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Ucraina, la guerra invisibile oltre il fronte: droni, intelligence e reti clandestine in Russia

4 Giugno 2025 10 min lettura

Ucraina, la guerra invisibile oltre il fronte: droni, intelligence e reti clandestine in Russia

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Lo scorso 1 giugno, l'Ucraina ha inferto un attacco a sorpresa nel cuore della Russia. Il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina (SBU), ha lanciato un attacco coordinato con 117 droni contro diverse basi dell'aviazione strategica russa, dal confine occidentale della Federazione sino ad alcune basi in Siberia ed Estremo Oriente, in cinque diverse regioni: Murmansk, Irkutsk, Ivanovo, Ryazan e Amur. 

Secondo Kyiv, sarebbero stati danneggiati o distrutti fino a 41 aerei, disattivando il 34% dei vettori missilistici da crociera del Cremlino per un danno stimato di 7 miliardi di dollari. Tra i mezzi presumibilmente colpiti ci sono TU-95, TU-22, TU-160 e forse anche un A-50, velivolo radar di cui Mosca conservava un solo modello ancora operativo.

Non ci sono conferme ufficiali sul numero esatto di velivoli colpiti, ma alcune prove visive indicano danni significativi. Un'immagine satellitare diffusa da Capella Space il 2 giugno, scattata sopra la base aerea di Belaya, a Irkutsk, mostra chiaramente la distruzione di più velivoli. Nel commentare queste immagini John Ford, analista del James Martin Center for Nonproliferation Studies, ha dichiarato che si possono identificare i resti di due bombardieri Tu-22 e fino a quattro Tu-95 gravemente danneggiati o distrutti. 

Un altro video, verificato da Reuters, mostra nella base di Olenya, a Murmansk, due bombardieri in fiamme (probabilmente Tu-95) e un terzo colpito da una grande esplosione. Secondo il Ministero della Difesa russo, le difese aeree sono riuscite a respingere l'attacco in alcune regioni, ma non a Murmansk e Irkutsk: in totale, le immagini satellitari confermano la distruzione di almeno 13 aerei russi (lo stesso numero sostenuto dal blogger militare russo Rybar) nelle sole basi di Olenya e Belaya: otto Tu-95, quattro Tu-22 e un An-12. 

Un’analisi del Financial Times pure attesta a 10-12 il numero di velivoli colpiti di cui si hanno riscontri indipendenti, rispetto alla quarantina rivendicata da Kyiv; ulteriori prove, però, potrebbero subentrare nei prossimi giorni. Il New York Times riporta come nelle altre tre basi, a Ryazan, Ivanovo e Amur, le immagini satellitari del 2 giugno non riportino danni ai velivoli nelle prime due basi, mentre non sono disponibili per la terza base. Secondo funzionari americani ed europei contattati dal NYT, però, i velivoli colpiti dai droni ucraini potrebbero essere almeno 20.

L'operazione, battezzata "Ragnatela" (in ucraino Pavutyna), ha visto camion - soprannominati dai blogger militari del Cremlino ‘camion di Troia’ e partiti da Chelyabinsk, nella regione degli Urali - trasportanti case prefabbricate penetrare nel territorio russo, a pochi chilometri dalle basi aeree. Vicino a queste, si sono liberati sciami di droni da lancio automatizzati grazie a sistemi di intelligenza artificiale gestiti da remoto. Alcuni dispositivi erano da ricognizione, altri kamikaze. 

Non è chiaro il grado di controllo remoto (è improbabile che Kyiv avesse 117 uomini sul suolo russo), ma è certo che l'azione è stata gestita dal GUR e non dall'aeronautica; sarebbe stata preparata nei diciotto mesi precedenti e supervisionata dallo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky. 

L’attacco è giunto a ventiquattro ore dal secondo round di trattative a Istanbul, comunque svoltosi regolarmente lo scorso 2 giugno, in cui però non ci sono raggiunti grossi progressi tra le due delegazioni, che hanno però concordato alcuni scambi di prigionieri e si sono impegnate, almeno formalmente, a ritrovarsi in Turchia nella seconda metà di giugno, secondo quanto riportato ai giornalisti dal ministro della Difesa ucraino Rustam Umerov. 

