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L’illuminismo oscuro e il tecnofascismo americano: le radici ideologiche del movimento MAGA

16 Maggio 2025 9 min lettura

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L’illuminismo oscuro e il tecnofascismo americano: le radici ideologiche del movimento MAGA

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Nel suo ultimo discorso da presidente al paese, Joe Biden ha messo in guardia gli statunitensi dal potere che si stava ammassando nel settore dell’industria tecnologica, che correva sempre più il rischio di diventare un’oligarchia con una pericolosa concentrazione di potere. Pochi giorni dopo, all’insediamento dell’amministrazione Trump, i più grandi esponenti di quel mondo, da Musk a Zuckerberg, Ceo di Meta, erano in prima fila al Campidoglio ad applaudire la vittoria repubblicana. La Silicon Valley, regione della California in cui si trovano la maggior parte di queste aziende e start-up, per anni è stata descritta come un luogo progressista, che lo stesso Obama riteneva cool.

Alla loro nascita, i social network venivano applauditi come un grande strumento di comunicazione egualitaria, che rendeva possibile una nuova comunicazione dal basso che avrebbe reso più forte la democrazia. Oggi è opinione comune che questi mezzi sono preda di campagne di disinformazione, spesso architettate da governi autocratici, e la loro popolarità è in calo. I politici progressisti richiedono una maggiore regolamentazione, mentre le aziende li vorrebbero liberi da qualsiasi possibile ingerenza governativa: dissidi come questo hanno contribuito a generare il distacco di parte del mondo tech dalle politiche di sinistra.

Definire la Silicon Valley come un corpo di imprenditori progressisti che si sposta convenientemente a destra è però riduzionista: le correnti di destra, spesso eterodosse rispetto a quelli che erano i conservatori repubblicani del tempo, sono infatti sempre esistite, fin dagli anni ’90. In quel periodo, infatti, nella Silicon Valley arriva la prima ondata di imprenditori del settore tecnologico. Questi nuovi ricchi, che in poco tempo, con le loro idee innovative, avevano costruito ingenti fortune, erano visti dai media come dei geni meritevoli di tutta la ricchezza che stavano acquisendo. Non sfruttatori di risorse, figli di famiglie facoltose da generazioni, ma uomini intelligenti che con sagacia costruivano enormi ricchezze. Come ha scritto il magazine Time nel 1996, “la Silicon Valley ricompensa chi è veramente da ricompensare, imprenditori e non monopolisti rapaci e sfruttatori”. Un’idea di ricchezza che piace anche a sinistra, dato che si può affermare il principio per cui si nasce tutti uguali e poi si diventa abbienti per propri meriti. È in questo periodo che fanno il loro ingresso nella scena pubblica figure importanti della nuova destra, come Marc Andreessen, fondatore di NetScape, e Peter Thiel, co-fondatore di PayPal e primo investitore esterno di Facebook. Già nel 1995 Thiel aveva scritto “Il mito della diversità”, un libro che attaccava apertamente il multiculturalismo, e successivamente nel 2009 ha affermato di non credere in una compatibilità tra libertà e democrazia.

Nonostante la forza economica, la loro importanza nel dibattito politico era inizialmente relativa: la maggior parte degli imprenditori, infatti, sembrava prediligere implicitamente i democratici, che mantenevano scarsa la regolamentazione nel settore e in cambio ottenevano endorsement più o meno palesi a cause liberal come la tassazione progressiva.

L’amministrazione Biden, però, ha cambiato sensibilmente il suo approccio rispetto a quelle democratiche precedenti. Da un lato, ha rafforzato le politiche anti-trust, malviste da tutti gli imprenditori tecnologici, sia dai giganti monopolisti sia dai fondatori di piccole start-up, che hanno sempre l’obiettivo focalizzato di crescere, occupando una quota di mercato inesistente per diventarne monopolista; dall’altro, ha avvicinato sempre più il mondo sindacale, inviso agli imprenditori tech. Negli anni, poi, questi individui hanno accumulato sempre più ricchezza: se prima erano ben visti in quanto simboli del self-made man americano, contribuendo alla creazione del mito per cui si può diventare milionari partendo dalle proprie idee sviluppate nel garage di casa, successivamente le loro figure sono diventate dannose per il mondo progressista, in quanto miliardari accumulatori e senza scrupoli. 

