Sulle politiche migratorie l’Unione Europea sceglie il modello Trump
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I ministri dei governi membri dell’Unione Europea hanno inasprito le proposte della Commissione fatte a marzo sui rimpatri e sui paesi terzi sicuri, nell’illusoria convinzione di poter governare i flussi migratori verso l’Europa. La proposta “contraddice l’umanità di base e i valori dell’Europa e introduce un regime di deportazione che radica punizione, violenza e discriminazione”, spiega a Valigia Blu Silvia Carta, Advocacy Officer di Picum, una rete di organizzazioni che promuovono la giustizia sociale e il rispetto dei diritti umani dei migranti privi di documenti in Europa. Lo spazio di influenza della società civile ancora una volta è molto ridotto, soprattutto considerando “che la proposta va ben oltre ciò che per noi è accettabile”, ha aggiunto.
L’8 dicembre 2025 il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato la propria posizione negoziale su due riforme in materia di immigrazione e asilo. La prima sostituisce la Direttiva Rimpatri con un nuovo Regolamento, proposto dalla Commissione Europea a marzo di quest’anno. L’altra riguarda la proposta della Commissione di emendare il nuovo Regolamento Procedure, che estende l’applicabilità dei concetti di paese di origine sicuro e di paese terzo sicuro. La riforma integra il Patto europeo sulle migrazioni e l'asilo, che entrerà in vigore nel 2026, e sarà applicata due anni dopo. Per capire cosa succederà, bisogna aspettare che il Parlamento Europeo presenti il suo draft report, in cui definirà la sua posizione sul Regolamento Rimpatri e proporrà eventuali modifiche alla proposta della Commissione.
Le proposte del Consiglio aumentano i periodi di detenzione amministrativa, propongono l’utilizzo di database interoperabili, limitano le garanzie giudiziali e spingono per l’apertura di centri per il rimpatrio in Paesi terzi. Inoltre, molti esperti di migrazioni hanno individuato una somiglianza con il modello statunitense, soprattutto per l’introduzione dei raid per individuare gli irregolari e rimpatriarli. Secondo Picum, Trump sta contribuendo a normalizzare queste forme discriminatorie di applicazione delle politiche migratorie e l’Europa sta andando verso questa repressione violenta.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Il Regolamento Rimpatri
Il rimpatrio coercitivo diventa la regola e la partenza volontaria rimane l’eccezione. Il migrante che si troverà in una situazione di irregolarità rischia un rimpatrio forzato e la diminuzione dei diritti, anche quelli universalmente riconosciuti.
La detenzione amministrativa degli stranieri che devono essere rimpatriati è estesa a un massimo di 30 mesi (due anni come regola generale, con possibilità di ulteriore proroga per altri sei mesi). La proposta, scrive Asgi, è incoerente con i numerosi dati disponibili che indicano che i rimpatri generalmente vengono realizzati nei primi tre mesi di applicazione della misura detentiva. Estendere il periodo di detenzione, quindi, non è garanzia di maggiori rimpatri.
Anche le motivazioni della detenzioni e la definizione del rischio di fuga vengono notevolmente ampliati, con criteri generici, arbitrari e discriminatori. Uno straniero potrà essere detenuto se non dimostra di avere legami familiari, se non ha un lavoro regolare, se non ha mezzi di sussistenza e se non partecipa alle attività di “return and reintegration counseling”. È chiara, nota Asgi, la volontà di punire non tanto l’irregolarità, ma la povertà e l’esclusione sociale.
Il Consiglio ha concordato sull'introduzione di un nuovo Ordine di Rimpatrio Europeo (ERO) e il riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio da parte degli Stati membri. In pratica, se la domanda di protezione internazionale di un individuo viene respinta in uno Stato e riceve un ordine di rimpatrio, anche tutti gli altri paesi riconoscono la decisione. Questo sarà possibile con la creazione di un database condiviso, con tutte le informazioni sui ritorni forzati.
L’utilizzo massiccio di questi strumenti è una pratica sempre più diffusa che, sotto la finta promessa della trasparenza e della tutela della sicurezza, conserva i dati di migliaia di migranti per facilitare le espulsioni. Questo si applicherà, per esempio, anche in ambito sanitario. Per Federico Dessi, Direttore Esecutivo di Médecins du Monde Belgio “il potenziale danno alla salute e al benessere dei migranti senza documenti è troppo grande per essere ignorato, perché indebolisce le necessarie barriere tra l’erogazione dei servizi e l’applicazione della legge”.
