Post

In tre anni il governo Meloni ha fatto poco o nulla

18 Dicembre 2025 7 min lettura

author:

In tre anni il governo Meloni ha fatto poco o nulla

Iscriviti alla nostra Newsletter

7 min lettura

La manovra “seria ed equilibrata” del governo Meloni non è più abbastanza. Il Ministero dell’Economia ha annunciato in Commissione Bilancio un emendamento del governo per cambiare la manovra, con un netto aumento delle risorse messe a disposizione: si aggiungeranno infatti 3,5 miliardi a favore degli incentivi alle imprese, portando così l’importo della manovra da 18 miliardi a 22. Per quel che riguarda le coperture, però, il governo si trova in difficoltà. Inizialmente queste sarebbero arrivate da interventi sul sistema pensionistico, con l’aumento della finestra che i lavoratori che hanno maturato gli anni devono attendere per poter andare in pensione e con modifiche al riscatto della laurea. Ma membri della Lega hanno dichiarato di essere contrari a questa misura, denunciando ancora una volta l’intervento di una “manina” al MEF e anche la Presidente del Consiglio ha dichiarato che le norme verranno cambiate. 

L’emendamento che cambia sostanzialmente la manovra è sintomatico di una situazione economica che nel corso degli ultimi mesi ha dato più di qualche segnale di raffreddamento. A problemi come il caro vita e la crisi dell’industria, testimoniata dal persistente calo dell’indice della produzione industriale, se ne sono poi aggiunti altri: secondo le stime ISTAT il nostro paese si è trovato già quest’anno a un passo dalla recessione tecnica - due trimestri consecutivi di contrazione dell’economia: nell’ultimo trimestre la crescita è stata nulla, mentre in quello precedente si è assistito a un calo. 

La crescita del PIL si è appiattita nel corso dell’anno, con di fronte  uno scenario internazionale sempre più incerto che potrebbe pesare in un paese particolarmente esposto come il nostro. Anche il mercato del lavoro segue una dinamica simile. 

Le previsioni economiche per il prossimo anno, poi, sono tutto fuorché rosee: dopo anni a vantare una crescita superiore ad altri paesi, l’Italia è tornata tra i fanalini di coda in Europa: le previsioni  della commissione europea stimano una crescita del PIL dello 0,4 per quest’anno, e dello 0,8 nei prossimi due anni. La Francia, che si trova in una situazione di forte instabilità politica per l’assenza di una maggioranza all’assemblea e che ha visto l’avvicendarsi di tre Primi Ministri, avrà una crescita superiore alla nostra per tutto il periodo. 

È un cambio di scenario profondo rispetto a quanto visto in questi anni. Finora il governo Meloni si è trovato a gestire un’economia in crescita, nonostante i problemi strutturali, con una maggioranza stabile e una rinnovata credibilità internazionale dovuta anche alla situazione in Francia e Germania a livello politico. A favore di Meloni ci sono anche i soldi del PNRR, un progetto che però va verso compimento. 

I vari fattori citati hanno permesso al governo Meloni una politica di mera amministrazione e una propaganda sui risultati economici: non è di certo l’unico governo ad averlo fatto, ma è necessario sottolineare che la crescita degli occupati e la performance del PIL che hanno contraddistinto il nostro paese negli ultimi anni sono solo marginalmente attribuibili al governo Meloni

Se la rinnovata credibilità a livello internazionale - che non è di per sé una cosa positiva, visto l'allineamento con l’amministrazione Trump e i tentativi di svolta a destra della Commissione Europea - e una gestione prudente dei conti pubblici possono beneficiare il consenso del governo, è sull’economia che si gioca davvero la partita. Meloni è consapevole che un peggioramento della situazione economica del paese potrebbe portare a un calo dei consensi, tema particolarmente importante visto che ormai si è in ottica Elezioni Politiche del 2027. 

