Diritti Digitali Post

Il blackout del web contro la ‘censura online’ #SOPA #SOPAstrike

18 Gennaio 2012 5 min lettura

author:

Il blackout del web contro la ‘censura online’ #SOPA #SOPAstrike

Iscriviti alla nostra Newsletter


Warning: Undefined array key -1 in /var/www/valigiablu.it/httpdocs/wp-content/plugins/embed-sendy/embed-sendy.php on line 430

Warning: Undefined array key -1 in /var/www/valigiablu.it/httpdocs/wp-content/plugins/embed-sendy/embed-sendy.php on line 431

Warning: Undefined array key -1 in /var/www/valigiablu.it/httpdocs/wp-content/plugins/embed-sendy/embed-sendy.php on line 431
4 min lettura

Bruno Saetta
@valigiablu
- riproduzione consigliata

È il destino degli innovatori, quelli veri, come Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia, di essere sempre un passo avanti a tracciare la strada. E come già avvenne ad ottobre, quando la sua creatura nella versione italiana si oscurò per protestare contro il liberticida comma “ammazza blog”, anche stavolta il primo passo è il suo.
Wikipedia inglese annuncia l’oscuramento per il 18 gennaio 2012 , in segno di vibrante protesta contro la legge simbolo della censura online, il modello di riferimento di qualsiasi progetto di riforma legislativo che mira più o meno velatamente a privatizzare la tutela dei diritti della multinazionali dando loro gli strumenti per calpestare senza remore i diritti civili e le libertà dei cittadini, per motivi puramente economici. Parliamo di SOPA, ovverossia Stop Online Piracy Act, e di PIPA (Protect Ip), le proposte di legge gemelle che sono in discussione da tempo nelle camere legislative degli Usa. 

Le principali aziende che operano in rete si sono mosse per verificare la fattibilità di possibili iniziative al fine di scongiurare l’approvazione di queste draconiane norme, e si era anche ventilata la opportunità di ricorrere allo sciopero virtuale, cioè l’oscuramento dei principali servizi online. Immaginatevi l’effetto di un oscuramento contemporaneo dei principali siti: Google, Yahoo, Amazon, EBay, Facebook, Twitter, Zynga, PayPal, ed altri dello stesso peso. Qualcosa di impensabile, l’arma “fine di mondo” delle aziende tecnologiche per contrastare le mire delle aziende tradizionali del copyright, quelle che spingono lobbisticamente per l’approvazione di SOPA e PIPA. La contesa si è fatta sempre più aspra, fino alle roventi dichiarazioni del tycoon Murdoch, il quale ha accusato apertamente Google di favorire la pirateria online
Per noi, al di là dell’oceano, potrà sembrare strano doverci interessare a tale vicenda, se non fosse che da essa dipenderà il futuro di tutta la rete internet.
Le proposte di legge in questione consentono, infatti, ai titolari dei diritti di imporre ai fornitori di servizi online la rimozione e il blocco non solo dei contenuti che sono semplicemente presunti in violazione dei loro diritti, ma addirittura quelli che sono ritenuti favorire degli illeciti (sempre presunti). Basterà una semplice accusa per poter imporre ai provider tali rimozioni, obbligandoli a monitorare i comportamenti degli utenti al fine di impedire ulteriori violazioni.
Il linguaggio normativo è piuttosto vago, ma è ovvio che qualsiasi sito che ospita contenuti generati dagli utenti è a rischio di essere bloccato, se non onorerà le richieste di rimozione, l’unico vero modo per evitare di dover rispondere personalmente di eventuali contenuti illeciti. 
Anche semplicemente linkare un plugin per il browser che consente l’utilizzo di proxy, poiché di fatto favorisce il collegamento a siti bloccati per pirateria, potrebbe diventare illecito. 
Questo è il motivo per il quale i venture capitalist hanno detto in massa che non investiranno più in start up online se passeranno SOPA e PIPA, perché il rischio è troppo elevato, e ciò ci fa comprendere quali ricadute ci saranno sull’innovazione tecnologica, e quindi per tutti noi. 
I titolari del copyright hanno fatto bene i loro calcoli, per vincere questa battaglia hanno bisogno di allearsi con i fornitori di servizi online, ed è per questo che SOPA e PIPA garantiscono a questi ultimi l’immunità totale nel caso in cui rimuovano contenuti volontariamente e senza attendere un ordine della magistratura. È evidente che la rimozione di una gran quantità di contenuti avverrà senza alcun intervento di un giudice, nel chiuso degli accordi tra le grandi multinazionali, senza che i cittadini ne sapranno nulla. Quanti abusi saranno perpetrati in tal modo?
Come stretti tra incudine e martello, saranno i cittadini a soffrire pesanti limitazioni alle loro libertà: la libertà di espressione, di dire la propria opinione sul comportamento dei politici, di criticare un’azienda e i suoi prodotti… 
E tutto questo non rimarrà circoscritto agli Stati Uniti d’America, perché ovviamente i principali fornitori di servizi online sono tutte aziende americane, che saranno le prime a subire le “cure” di SOPA e PIPA, indipendentemente da dove si trovano i loro utenti. L’effetto si riverbererà su tutta internet, influenzando senz’altro la rete come oggi noi la conosciamo. 
Non dimentichiamo, infatti, che gli americani hanno la spiccata tendenza a credersi il centro del mondo, e in tal senso essi ragionano. Secondo loro tutti i siti con dominio .com, .net o .org, sono da ritenere siti nazionali secondo la loro legislazione, come del resto gli indirizzi Ip assegnati dagli organismi americani anche a soggetti residenti fuori dagli Usa. Ed infine, a completare il tutto, un non americano che volesse impugnare la rimozione di un suo contenuto, dovrebbe inviare una contro notifica con la quale automaticamente accetta la giurisdizione americana. 
Di fatto SOPA e PIPA fanno sì che la tutela della proprietà intellettuale delle aziende americane diventi una questione di politica estera. Ed è per questo che da tempo gli americani fanno pressioni sui governi, anche europei, per far approvare norme che si ispirano segnatamente a queste proposte di legge, come ad esempio la legge Sinde già approvata in Spagna, oppure l'italica delibera AgCom
Ed ecco perché Wales anche stavolta traccia la strada da percorrere ed annuncia, dopo un democratico dibattito con moltissimi wikipediani, che la sua creatura il 18 gennaio 2012 si oscura insieme ad altre aziende, come Mozilla, Reddit, Redhat e vari blog aderenti all'iniziativa SOPASTRIKE.
Jimbo chiarisce che la protesta è per consentire a Wikipedia di mantenersi neutrale, perché se è vero che i suoi articoli lo sono già, l'esistenza dell'enciclopedia online invece dipende dall’ordinamento giuridico nel quale essa opera: “Where you can only speak if you have sufficient resources to fight legal challenges, or if your views are pre-approved by someone who does, the same narrow set of ideas already popular will continue to be all anyone has meaningful access to”, se puoi parlare solo se hai sufficienti risorse per sopportare una causa legale, o se la tua opinione deve essere preventivamente approvata da qualcun altro, lo stesso gruppo ristretto di idée che già sono popolari continueranno ad essere le uniche alle quali ognuno di noi potrà avere accesso.
E questo non è un problema solo degli Stati Uniti!

Segnala un errore