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Fallout, tra distopia nucleare e perdita dell’umanità

21 Aprile 2024 7 min lettura

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Fallout, tra distopia nucleare e perdita dell’umanità

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Avvertenza: l’articolo contiene alcuni spoiler. Si ma pochi e dannatamente incomprensibili.

Fallout, con la sua estetica western e gli scenari futuristici di stampo retrò, ci cala in un mondo post-apocalittico dipinto a tinte fosche e violente, in cui l’umanità lotta per la sopravvivenza tra Vault sotterranei e lande desolate. È divertente in maniera delirante ma allo stesso tempo immensamente tragico. Può essere visto sia come un giocattolo col quale divertirsi ma anche come un sofisticato saggio sulla corruzione umana. Raggiunge vette di assurdità ma è anche sfacciatamente politico. Si presenta come un rutilante gioco di rimandi incrociati, una stratificazione di citazioni, un continuo stravolgimento passando da momenti splatter a momenti romantici, il tutto condito da battute ironiche spesso fuori dalle righe a sottolineare il non prendersi troppo sul serio della stessa serie TV.

Si tratta - come molti già sapranno - dell’adattamento del videogame di Bethesda Softworks (che risale a più di 25 anni fa), diffuso in streaming da Amazon Prime in otto puntate. A ruota dell’adattamento di The Last of Us, su HBO, Fallout è stato presentato come uno degli adattamenti da videogame più riusciti e in effetti sotto questo profilo non tradisce le aspettative. Anche se bisogna riconoscere che mentre The Last of Us sembra proprio scritto per poterne trarre una versione cinematografica, il gioco Fallout è decisamente più complesso, per cui gli autori hanno dovuto faticare non poco per realizzare lo show. Il risultato, comunque, appare decisamente ottimo. È gestito con estrema cura, merita gli elogi che ha ricevuto ed è una delle serie più entusiasmanti in circolazione.

Fallout è opera di Lisa Joy e Jonathan Nolan, i creatori di Westworld, apprezzata serie che si presenta come una stratificazione di domande sull’umanità e i suoi risultati. Fallout è fondamentalmente una critica al capitalismo ed è una chiara denuncia nei confronti di coloro che fomentano le guerre solo per mantenere il potere o realizzare profitti. Nello show gli autori si divertono a smantellare i luoghi comuni e i cliché eroici lungo il cammino. Fin qui nessun eroe che salva la situazione.

In Fallout i personaggi principali sono dinamici, ben curati e strutturati. Da Lucy, innocente e ingenua donzella retta dai suoi principi morali (la regola d’oro) e con il mantra okey dokey (forma colloquiale che significa “va bene!”), che si incammina alla scoperta del mondo per salvare il proprio padre. Lucy ha vissuto sempre in una società sotterranea retta da ferree leggi e obiettivi comuni, dove le impongono il marito che lei accetta di buon grado, dove tutto è deciso e regolato dall’alto, quasi una rappresentazione caustica dei gesti ipocriti di buon vicinato ai tempi della guerra fredda. Dopo il rapimento del padre si inoltra baldanzosa con la sua tuta blu elettrico nel mondo esterno e si scontra con un deserto anarchico e violento, sconvolta dalla assenza di empatia di quel mondo così diverso dalla realtà ovattata che vive nei “Vault” della Vault-Tec, la megacorporazione che è dietro ogni cosa. Fino a giungere a perdere tutte le sue certezze, fino al momento in cui, lei che ha sempre qualcosa di gentile da dire, lei che riesce a vedere del buono in ognuno, rimane senza parole di fronte al tradimento finale. Ma anche qui, dopo un attimo di smarrimento, si scuote e pronuncia l’ennesimo okey dokey per poi riprendere il suo cammino, anche se stavolta è quasi un grugnito a denti stretti. A udirlo sembra di sentire il sapore metallico in bocca. Ma nonostante tutto Lucy sembra crederci ancora, crede che ci sia ancora speranza e quindi una battaglia da combattere, che ci sia sempre del buono negli altri, basta cercarlo, e poi, perché giudicarti se “io ho lanciato dell’acido sul volto di un uomo innocente?”, in fondo tutti possiamo sbagliare. Lucy è l’eroe in viaggio costretto ad adattarsi alla realtà e a forgiare, tramite le difficoltà, la sua propria identità. Il suo è un viaggio di iniziazione alla ricerca di un posto nel mondo e un senso di appartenenza.

Poi c’è Maximus, l’eterno bullizzato in cerca di riscatto e vendetta, ma che alla fine, come gli dice Lucy, è un buono. Ma Maximus vive in un’altra realtà dalla quale è alla fine assorbito, dalla quale, nonostante l’invito di Lucy a seguirlo, si lascia sedurre e inglobare e nella quale rimane invischiato suo malgrado. Forse perché pecca di determinazione, forse perché prima di tutto cerca il suo riscatto e per questo è disposto a sacrificare tutto il resto.

