quest’ultimo testo avevamo parlato per raccontare un episodio poco conosciuto: il 16 novembre 1980 il filosofo marxista Louis Althusser ha ucciso la moglie, la sociologa Hélène Rytmann: un femminicidio che per anni è stato “occultato” dal mondo della cultura e della politica. E anche dalla stampa. 

Francesca Barca: Cos’è la mascolinità?

Francis Dupuis-Déri: La “mascolinità” è una rappresentazione, un modello, direi persino un riferimento ideologico. Sempre concepito, in modo consapevole o meno, in un rapporto diseguale e gerarchico con la femminilità.

Il concetto di mascolinità non esiste senza quello di femminilità; non esiste il maschile senza il femminile. Negli ultimi anni la mascolinità è stata oggetto di discussione, spesso in maniera scollegata dal concetto di femminilità. Che sia in modo implicito o esplicito, la mascolinità viene presentata e percepita come superiore alla femminilità: gli uomini vengono considerati più razionali (mentre le donne sarebbero eccessivamente emotive), più attivi e creativi (le donne più passive), più autonomi (le donne, invece, più dipendenti), più forti, aggressivi e violenti (le donne, al contrario, sarebbero più delicate, pacifiche e premurose).

Tutto questo è un costrutto ideologico, basato su stereotipi tratti da testi religiosi o divulgativi, semplicistici e spesso fallaci, o ancora su una preistoria immaginaria, su un presunto determinismo genetico o ormonale. Ma resta il fatto che ha un impatto sulla realtà, sulla nostra socializzazione, sulle aspettative che abbiamo riguardo alle persone o a noi stessi. 

Come dovrebbe essere definita la cosiddetta “crisi della mascolinità”?

Come spiego in La crise de la masculinité, si tratta di un discorso che si sente almeno dai tempi dell’antichità romana in Europa, e che è diffuso in tutto il mondo. Questa retorica sostiene che gli uomini stanno male, soffrono, perché le donne starebbero prendendo troppo spazio, occupando il “nostro” posto in quanto uomini, e perché le femministe ci starebbero criticando in maniera ostile… Gli uomini vengono, in quest’ottica, dipinti come vittime delle donne e la soluzione sarebbe quella di rivalorizzare la mascolinità tradizionale, messa in ginocchio dalla femminilizzazione della società.

È importante sottolineare che questo discorso “vittimistico” degli uomini si esprime ed esiste, indipendentemente dal regime politico, giuridico (compreso il diritto di famiglia e del lavoro), economico e, anche, indipendentemente dalla cultura e dalla religione dominante.  Questo tipo di discorso può emergere anche nei paesi più poveri, così come in quelli più ricchi. Oggi, alcuni degli uomini più potenti al mondo, come Elon Musk, Mark Zuckerberg e Donald Trump, sostengono che stiamo attraversando una crisi della mascolinità.

Potrebbe spiegarci cosa sono l’antifemminismo e, più precisamente, il mascolinismo?

Detto nella maniera più semplice possibile, l’antifemminismo è una forza che si oppone al desiderio o alla volontà delle donne di essere libere e uguali agli uomini. Come spiega la sociologa Mélissa Blais, l’antifemminismo, come qualsiasi forza politica o movimento sociale, è composto da molti elementi e si mobilita su diversi fronti. Ad esempio, l’antifemminismo cattolico è molto attivo nella lotta contro il diritto all’aborto (in nome di Dio). 

L’antifemminismo "mascolinista" si basa sull’idea di una crisi della mascolinità, utilizzata per giustificare i ruoli di genere e la divisione sessuale del lavoro. L’antifemminismo di estrema destra si interseca con il mascolinismo, il suprematismo bianco e la xenofobia, in nome della difesa della famiglia come pilastro nazionale.

