Le Big Tech hanno deciso di arruolarsi nell’esercito americano
5 min letturaLa cooperazione fra grandi aziende tecnologiche e il Pentagono non è un fenomeno inedito, ma negli ultimi due anni ha assunto caratteristiche diverse, sia nei contratti assegnati sia nelle modalità , che coinvolgono sempre più direttamente vertici delle stesse società .
Come spiegato da un articolo del sito Quartz dello scorso giugno, le principali aziende di intelligenza artificiale e di tecnologia avanzata hanno progressivamente modificato le proprie policy interne, spesso superando restrizioni etiche stabilite in anni recenti, per poter partecipare a programmi militari del Dipartimento della Difesa. L’organizzazione Midas Project, che monitora 16 aziende Big Tech (tra cui Open AI e Google), ha rilevato come dal 2023 a oggi queste abbiano attuato 30 modifiche sostanziali alle linee guida su questioni etiche e sui principi base. In vari casi questi cambiamenti sono stati fatti senza annunci, in modo da non attirare l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica.
Si tratta di un’inversione di tendenza rispetto agli anni immediatamente successivi alle rivelazioni di Edward Snowden, quando la parola d’ordine per gran parte dell’industria tecnologica era mantenere una netta distanza dai programmi militari, soprattutto quelli potenzialmente offensivi.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Un cambio di paradigma
Un elemento di novità rispetto al passato è rappresentato dal programma Detachment 201, formalizzato nel 2025. Si tratta di un programma della Army Reserve, il corpo di riserva dell’esercito americano, che ha visto l’arruolamento di dirigenti provenienti da aziende come OpenAI, Meta e Palantir. Questi manager mettono a disposizione del Pentagono le loro competenze tecnologiche in qualità di senior advisor, con un impegno stimato di circa 120 ore annue.
L’obiettivo dichiarato di questa iniziativa è rafforzare la capacità dell’esercito di stare al passo con l’innovazione che nasce nel settore privato, sfruttando direttamente le competenze delle figure che guidano le più avanzate ricerche in ambito AI e software. Come si legge nel comunicato stampa dell’esercito, il programma è parte di un’iniziativa che “mira a rendere le forze armate più snelle, più intelligenti e più letali”.
Questo approccio istituzionalizza ulteriormente la commistione fra Silicon Valley e apparati militari. Viene sancito un modello in cui non solo le aziende ottengono finanziamenti, ma i loro stessi vertici entrano formalmente a far parte della struttura militare americana, seppure con un ruolo limitato alla consulenza tecnica e senza obbligo di addestramento standard.
Un programma come Detachment 201 presenta potenziali conflitti di interesse. Il Pentagono ottiene accesso diretto alle competenze più avanzate, dall’altro si crea una zona grigia in cui figure aziendali possono influenzare le priorità tecnologiche dell’esercito mentre le loro stesse compagnie partecipano a gare per contratti multimilionari. A spingere in questa direzione è anche la necessità di tenere testa alla Cina sul piano tecnologico e militare.
La prima volta di Meta e Open AI
Mentre aziende come Palantir hanno un rapporto consolidato con il settore militare, aziende come Meta e Open AI hanno cambiato sensibilmente direzione e strategie. Entrambe hanno stretto partnership con Anduril Industries, per esempio, che produce sistemi di difesa. Secondo il Wall Street Journal, nell’ultimo anno Meta e OpenAI hanno modificato le loro policy proprio allo scopo di lavorare maggiormente con l’esercito.
Grazie a queste modifiche, OpenAI ha potuto siglare di recente un importante contratto con il Pentagono, del valore di circa 200 milioni di dollari, per sviluppare applicazioni di frontiera dell’intelligenza artificiale in ambito amministrativo, di cyber-security e potenzialmente operativo. Si tratta del primo accordo di questo tipo da parte dell’azienda famosa per ChatGpt. Nell’ultimo anno Open AI ha visto entrare nel suo direttivo l’ex direttore dell’NSA Paul Nakasone e ha assunto Sasha Baker, ex funzionario del Dipartimento della Difesa, per creare un team addetto alle policy di sicurezza nazionale.
Per quanto riguarda la collaborazione tra Anduril Industries e Meta, l’annuncio ufficiale è stato dato lo scorso maggio. In un articolo sul proprio sito, Anduril ha illustrato i dettagli della collaborazione, che punta a sviluppare sistemi avanzati di realtà estesa (XR) per il personale militare, combinando le competenze di Meta nella progettazione di dispositivi XR con le capacità software e di networking tattico di Anduril.
