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“Io sono Satoshi Nakamoto, creatore di Bitcoin”. Farsa ultimo atto

6 Maggio 2016 8 min lettura

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“Io sono Satoshi Nakamoto, creatore di Bitcoin”. Farsa ultimo atto

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Disclaimer: questa non vuole essere una guida né una spiegazione tecnica di Bitcoin. Allo stesso modo, non è la confutazione rigorosa dell'identità di Satoshi Nakamoto.

Bitcoin, una cryptocurrency

Se quello di Internet può essere considerato un intero ecosistema, un mondo a parte, Bitcoin indubbiamente rappresenta, al momento, la sua moneta. Un tipo molto particolare di valuta, sicura, libera e anonima, che incarna tutte le qualità tanto care alla comunità digitale. Bitcoin, una delle criptovalute oggi disponibili su Internet, non è gestito da un organo centrale (quale è la BCE per l'euro) ma si affida a un network peer-to-peer, una rete distribuita sui molti nodi che la costituiscono e che tiene traccia di ogni transazione.

Grazie a un sistema di crittografia a chiave asimmetrica (vedi più avanti), questo tipo di moneta riesce a garantire la sicurezza di ogni scambio, garantendo l'integrità del passaggio di denaro tra due soggetti e permettendo loro allo stesso tempo di rimanere totalmente anonimi: il destinatario non è altro che una stringa di numeri e lettere che identifica un "portafogli" Bitcoin (ad esempio 1ECWGFSL9rKXbT5yznbCCFm3ogWSj92mW8 questo è il mio, grazie!).

Il numero di Bitcoin presenti nel mercato non è infinito, ma ha un limite massimo a cui si tende sempre più lentamente (per la precisione, è una serie geometrica che si avvicina al limite di 21 milioni) e sono generati tramite complessi algoritmi, anch'essi distribuiti tra tutti i nodi della rete. Per questa operazione di conio (detta mining) è necessaria una grande potenza di calcolo e, data appunto la sua crescita sempre più lenta, più si va avanti nel tempo, più è lungo e complesso coniare un bitcoin.

via Wikimedia
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Su Bitcoin la stampa internazionale ha molto speculato, specialmente nel novembre 2013, quando 1 bitcoin è arrivato a valere $ 540, quasi 50 volte di più di un anno prima: una vera e propria bolla che ha fatto molto parlare di sé. Più realisticamente, al di là di tutte le storie molto affascinanti raccontate negli anni, Bitcoin è stata un'ottima moneta per i servizi online, che non richiedessero lo scambio "materiale", e in particolar modo per l'acquisto di beni e servizi non legali in quella parte della rete conosciuta anche come deepweb tanto da diventare ormai uno standard per questo tipo di transazioni. In ogni caso Bitcoin è una tecnologia formidabile e, tralasciando per un attimo le ideologie economiche e politiche, una figata pazzesca.

La nascita di Bitcoin

L'invenzione di Bitcoin è dovuta a un soggetto conosciuto sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto che nel 2008 ha pubblicato lo standard Bitcoin sul sito metzdowd.com. Dietro il nome di fantasia non si può che nascondere un informatico molto ben preparato con un'enorme conoscenza della crittografia e molti mezzi a disposizione. Satoshi è attivo nella comunità fino al 2010 quando inizia gradualmente a sparire dalle scene: l'ultima "apparizione pubblica" risale al 2011, momento in cui viene anche passata la palla a Gavin Andresen, ora anche lui fuori dai giri della criptovaluta.

Al di là dell'attribuzione di questa geniale invenzione, il vero Satoshi è stato in possesso (è ancora in possesso?) di una notevole quantità di Bitcoin: proprio per la stessa idea di tecnologia alla base di questa moneta, all'inizio coniare era molto più facile e veloce. In sostanza, il vero Satoshi ha generato buona parte della moneta in circolazione agli albori di Bitcoin, in particolar modo "firmando" con la propria chiave privata i blocchi da 0 a 9 di bitcoin. Semplificando, chi conia un particolare set di monete lascia una propria traccia, univoca e indelebile: questo è un fattore fondamentale per la verifica dell'identità di Nakamoto.

Chiavi pubbliche e chiavi private

Il mondo della tecnologia ci ha ormai abituato all'uso smodato di password per l'accesso a qualsiasi tipo di dato e servizio. Se ipotizziamo di avere un file da voler proteggere dalla vista altrui, la cosa più immediata che ci viene in mente di fare è criptarlo con un algoritmo a piacere (che varia a seconda delle esigenze di velocità, affidabilità, etc...) e inserire una password che permetta a noi, o meglio a tutti quelli in possesso della password, di decodificarlo.

La password è una chiave, intesa nel modo più vicino possibile alla realtà "tangibile": con la stessa parola segreta è possibile la codifica e la decodifica, aprire e chiudere la porta. Dare la password a qualcuno equivale a dargli la chiave di accesso. Per questo motivo rubare la password comporta la totale perdita di sicurezza. Questa infatti può essere facilmente intercettata durante la comunicazione al destinatario di un ipotetico messaggio cifrato, invalidando ogni nostro sforzo.

In secondo luogo – punto forse più oscuro, ma non meno importante – l'utilizzo di una password simmetrica come quella appena descritta, non permette di ottenere alcuna informazione su chi ha cifrato il contenuto, ossia l'autore del messaggio. Infatti tutti quelli che hanno (legittimamente) accesso alla password, codificano e decodificano il messaggio senza lasciare traccia di sé: non c'è modo di garantire la provenienza di un file da un soggetto specifico.