Il successivo attacco al ponte di Crimea

Nella mattinata del 3 giugno, invece, l’Ucraina ha colpito il ponte di Kerch, che collega la Crimea con la Federazione Russa, per la terza volta dall’inizio dell’invasione, con un attacco sottomarino.

Alle 4:44 di martedì, ancora una volta il Servizio di Sicurezza dell'Ucraina (SBU) ha attivato dispositivi esplosivi subacquei collocati alla base dei piloni del ponte. Secondo quanto riportato dallo stesso SBU, le cariche (con una potenza equivalente a 1.100 kg di TNT) hanno causato danni strutturali significativi a livello del fondale marino. A seguito dell’esplosione, il ponte si trova ora in condizioni di emergenza, ed è stato chiuso dalle autorità russe nelle stesse ore, per poi riaprire nel tardo pomeriggio.

L’SBU ha sottolineato che l’operazione è stata pianificata nei minimi dettagli e non ha causato vittime civili. La preparazione e il coordinamento sono stati seguiti personalmente dal capo del SBU, il tenente generale Vasyl Maliuk, che pure ha avuto un ruolo centrale nell’organizzazione dell’Operazione Pavutyna. 

Già ad aprile, Oleksii Neizhpapa, comandante delle Forze Navali delle Forze Armate ucraine, aveva dichiarato come il ponte di Crimea restasse un obiettivo per le forze di difesa ucraine, sottolineando la necessità di mantenere il silenzio informativo: in questa operazione, come in quella Pavutyna, anche una minima fuga di notizie nei media ucraini o internazionali avrebbe compromesso il suo successo.

L’ultimo attacco al ponte di Kerch risale al luglio 2023, avvenuto con due droni marini telecomandati che avevano colpito le basi dei piloni del ponte, provocando il crollo di una parte della struttura. In precedenza, nell’ottobre 2022, un camion bomba era esploso sul ponte, causando gravi danni e un incendio che ha coinvolto anche un treno merci: un’altra delle operazioni ibride organizzate da Maliuk.

Sebbene sia il GUR (Direzione principale dell'intelligence del Ministero della Difesa) diretto da Kyrylo Budanov a gestire, solitamente, le operazioni esterne, l'SBU di Maliuk ha dimostrato una crescente capacità di condurre missioni complesse al di fuori dei confini nazionali. Ciò potrebbe indicare una ridefinizione dei ruoli tra le agenzie ucraine o una collaborazione più stretta tra di esse.

L’operazione Pavutyna rivoluziona per l’ennesima volta la guerra e il futuro militare

Gli attacchi del primo giugno hanno un forte valore simbolico e strategico. Non cambiano la dinamica al fronte, dove l’Ucraina sta subendo nuove avanzate russe soprattutto nell’oblast' di Sumy e in quella di Donec’k: l’intelligence open-source ucraina Deep State ha confermato come lo scorso maggio l’esercito russo abbia conquistato 449 chilometri quadrati di territorio, il terzo mese per espansione territoriale nell’ultimo anno per il Cremlino.

L’attacco di domenica colpisce però al cuore del potere aereo russo, già debilitato da anni di obsolescenza tecnica e mancanza di pezzi di ricambio. Le capacità russe di lanciare missili da crociera contro le città ucraine si riducono, così come, in potenza, la capacità di intimidazione sui civili ucraini. 

Anche secondo Ben Hodges, generale in pensione ed ex comandante dell’esercito statunitense in Europa, l’operazione sembra aver inflitto un “duro colpo” alla capacità del Cremlino di lanciare grandi salve di missili da crociera. “L’effetto sorpresa che hanno ottenuto avrà un impatto sul sistema, mentre i russi cercano di capire come questi camion carichi di esplosivi siano riusciti a penetrare così in profondità nel territorio russo”, ha dichiarato il generale al New York Times. 

In effetti, l’accaduto mette l’organizzazione politico-militare del Cremlino in seria difficoltà, nel dover delineare i responsabili di un’operazione che si è svolta nel silenzio per un anno e mezzo sul proprio territorio, nonostante sia di circa 370.000 il personale dell’FSB dispiegato nell’intero paese.

