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Berlusconi ha vinto!

17 Dicembre 2010 3 min lettura

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Berlusconi ha vinto!

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2 min lettura
Berlusconi 14 dicembre
Ha vinto, ancora.
Berlusconi è un gigante di cartapesta, molle e piacione come un piazzista navigato. 

S’indigna, strepita e infine ammalia con quattro spicci, una poltrona e una stretta di mano.
Certo rimangono intatte le maschere, ma così decadono i costumi e loro con noi: tutta
un’immoralità intinta di ideali, mentre fuori Roma brucia. Se uno Scilipoti si erge a difensore
della Patria (e ad agopuntore nel tempo libero) quindi, non è per caso; se Calearo si
permette di portare un pallottoliere nell’emiciclo come sfottò, e di arrogarsi uno status di
soggetto imprescindibile e fondamentale e di portata storica, non è solo colpa della politica.
È anche colpa nostra. 
Abbiamo perso un’altra volta, ancora: come liberi cittadini prima che
come cittadini liberi. Inutile dire dove abbiamo sbagliato: nel crederci superiori;
nell’attendere che passi anche questa notte; nel dividerci in tifoserie calcistiche, ultrà senza
bandiere e senza eroi. Abbiamo sbagliato nel ritenere che la retorica della patria fosse
proprio retorica, appaltandola agli “altri”: non ci sono altri, siamo solo noi a dover fare i
conti con un impero che crolla; davvero siamo nel buio. E' sbagliato credere che anche
questa volta non sia colpa nostra: il sistema CEPU è assolutamente trasversale. Abbiamo
affidato la testa dei nostri cortei –troppe volte- a gente che utilizza il proprio consenso a
fini personali. Ci guidano arrivisti vestiti da sofisti, ventenni con un piede in facoltà e l’altro
nei Palazzi. Non abbiamo una generazione di leader come quella dei nostri padri: che
studiavano un’ora in più, che sporcavano mani e divoravano libri, che avevano una base e
una coscienza davvero superiore. Così, credete davvero di fare un passo avanti?
I cretini sono fisiologici, e assolutamente in ogni dove. Per cui, la facile giustificazione dei
centri sociali lasciatela a qualcun altro; parliamo di futuro, ora. Il mio futuro, che è il nostro
futuro, non lo voglio guidato da cittadini inermi e ignoranti; il mio futuro, che è mio, non
posso appaltarlo a quattro fuori-corso con la kefiah. E sia chiaro, ovvio che non sarà così
ovunque: la contro-argomentazione futile del valutare queste mie parole come
“generalizzazioni (banali)” evitatemela. Io dico quello che voglio:
Non voglio un’università in mano a politicanti in jeans. 
Voglio un’università di studenti senza
partito
ma non senza convinzioni; un’università dove il sacrificio è mio ma il beneficio è di
chi vi entrerà dopo di me. Nelle aule italiane non manca la coscienza, manca la solidarietà.
Un’elite non nasce da germi di partito che infettano facoltà occupate, ma da una speranza
cosciente del sacrificio: capi-corteo, voi non siete arrivati ma quello è il vostro inizio. 
Voglio una classe politica che non releghi gli under 30 in sezioni “per giovani”, lager della
coscienza civile e morte di ogni speranza. 
Voglio che i giovani non debbano organizzare
feste di partito e pensare ai problemi “dei giovani
”: il giovanilismo sterile lasciamolo ai
quarantenni, che per noi un futuro c’è. Voglio che un assessorato allo sport o alle politiche
giovanili non sia affidato ad un trentenne e pubblicizzato come una grande vittoria e una
grande novità: è la sconfitta becera della politica e della generazione che ci guida.
Voglio avere la mia fetta di speranza; e se fallirò sarà perché ho fallito, non per Calearo.

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