Negli ultimi anni, per di più, Elon Musk ha utilizzato parte del suo capitale per finanziare viaggi nello spazio, al fine di trovare una nuova colonia che sostituisca il nostro pianeta. Musk, che con la sua azienda SpaceX è capofila del tentativo di colonizzare Marte, ha recentemente detto a Fox News che bisogna trovare un’alternativa a una Terra che, tra 450 milioni di anni, sarà inabitabile. Potrebbe esserlo molto prima, per via del cambiamento climatico, ma la visione muskiana contrasta con quella di preservare il pianeta e lottare contro il riscaldamento globale: già tra vent’anni, infatti, Musk vorrebbe che un milione di persone si trovassero sul pianeta rosso per colonizzarlo.

Nel frattempo, un altro motivo di contrasto tra la Silicon Valley e l’amministrazione Biden è stato il rapporto con le nuove tecnologie, tra cui l’intelligenza artificiale e le criptovalute. Biden ha fin da subito cercato di ottenere una normativa sull’utilizzo di questi nuovi strumenti, nel tentativo di regolare soprattutto il settore delle criptovalute; di contro, Trump ha garantito la piena libertà, sia in campagna elettorale che nei primi mesi della presidenza. Lo stesso Andreessen, in un’intervista al New York Times, ha confermato una radicalizzazione della Silicon Valley sotto Biden, proprio perché si sono sentiti sotto attacco. Proprio la volontà di regolare in modo stringente social media e intelligenza artificiale da parte dei democratici, sottolinea Andreessen nell’intervista, ha fatto sì che molti decidessero apertamente di sostenere Donald Trump. Inoltre, in un altro passaggio dell’intervista, ha affermato che la sicurezza nazionale è la morte della democrazia. 

Andreessen, che già era una figura centrale tra gli imprenditori tech di destra negli anni ’90, ha scritto un pamphlet politico molto letto e discusso su questi temi: il “Manifesto Tecno-Ottimista”. In questo breve scritto si afferma che la tecnologia è la lancia del progresso e la piena realizzazione del potenziale umano, e non sarebbe abbastanza glorificata. Tutti i problemi, poi, dovrebbero potersi risolvere utilizzando più tecnologia, e mai meno. Da una posizione tutto sommato ragionevole, cioè che lo sviluppo tecnologico ha di fatto migliorato la vita degli esseri umani, via via il pamphlet diventa sempre più estremista, ribadendo che ogni tentativo e ingerenza per restringere lo sviluppo, quindi anche qualsivoglia forma di regolamentazione, non sarebbe altro che un tentativo di bloccare il progresso stesso. In un articolo dell’Atlantic, questa posizione è stata definita quasi religiosa, dato che assolverebbe ogni gigante del settore tecnologico da qualsiasi imperativo morale riguardo alle proprie produzioni: un vero e proprio ribaltamento rispetto a quelle che erano le richieste della politica, per esempio, ai social media, per cui si auspicava una maggiore trasparenza.

Questa nuova destra tecnologica ha un tratto comune con l’alt-right legata alla figura di Steve Bannon, che è stato chief strategist della prima campagna di Donald Trump alla presidenza, e anche uno dei suoi principali consiglieri all’inizio del primo mandato: un fondamentale disprezzo per le élites classiche, che sarebbero colluse con un establishment che garantirebbe un pensiero unico, eliminando la diversità di pareri e opinioni. Un altro punto di contatto, sviluppatosi negli anni, è il fondamentale disprezzo per la democrazia, un sistema fondamentalmente debole di fronte al progresso: se gli imprenditori della Silicon Valley sono dei visionari, i migliori avanguardisti, allora devono forzatamente essere anche i migliori decisori politici. Le basi teoriche per questa affermazione giungono da due figure radicali, fino a oggi ai margini del pensiero politico, che hanno però formato la visione di figure come Andreessen e Thiel: Nick Land e Curtis Yarvin.

Nick Land è un filosofo britannico a cui si associa il termine “illuminismo oscuro”: espulso nel 1995 dall’Università di Warwick, si è radicalizzato negli anni fino a costruire un’ideologia che combina l’utopia tecnologica con la misantropia. Secondo Land, influenzato anche dal promotore del manifesto futurista Filippo Tommaso Marinetti, la democrazia avrebbe esaurito tutta la sua spinta propulsiva, essendo ormai ridotta a un nucleo di politiche liberal ed egualitarie che, in ultima analisi, starebbero rallentando il progresso. Non essendo quindi più un sistema di governo auspicabile per garantire il progresso, la sua fine andrebbe accelerata: distruggere l’ordine esistente per crearne uno gerarchico, che molti hanno definito tecnofascismo.