Ancora, l’antifemminismo di sinistra o anticapitalista ripete che le questioni delle donne sono secondarie, che le femministe dovrebbero piuttosto dedicarsi a  movimento di massa o a un partito, per combattere contro la classe capitalista e il capitalismo, e che devono soprattutto astenersi dal criticare il sessismo e la violenza sessuale all’interno delle organizzazioni progressiste, perché questo dividerebbe le forze del movimento…

Il discorso mascolinista che si sente oggi sembra molto simile a quello pre-MeToo, o precedente ai passi avanti ottenuti dai movimenti femministi. C’è una differenza? 

Il mascolinismo utilizza molto spesso lo stesso argomento di fondo: gli uomini stanno soffrendo perché le donne si sono spinte troppo oltre, uscendo dal ruolo che la società aveva loro attribuito, come l’essere oggetti sessuali, compagne docili, madri casalinghe. Ma i sintomi della crisi possono variare in base al contesto.

La storica Eve-Marie Lampron ha chiaramente mostrato (nel suo capitolo del libro Le mouvement masculiniste au Québec : L’antiféminisme démasqué, 2015) che, durante la Rivoluzione francese, il discorso mascolinista si esprimeva in tutti i campi politici, con i repubblicani che accusavano il re Luigi XVI di essere effeminato e sottomesso dalla regina Maria Antonietta, mentre i monarchici accusavano i repubblicani di permettere alle “loro” donne di marciare per le strade indossando pantaloni. 

Sappiamo anche che, prima che il divorzio venisse liberalizzato, si sentiva ripetere lo stereotipo che gli uomini fossero dominati dalle mogli all’interno del matrimonio, considerato una prigione. E da quando il divorzio è stato liberalizzato, si sente dire che le ex mogli continuano a dominare gli uomini, “estorcendo” le pensioni alimentari. Che siano sposati o divorziati, gli uomini possono continuare ad affermare di essere dominati dalle donne. 

Come hanno messo in luce le ricerche di Angela Davis, Patricia Hill Collins e bell hooks, il discorso sulla crisi della mascolinità è stato espresso anche all’interno del Black Power negli anni Sessanta e Settanta, quando le afro femministe venivano criticate per la loro presunta dominazione sulla comunità.

Molti argomenti ricorrono da almeno 20 o 30 anni, come l’idea che gli uomini non possano più corteggiare con le donne e che siano proprio queste ultime ad avere il completo controllo nei rapporti sessuali, oppure che le difficoltà scolastiche dei maschi siano la prova di una crisi della mascolinità, anche se, una volta terminati gli studi, gli uomini ottengono risultati migliori delle donne nel mercato del lavoro.

Negli Stati Uniti, dagli anni '90 si ripete che gli “angry white men” (“uomini bianchi arrabbiati”) sarebbero vittime di una terribile ingiustizia economica a favore delle donne e delle minoranze afroamericane e migranti, che ruberebbero loro il lavoro... La vittoria elettorale di Donald Trump è stata spiegata dicendo, per esempio, che questi uomini “comuni” erano i grandi perdenti della deindustrializzazione.

Invece, se si osservano i dati, si può notare che gli stati americani che hanno più supportato Trump, come il Nebraska e il Wyoming, registrano un divario retributivo annuo, per lavoro a tempo pieno, di circa 15mila dollari tra lavoratrici e lavoratori, a favore… degli uomini! Perché succede? Perché i lavori a predominanza maschile, come il lavoro in fabbrica, l’attività mineraria, quella di silvicoltura e l’autotrasporto offrono stipendi migliori rispetto ai lavori considerati femminili.

In sostanza il discorso sulla crisi della mascolinità non è nuovo, e si ripete da generazioni, spesso con gli stessi falsi argomenti. Inoltre, ricerche condotte in diversi paesi hanno mostrato che il mascolinismo viene usato da tempo per screditare le analisi femministe e le mobilitazioni contro la violenza maschile, sia in Québec, che in Spagna o in Francia (si veda L’antiféminisme et le masculinisme d’hier à aujourd’hui, 2018).