Un punto quasi paradossale sono gli obblighi di cooperazione a carico dei migranti, con la previsione addirittura di sanzioni in caso di mancata collaborazione. Si chiede di fornire informazioni e documenti utili all’identificazione, mantenere recapiti aggiornati e collaborare con le autorità. Scrive Asgi che questi obblighi “risultano spesso impossibili da soddisfare per chi vive in condizioni di vulnerabilità, senza una residenza stabile, senza accesso a strumenti digitali o privo di documenti d’identità”. Le sanzioni previste per l’inosservanza degli obblighi includono multe, limitazioni della libertà di movimento e misure detentive, la riduzione dell’assistenza sociale nello Stato membro interessato o dell’assistenza finanziaria destinata al reinserimento post-rimpatrio, e divieti di ingresso fino a 20 anni, prorogabili a durata indefinita in caso di presunti rischi per la sicurezza.
Si prevede un aumento dei poteri delle forze di polizia, introducendo la possibilità di effettuare perquisizioni sulla persona, il luogo di residenza o “altre sedi pertinenti”, incluse le abitazioni di parenti, amici o conoscenti che offrono ospitalità, e di sequestrare effetti personali “anche senza il consenso dell’interessato”. In Europa non erano mai state previste misure simili per le espulsioni, incompatibili con il diritto all’inviolabilità del domicilio, tutelato dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo e dalla Costituzione italiana. Il testo non chiarisce nemmeno se sarà necessario un mandato. “Questo rischierebbe di criminalizzare ulteriormente sia le persone migranti sia chi le aiuta, alimentando paura e insicurezza”, ha dichiarato Silvia Carta di Picum.
Si propone poi di limitare le garanzie giudiziali, anche quando c’è un rischio di violare il principio di non respingimento, cardine del diritto europeo e internazionale per i rifugiati. L’idea è di eliminare l’obbligo di sospensione automatica dell’esecuzione fino alla scadenza del termine per presentare ricorso. In tal modo, le persone potrebbero essere allontanate prima ancora di poter esercitare il proprio diritto di impugnazione. In pratica, l'effetto sospensivo dei ricorsi non è automatico, il che significa che le persone possono essere espulse dall'UE prima che venga presa una decisione sul loro ricorso.
Ancora, il Consiglio ha aderito anche alla proposta della Commissione sui cosiddetti return hubs, cioè la possibilità di trasferire una persona verso uno Stato terzo sulla base di un accordo, formale o informale, con l’Unione o con uno Stato membro. Sarà poi lo Stato terzo a decidere se procedere al rimpatrio verso il paese d’origine. Questa proposta si inserisce in un quadro già profondamente problematico, perché la riforma amplia in modo radicale la gamma dei paesi verso cui una persona può essere rimpatriata, consentendo il trasferimento non solo nel paese d’origine, ma anche in paesi di transito, Stati terzi ritenuti “sicuri”, o qualsiasi altro Stato disposto ad accettarla anche senza legami reali.
Paesi sicuri, di origine e di transito
La diminuzione della garanzia giudiziaria è rilevante proprio sul tema dei paesi sicuri. Il Consiglio ha confermato l’impostazione della Commissione, mantenendo la lista comune europea di paesi di origine sicuri. Uno Stato potrà essere considerato “sicuro” anche se alcune aree o categorie di popolazione sono esposte a gravi violazioni dei diritti, purché siano previste garanzie procedurali generiche. Secondo Asgi, il rischio è che la presunzione di sicurezza diventi la regola, riducendo drasticamente il peso della valutazione individuale: a contare non sarebbe più la storia del richiedente asilo, ma il suo paese di nascita.
La scelta dei paesi inseriti nella lista e la poca trasparenza sui dati utilizzati rischiano di rendere questo strumento un modo per velocizzare le procedure, a scapito delle garanzie giuridiche per i richiedenti asilo. Questo in Italia succede già dal 2023, con il Decreto Cutro, che permette di instaurare la procedura cosiddetta accelerata per i richiedenti asilo provenienti da paesi sicuri. Ad oggi, rimangono nella lista dei paesi sicuri anche stati come la Tunisia o il Bangladesh, dai quali provengono una grande parte dei migranti della rotta del Mediterraneo. Resta comunque possibile per i giudici nazionali rinviare la questione alla Corte di giustizia dell’UE per verificarne la legittimità.