In generale, gli attacchi ucraini degli scorsi giorni non sono solo un successo strategico-militare, ma pure comunicativo e umanitario: mentre le campagne missilistiche russe spezzano decine di vite estranee al conflitto ogni giorno, le operazioni ucraine non hanno messo in pericolo nessun civile russo, se non al più gli stessi autisti dei camion, ignari di ciò che trasportavano. Il Cremlino ha invece risposto con l’ennesimo attacco di droni e missili, tra cui su Sumy, in cui almeno tre persone hanno perso la vita e venti sono rimaste ferite.

Inoltre, l'operazione conferma ancora una volta la presenza di una rete clandestina ucraina all'interno della Russia: una vera ragnatela fatta di agenti, infiltrati e simpatizzanti che consente il posizionamento dei droni, la raccolta di informazioni, probabilmente anche la stessa logistica: già nel giugno 2023 la CNN raccontava dell’esercito sotterraneo di sabotatori ucraini su suolo russo dotati di droni per attaccare centri strategici dell’esercito di Mosca. Senza dimenticare i gruppi partigiani nelle zone occupate dall’esercito russo: dalla resistenza femminile al movimento Atesh, che secondo il Kyiv Independent sarebbe l’autore dei deragliamenti di alcuni treni militari russi nel Donec’k, anche questi avvenuti il primo giugno.

La guerra ha aperto brecce nel controllo del territorio russo, e milioni di cittadini russofoni di origine ucraina contrari al regime putiniano potrebbero rappresentare un capitale umano per queste attività. Come ha notato l’esperto militare Orio Giorgio Stirpe, la scomparsa dalla scena pubblica della Legione Russia Libera fa pensare a una riconversione da milizia frontale a struttura clandestina in coordinamento con il GUR o l’SBU; un’ipotesi non da escludere.

Sul possibile coinvolgimento occidentale, invece, non c’è certezza. L'ipotesi di un supporto o comunque della conoscenza dell’operazione da parte degli Stati Uniti è circolata su alcuni media come Axios, ma è stata poi ritirata in seguito alla smentita dall’amministrazione americana. Le capacità autonome dell’SBU rendono verosimile un'operazione interamente ucraina: le basi colpite erano peraltro note, e i grandi velivoli sono visibili persino dai satelliti commerciali. D’altra parte, gli Stati Uniti e pure gli europei non vogliono prendere responsabilità nell’attacco, per timore di ritorsioni simili sulle loro basi di bombardieri strategici.

La scelta dell'Ucraina (che non nasce certo negli ultimi giorni) di impiegare droni e sabotaggi è infatti un salto di paradigma: non potendo colpire con armi strategiche convenzionali, Kyiv ha ribaltato la logica stessa della guerra strategica. Una lezione non solo per Mosca, ma per tutti gli scenari di conflitto del XXI secolo.

Un paese con risorse limitate, senza forze aeree paragonabili a quelle dell'avversario, riesce per l’ennesima volta a infliggere danni miliardari con droni low cost (costano poche centinaia di dollari), spesso simili a quelli acquistabili online. Non è più la potenza industriale a determinare la superiorità strategica, ma la capacità di adattamento tecnologico.

I droni sono ormai il vero protagonista di questo guerra: si stima che causino circa il 70% delle perdite da entrambe le parti. Con milioni di unità schierate, l'Ucraina ha trasformato i droni in artiglieria, intelligence e sabotaggio. 

Il raid dell’SBU ha molto in comune con operazioni asimmetriche del passato: alcuni lo hanno paragonato all'attacco aereo dimostrativo di Billy Mitchell nel 1921 o, più recentemente, agli attacchi degli Houthi yemeniti alle portaerei americane nel Mar Rosso.

La strategia ucraina è ormai evidente: saturare le difese russe non solo con missili e artiglieria, ma con incursioni di sabotaggio mirate, tecnologiche e spiazzanti. Il vantaggio di tali operazioni spesso scenografiche e spettacolari è doppio: militare e psicologico. 

Mentre Mosca si affida a bombardamenti terroristici su obiettivi civili per fiaccare la resistenza e l'appoggio occidentale, Kyiv punta a decapitare le capacità operative nemiche nei punti nevralgici. Come ha notato la giornalista Cecilia Sala, il compito delle operazioni del SBU ucraino è “far capire al nemico che ha molto più da perdere di quello che crede: l’obiettivo ultimo è smontare le sue certezze, e provare a cambiare i suoi calcoli”.