Il mascolinismo, o il discorso sulla crisi della mascolinità, è stato fin dal principio uno dei pilastri del fascismo italiano e successivamente della propaganda nazista; si basava sulla tesi secondo cui gli uomini italiani o ariani erano stati “traditi” durante la Prima guerra mondiale da un'élite liberale decadente e femminilizzata, e che il fascismo avrebbe ripristinato la mascolinità virile e la famiglia patriarcale. In altre parti del mondo, come in Spagna, il discorso fascista ha fatto propria questa tesi della femminilizzazione degli uomini e della nazione, proponendo la stessa soluzione: una mascolinità aggressiva che conquista, per esempio attraverso la colonizzazione (si veda il lavoro di Marie Walin sulla Spagna).

Ancora oggi, l’estrema destra partecipa al mascolinismo, anche attraverso internet, come rivelano numerosi studi.

Si sentono spesso espressioni come “femminismo radicale”, “femminismo totalitario” o persino “femminazi”. Ci può aiutare a contestualizzare?

Gli antifemministi non si definiscono tali naturalmente, negano di essere antifemministi e preferendo giocare sulla divisione retorica tra femministe “buone” e “cattive”. Si sentirà quindi dire che il femminismo è “andato troppo oltre”. Queste persone se la prendono soprattutto con le “neofemministe” radicali o estremiste. 

Ma se entriamo nei dettagli, per capire a chi si rivolgono, ci rendiamo conto che il loro obiettivo sono praticamente tutte le femministe di oggi... Il discorso vittimistico dei maschilisti suggerisce che il femminismo odierno imponga alla società un vero e proprio “totalitarismo” e che gli uomini non possano più dire nulla, che siano vittime di un sessismo anti-maschile. 

Per quanto riguarda il termine “feminazi”, la paternità è attribuita a Rush Limbaugh, un conduttore radiofonico reazionario attivo negli Stati Uniti negli anni '90. 

Quando si conosce la storia e ci si riflette seriamente, l'espressione “feminazi” è triplicemente scandalosa e ridicola. Ovviamente, è un insulto alla memoria dei milioni di vittime dei nazisti. In secondo luogo, l'espressione è un insulto al femminismo, uno dei movimenti sociali più pacifici, persino molto moderato, considerando le ingiustizie e le violenze storiche e pratiche che le donne devono affrontare. 

Ad esempio, per quanto riguarda gli omicidi di donne – i femminicidi – uccise dai loro partner o ex partner, cosa fanno le femministe? Niente di molto radicale, se ci pensiamo bene: nessuna rivolta contro gli uomini, nessuna operazione di vendetta (impiccagioni, fucilazioni, villaggi distrutti, come hanno fatto ripetutamente i nazisti), nessuna formazione di milizie armate o attentati, come fanno i neonazisti. 

Si sente spesso dire che le femministe “castrano” gli uomini, ma in realtà non fanno nulla, a differenza dei veri nazisti che torturavano - e persino castravano - realmente le loro vittime... 

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Ciò che bisogna ribadire, in definitiva, è che gli antifemministi si contendono insulti oltraggiosi per demonizzare le femministe e presentarle come una minaccia paragonabile alle peggiori catastrofi politiche del Ventesimo secolo, mentre – lo ripeto – questo movimento femminista è piuttosto moderato, considerando la situazione delle donne nella storia, e la situazione delle donne oggi.

* Questo articolo è pubblicato su Voxeurop nell'ambito del progetto PULSE e fa parte di una serie sul maschilismo e la violenza di genere.

(Immagini anteprima via Flickr)

 

12 Commenti
  1. Stefano

    Scusate ma il libro citato all'inizio "Killer Althusser: the banality of men" è stato tradotto anche in italiano? Perché viene dato un titolo italiano ma non riesco a trovarlo online

  2. simona

    No, si trova solo in francese e inglese.