L’articolo riporta anche una dichiarazione ufficiale di Mark Zuckerberg: “Meta ha dedicato l'ultimo decennio allo sviluppo dell'intelligenza artificiale e della realtà aumentata per realizzare la piattaforma informatica del futuro”, dice il fondatore e CEO di Meta. “Siamo orgogliosi di collaborare con Anduril per contribuire a mettere queste tecnologie a disposizione dei militari americani che proteggono i nostri interessi in patria e all'estero”.
Le crescenti minacce economiche e geopolitiche
Nel 2018 migliaia di dipendenti di Google firmarono una petizione rivolta all’amministratrice delegata Sundar Pichai, affinché cancellasse un contratto stipulato con il Pentagono. L’azienda si era impegnata nello sviluppo di un’intelligenza artificiale per guidare i droni da combattimento, all’interno del cosiddetto “Progetto Maven”.
I lavoratori avevano messo in discussione l’uso della tecnologia per scopi militari, arrivando anche a dimettersi per protesta. Per tutta risposta Google abbandonò il progetto, decidendo di non prolungare la durata del contratto. Si dotò inoltre di nuove linee guida sull’etica nell’impiego dell’intelligenza artificiale.
Nel 2019, invece, in maniera analoga i lavoratori di Microsoft avevano chiesto e ottenuto che la compagnia cancellasse un contratto per la fornitura di visori per la realtà aumentata all’esercito. Come riportava all’epoca il Guardian, proteste di questo tipo facevano parte di un movimento più ampio che vedeva i lavoratori delle Big Tech propensi a prendere posizione e a protestare pubblicamente, interrogando gli scopi e gli utilizzi delle tecnologie sviluppate.
Parallelamente, dal 2018 al 2023 gli investitori del settore hanno destinato alle aziende tecnologiche del settore della difesa 108 miliardi di dollari. Secondo i dati di PitchBook, il settore della tecnologia della difesa raggiungerĂ un volume di affari di 184,7 miliardi di dollari entro il 2027. Come scrivevano nel 2024 sul Washington Post Nitasha Tiku ed Elizabeth Dwoskin:
Per alcuni di questi nuovi lavoratori e startupper, gli appalti nel settore della difesa rappresentano una missione superiore, volta a diffondere gli ideali americani nel prossimo secolo. Questo gruppo, composto prevalentemente da uomini, crede nel duro lavoro, nell'innovazione reale e nei valori familiari. Sono desiderosi di accelerare il progresso dell'America. E un numero crescente di investitori non vede l'ora di sostenerli.
Questo cambiamento culturale, secondo Tiku e Dwoskin, è maturato in un contesto internazionale caratterizzato da minacce economiche e geopolitiche che nei circoli tecnologici ha alimentato un crescente disagio. Gli Stati Uniti hanno iniziato a essere percepiti come deboli, in particolare rispetto alla rapida ascesa della Cina.
Nel 2023, un ex collaboratore di Tim Cook, CEO di Apple, è stato nominato alla guida della Defense Innovation Unit, un’unità che ha lo scopo di integrare tecnologie civili nella sicurezza nazionale. Nell’estate dello stesso anno, riporta ancora il Washington Post il Dipartimento della Difesa ha lanciato il programma di droni Replicator Initiative, pensato per contrastare il dominio della Cina nel settore.
Il conflitto tra Israele e Gaza ha ulteriormente alimentato le divisioni all’interno delle aziende tech. Nel dicembre 2023 dipendenti di Google e Amazon hanno protestato per i contratti stipulati dall’azienda con il governo israeliano, preoccupati dal coinvolgimento in progetti militari. Ad aprile dello scorso anno, Google ha licenziato oltre 50 persone che avevano partecipato a una protesta del collettivo No Tech for Apartheid, che riunisce dipendenti di Google e Amazon. Gli ex dipendenti hanno poi fatto causa all’azienda.
Negli ambienti tecnologici prevale l’ottimismo, l’idea che attraverso la tecnologia sia possibile recuperare i valori americani. “Riteniamo esista una soluzione tecnologica per tutto”, ha affermato al Washington Post Jack Murphy, veterano delle forze speciali. “Stiamo forse perdendo di vista la realtà di ciò che l’intelligenza artificiale potrebbe fare sul campo di battaglia?”.
(Immagine anteprima: frame via YouTube)







