Il flop di Ruby in tv non vuol dire proprio NULLA
1 min letturaPer tutta la giornata di ieri si sono rincorsi gridolini di piacere e scherno alla notizia del magro risultato raccolto dallo specialone-Ruby "La guerra dei 20 anni" su Canale 5. Un milione e mezzo, il 5,88% di share che ha fatto sorridere soddisfatto Gad Lerner, per esempio: "Gli italiani non se la bevono". Come se avessero voltato le spalle a Berlusconi, ignorandolo, abbassando la media-audience di Mediaset solo per non inoculare silenti il germe della propaganda in prima serata (il resto è ok). Mentre il PDL veleggia verso percentuali in pieno stile 2008.
L'argomento è lo stesso da anni, quello che ha fatto pensare all'irreversibile declino dopo le piazze un po' vuote, dopo le comparsate tv surclassate da Gabriel Garko, dopo anni di risultati opachi per i programmi di approfondimento Mediaset (e chiaramente, certe vittorie sanremesi). Il problema è che non gira così. Non si accende la tv, si racconta una versione del mondo e si porta a compimento il processo di influenza politica. Quel processo vive nelle altre 22 ore della giornata, innocuo in più programmi e più argomenti, nella riproposizione di agende e priorità tutte "televisive", riaffermando principi che se lanciati in un'arena politica, o in uno speciale irrimediabilmente brutto, vengono subito percepiti come "poco credibili". È Lupi con un parrucchino biondo.
Mi rendo conto: è roba vecchia e un po' antipatica, lo si spiega da sempre, sono anni che si va dicendo che nella sfida tra il perdente Porta a Porta con Berlusconi e Gabriel Garko sul 5 (SETTEMBRE 2009) a fare da portatore sano di certi "valori" funzionali al berlusconismo sia l'ultimo. Però sembra che in molti non l'abbiano ancora capito, e a loro dedichiamo spavaldi e irriformabili il nostro "CIAO A TUTTI!!!".
(CIAO A TUTTI è una specie di rubrica satirica d'alta montagna).