Per questo le misure contenute nell’emendamento rappresentano un tentativo di dare maggior slancio all’economia, con una serie di incentivi alle aziende. La speranza è che questi soldi vengano utilizzati per rilanciare la produzione e l’occupazione, in un’ottica di breve periodo con guadagni che sono più per consenso del il governo in carica che per la crescita economica di lungo periodo.  

Tre anni di nulla 

Ma questo ci porta a un problema più profondo. Sono passati oltre tre anni da quando il governo Meloni è entrato in carica. Davanti a un paese che soffre di problemi strutturali che sono noti - come la crescita fiacca, performance della produttività del lavoro negativa, fuga dei cervelli solo per citarne alcuni - che provvedimenti ha preso il governo che vanta la maggioranza più stabile da decenni a questa parte? 

Questa domanda lascia ammutoliti. Anche chi si interessa al dibattito politico, al di là delle opinioni contrastanti, non può che realizzare che in tre anni il governo Meloni ha fatto poco o nulla. E può essere una buona strategia finché l’economia cresce, ma quando i segnali di rallentamento diventano evidenti allora i problemi taciuti finora tornano in primo piano. 

La strategia del governo Meloni, finora, è stata di mera amministrazione e cambiamenti marginali. 

I provvedimenti principali hanno riguardato tagli delle tasse modesti per redditi già martoriati dall’inflazione, flat tax incrementali il cui impatto sulla crescita è poco o nulla, incentivi per la natalità che non riescono neppure a scalfire l’inverno demografico. 

In materia di lavoro, pur intestandosi erroneamente la crescita degli occupati, si è visto solo il Decreto Lavoro, un provvedimento che va soltanto a ridurre le tutele di lavoratori e lavoratrici senza prendere di petto il problema. 

Sui salari, il governo può vantare un aumento delle retribuzioni nominali, che però non hanno tenuto testa all’inflazione. E così l’Italia si ritrova a essere, ancora una volta, tra i fanalini di coda: la ripresa dei salari reali è stata più lenta rispetto alla maggior parte dei paesi europei. Come fa notare il giornalista economico Federico Fubini, questo fenomeno può essere una delle cause del malcontento economico che si percepisce nel paese.

Per quel che riguarda le politiche per le imprese, è interessante quanto detto dal palco di Atreju, dalla Presidente del Consiglio. Meloni ha affermato che il suo governo è al fianco dell’Italia che produce. Sarebbe utile chiedere a Meloni una prova concreta e tangibile di tutto ciò. Perché i fatti sembrano smentire questa tesi. 

L’indice di produzione industriale è ancora in calo, con il governo Meloni che non ha fatto nulla per invertire la tendenza. Le promesse di una nuova strategia per il paese, a partire dal settore dell’Automotive, è finita nel dimenticatoio. Su altre crisi, come quella dell’acciaieria ILVA, il governo appare in difficoltà. 

Quindi, davanti a problemi profondi come quelli che si trova ad affrontare l’economia italiana, il governo Meloni non ha saputo dare risposte in questi tre anni. Al contrario, ha sperato che la fase di crescita continuasse in modo tale da poterlo rivendicare alle prossime elezioni, assieme alla stabilità offerta al paese. Si tratta di una scommessa, alla luce di quanto detto, rischiosa per il governo. Ma, al di là dei ragionamenti elettorali, c’è l’occasione persa. Grazie a una maggioranza solida, il governo Meloni avrebbe potuto mettere in piedi una strategia di lungo periodo per cambiare un’economia che ha cessato di creare ricchezza ormai trent’anni fa. Il rischio, ora, è che quegli stessi problemi riemergano nel dibattito pubblico. 

L'opposizione deve diventare adulta

Questo porta necessariamente al ruolo che può giocare l’opposizione. Infatti, le circostanze internazionali e nazionali hanno garantito al governo Meloni un forte vantaggio rispetto all’opposizione. Con un’economia che rallenta, si apre però uno squarcio per erodere questo consenso. 