Ancora più controverso è il rafforzamento del concetto di paese terzo sicuro, centrale per le destre europee perché consente di dichiarare inammissibile una domanda di asilo senza esaminarla nel merito. Il Consiglio conferma una forte riduzione delle garanzie: il legame tra il richiedente e il paese terzo, finora obbligatorio, diventa facoltativo, aprendo la strada a trasferimenti verso Stati con cui la persona non ha alcun legame reale, sulla base di semplici accordi formali o informali. Nel nuovo sistema, potrebbero essere considerati “sicuri” non solo i paesi di origine, ma anche paesi di transito o Stati che abbiano accordi di riammissione con l’UE, rafforzando l’esternalizzazione del diritto d’asilo.
Non è chiaro, racconta a Valigia Blu il giurista Gianfranco Schiavone di Asgi, perché non ci sia nessun riferimento al modello Albania. Gli altri paesi sono molto scettici sul modello Albania, perché trovare un paese confinante così disponibile è estremamente complicato. Secondo il giurista, Meloni potrebbe cedere la responsabilità all’Albania, che ora ospita dei cpr sotto la giurisdizione italiana, e ci sarà un nuovo accordo con l’omologo Rama.
Ad oggi il modello Albania è un fallimento su tutta la linea, ma delegare invece i rimpatri è strategico perché la condizione giuridica delle persone espellibili è molto fragile. Innanzitutto, ci sarebbero meno ostacoli da parte dei giudici e anche dei trattati internazionali. Ma Schiavone è chiaro: “Possiamo dire di delegare l’espulsione a paesi terzi, con garanzie che non maltratteranno i migranti, ma si tratta di vendere persone ad altri stati. Infieriamo sugli espulsi, perché non esiste un diritto internazionale che li tuteli”.
L’Europa come gli Stati Uniti di Trump
I video dell’ICE che cerca per le strade i migranti negli Stati Uniti per deportarli hanno fatto notizia in tutti i media, ma questi raid sono una pratica consolidata anche in Europa, scrive Picum: “Dai campi di migranti a Calais, in Francia, ai parchi e alle stazioni in Belgio, fino ai saloni di manicure e ai lavaggi auto nel Regno Unito”.
La sospensione di Schengen e della libera circolazione delle persone ovviamente agevolerà queste operazioni. Oggi Austria, Bulgaria, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Slovenia, che hanno reintrodotto controlli interni prolungati citando la migrazione irregolare come motivazione. Questo mese, il ministro dell’Interno francese Bruno Retailleau ha dispiegato 4.000 agenti per effettuare controlli massicci in autobus e stazioni ferroviarie, con l’obiettivo di arrestare e detenere persone senza documenti. In un'intervista a France Info, Fanélie Carrey-Conte, segretaria generale di La Cimade, ha denunciato “l’ispirazione trumpista” di questa operazione, che trasmette l’idea che “gli stranieri, e in particolare le persone senza documenti, siano nemici e pericolosi”.
I controlli di polizia non sono le uniche pratiche violente contro le persone senza documenti negli spazi pubblici. Spesso rischiano detenzione ed espulsione anche quando cercano di accedere ai servizi pubblici, ad esempio in Germania, dove molte autorità sono obbligate a segnalarle all’immigrazione, o in Svezia dove il governo sta pianificando misure simili con la cosiddetta “snitch law”. Gli obblighi di segnalazione diffondono paura e sfiducia nelle istituzioni pubbliche tra le comunità migranti. Quello che la propaganda di estrema destra nasconde dietro ai discorsi d’odio è che non avere documenti è una diretta conseguenza di queste politiche e dell’inefficienza strutturale e razzista della burocrazia europea.
Come scrive Annalisa Camilli in Frontiere, queste riforme “per certi versi provano a imitare le politiche migratorie che il presidente Donald Trump sta attuando negli Stati Uniti e che l'Australia mette in pratica da decenni, molto lontane dall'idea dell'asilo e della protezione dei richiedenti asilo elaborata nel corso dei secoli dalle legislazioni europee”. Sono adottate da parte dei governi in un contesto di crescente opposizione alle politiche migratorie e di crescita dei partiti di estrema destra nei paesi europei, che hanno questo tema tra le priorità del loro programma.