Le conseguenze sulle trattative di pace

Si è temuto che l’attacco ucraino in Russia potesse deviare lo svolgimento del round di trattative in Turchia tra la delegazione russa guidata da Vladimir Medinsky (consigliere presidenziale russo, già ministro della Cultura) e quella ucraina capeggiata da Rustem Umerov, attuale ministro della Difesa, che si sono rivisti sul suolo turco due settimane dopo il primo incontro del 16 maggio. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha definito i progressi “eccezionali”, probabilmente più per salvare la faccia sul ruolo della Turchia nella mediazione, che per reali passi in avanti.

Il memorandum ucraino, consegnato prima dei colloqui, proponeva un cessate il fuoco incondizionato di almeno un mese, riparazioni di guerra e integrità territoriale e diritto all’ingresso nella NATO. La Russia ha invece presentato il suo memorandum già durante i negoziati di Istanbul, a differenza dell'Ucraina che ha rispettato gli accordi presi due settimane prima. 

Nella sua bozza, Mosca ha chiesto all’Ucraina per l’ennesima volta il ritiro completo delle truppe da tutte le aree delle regioni di Donec'k, Luhans'k, Zaporižžja e Cherson come condizione per qualsiasi cessate il fuoco. Lo ha riferito ad Axios un funzionario ucraino. Si tratta della stessa pretesa già avanzata pubblicamente da Vladimir Putin, che Kyiv, e non solo, continua a definire inaccettabile.

Per fugare ogni dubbio, Dmitrij Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo ed ex presidente della Federazione Russa, ha chiarito su Telegram che il vero scopo dei cosiddetti colloqui di pace con l'Ucraina a Istanbul "non è quello di raggiungere una pace di compromesso basata su condizioni irrealistiche inventate da qualcuno, ma di ottenere al più presto la nostra vittoria e la completa distruzione del potere neonazista".

Mosca ha inoltre offerto di restituire solo 10 bambini ucraini, mentre Kyiv chiede la riconsegna di oltre un centinaio di minori deportati. Durante l’incontro, Medinsky ha negato che la Russia abbia trasferito con la forza decine di migliaia di bambini, definendo questa versione “propaganda”, chiedendo di “non montare uno spettacolo per le nonnine europee dal cuore tenero che non hanno neanche figli”.

Nonostante il fallimento di un accordo sul cessate il fuoco, le trattative si sono concluse con un’intesa per lo scambio di 1.000 prigionieri per parte, e la possibilità di uno scambio aggiuntivo di altri 200. È stata raggiunta anche un’intesa per il rimpatrio dei corpi dei soldati uccisi, anche se i dettagli operativi devono ancora essere definiti. 

Volodymyr Zelensky, intervenuto da Vilnius, ha però definito “ridicola” la proposta russa di tregua di due o tre giorni “per recuperare i corpi dei soldati caduti”. “Penso che siano idioti, perché in linea di principio una tregua serve a evitare nuove vittime”, ha aggiunto il presidente ucraino. Per Zelensky, la proposta non è altro che l’ennesimo espediente russo per guadagnare tempo, e preparare ulteriori avanzate sulle linee del fronte e attacchi sui civili.

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Il presidente ha quindi invocato un rafforzamento delle sanzioni. “Voglio davvero che i nostri partner americani compiano passi forti e mandino un pacchetto di sanzioni al Senato, per spingere i russi verso un cessate il fuoco. Non capiscono altri modi”. Zelensky ha anche ricordato che “sono passati tre mesi da quando gli Stati Uniti hanno segnalato la necessità di una tregua completa, che noi abbiamo sostenuto”.

Le recenti azioni degli Stati Uniti, però, suggeriscono un lento arretramento dal ruolo di mediatore fra russi e ucraini già paventato da Rubio e Trump nelle settimane precedenti.Nel frattempo Erdoğan ha dichiarato di voler organizzare un vertice diretto tra Zelensky e Putin, auspicando di poterlo ospitare a Istanbul o Ankara, estendendo l'invito al presidente americano. Un’idea sostenuta dallo stesso Zelensky, ma la cui prospettiva sembra ancora più lontana rispetto alle scorse settimane: al contrario, gli ultimi giorni hanno evidenziato con ancor più chiarezza come la realtà sul campo, e quella sul tavolo delle trattative di Istanbul, divergono sempre più. E il piano di pace di Trump appare sempre più come un lontano ricordo.

Immagine in anteprima: frame video YouTube

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