Ma se la situazione gioca a favore dell’opposizione, i partiti e i loro rappresentanti devono saperla sfruttare. In questi anni, l’opposizione non è stata in grado di porsi come un’alternativa credibile alla maggioranza di governo agli occhi degli elettori e delle elettrici. Dopo la proposta comune sul salario minimo- un’ottima idea scritta male, a voler essere sinceri- il blocco alternativo a Meloni è parso più interessato a dinamiche interne al partito o a posizionamenti strategici. 

Il PD, con l’avvento della Segreteria Schlein, è stato paralizzato da lotte intestine. Da fuori, l’idea che traspare è quella di un partito ripiegato su se stesso, con la minoranza del partito intenta a tallonare la segreteria.

Con l’ultima direzione nazionale, in cui la corrente del Presidente del Partito e sfidante di Schlein alle primarie Stefano Bonaccini, sembra possibile uno sforzo unitario. Lo sforzo unitario contro il governo Meloni- spinto anche da esigenze di carattere elettorale- è condiviso anche da partiti che alla precedente tornata elettorale si erano allontanati dal blocco di centrosinistra come Italia Viva. Il partito di Matteo Renzi, assieme a Più Europa, rappresenta l’asse centrista di questa opposizione che può giocare un ruolo in una strategia di opposizione al governo Meloni, con Verdi-Sinistra Italiana a coprire invece le posizioni più di sinistra. 

Resta però l’enigma del Movimento 5 Stelle guidato da Giuseppe Conte. Alle elezioni politiche del 2022, la performance del movimento era risultata superiore alle attese-quando il governo Draghi era caduto, i sondaggi lo davano sotto al 10 per cento- grazie alla difesa di misure di contrasto alla povertà come il reddito di cittadinanza. Ma questa virata a sinistra sembra ormai passata. Quando il governo Meloni ha riformato il Reddito di Cittadinanza, sostituendolo con uno strumento che copre meno famiglie senza però portare a grandi risparmi economici, il Movimento 5 Stelle non è stato in grado di capitalizzare, opponendosi solo blandamente in parlamento. Al contrario, i temi su cui sembra essersi indirizzato maggiormente il Movimento riguardano la politica estera, con posizione sull’invasione russa dell’Ucraina che ricalcano quelle dell’amministrazione Trump. 

Iscriviti alla nostra Newsletter


Come revocare il consenso: Puoi revocare il consenso all’invio della newsletter in ogni momento, utilizzando l’apposito link di cancellazione nella email o scrivendo a info@valigiablu.it. Per maggiori informazioni leggi l’informativa privacy su www.valigiablu.it.

Il futuro si gioca ora

Il rallentamento dell’economia italiana rischia dunque di portare alla luce tutti i limiti di una stagione politica segnata dall’assenza di visione- ma con molta strategia. Il governo Meloni ha potuto beneficiare di una congiuntura favorevole, di una maggioranza stabile e delle risorse del PNRR, ma non ha usato queste condizioni per affrontare i problemi strutturali che frenano il paese da decenni. Ora che la crescita mostra segni di rallentamento, quella strategia di mera amministrazione mostra tutta la sua fragilità e i problemi rimossi torneranno probabilmente al centro del dibattito pubblico.

Ma la crisi che si profila non riguarda solo la maggioranza. Se il governo appare impreparato ad affrontare una fase economica più complessa, l’opposizione non può limitarsi ad attendere che il consenso si eroda da solo. Senza una proposta credibile, una visione alternativa di sviluppo e senza la capacità di superare divisioni e ambiguità, anche il rallentamento dell’economia rischia di trasformarsi in un’occasione mancata per l’opposizione. In gioco non c’è soltanto il futuro elettorale dei partiti, ma soprattutto la fuoriuscita dalla stagnazione lunga trent’anni che affligge il nostro paese.

Immagine in anteprima via governo.it

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


CAPTCHA Image
Reload Image

Segnala un errore