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Dune, l’universo che ha rivoluzionato la fantascienza

14 Aprile 2024 8 min lettura

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Dune, l’universo che ha rivoluzionato la fantascienza

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Ogni volta che penso a Dune più che immaginare un libro mi viene in mente l’immagine di una di quelle centrifughe che trovi nei laboratori di chimica. Oppure un forno, un prisma, un disco di Petri, insomma uno spazio dove normalmente avvengono delle trasformazioni, dei processi a volte palesi a volte meno che prendono la materia e la trasformano in qualcos’altro.

Solo che al posto della materia qua abbiamo concetti storici, lingue, religioni, controcultura, ecologia, politica che vengono frullati assieme creando un libro che all’epoca nessuno voleva leggere, tanto che fu pubblicato per la prima volta dalla Chilton Books, una casa editrice che stampava prevalentemente manuali, e fu rivalutato solo anni dopo grazie alla controcultura delle università americane.

Eppure, oggi quel libro che nessuno voleva leggere è forse uno dei più importanti crocevia della cultura popolare mondiale. Non solo un’opera che ha attinto ovunque ma che ha stuzzicato la fantasia di tantissimi altri autori che hanno attinto in modo più o meno evidente al prodotto che Herbert aveva “trasformato” nel suo libro-centrifuga. 

E se nessuno lo voleva leggere, ancora meno erano quelli che volevano farne un film. Per anni la densità di concetti, la scala dei conflitti e forse anche le suggestioni visive di Dune sono state ritenute impossibili da gestire in una trasposizione cinematografica. E infatti tutte, da quella controversa di Lynch al rigore formale di Villeneuve, passando per le miniserie degli anni Zero e il progetto incompiuto di Jodorowsky, hanno dovuto in qualche maniera gestire questa complessità, con risultati quasi sempre interessanti, anche quando si è trattato di fallimenti epocali.

Ma quello che forse affascina ancora di più è che tutto questo è stato messo in moto nel 1957 da un semplicissimo viaggio a Florence, Oregon, dove Herbert vede il fenomeno delle dune locali, che col vento giusto sono capaci di ricoprire di sabbia interi paesini. Normalmente gli ingranaggi vengono bloccati dai granelli di sabbia, ma in questo caso furono il lubrificante di un pensiero che stava unendo vari interessi: il misticismo, l’ecologia, il feudalesimo, le figure messianiche, il fascino per personaggi come Thomas Edward Lawrence, ovvero Lawrence D’arabia, le sperimentazioni con i funghi allucinogeni e le sostanze psicotrope.

Dune si trova perfettamente al centro di un crocevia culturale e di un periodo che guardava al passato attraverso il filtro di due guerre mondiali, e al futuro con un forte ottimismo e un grandissimo interesse. Ma è anche un’opera che si pone in quel crocevia a modo suo.

Una delle particolarità più interessanti del libro infatti è la scelta di andare in una direzione opposta rispetto alla fantascienza. Fino a quel momento aveva tracciato una rotta fatta di tecnologia, computer e robot che in qualche modo vedeva in Asimov la sua pietra angolare, spaziando anche in territoripiù pulp, fatti di raggi laser e mostri in stile Flash Gordon.

Dune fugge da tutto questo, posizionando a monte del romanzo degli eventi accaduti ben prima delle vicende narrate, e che conosciamo in modo parziale solo attraverso la menzione che ne fanno i personaggi. Un classico espediente letterario per la costruzione di una mitologia interna. Pensate alla lotta contro Sauron accennata ne Il Signore degli Anelli o la distruzione di Valyria ne Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco.

Il rapporto con la tecnologia all’interno di Dune è legato al Jihad Butleriano, un evento politico religioso avvenuto molti anni prima che ha proibito del tutto l’uso di calcolatori e che allontana il lettore dalla concezione classica di moderno per tornare a una connotazione magica e religiosa della scienza. Non essendoci più i computer, il sapere è immagazzinato nella mente dell’uomo, in particolare in quella dei mentat, esseri umani che grazie all’uso della spezia e un allenamento rigoroso sono diventati veri e propri computer umani.

