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Ferrara alla guerra delle risatine e quel Cavaliere inesistente

25 Ottobre 2011 6 min lettura

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Ferrara alla guerra delle risatine e quel Cavaliere inesistente

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5 min lettura

Quest'oggi si ride. Dove? A Roma. Davanti l'ambasciata francese. Il noto consigliere di Silvio Berlusconi, nonché direttore de Il Foglio, Giuliano Ferrara, ha organizzato un laugh in per una derisione collettiva, in una pseduo guerra di torte in faccia, delle ormai famose risatine della Merkel e di Sarkozy.

Per Ferrara, infatti, “Berlusconi è forse l’unico che possa dare (...) indicazioni puntute e responsabili ai suoi partner”.
Al che, leggendo tale affermazione, viene subito alla mente, tanto per citare l'ultimo esempio, l'imbarazzante gestione delle nomina del governatore della Banca d'Italia da parte del capo del governo e sorge spontanea la domanda, “ma di quale Berlusconi sta parlando?”.
Risposta: “Quale Berlusconi? (...) il Berlusconi vero (...)”.
Ciò non significa che ci sia un Berlusconi falso (magari mandato dai comunisti) che, imprigionato l'originale, tenta di rovinargli l'immagine in tutti i modi - con Ferrara è sempre meglio precisare - . Quel “vero” si inserisce in una narrazione, quella scritta dall'Elefantino intorno alla vita del nostro presidente del Consiglio: la storia del Cav.
Il Cav., un “eroe popolare”
Il Cav. è un uomo contraddistinto da una megalomania sontuosa ma accettabile con un animo “sempre sorridente”, benevolo ed ironico. Con tratti caratteriali ludici, adolescenziali, infantili, ma, all'occorrenza, sostituibili da quelli del “tipico maschio latino” - un “troumber” - che lo iscrivono di fatto alla “maggioranza silenziosa”, cantata dal “cantore Begninaccio”, che “adora la passera e la passerina”.
Questi i lati umani che nella narrazione sono serviti al Cav., nella discesa in campo, per dimostrare il suo status anomalo di imprenditore prestato alla salvezza del Paese, tempestato, dopo Tangentopoli, da “tristizie, faziosità, vendette e inganni”; non conforme alle ipocrisie dell'”uomo pubblico professionale”; impossibilitato, pertanto, a rispettare la legge “bronzea della politica”: mentire.
Così, quando il presidente del Consiglio, in pieno caso Noemi Letizia , accusato dalla (ex) moglie Veronica Lario di frequentare minorenni, si contraddice nelle spiegazioni del suo rapporto con la ragazza e la sua famiglia, fino ad arrivare a dire il falso, per Ferrara sono bugie bianche, innocue, dette dal Cav. solo “per non essere trattato in modo aggressivo”.
La gravità del fatto che una carica istituzionale menta all'opinione pubblica è diluita fino a scomparire in quei tratti caratteriali, sopra descritti, della personalità del Cav.
Stessa sorte che tocca al presunto giro di prostituzione presente nelle feste del capo del governo ed emerso dalle inchieste sull'imprenditore e procacciatore di ragazze Tarantini, che oltre a evidenziare l'ipocrisia di Silvio Berlusconi nel rifarsi ad un'immagine e ad una politica di principi e valori e cattolici, crea il rischio di possibili ricatti al presidente del Consiglio, perché queste ragazze, oltre a non subire controlli all'ingresso, si muovono indisturbate in sedi istituzionali come a Palazzo Grazioli.
Tutte rilevanze politiche che nelle avventure del Cav. sono fagocitate dall'immagine della sua “sessualità” “machista” o di “puttaniere”, cui, nella vita privata, piace circondarsi “di belle ragazze e di amici, cantare, scherzare” e dare a se stesso e “agli altri un'immagine allegra e noncurante dell'esistenza”. Ma che non si tira indietro quando bisogna tirare fuori dai guai, fottendosene delle “convenzioni” (leggi, ndr), “la puttanella con una storia critica alle spalle” - Ruby -, con il rischio di compromettere la “reputazione inconcussa”, non di certo l'onore dell'”uomo di cuore”.
Ferrara, insomma, nel depistaggio della realtà, narra un Berlusconi “eroe popolare”, amante delle belle donne e d'animo cavalleresco, delle cui avventure, in un comune sentire, si ama partecipare emotivamente.
Il risultato mediatico ottenuto si concentra su un aspetto cardine degli scandali che coinvolgono il presidente del Consiglio: il potere che incarna e rappresenta. Se Giuseppe D'Avanzo, analizzando le vicende emerse e contestualizzando il tutto con il ruolo pubblico che Silvio Berlusconi ricopre, denuncia un abuso di potere, nella narrazione di Ferrara tutto ciò non compare.
