Con Jimmy Kimmel la censura trumpiana ha colpito ancora: dove sono finiti i paladini della libertà di espressione?
9 min letturaOttime notizie per l'America: il Jimmy Kimmel Live!, in difficoltà con gli ascolti, è stato CANCELLATO. Congratulazioni ABC, finalmente hai avuto il coraggio di fare ciò che doveva essere fatto. Kimmel non ha alcun talento e ha ascolti persino peggiori di Colbert, se possibile. Ora restano Jimmy e Seth, due perdenti totali, sulla NBC delle fake news. Anche i loro ascolti sono terribili. Fallo, NBC!!! Presidente DJT.
Questo è stato il commento a caldo, postato su Truth, del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump per la sospensione del programma Jimmy Kimmel Show. Un attacco con cui Trump ha voluto anche indicare i prossimi due bersagli al rispettivo network: Jimmy Fallon e Seth Meyers. Ovvero altri due conduttori del formato late-night show invisi a Trump, e i cui programmi sono trasmessi da NBC.
La decisione di sospendere il programma è stata presa mercoledì sera da ABC (di proprietà di Disney) dopo un monologo in cui Kimmel aveva criticato la strumentalizzazione dell’assassinio di Charlie Kirk da parte della destra trumpiana. La notizia è arrivata dopo che Nexstar, il più grande gruppo di tv locali negli Stati Uniti, ha dichiarato che avrebbe sostituito il programma di Jimmy Kimmel sulle sue emittenti affiliate alla ABC, a seguito dei commenti del conduttore.
Che cosa aveva detto esattamente Kimmel? Nel monologo di lunedì, riferendosi all’uccisione di Charlie Kirk, Kimmel ha criticato la strumentalizzazione operata dalla destra trumpiana:
Durante il fine settimana abbiamo toccato nuovi minimi, la banda dei MAGA ha cercato disperatamente di descrivere il ragazzo che ha ucciso Charlie Kirk come qualcuno che non fosse dei loro, facendo tutto il possibile per trarne vantaggio politico.
Kimmel ha poi mostrato una clip dove il Presidente Trump, a una domanda diretta su come si sentisse dopo la morte di Kirk, ha risposto “piuttosto bene”, parlando poi dei lavori di ristrutturazione della Casa Bianca.
Le pressioni dietro la sospensione di Kimmel
Sulla successione degli eventi pesano però i commenti di Brendan Carr, presidente della Federal Communications Commission (FCC). La commissione regola le comunicazioni via radio, TV, cavo e satellite negli USA. Intervenendo in un podcast di estrema destra mercoledì scorso, Carr ha minacciando ritorsioni contro ABC e Disney, accusandole di diffondere “disinformazione”:
Quello che la gente non capisce è che le emittenti televisive [...] sono completamente diverse dalle persone che utilizzano altre forme di comunicazione. Hanno una licenza concessa da noi della FCC, e questo comporta l'obbligo di operare nell'interesse pubblico. Possiamo farla facile, o scegliere la strada più difficile. Ma queste aziende possono trovare il modo di cambiare comportamento, di prendere una decisione su Kimmel, oppure, ci sarà altro lavoro da fare per la FCC in futuro.
Il commento è arrivato nella stessa giornata in cui Nexstar e ABC hanno sospeso il programma di Kimmel. Come fatto notare da Greg Sargent, Carr si è spinto ancora oltre, commentando in una trasmissione di Fox News la decisione di ABC. Carr ha accusato i media mainstream di aver cercato di fermare Trump durante le scorse presidenziali. Non si è trattato solo di una bugia, ma della premessa per un attacco diretto:
Trump ha reagito. E quando l'ha fatto, ha difeso il popolo americano che semplicemente non si fida più di quei media. Noi della FCC faremo rispettare l'obbligo di interesse pubblico. Ci sono emittenti che non sono d'accordo: possono restituire la loro licenza alla FCC.
Come fa notare Sargent, Carr ha lasciato intendere che emittenti e piattaforme “potrebbero vedersi revocata la licenza, se coprono Trump in modo che Carr ritiene eccessivamente critici nei suoi confronti e quindi illegittimi". Carr ha inoltre lodato su X la decisione di Nexstar. Il gruppo ha una fusione in corso con la concorrente Tegna che la porterebbe a supervisionare 265 emittenti in 44 Stati. Come segnala il Washington Post, l’accordo “richiederebbe anche alla FCC di allentare il limite nazionale di proprietà che limita il numero di emittenti che una società può possedere negli Stati Uniti”.