Per Olivia Sundberg Diez, EU Advocate per Migrazione e Asilo ad Amnesty International, come gli arresti e le deportazioni di massa disumanizzanti e illegali degli Stati Uniti, anche queste politiche repressive degli stati europei “mostrano un totale disprezzo per il diritto internazionale e la dignità umana”.
Furore ideologico
“Definirei la proposta della Commissione una grida manzoniana, un regolamento draconiano dove si affidano tutte le speranze di un aumento di efficacia dei rimpatri”, dichiara Gianfranco Schiavone a Valigia Blu. La Commissione, che ha dato impulso a questi regolamenti, non ha mai spiegato perché queste misure dovrebbero funzionare e superare l’inefficacia radicale del sistema rimpatri. “Anzi”, aggiunge Schiavone, “le ricerche dicono tutto il contrario, perché è dimostrabile che più lunga è la detenzione, meno il sistema funziona”. Il giurista non ha dubbi che questa riforma provocherà un aumento delle persone irregolari. Come sempre, questa deterrenza che assume la forma della violenza gratuita non ha nessuna efficacia. Che cosa dovrebbe fare un migrante di fronte a questo furore ideologico? C’è un’idea intrinsecamente violenta e priva di conoscenza del fatto che i migranti non calcolano queste cose, dice Schiavone. “Le spinte vanno ben oltre il fatto che tu possa finire in Albania o a Milano in un cpr”.
È legittimo chiedersi da dove provenga questo furore. Secondo il giurista, anche se alcuni elementi di ostilità ai migranti ci sono sempre stati, oggi si può individuare chiaramente una tendenza verso destra, a partire dall’esplosione dei partiti populisti e nazionalisti. Anche le posizioni dei popolari sulla migrazione corrispondono all’estrema destra, oggi. “Sembra assurdo pensare che l’Agenda sulla migrazione del 2015 prevedesse piani di ingresso umanitario obbligatori”, racconta Schiavone.
Sono trascorsi dieci anni dall’accordo - informale e prevalentemente economico - con la Turchia di Erdogan per fermare la diaspora siriana, quando è iniziata l’esternalizzazione. “Oggi discutiamo non solo di pagare qualcuno per tenersi i migranti, ma li riportiamo addirittura indietro”. L’Europa da dieci anni scarica la responsabilità su altri paesi oppure fornisce risorse, mezzi tecnologie, conoscenze tecniche e formazioni per impedire alle persone di spostarsi. Ma se nel 2016 questa era solo propaganda, ipocrita e bugiarda, oggi nessuno si stupisce più. Schiavone non ha dubbi sull’abbrutimento giuridico e culturale che l’Europa sta vivendo: nessuno avrebbe sostenuto che si potesse vietare il soccorso in mare, perché sarebbe stato considerato un disgustoso estremista”.
I temi del dibattito sulla migrazione sono spesso slogan volgari e sguaiati che promettono di fermare l’invasione e di proteggere i confini dell’Europa. Secondo Jonathan Portes, professore di Economia e politiche pubbliche al King's College di Londra, sono proprio i termini di questo dibattito ad essere sbagliati: “L'opzione di ridurre drasticamente o bloccare l'immigrazione è un'illusione. La gente verrà qui dall'estero, qualunque cosa facciamo, e per di più, ne abbiamo bisogno".
La scelta è tra un sistema caotico e punitivo basato sulla disonestà politica e uno ben gestito che funzioni, sfruttando la nostra fortuna di essere un luogo in grado di attrarre persone da tutto il mondo. Portes si chiede: vogliamo davvero un’Europa che si sottrae deliberatamente agli obblighi internazionali a cui si era vincolata dopo la Seconda Guerra Mondiale, subordinando la tutela dei diritti fondamentali a logiche di contenimento dei flussi migratori?
“Questa strategia non espone solo le persone migranti a rischi concreti per la propria vita e libertà ma rappresenta un nuovo pericolo precedente, una temibile eccezione a principi di diritto consolidati nel tempo”. È probabile che sia così l’Europa che vuole la maggioranza degli Stati - hanno votato contro solo Francia, Spagna, Grecia e Portogallo - ma rimane la speranza che non corrisponda a quello che vogliono i cittadini.
Immagine in anteprima: frame video France 24 via YouTube







