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La violenza spietata dei talebani al potere in Afghanistan

8 Dicembre 2022 5 min lettura

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La violenza spietata dei talebani al potere in Afghanistan

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Quando i talebani sono tornati al potere in Afghanistan, nell'agosto 2021, in pochi credevano che il gruppo fondamentalista si sarebbe comportato in maniera diversa rispetto al passato. Molti ci avevano sperato ma le aspettative sono state disattese.

I sei anni in cui avevano governato il paese – dal 1996 al 2001 – erano stati caratterizzati da massicce violazioni dei diritti umani, fustigazioni di piazza, limitazioni alla partecipazione delle donne alla vita pubblica.

Quando hanno ripreso il controllo dell'Afghanistan, nell'estate dello scorso anno, gli analisti hanno auspicato che fossero finalmente diventati “politicamente maturi”.

Le parole avevano, infatti, acceso un barlume di speranza. All'indomani della conquista del paese i comandanti talebani avevano rilasciato alcune dichiarazioni che lasciavano intendere che avevano fatto tesoro degli errori passati.

A quasi un anno e mezzo di distanza tutto è tornato al punto di partenza.

Il 7 dicembre, come riportato in un articolo pubblicato da Deutsche Welle, un portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha dichiarato che un uomo condannato per omicidio era stato messo a morte pubblicamente. Si è trattato della prima esecuzione pubblica da quando il gruppo fondamentalista è tornato ai posti di comando.

L'uomo, identificato come Taj Mir della provincia di Herat, era stato accusato di aver ucciso un altro uomo e del furto della sua motocicletta e del cellulare. Il reato sembrerebbe risalire a cinque anni fa.

L'esecuzione, secondo quanto riferito da Amnesty International, sarebbe avvenuta in uno stadio gremito di spettatori.

«Lo spregevole ritorno delle esecuzioni pubbliche in Afghanistan è l’ultimo allarmante segnale di quanto i talebani stiano violando i principi dei diritti umani nel più totale disprezzo per le norme internazionali», ha dichiarato Dinushika Dissanayake, vicedirettrice di Amnesty International per l’Asia meridionale.

«Eseguire condanne a morte in pubblico esaspera la già crudele, inumana e degradante natura della pena di morte, produce un effetto disumanizzante nei confronti della vittima e ha un impatto brutalizzante su chi vi assiste. Questa pubblica esibizione dell’omicidio perpetua una cultura di accettazione della violenza più che promuovere la fiducia nella giustizia», ha concluso Dissanayake.

A eseguire materialmente la condanna a morte è stato il padre della vittima che ha sparato al condannato tre volte, in base a quanto riportato da Mujahid in una dichiarazione successiva.

Il caso era stato seguito da tre tribunali e aperto dal capo spirituale supremo talebano della provincia meridionale di Kandahar. Vari gli alti funzionari talebani che hanno presenziato all'esecuzione della condanna tra cui il ministro degli Interni ad interim, Sirajuddin Haqqani, il vice primo ministro ad interim, Abdul Ghani Baradar, nonché il capo della Giustizia del paese, il ministro degli Esteri ad interim e il ministro dell'Istruzione ad interim.

L'esecuzione è avvenuta dopo che, nelle ultime settimane, la Corte suprema del paese aveva annunciato che in diverse province avevano avuto luogo fustigazioni pubbliche di uomini e donne accusati di reati come furto, adulterio, fuga da casa.

Le punizioni sarebbero avvenute nelle province di Bamiyan, Ghazni, Logar, Laghman e Takhar.

Il portavoce del governatore talebano della provincia di Logar ha confermato le esecuzioni delle condanne, aggiungendo che la “punizione massima” prevedeva 39 frustate mentre quella “minima” 12.

Soltanto il mese scorso la portavoce dell'Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite, Ravina Shamdasani, aveva invitato le autorità talebane a fermare immediatamente l'applicazione di queste punizioni in Afghanistan.

Ma le prime avvisaglie che qualcosa stesse cambiando c'erano state nella prima metà di novembre quando il leader spirituale supremo dei talebani, Haibatullah Akhundzada, aveva incontrato alcuni giudici per ordinare loro di implementare l'applicazione della sharia prevedendo esecuzioni pubbliche, lapidazioni, fustigazioni e amputazione degli arti per i ladri.

I funzionari provinciali hanno esortato la popolazione locale a partecipare all'esecuzione pubblica di queste punizioni.

Secondo un testimone, che ha chiesto a Deutsche Welle di rimanere anonimo, è stato chiesto ai negozianti di chiudere le rispettive attività e di partecipare all'evento, pena la fustigazione.

Rina Amiri, inviata speciale degli Stati Uniti per le donne afghane, ha twittato che le punizioni non sono solo un segnale spaventoso ma anche un sintomo pericoloso che i talebani stanno diventando più sprezzanti nel mostrare al mondo che stanno abbracciando le politiche del passato.

“Come la prima volta, che non è finita bene, condurranno di nuovo il paese su una strada pericolosa”, ha aggiunto.

«I talebani non sono cambiati e, dopo oltre un anno, sono diventati più feroci, problematici e demagogici», ha detto a Deutsche Welle l'analista politico Ahmad Saeedi, ex diplomatico afghano.

«Non accettano alcun tipo di regole e principi umanitari e non si preoccupano delle richieste avanzate dalla comunità internazionale», ha aggiunto.

Per Saeedi gli Stati occidentali “devono assumersi la responsabilità di quello che sta accadendo in Afghanistan”, non essendo riusciti a costringere i talebani a cambiare rotta.

Da quando hanno rovesciato il governo eletto di Ashraf Ghani lo scorso anno hanno perseguito la società civile e gli oppositori politici. Ma il principale obiettivo del gruppo fondamentalista sembra essere la repressione dei diritti delle donne.

Alle ragazze non viene permesso di frequentare la scuola e alle donne sono state imposte maggiori restrizioni sociali.

A partire dalla seconda settimana di novembre è stato vietato alle donne afghane di accedere ai parchi pubblici e ai luna park della capitale, nonostante da alcuni mesi fosse già stato limitato l'accesso in base al genere.

La nuova regola spinge ulteriormente le donne fuori da uno spazio pubblico sempre più ristretto dopo che è stato vietato loro di viaggiare senza un accompagnatore maschile ed essere state costrette a indossare l'hijab o il burqa tutte le volte che escono di casa.

«Negli ultimi 15 mesi, abbiamo fatto del nostro meglio per organizzare e risolvere [l'accesso ai parchi], prevedendo perfino giorni specifici», ha dichiarato Mohammad Akif Sadeq Mohajir, portavoce del ministero per la Prevenzione del vizio e la Promozione della virtù. «Tuttavia, in alcuni luoghi – anzi, dovremmo dire in molti luoghi – le regole sono state violate», ha detto ad AFP. «C'era mescolanza [di uomini e donne], la regola sull'hijab non è stata osservata, ecco perché è stata presa questa decisione».

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L'analista politico Tariq Farhadi ritiene che sia inutile aspettarsi che i talebani cambino. «Questo è quello che hanno imparato nelle madrasse in Pakistan. Ora stanno cercando di implementarlo», ha detto.

In assenza di pressioni interne ed esterne, la leadership talebana non ha ragioni, né motivi per cambiare. Il ritorno al passato è completo.

(Immagine in anteprima: screenshot via YouTube)

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