Infine il Ghoul, un mutante senza naso. Il Ghoul appare un contraltare dell’uomo in nero di Westworld. Introdotto come il villain della serie, man mano si dimostra, a dispetto della sua apparenza, più umano di tanti umani. Il suo intento è quello di ritrovare la sua famiglia, di vendicarsi di chi ha distrutto la sua famiglia, il suo mondo. Così apparendo fin troppo simile all’uomo in nero di Westworld. Il suo scopo appare piuttosto limitato, rispetto a Lucy ad esempio, ma in fondo è un personaggio coerente con le sue idee, concreto. Incarna l’archetipo del guerriero, cinico e realista, che rappresenta la dura legge dalla sopravvivenza.

Westworld era nella sua essenza il tentativo di rispondere ad una domanda, in una continua contrapposizione tra umani e macchine. In Fallout la contrapposizione è fin troppo diretta, non ci sono macchine, solo umani. Umani e post-umani, come il Ghoul. Sia in Westworld che in Fallout i protagonisti si interrogano sull’animo umano, sulla loro natura e il significato di esistere, il loro posto nel mondo.

Anche in Fallout, quindi, si tratta di rispondere alla stessa domanda: l’umanità, ne vale la pena? E se in Westworld la domanda è rimasta senza risposta - per la chiusura anticipata dello show - in Fallout forse un abbozzo di risposta lo si intravede tra le righe. Ed è significativo che nel mondo di Fallout le cose iniziano ad andare storte quando le porte del Vault si aprono per fare entrare persone dall’esterno. Lasciar entrare gli altri, fisicamente o culturalmente, è pericoloso? La contaminazione non è forse l’ossessione dell’Occidente? La penetrazione ostile del corpo sano che porta alla corruzione, sia fisica che morale.

Hank, nella sua evoluzione, è invece l’opposto del Ghoul. Viene presentato come un uomo buono, un leader carismatico che tutti amano seguire, un punto di riferimento. Ma nel corso della serie, in un finale a sorpresa, si svela essere il vero villain, colui che ha posto in essere terribili nefandezze. Hank è la metafora del capitalismo al suo ultimo stadio, quello che giustifica le sue azioni con “ero convinto fosse la scelta migliore da fare”, il capitalismo che non chiede ma impone, che pretende che tutti marcino nella stessa direzione per il bene dell’umanità, perché chi si ferma anche solo per pensare, o addirittura abbandona la marcia, si pone in contrapposizione col “bene comune” che è al di sopra di tutto, e soprattutto di tutti. Per questo Hank potrà dire “tua madre ha smesso di essere tua madre quando...”, perché quella scelta differente dalle regole imposte l’ha posizionata al di fuori delle categorie utili, al di fuori del “noi”. Da cui la scelta finale di Hank. Non è Hank che è cattivo, è la madre che si è posta fuori dalle regole.

Hank è anche la metafora del fascismo, alla cui base c’è, tra l’altro, l’idea che le classi lavoratrici debbano essere pervertite per sostenere, e con gioia, l’aristocrazia. In Fallout vedrete degli esperimenti sociali nei vari Vault, tra i quali uno specificamente dedito alla realizzazione di un governo degli scienziati. È Hank che teorizza la necessità di ricondurre il mondo ad unità, quel mondo in rovina a causa delle divisioni e dei conflitti. Una razza superiore può condurre il mondo verso la pace universale, e per fare ciò qualsiasi atto è giustificato. L’opposizione all’unità può e deve essere schiacciata anche con la forza. Lo scopo degli ottimati è quello di riunire tutti gli esseri incontaminati.

Ma soprattutto Hank è l’effetto della corruzione dell’uomo che si insinua dappertutto ed è simboleggiata dalla testa che passa di mano, letteralmente, per gran parte della stagione. Una testa che metaforicamente rappresenta il pensiero, le idee, e che ad ogni passaggio si modificano, cambiano, mutano, vengono strumentalizzate, fino a perdersi del tutto. Ad un occhio attento, infatti, la testa appare sempre più decomposta, fino ad essere quasi un marciume nell’ultima puntata. La corruzione come elemento caratterizzante delle vicende umane quindi? Come conseguenza ineluttabile? Infatti “la guerra non cambia mai”, dirà un personaggio chiave, così come i romani facevano la guerra per raccogliere schiavi e ricchezze, così come la Spagna costruì il suo impero, Hitler trasformò la Germania martoriata in una superpotenza economica. Gli esseri umani fanno da sempre la guerra. Anche se gli strumenti per combatterla cambiano, le ragioni dietro di essa sono diverse, la guerra non è altro che persone che uccidono altre persone. È guerra, è avvenuta, accadrà e continuerà ad accadere finché ci saranno esseri umani.

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E in effetti, a ben pensarci, Hank giunge alla decisione esecrabile, distruggere un’intera città, solo perché era stata lasciato dalla sua donna. E allora: l’umanità, ne vale davvero la pena?

La guerra è padre e madre di tutte le cose (Eraclito, filosofo greco, V secolo a.C.)

I credits per tutte le immagini utilizzate vanno ad Amazon Video. 

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