La spezia stessa è ben più di una semplice allegoria del potere che il nostro mondo ha attribuito al petrolio e alla sua estrazione. Una sostanza psicotropa creata dal ciclo vitale vermi delle sabbie, che per questo assumono una valenza divina, tanto da essere chiamati “I Creatori”, il cui funzionamento ci è sconosciuto, ma che  permette di aprire le porte della percezione, modificare il corpo umano e viaggiare nello spazio, ma anche come strumento di divinazione o semplice divertimento. La sua esistenza è perennemente in bilico tra il mistico e lo scientifico.

D’altronde sono scienza, ma anche religione i riti delle Bene Gesserit, la potentissima casta di sacerdotesse e cortigiane (probabilmente ispirate alla potenza dell’Ordine Gesuita) dotate di poteri fisici e mentali sovrumani che da centinaia di anni tramano gestendo le nascite delle varie casate alla ricerca del prescelto, il Kwisatz Haderach. Così come sono un misto di scienza sociale e religione ciò che viene fatto dall’azione della Missionaria Protectiva, una sezione delle Bene Gesserit che passa la sua esistenza andando in giro per i pianeti a diffondere miti e leggende per condizionare i popoli e facilitare l’opera di chi arrivera anche molti secoli dopo di lei. Sono scienza e religione i cicli e i riti della Spezia, ma anche il recupero delle acque dei morti dei Fremen, che mescolano il misticismo del culto funebre con la necessità di gestire i fluidi in un pianeta desertico. E lo stesso vale per le loro tute distillanti. Tecnologie avanzatissime profondamente legate a conoscenze tribali.

È un momento iniziatico ma anche scientifico il gesto di cavalcare un verme, queste gigantesche e assurde creature dall’aura divina che sono uno degli elementi più riconoscibili e affascinanti della saga e che rappresentano benissimo il suo stare sempre con un piede nella scienza e uno nella religione. Cavalcare un verme rappresenta il modo in cui si dimostra la propria maturità nel mondo dei fremen, nonché una delle varie prove a cui è soggetto il protagonista. Ma dietro la natura rituale del gesto si nasconde un preciso contesto scientifico. Il verme è dotato di placche che lo proteggono dall’abrasione con la sabbia e può essere manovrato spostandole con degli uncini, così da esporre la carne più sensibile alla sabbia e costringendolo alla rotazione.

E quindi a volte si fatica a dire che Dune è un romanzo di fantascienza, perché il ruolo che sottrae alla tecnologia, come ci si aspetterebbe nella fantascienza, lo rende profondamente intriso di medievalismo. L’intero impero galattico vive un'età dove la scienza e il progresso sono miscelati all'alchimia, alla religione, alle credenze e alle profezie. Herbert supera il classico tema della science-fiction del rapporto tra uomo e macchina per tornare a quello tra uomo e un altro uomo.

Profondamente medievalista è tutto il tessuto politico di Dune, che si colloca ipoteticamente nel 211° secolo ma presenta gli stessi tratti del medioevo fantasy di cui riprende il vocabolario: ci sono duchi, baroni, conti, gilde, feudi, casate. Non mancano duelli valorosi, tradimenti, matrimoni combinati, stregoneria (le già citate Bene Gesserit) e menestrelli guerrieri. Al di là del pianeta Arrakis, i rapporti di potere tra le casate - di fatto dei principi-elettori in stile Sacro Romano Impero - e l’Imperatore sono le tipiche scaramucce politiche del medioevo europeo e della sua età moderna, così come lo strapotere delle gilde commerciali e di chi sa effettivamente navigare.

Casate, Imperatore, Gilda dei navigatori e CHOAM, ovvero la corporazione del commercio, sono legate da una serie di rapporti di interdipendenza complicatissimi che ricordano molto da vicino quelli tra regnanti europei, clero e ricchi commercianti del nostro passato. Gli stessi Sardaukar temibili pretoriani dell’imperatore Padishah, corpo scelto composto da orfani rapiti e addestrati in condizioni durissime, altro non sono che i giannizzeri che rappresentavano la spina dorsale dell’impero ottomano.

Tutti questi elementi fanno parte struttura rigidissima, pensata per non crollare, ma che ovviamente crollerà, come sono crollati tutti gli imperi, grazie anche alle spinte di liberazione degli oppressi.