Il potere del Cav., difatti, non può essere un abuso, un prova di forza sul più debole, in quanto ciò che è messo in risalto non è l'aspetto prevaricatore che un ruolo di altissimo prestigio può esercitare, ma il lato contraddittorio, fragile e buono, insomma umano, presente in esso.
La carica pubblica viene deresponsabilizzata e si entra in quella sfera del privato di decisioni insindacabili, basate sui gusti personali – gli piacciono le donne - , che porta verso un'umanizzazione del potere, per cui le inchieste giornalistiche o giudiziarie nei confronti di un uomo pubblico sono gossip, fango gettato sulla vita privata di una persona ed i reati per i quali Berlusconi è a processo vengono mutati in peccati che tutti gli uomini commettono.
Nessuno, perciò, può permettersi di alzare la voce per affermarne la gravità, poiché in questa Italia dalle tanto sbandierate origini cristiane chi non è senza peccato non può scagliare la prima pietra e, in un tale livellamento sullo stesso piano tra pubblico e privato, i gusti e i peccati rientrano in quella faccenda personale che è la morale di ognuno di noi.
Al contrario di Ferrara, che non si sognerebbe “mai di mettere becco nel suo modo di divertirsi, di stare con le donne, di considerare amici e amiche nelle ore libere” - in contraddizione col Ferrara del 1997 che promise di rivelare tutto quello che sapeva di Antonio Di Pietro: “Gli farò lo screening completo, passerò la sua vita ai raggi x” - chi denuncia il danno politico e istituzionale creato dai comportamenti di Silvio Berlusconi diventa un ficcanaso, un puritano, un moralista:
l'unico vero morbo che infesta il Paese.
Chi sono i moralisti? Una “minoranza eticizzante” che, oltre a guastare la giocosa avventura politica del Cav. “ha il brutto vizio di odiare le maggioranze, di tenere in sommo spregio il popolo (...). Che impugna la legge non per fare giustizia e realizzare stato di diritto e libertà ma per “ripulire la società”, trasformando le passioni in reati, ignari del fatto che c'è una maggioranza coinvolta nel phatos del proprio eroe, mentre loro, i veri corrotti dalla propria ipocrisia, “mostrano di detestare negli altri quello che alberga in loro (…), il sesso come piacere disancorato da promesse d’amore, come allegria totalmente disinibita, come festa panica e idolatrica, come esibizione narcisista di potenza e primato”, perdendo l'amore del Paese.
In questo passaggio, la storia è completa: vi è un eroe popolare e di riflesso il suo antagonista, anch'esso umanizzato perché altrimenti la battaglia si svolgerebbe su piani narrativi differenti. Così, se da una parte abbiamo un eroe giocoso, infantile, bugiardo senza malizia, colpito nel privato dei propri piaceri, dall'altra si lancia un assalto per puro “spirito facinoroso” con un' “avversione antropologica” che tracima odio e invidia, con il risultato che sull'arena del dibattito pubblico rimangono solo due poli (partiti) che si affrontano: quello positivo del Cav., l'eroe libero tra liberi, e quello negativo dei moralisti, dei ficcanaso, mossi esclusivamente da sentimenti ostili.
Ma il Cav. di Ferrara, come tutti i paladini, ha il proprio tallone d'Achille: l'accorato consiglio che l'Elefantino dà a Silvio Berlusconi di non “farsi simili alla caricatura che il nemico fa di te”, di non comportarsi per come la realtà richiede, cioè da imputato, ha la funzione di salvare la ragione stessa dell'esistenza della figura del Cav. e quindi tutto il filo logico della narrazione propagandata all'opinione pubblica.
In caso contrario, si assisterà alla caduta dell'eroe popolare e di tutto il suo impero d'immaginazione, a causa di un cortocircuito narrativo tra come il presidente del Consiglio appare nella realtà e come il Cav. è raffigurato narrativamente.
Ecco il Silvio Berlusconi “vero”, quello del fantomatico spirito del 1994, creato tramite una storia, la storia di un uomo in cui tutti, volenti e nolenti, si possono riconoscere. Ecco l'immagine del capo del governo che Ferrara andrà a difendere con una risata; personaggio plasmato con una sapiente narrazione che si sovrappone ogni giorno al racconto dei fatti, in modo da tentare di continuare a fomentare e rafforzare quel legame emotivo che è la sostanza primaria del cosiddetto berlusconismo, immaginario collettivo che da diciassette anni s'impone nello scenario culturale di questo Paese.
P.s. Chissà se, a piazza Farnese, i sostenitori del Cav., si presenteranno di nuovo vivi ma in mutande ?
In quel caso, vi ho avvertito: “Quest'oggi si ride”.
Andrea Zitelli
@valigiablu - riproduzione consigliata

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