  3. Giulia

    Personalmente, ritengo alcuni passaggi sono ridicoli e con ragionamenti viziati, ad esempio, "Invece, se si osservano i dati, si può notare che gli stati americani che hanno più supportato Trump, come il Nebraska e il Wyoming, registrano un divario retributivo annuo, per lavoro a tempo pieno, di circa 15mila dollari tra lavoratrici e lavoratori, a favore… degli uomini! Perché succede? Perché i lavori a predominanza maschile, come il lavoro in fabbrica, l’attività mineraria, quella di silvicoltura e l’autotrasporto offrono stipendi migliori rispetto ai lavori considerati femminili." Si parla di lavori pesanti e usuranti, è ovvio che siano maggiormente retribuiti, ed è ovvio che se sono lavori pesanti si avrà una predominanza di lavoratori uomini, semmai, come fanno altri studi, va ricercata la differenza di stipendio Maschile/Femminile, nello stesso ambito lavorativo, lì si che si può evidenziare, e condannare, una disparità di trattamento. Vedo poca obiettività e mancanza di preparazione, in questo articolo. Ed è estremamente illogico ed irritante leggere una infinità di ragionamenti basati su "..si sentiva ripetere.." "..Si sente spesso dire.." "..Si sentirà quindi dire.." "..Si sentono spesso espressioni..", queste sono chiacchiere da bar, non sono affermazioni basate su fatti. Ed infine, un refuso, nell'articolo:"scolastichge"..

    • Valigia Blu

      Ciao, abbiamo corretto il refuso, grazie per la segnalazione. Circa i punti che sollevi, essendo un'intervista è normale che nel rispondere si usino formule più colloquiali e generiche come "si sente dire...", posto che poi si fanno anche esempi di contesti specifici. Naturalmente a monte di tutto fa fede il curriculum accademico e l'esperienza della persona intervistata, cioè l'autorevolezza a monte che giustifica la scelta di intervistarla

    • Silvibonnie

      In aggiunta al commento di valigia blu, lavori tipicamente femminili come insegnante, badante, infermiera sono usuranti fisicamente ma pagati meno di quelli degli uomini.

      • fabrizio

        veramente metti sullo stesso piano l'insegnamento e il lavoro in miniera? o la badante e il camionista. uno dei problemi maggiori del nostro tempo è difendere cause giuste con asserzioni sbagliate.

        • Caterina

          Una badante cura persone che magari deve sollevare cambiare far sedere alzare, provvedere di ogni cosa, la schiena e gli arti ne soffrono giorno dopo giorno. L'insegnante vive tutti i giorni della settimana in classi di 25/30 bambini o ragazzi di cui deve tenere l'attenzione, sui quali ha una responsabilità, che magari fanno casino, che devono essere gestiti, parla 5 ore al giorno eccetera. In modi differenti soni lavori usuranti.

    • Maria

      Ciao Giulia, la tua osservazione sui lavori usuranti svolti prevalentemente dagli uomini è una credenza comune ma inesatta. Esistono molti lavori usuranti che vengono svolti prevalentemente da donne ma che spesso non sono conosciuti come tali dalla gente proprio perché sono svolti da donne e, proprio come dice l’articolo in riferimento al Canada, anche in Italia questi lavori vengono retribuiti con uno stipendio molto inferiore rispetto agli altri lavori usuranti a predominanza maschile. Ti riporto alcuni esempi e noterai che molti di questi lavori rientrano nell’ambito delle cure e assistenza (chissà perché ahah). - Operatrice socio santitaria (OSS): è un lavoro estremamente faticoso che richiede la mobilitazione di pazienti. Questo tipo di spostamento di carichi non è “semplice” come lo spostamento di un carico inanimato ma, proprio perché “vivo” richiede una serie di movimenti complessi e poco standardizzati che gravano particolarmente sulla colonna vertebrale. Oltre allo spostamento di pazienti questo lavoro si caratterizza per essere a rischio di malattie infettive, comportamenti pericolosi dei pazienti, pulizia e sanificazione di ambienti decisamente non piacevoli, stress dovuto al lavoro a turni. Molte di queste donne vengono assunte tramite cooperative e percepiscono stipendi a dir poco miserabili. - Addetta alle pulizie: anche qui sono richiesti movimenti ripetitivi, spostamento di carichi e uso di prodotti chimici. - Operatrice in strutture per disabili: movimentazione di pazienti, gestione di comportamenti complessi, stress emotivo. - Addetta alla lavanderia industriale ospedaliera: movimentazione di carichi, lavoro ad alte temperature, rischio di contaminazione. - Assistente domiciliare e badante: sollevamento, movimentazione di persone non autosufficienti, turni lunghi, esposizione a rischi biologici. Potrei elencartene molti altri e come vedi spesso i lavori a predominanza femminile riguardano le cure alla persona proprio per gli stereotipi a cui si riferisce l’intervista e purtroppo oltre ad essere pagati una miseria (ma davvero una miseria) molte persone sminuiscono il carico di lavoro e non sanno nemmeno quanto siano usuranti.