Per ovviare a questi e ad altri problemi, è stato "realizzato" un tipo di crittografia detto a chiavi asimmetriche, ovvero basato su due tipi di chiavi (da intendersi come delle password "avanzate"), una privata e una pubblica. La prima, come suggerisce il nome, deve rimanere segreta e in possesso solo del legittimo proprietario; la seconda va distribuita pubblicamente e specificatamente a chi deve inviare il messaggio al destinatario.

via Wikimedia
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Questa chiave pubblica serve solamente a cifrare il messaggio in modo che esclusivamente il destinatario, ossia il proprietario della corrispondente chiave privata, possa con quest'ultima decifrarlo. Allo stesso modo la chiave privata, essendo solo in possesso del suo legittimo titolare, in quanto decifrabile dalla corrispondente chiave pubblica, può essere utilizzata da tutti gli altri per verificare che un messaggio sia effettivamente di provenienza del mittente e non di qualcuno che lo vuole impersonare.

L'identità di Satoshi Nakamoto

Ma cosa c'entrano le chiavi asimmetriche con i Bitcoin? Le criptivalute sono cripto appunto perché tutto il loro funzionamento è basato sul meccanismo di firma/codifica privata/pubblica che abbiamo appena visto. E avendo Satoshi firmato con la propria chiave privata i bitcoin che lui stesso ha coniato, sarebbe, in teoria, fin troppo facile verificare se chi si dichiara essere il vero Nakamoto sia in effetti lui.

Molti soggetti sono stati accostati alla figura dell'ideatore di Bitcoin, fino ad arrivare a marzo 2014 quando The Newsweek sostenne di essere venuto a capo del mistero e aver scoperto il vero volto del genio misterioso. Incredibilmente il vero nome di Satoshi Nakamoto è Satoshi Nakamoto: nel giro di poche ore l'articolo viene smontato e bollato come bufala, tanto è vero che oggi è anche scomparso dal sito della testata (ma consultabile lo stesso grazie alla copia in cache alla ricerca di Google).

Più di un anno dopo, a dicembre 2015, un'inchiesta di Wired porta alla ribalta un nome, Craig Steven Wright, imprenditore australiano e attivista del mondo delle criptovalute, come presunto ideatore di Bitcoin. Le prove sono varie ma non concludenti: un post sul suo blog sulla criptovaluta precedente al rilascio di Bitcoin, un altro post contenente una chiave pubblica apparentemente legata a Satoshi Nakamoto e un articolo che annunciava il rilascio di Bitcoin. Il pezzo era di fatto datato il giorno successivo all'avvenuto rilascio, ma il fuso orario australiano teneva ancora in gioco l'imprenditore.

Nello stesso momento la casa di Wright viene perquisita dalla polizia australiana per un'indagine fiscale: questo non fa che aumentare i dubbi. In ogni caso, in qualche giorno analisi approfondite della stessa comunità di Bitcoin hanno smentito i risultati di questa indagine, e tutto è tornato a tacere.

Fino al 2 maggio, quando in contemporanea The Economist, la BBC e GQ dichiarano di aver avuto dallo stesso Wright la prova di essere Satoshi Nakamoto. Le testate infatti affermano che l'australiano ha dimostrato di essere in grado di utilizzare le chiavi private di Nakamoto per firmare un documento e rivelare quindi la sua identità.

Anche questa volta è stata questione di ore prima che tutta la comunità si mettesse a verificare le affermazioni fatte, tanto più che Wright pubblica sul suo blog – ora non più reperibile – un articolo contenente una guida passo passo alla verifica dettagliata di una firma nel contesto delle chiavi asimmetriche. Poco velatamente, stava cercando di dare la dimostrazione, a tutto il web, che lui poteva firmare come Satoshi. Ma la tattica utilizzata dal presunto inventore desta molti sospetti: la prova della sua identità era, ed è tutt'ora, fin troppo facile. Wright avrebbe potuto:

  1. rilasciare un testo firmato con la chiave privata di Nakamoto in modo da poterlo confrontare con quelli presenti su Internet;
  2. trasferire una minima somma dei bitcoin originali dei blocchi da 1 a 9 ancora in possesso e firmati al momento del conio da Nakamoto.

Al contrario, l'articolo del blog è pieno di screenshot di finestre di terminali, passaggi incompleti e poi, improvvisamente, la "prova" della coincidenza della firma con quella di Satoshi. Fortunatamente il fact-checking in ambito informatico è veloce e affidabile, per non contare sul fatto che su Reddit c'è sempre qualcuno che ne sa più di te. Lo stesso 2 maggio infatti, in una discussione tanto tecnica quanto partecipata, alcuni utenti di Reddit smascherano l'australiano: egli infatti non ha mai dato alcuna prova di essere in possesso della chiave privata di Nakamoto, il che equivarrebbe ad avere la sua identità, in questa situazione.

Ha semplicemente ingannato le testate giornalistiche creando una gran confusione e approfittando delle scarse conoscenze in una materia così complessa come la crittografia moderna. In pratica, come ha ben detto Dan Kaminsky in un suo post,

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è come se Wright avesse staccato da un contratto l'ultima pagina firmata, l'avesse attaccata a un altro contratto e avesse detto al mondo "Vedete? L'ho firmato io!"

Tre giorni dopo, Wright mette offline il suo blog e al suo posto lascia solamente un messaggio, esageratamente carico di vittimismo verso un mondo che "non potrà mai credergli", in cui si scusa con le persone coinvolte e annuncia il proprio ritiro dalla scena.

Anche questa volta la ricerca di Satoshi Nakamoto, geniale ideatore di Bitcoin, si è rivelata un buco nell'acqua. Un'identità nascosta che è di fatto utile solo a chi ne scrive, mentre l'intera comunità digitale può farne a meno, avendo in eredità una delle più brillanti tecnologie degli ultimi anni.

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