Come non parlare infatti di tutto ciò che confluisce all’interno della figura dei fremen, che mescolano elementi anche contrastanti tra di loro. Potremmo interpretarli icome un’allegoria del popolo ebraico, ma organizzati e concentrati sulla propria sopravvivenza, e allo stesso modo fieri e guerrieri come le tribù arabe, che conoscono la propria terra, e sanno sfruttarla per combattere. Sono pieni di parole derivate dall’arabo. Sunnah, jihad, fedaykin, ma soprattutto Mahdi, ovvero “Il ben guidato”, colui che nella religione araba arriverà a svelare le risorse segrete della terra, esattamente come fa Paul Muad’dib. 

Un popolo che vorrebbe poter accedere all’acqua, che però è letale per i vermi e quindi per la produzione di speziai quindi, bisogna mantenere lo status quo inospitale. Il tutto ovviamente senza dimenticare l’evidente tema del “white savior”, ovvero l’idea che ci voglia sempre e comunque un bianco a risolvere le cose. Anzi, forse uno degli elementi su cui spesso si sorvola analizzando Dune è proprio il messaggio di non idolatrare le figure messianiche, di non sottovalutare il potere e la sua capacità di corrompere e distorcere anche la più nobile delle cause. Non bisogna mai dimenticare che gli oppressi possono diventare oppressori e che il potere, e soprattutto il suo mantenimento, è una forza disgregatrice in grado di erodere anche un semidio col dono della preveggenza.

L’equilibrio di forze che c’è tra i fremen e le forze di colonizzazione è esattamente quello che è andato avanti per anni tra Medio Oriente e le colonizzazioni occidentali. Con i primi visti come poco più di selvaggi seduti su una ricchezza infinita Un pianeta come Dune (il nome fremen di Arrakis) non verrebbe ricordato da nessuno se non fosse per la spezia, così come nessuno si interesserebbe al controllo di molte zone arabe se non fosse per i bacini petroliferi.

Viste le stratificazioni di Dune era impossibile che tutto questo non finisse per contaminare ciò che è venuto successivamente. Come un sasso lanciato nello stagno della narrazione, il suo impatto ha generato onde su onde nelle opere a venire con un peso che forse solo Il Signore degli Anelli può superare.

Una delle principali gemmazioni di Dune è senza dubbio la saga di Guerre Stellari: il pianeta desertico, il salvatore messianico, esseri umani dotati di incredibili poteri mentali. Il tutto è diluito con ampie dosi di Flash Gordon, influenze giapponesi e ammiccamenti al western. 

Ma la traccia è evidente ed è forse una delle più chiare in molte opere che in qualche modo si sono interrogate sugli stessi temi negli anni successivi, come 2001: Odissea nello Spazio.

Uno dei prodotti che più di tutti ha subito l’influenza di Dune, e per certi versi l’influenza di qualsiasi prodotto culturale degli ultimi 60 anni, è il mondo di Warhammer 40.000. Un gioco da tavolo complesso e ricco di sfumature narrative che vive da sempre a metà tra la nicchia e il fenomeno mondiale. Nato in Inghilterra alla fine degli anni ’80, il mondo di Warhammer 40.000 è ricco di tratti comuni con l’opera di Herbert: un imperatore praticamente onnisciente, ma che ha fallito nel suo compito di unificazione planetaria, gilde di navigatori, guerrieri geneticamente modificati, il rifiuto di computer e IA, teocrazie oppressive, macchinazioni che vanno avanti per millenni.

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Tremors, Stargate, Mad Max, sono tutte opera che in qualche modo hanno un debito con Dune o con alcune sue parti. Se poi consideriamo anche i tentativi di farne un film, il già citato fallimento del Dune di Jodorowsky ci ha dato Alien, che ha poi permesso a Ridley Scott di lavorare a Blade Runner. In questa convergenza di opportunità, intrecci e ispirazioni trovo anche molto affascinante la chiusura di un cerchio tra Dune e Blade Runner. Con Villeneuve che prima riesce a toccare la sacralità di Blade Runner girandone il seguito e poi rende Dune nuovamente un successo mondiale.

Forse la più grande influenza di Dune è stato farci capire che nel grande calderone dell’intrattenimento c’era spazio per celebrare anche una fantascienza diversa, particolare, ricca di idee e rimandi anche più politici del solito. E con l’adattamento del terzo libro dato ormai quasi per scontato sarà interessante capire cosa ne verrà fuori.

Immagine in anteprima: frame video YouTube

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