Quello che inizialmente è sembrato un caso di polemiche poi concluso con la decisione di un’azienda nei confronti di un dipendente (e quindi un disaccordo tra attori privati), si è palesato come un evidente problema di censura da parte di attori governativi. L’ingerenza a gamba tesa di un alto funzionario come Carr, infatti, potrebbe costituire una violazione del Primo Emendamento, secondo il parere di diversi esperti legali. Ovvero una violazione dell’articolo della Costituzione americana che tutela le libertà civili, tra cui la libertà di espressione, dalle ingerenze del governo. Potrebbe essere stato violato anche il Communication Act, la legge del 1934 con cui è stata istituita la FCC.
Le parole di Carr e la sospensione di Kimmel arrivano in una fase politica dove l’amministrazione Trump ha ormai ingaggiato una guerra aperta contro la libertà di informazione. Nella stessa settimana, infatti, il Presidente ha fatto causa al New York Times per 15 miliardi di dollari, accusando la testata di averlo diffamato, cercando di comprometterne la scorsa campagna presidenziale. Il giudice federale ha respinto la causa, ma Trump potrà fare appello.
In precedenza Trump aveva fatto causa alla CBS, ottenendo 16 milioni dalla Paramount, proprietaria del network. L’accordo tra Paramount e Trump era stato poi al centro della decisione della CBS di non rinnovare il programma di Stephen Colbert, che aveva ferocemente criticato l’atto di genuflessione della compagnia. L’anno scorso, Trump ha fatto causa anche ad ABC News, ottenendo anche in quel caso un cospicuo risarcimento. Anche per questo motivo, The View, uno dei talk show più popolari della ABC, nei giorni successivi ha evitato di parlare della censura subita da Kimmel.
Casi che si inseriscono in un quadro generale di aperta repressione della libertà di espressione, di manifestazione e di insegnamento, un vero e proprio assalto alla democrazia americana. Quadro in cui l’assassinio di Charlie Kirk è diventato, per l’appunto, un’occasione per aprire la stagione di caccia. L’ecosistema politico e mediatico della destra è andato da subito alla ricerca di qualunque possibile legame tra Tyler Robinson, il giovane accusato dell’omicidio, e la sinistra.
Giovedì scorso Trump ha addirittura annunciato che inserirà gli “antifa” nella lista delle organizzazioni terroristiche, annuncio cui poi è seguito l’ordine esecutivo di ieri. Poiché “antifa” esprime una vaga affiliazione ed è spesso usato come termine ombrello, è ovvio che ora sarà usato per aprire la stagione della caccia aperta. Del resto domenica, nel discorso pronunciato al funerale di Charlie Kirk, ha oscillato tra la martirizzazione del defunto e sinistri presagi di minaccia verso gli avversari politici.
Dagli imbarazzi dei “guerrieri della libertà di espressione” ai boicottaggi, alla marcia indietro della Disney
Dopo le iniziali polemiche e la sospensione del programma non sono mancate le reazioni, a partire dai colleghi conduttori di Kimmel, come Jimmy Fallon e Jon Stewart, nei rispettivi programmi. “Siamo di fronte a una tragedia”, ha commentato David Letterman, intervenendo all’Atlantic Festival: “Non puoi licenziare qualcuno perché hai paura o perché cerchi di ingraziarti un'amministrazione autoritaria di criminali”.
John Oliver ha invece ricordato i casi di Orban, che una volta salito al potere istituì leggi per correggere “i bias di sinistra” nei media del paese, e di Putin, che tra i suoi primi bersagli ebbe i programmi satirici che si prendevano gioco di lui.
Con poche eccezioni, un sostanziale silenzio è arrivato da quei comici-podcaster che sotto l’ombrello “anti-woke” si sono intestati negli ultimi anni una battaglia per la libertà di espressione. Su tutti Joe Rogan, che assieme ad altri esponenti della cosiddetta “rogansphere” ha avuto durante la campagna presidenziale un ruolo attivo nel normalizzare Trump occultandone le idee più autoritarie, intervistandolo con compiacenza.
Tra le eccezioni troviamo Andrew Schulz, che però non ha avuto di meglio che buttarla sul cerchiobottismo, contrapponendo la sinistra che “esulta” per la morte di Charlie Kirk alla repressione dell’amministrazione Trump. Peccato che come esempio di esponenti della sinistra non abbia saputo indicare nessuno, il tutto infarcito con le solite battute trite e ritrite transfobiche; a quanto pare per Schulz è impossibile essere di destra “se la tua fidanzata ha il cazzo”. Schulz ha anche definito i Repubblicani “il partito che ha messo fine alla cancel culture”.
Non è stato quindi accolto l’appello di un altro comico e famoso podcaster, Marc Maroon, che commentando a caldo aveva invitato proprio “i guerrieri della libertà di espressione” a prendere la parola:
Se ti sta a cuore la vera libertà, la costituzione e la libertà di parola, questo è il momento decisivo. Questo è l'autoritarismo oggi. In questo paese, sta succedendo davvero. Quindi, se siete guerrieri della libertà di parola o parlate davvero di proteggere la libertà di parola, non si tratta di poter usare slur contro persone disabili o transgender. Questa è censura da parte del governo. Questo non è Twitter, cazzo. Non si tratta di persone che vengono cancellate dopo una shitstorm. Si tratta del governo degli Stati Uniti che mette a tacere le voci con cui non è d'accordo.
