Fuori da qui

In diretta dall’Egitto: la violenza continua

19 Dicembre 2011 4 min lettura

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In diretta dall’Egitto: la violenza continua

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Jasmine Isam
@valigiablu - riproduzione consigliata  


Jasmine Isam è nata a Roma da padre egiziano e madre italiana. Dal 1997 vive al Cairo con il marito archeologo col quale gestisce un'AGENZIA DI VIAGGI. Mamma di due bambini sostiene la Rivoluzione alla quale partecipa in piazza e attraverso un suo BLOG che stiamo ospitando in questi giorni.


La violenza continua
Il 16 ed il 17 dicembre avrebbero
dovuto essere dei giorni importanti. 
Il primo, perché dedicato
all’economia egiziana, con un evento sponsorizzato ovunque (ne
parlammo QUI), il secondo perché triste anniversario della
morte di Mohammed Bouaziz, l’uomo che ha incendiato il mondo arabo
con la fiamma della Libertà.

Per gli egiziani e per l’Egitto, sono
stati due giorni da aggiungere alla tragica lista degli scontri e
delle violenze.

Tutto è iniziato venerdì
all’alba, quando di fronte al palazzo del governo, un giovane
egiziano è stato malmenato dalla polizia militare. 

Da tre settimane si trovava di fronte
agli uffici ministeriali un gruppo di persone che, notte e giorno,
oltre a manifestare il proprio disappunto nei confronti del nuovo
governo dava voce a richieste materiali (casa, lavoro, aumenti....).

Sembra che tra queste persone si
trovasse un ragazzino che si era messo a giocare a pallone,
lanciando per caso la propria palla proprio nella postazione della
polizia militare.

E sembra che la polizia militare abbia
colto l’occasione per arrestare il ragazzino, picchiarlo e
rilasciarlo ferito.

Dico 'sembra' perché da venerdì
sono davvero moltissime le notizie e le dichiarazioni dei testimoni
oculari, che smentiscono e poi affermano questi fatti.

Vere o no, pallone o meno, la scintilla
si è riaccesa nel centro città, a pochi passi da
Tahrir, nel quartiere di Kasr El Ain.

Da venerdì mattina le violenze
non si sono fermate. Anzi. La violenza della polizia militare è
stata spaventosamente brutale, oserei dire animale.

Molotov, sassi, bastoni, calci e spari,
hanno scandito e macchiato nuovamente di sangue le strade del centro.
 

Finora si contano 10 morti e più
di 300 feriti.


Come e chi può darci uno
spiegazione plausibile su quello che sta accadendo? 

Il primo ministro Ghanzoury ha parlato
di Controrivoluzione. 

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Personalmente penso che sì, la Controrivoluzione potrebbe aver avuto un ruolo importante i giorni
scorsi....  È ovviamente appoggiata, non solo fisicamente, ma
anche economicamente dai nostri burattinai che muovono ancora i loro
fili nel paese, sicuri della violenza che sanno poter scatenare. Se
Moubarak ed i suoi seguaci, fossero stati puniti e condannati, oggi
l’Egitto sarebbe un paese diverso. Purtroppo però la giunta
militare ha deciso per tutti, allungando i tempi del processo,
cancellandolo e facendolo ricominciare dal principio, rallentando non
solo la ripresa economica dell’Egitto, ma anche quella sociale.
Perché fino a quando il clan del vecchio regime non pagherà,
qui nessuno la smetterà da una parte di approfittare
dell’instabilità, dall’altra di creare pretesti e
confusione che inevitabilmente sfociano nella violenza. Perché
è solo così che sanno parlare i militari: con la
violenza.

Abbiamo parlato molto della Controrivoluzione. Dal Fetna ai vari episodi di violenza in tutto
l’Egitto (ne parlammo QUI, QUI, QUI e QUI). La controrivoluzione ha
fatto parte delle nostre vite come la rivoluzione. Allora però
era diverso. 
Allora il Popolo ancora credeva nelle
forze armate, e le grida “il Popolo richiede la caduta di Tantawi”
non facevano ancora parte del repertorio di Piazza Tahrir.


Come a fine novembre, poco più
di due settimane fa, la giunta militare i giorni scorsi ha sfoggiato
la sua faccia peggiore.

Ed anche se di mezzo ci fosse davvero
la Controrivoluzione, essa non sarebbe sufficiente a giustificare la
brutalità usata dalla polizia militare nei confronti dei
manifestanti.

Anche se ragazzi pagati,
destabilizzatori, delinquenti, si fossero mischiati tra la gente,
avessero spinto o iniziato gli scontri, provocato i manifestanti,
anche se tutto questo fosse accaduto, ancora non sarebbe
giustificabile la violenza usata dalla polizia militare sulle
persone, sulle donne.... 
Fanno il giro del mondo le immagini di
una ragazza trascinata e presa a calci dai militari, le immagini di
uno di essi che ne prende un’altra per i capelli, il tutto sotto
gli occhi delle telecamere dei telefonini, unici testimoni non
censurati della rivoluzione.

E mentre le tende degli ostinati
manifestanti di Tahrir sono state incendiate, l’ufficio di Al
Jazeera chiuso, la più grande biblioteca storica (costruita da
Napoleone Bonaparte nel 1798) nell'Istituto scientifico egiziano
brucia, un muro sta per essere costruito intorno al palazzo del
Gabinetto, onde evitare nuovi sit in loco. 

Un muro che non solo aumenterebbe la
rabbia della gente, ma creerebbe nuove violenze, proprio come accadde
in passato con il muro costruito di fronte all’ambasciata
israeliana (ne parlammo QUI).

Tra le vittime di questi giorni,
ricordiamo lo Sheikh Emad Effat, segretario generale dell’ufficio
delle fatwa dell’Azhar e attivo sostenitore della Rivoluzione del
25 gennaio, che si trovava a Kasr El Ain nella speranza di placare
gli animi. 

È stato ucciso con una
pallottola dritta al cuore, uccisione che sembra troppo perfetta e
poco casuale, visto che pima delle elezioni aveva emesso
una fatwa (editto di tipo religioso che regola la vita dei musulmani)
dove chiedeva a tutti i musulmani di non votare nessun partito i cui
membri fossero parte dell’ex partito democratico di Moubarak. La sua
morte avvalerebbe quindi l’idea di una Controrivoluzione nuovamente
in atto.

Ora più che mai suonano
premonitrici le parole di Moubarak pronunciate in uno dei suoi ultimi
discorsi televisivi rivolti al Popolo : “O IO O IL CAOS”....

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        Sheikh Emad Effat

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