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Lo scontro tra Netanyahu e l’IDF sulle responsabilità del 7 ottobre

12 Dicembre 2025 5 min lettura

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Lo scontro tra Netanyahu e l’IDF sulle responsabilità del 7 ottobre

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L’individuazione delle responsabilità sugli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023 sta creando delle fratture sempre più profonde tra il governo Netanyahu e i vertici dell’esercito israeliano. La posta in palio è politica, come spiega un articolo del Jerusalem Post: sulla ricostruzione di cosa non ha funzionato il 7 ottobre si gioca, infatti, il consenso elettorale di Netanyahu, intenzionato a restare al potere, il desiderio del ministro della Difesa, Israel Katz, di ridisegnare i vertici militari a propria immagine e somiglianza, e il futuro della leadership delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), difesa strenuamente dall’attuale capo di Stato Maggiore, il tenente generale Eyal Zamir. In gioco, scrive JP, non c’è un “disaccordo tecnico su un ruolo o un altro”, ma una “lotta più grande per il controllo dell’IDF da parte del vertice politico”, ovvero il governo. 

Ma andiamo con ordine, partendo dall’ultimo atto di uno scontro iniziato in realtà la scorsa estate

In un intervento pubblico probabilmente senza precedenti, Zamir ha sostanzialmente detto che l’approccio di Netanyahu nei confronti di Hamas ha creato le condizioni per l’attacco del 7 ottobre. Secondo il generale, il premier israeliano pensava di poter controllare il movimento armato tramite i finanziamenti del Qatar, ma così facendo avrebbe invece contribuito al suo consolidamento.

Ripercorrendo le operazioni militari nella Striscia dal 2008, e in particolare dall’Operazione Margine Protettivo del 2014, Zamir ha ricordato – in un passaggio riportato dal maggiore in congedo Sami Turgeman in un rapporto sui fallimenti dell’esercito il 7 ottobre – che erano state «condotte secondo gli obiettivi definiti dal livello politico e su raccomandazione del livello militare, e miravano a indebolire il nemico e ripristinare la deterrenza, non a sconfiggerlo». Ha aggiunto che «l’idea era di tenere Hamas sotto controllo e indebolito, di corromperlo con il denaro. Questo concetto di elusione ha permesso a Hamas di attuare un massiccio rafforzamento militare».

Dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, ampi settori dell’opinione pubblica israeliana hanno trovato un terreno comune nell’individuare nel primo ministro Benjamin Netanyahu il responsabile principale del fallimento di intelligence e militare israeliana, costato la vita a oltre 1.200 persone, il ferimento di migliaia e la cattura di oltre 200 ostaggi. Le accuse vanno oltre la negligenza, affermando che la strategia di lungo termine da parte di Netanyahu per rafforzare Hamas e ostacolare una soluzione al conflitto israelo-palestinese ha condotto direttamente agli avvenimenti del 7 ottobre. 

Come scrivevamo in questo articolo di Maria Chiara Rioli e Roberto Mazza, l’approccio controverso di Netanyahu prevedeva l'isolamento di Gaza, rafforzando il controllo di Hamas, da un lato, e il sostegno al governo economico verso Hamas a Gaza, dall'altro, arrivando anche a garantire fondi qatarioti al gruppo. ll primo ministro israeliano avrebbe usato la vecchia strategia di divide et impera per minare attivamente l'unitá palestinese e delegittimare i partner palestinesi. Per farlo, avrebbe scientemente deciso di permettere il rafforzamento e il finanziamento di Hamas. 

Questo approccio è stato criticato da ampi settori della politica israeliani, tra cui Avigdor Lieberman e Naftali Bennett, in passato membri di un governo Netanyahu, o da Yuval Diskin, ex capo dello Shin Bet, il servizio di sicurezza generale, ed Ehud Barak, ex primo ministro, che hanno accusato il premier israeliano di aver contribuito significativamente alla crescita di Hamas, sostenendo che ciò servisse al suo obiettivo di indebolire l’Autorità nazionale palestinese, promuovere un discorso politico basato sull’assenza di alcun partner possibile per raggiungere un accordo e complicare la prospettiva di una soluzione a due Stati, facilitando così a Netanyahu argomentazioni contro negoziati e compromessi. 

La grande novità è che per la prima volta queste critiche arrivano dal vertice delle Forze di Difesa Israeliane, istituzione considerata cardine della sicurezza nazionale, a sottolineare la gravità della crisi in corso tra organismi dello Stato. Il generale Zamir, infatti, non si è limitato a ricordare la storia dei rapporti tra Netanyahu e Hamas, ma ha chiesto anche la creazione di una “commissione d’inchiesta esterna, obiettiva” sui fallimenti del 7 ottobre, indipendente dal governo. 

L’accertamento della catena di responsabilità di quanto accaduto è terreno di uno scontro politico per ridisegnare i vertici militari da parte di Netanyahu e il ministro della Difesa, Katz. Fa parte di un più ampio sforzo politico per prendere il controllo dell'establishment della difesa, scrive Haaretz in un editoriale: “Il primo ministro cerca di fare all'IDF ciò che il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir sta facendo alla polizia”.

Come già accaduto con le nomine allo Shin Bet (Agenzia di sicurezza israeliana) e al Mossad, Netanyahu e Katz punterebbero a insediare in ruoli critici dell’IDF figure di loro fiducia. Così si spiega l’obiettivo di continuare a distruggere la carriera di altri ufficiali dell'IDF per la loro condotta il 7 ottobre, sebbene la maggior parte o tutti i comandanti centrali dell'IDF coinvolti nel fallimento abbiano già dato le dimissioni o siano stati costretti a lasciare il servizio nel 2024 o all'inizio del 2025. O la bocciatura di alcune promozioni proposte da Zamir, tra cui quella del colonnello German Giltman, accusato da Katz di aver partecipato nel 2023 alle proteste contro la riforma della giustizia. Lo stesso Zamir, ricostruisce JP, era stato messo ai vertici dell’IDF perché ritenuto più vicino ai disegni politici su Gaza di Netanyahu e Katz rispetto al predecessore Herzi Halevi (che premeva per porre fine alla guerra il prima possibile e ottenere il ritorno degli ostaggi). Al suo insediamento Zamir aveva inoltre agevolato il pre-pensionamento di alcuni ufficiali dello Stato Maggiore dell'IDF sgraditi al duo Netanyahu-Katz e la promozione di figure più nelle grazie del premier e del ministro della Difesa. 

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Ma questo non è stato sufficiente. Il 24 novembre, Katz ha avviato una nuova indagine su due precedenti indagini dell'IDF sul 7 ottobre, condotta dal Ministero della Difesa, e ha congelato tutte le nomine militari. Fonti di alto livello dell'IDF hanno riferito al JP che ciò porterà al pensionamento di molti ufficiali superiori e hanno manifestato la loro preoccupazione per il futuro dell'indipendenza professionale dell'esercito.

La richiesta di Zamir - già respinta da Netanyahu – punta ad arginare tutto questo (oltre che a salvare la sua carriera personale).

Immagine in anteprima via giornaleradio.fm

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