Maroon negli ultimi tempi ha lanciato vari strali contro i “comici anti-woke”, dopo aver criticato durante la campagna elettorale il loro ruolo di facilitatori e normalizzatori di idee fasciste. Un tema toccato anche nel suo ultimo spettacolo, Panicked, dove immagina Adolf Hitler ospite del podcast di Theo Von.
Dal canto suo, la Disney ha fronteggiato finora proteste e boicottaggi, con sit-in fuori dalla sede di Burbank in California e a New York, di fronte alla sede della ABC. Marisa Tomey e Tatiana Mansley, che hanno recitato in She-Hulk e nella nuova trilogia di Spider-Man, hanno invitato a disiscriversi da tutte le piattaforme controllate dalla Disney (tra cui Hulu e ESPN). Anche Dan Gilroy, sceneggiatore della serie Andor, incentrata sui ribelli anti-Impero della saga di Guerre stellari, ha preso posizione contro la censura di Kimmel. Su Threads, l’attore Mark Ruffalo ha fatto notare come le azioni della Disney abbiano perso il 7% in pochi giorni: “Scenderanno ancora, se decidono di cancellare definitivamente il programma”. Pesino l’ex CEO di Disney Michael Eisner ha difeso Kimmel.
Probabilmente è sulla scia di questa contro-reazione che si è arrivati all'epilogo di ieri. La Disney ha infatti dichiarato che lo show tornerà dopo i sei giorni di sospensione. Secondo un retroscena di Variety uscito venerdì, Kimmel e Disney erano al lavoro per un compromesso, anche per evitare ripercussioni su collaboratori e fornitori del programma.
Il caso mostra che la soglia per osare criticare Trump e la destra MAGA si sta alzando sempre più, coinvolgendo anche gli assetti proprietari dei network. La Disney si è trovata tra due fuochi: un governo di fascisti con il suo seguito di fanatici e una massa di cittadini inferociti per la palese censura.
A oggi, pensare che uno di questi fuochi sia etichettabile come "politicamente corretto" o "cancel culture" dovrebbe essere più materia di studio per neuroscienziati che per analisti politici. Come è possibile, infatti, in un panorama di repressione così apertamente autoritaria, che il cervello umano riesca comunque a inventarsi giochi a somma zero tra opposti estremismi che non hanno mai avuto quel peso effettivo? Come è possibile che non si sappia distinguere tra come è abitato uno spazio e l'assalto premeditato e coordinato alle sue colonne portanti, con un dispiegamento di mezzi senza precedenti? Dobbiamo fare il conto alla rovescia per il primo fesso che dirà "molto rumore per nulla" sul caso di Kimmel, mentre intanto l'esercito viene schierato contro "la minaccia antifa"?
A sgomberare ogni dubbio sull'effettiva censura e sull'ingerenza della Casa Bianca ci ha pensato lo stesso Trump, a scanso di equivoci. Commentando la puntata del ritorno di Kimmel, Trump ha scritto su Truth: "Non posso credere che ABC Fake News abbia dato di nuovo a Jimmy Kimmel il suo lavoro! L'ABC aveva assicurato la Casa Bianca che il programma era stato cancellato". Trump ha anche accusato l'ABC di essere una branca del Partito Democratico, minacciando di fare causa al network.
1. Trump’s government publicly threatens TV network for running a show that mocks the president
— Jon Favreau (@jonfavs) September 24, 2025
2. Show is suspended
3. Trump defenders claim the government had nothing to do with it
4. Show comes back
5. Trump publicly threatens TV network again pic.twitter.com/o6i6ejunIE
Se qualcuno riesce a immaginare un’America alternativa in cui la Presidente Kamala Harris fa licenziare tramite i suoi sgherri Bill Maher mentre fa a pezzi la Costituzione americana a colpi di ordini esecutivi che instaurano una dittatura a sfondo LGBTQIA+, plaudiamo a tanta fervida immaginazione. Nel mondo in cui viviamo, siamo invece arrivati all'ennesimo punto di svolta in materia di censura, dove qualunque episodio diventa carburante per alimentare il rullo compressore che schiaccia le libertà degli americani. Che si tratti di una battuta, di un commento o di un assassinio è solo un dettaglio marginale: l'importante è estrarne carburante.
(Immagine anteprima via Heute)
L'articolo è stato aggiornato il 24 settembre con la reazione di Trump al ritorno in onda di Jimmy Kimmel.