      • Giulia

        Cara signora Maria, le rispondo con una domanda: ma lei ha letto l'articolo o anche solo il passaggio da me citato? Ne riporto di nuovo una parte "..Perché i lavori a predominanza maschile, come il lavoro in fabbrica, l’attività mineraria, quella di silvicoltura e l’autotrasporto offrono stipendi migliori.." ( Nebraska e il Wyoming) e sembra ci siano dei dati a supporto, riporto ".. se si osservano i dati..", anche se non ci vengono dati. Mentre si contrappongono a "lavori considerati ad appannaggio femminile" nessun dato, nessun nome dei suddetti lavori e nessuna fonte, come si possono paragonare? Anche lei commette lo stesso errore quando scrive, riguardo ad alcuni lavori considerati svolti da una maggioranza femminile, "..anche in Italia questi lavori vengono retribuiti con uno stipendio molto inferiore.." e io lo devo accettare senza nessun dato? Non è una credenza comune, magari sbagliata? Non riuscite a capire che senza dati alla mano non si possono paragonare (meglio ancora se in percentuale, ad esempio, tasso di mortalità, prob. di sviluppare danni ad articolazioni in età avanzata, prob. di malattie correlate all'ambiente di lavoro, speranza di vita divisa per categoria lavorativa, ecc ecc, e Stipendio?). Altrimenti sono solo chiacchiere e pareri personali inutili. Possibile che qui nessuno abbia nozioni di statistica, matematica..o semplicemente buonsenso?

        • Giulia

          Dimenticavo: anche la sua visione è quantomeno distorta, sicuramente NON imparziale, lei dice "..Addetta alle pulizie...Operatrice socio santitaria (OSS)..." dando per scontato tante cose, di sicuro la proporzione maschi/femmine non è certamente quella dei minatori/minatrici americani (che saranno la stragrande maggioranza maschi, secondo l'articolo), ma... Ah, infatti (dato trovato in fretta e furia, quindi non verificato) ISTAT: La composizione percentuale del sesso per la professione di "Operai addetti ai servizi di igiene e pulizia" può riflettere un equilibrio quasi paritario (50,8% maschi e 49,1% femmine). Tanto per dimostrare che la gente che non si informa può pensare e scrivere una cosa, ed i dati poi rivelano altro.

  4. Rosa

    Grazie per questo articolo. Recentemente mi è capitato di sentire persone che consider(av)o preparate e progressiste sostenere tesi del tutto simili a quelle riportate. Mi chiedo come si faccia a cedere a questi svarioni. Tanto più quando vengono da personalità ritenute autorevoli nel dibattito sul tema, c'è il rischio concreto di minare la credibilità e l'efficacia delle lotte che il femminismo con estrema fatica sta portando avanti. Il mascolinismo è l'ennesima arma del potere patriarcale che disinnesca ogni tentativo di portare al cambiamento.

  5. Fabio

    Molto superficiale parlare di antifemminismo "cattolico" riguardo alle posizioni antiabortiste. A parte che ci sono molte donne sulle stesse posizioni, gli estremisti su queste posizioni sono soprattutto in USA e non sono principalmente cattolici. Mi è bastato questo per capire che quest'analisi e più ideologica che scientifica.

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