Figura ancora più centrale per il pensiero di Peter Thiel è Curtis Yarvin, inizialmente un libertario radicale proiettato all’anarco-capitalismo; negli anni, però, attraverso la lettura di accademici come Carlyle e Hoppe, si convince che non si può essere davvero libertari senza autoritarismo. La democrazia non sarebbe altro che un sistema utile a rassicurare gli elettori attraverso scelte sbagliate a livello economico: per generare valore sul lungo termine, infatti, non ci si può affidare al consenso popolare. La necessità storica della democrazia, a destra come a sinistra, sarebbe figlia di una élite al potere che rimarrebbe formalmente identica qualunque sia il colore politico del governo in carica: Yarvin la chiama “la Cattedrale”, e identifica la democrazia proprio come il progetto più fraudolento di questa elite politica. Proprio confrontandosi con Yarvin, Thiel arriva alla visione dell’incompatibilità tra democrazia e libertà. L’unico modo per garantire la prosperità di un paese sarebbe affidare il potere a una figura assimilabile a un amministratore delegato, con poteri di tipo monarchico: per gli imprenditori di destra della Silicon Valley, proprio loro sarebbero le persone adatte per assolvere a tale compito storico. Questi concetti si legano poi a visioni storiche del tutto false: Yarvin ha infatti asserito che le condizioni di vita degli afroamericani non fossero migliorate con la fine della Guerra Civile, o che “le condizioni delle donne nei romanzi di Jane Austen, ben prima che avessero diritto di voto, erano buone”.

A partire dal 2019, le idee di Yarvin iniziano a circolare in modo più ampio, alcuni scritti che pubblicava su un blog sotto lo pseudonimo di Mencius Moldbug hanno iniziato a essere pubblicati e ha anche aperto un Substack, piattaforma che ospita newsletter su qualunque argomento, salita alla ribalta soprattutto per i contenuti esclusivi di giornalisti e professori di fama mondiale. Negli ultimi anni, però, approfittando di una scarsa moderazione dei contenuti, e anche per la volontà dell’azienda di non censurare niente che non sia un chiaro incitamento alla violenza, hanno iniziato ad aprire newsletter sulla piattaforma anche suprematisti bianchi e nazisti, con migliaia di persone che pagano un abbonamento per leggerle.

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Con una nuova visibilità, Yarvin ha teorizzato come fare per ottenere il cambio di potere in senso monarchico che dovrebbe migliorare le condizioni negli Stati Uniti. Si dovrebbe iniziare ottenendo un mandato dai cittadini, dato che il Congresso è un organismo sempre più impopolare. A partire da una volontà forte della popolazione, infatti, si attua il piano; successivamente la burocrazia federale va sostituita con persone fedeli alle idee nuove, in modo da rafforzare l’esecutività del potere; inoltre, si devono ignorare le decisioni delle Corti, che non avrebbero alcun vero potere di costringere una figura forte come il Presidente a sottostare alle loro decisioni; si deve ottenere la deferenza del Congresso al potere esecutivo, scegliendo candidati che supportino incondizionatamente le politiche del Presidente e portino a una sempre più evidente centralizzazione dei poteri; infine, si devono chiudere le istituzioni universitarie e i media che propagandano le idee delle élites dominanti. Queste idee, che Vox riporta in un articolo del 2022, ricalcano molto da vicino alcune mosse dell’amministrazione Trump nei primi 100 giorni, di cui abbiamo estesamente parlato su Valigia Blu.

Nello stesso anno, JD Vance, ex venture capitalist e autore di ‘Elegia americana’, romanzo autobiografico sui problemi socioeconomici di una famiglia dell’Ohio, viene eletto al Senato: tra i suoi finanziatori, spicca una donazione di 15 milioni di dollari di Peter Thiel. Dopo essersi laureato a Yale, Vance ha lavorato a San Francisco per un’azienda di Peter Thiel, di cui è stato definito la sua estensione politica. Quando ha deciso di tornare in Ohio, ha fondato Narya Capital, fondo venture capital in cui ha investito Marc Andreessen. Vance non è quindi un prodotto della corrente alt-right riferibile a Bannon del mondo Maga, ma un’emanazione politica della destra tecnologica della Silicon Valley, che ha in Yarvin il suo filosofo di riferimento. Nel Vicepresidente si nota l’astio verso le élites universitarie, che pure lui ha frequentato, e la vicinanza alle politiche orbaniane che hanno limitato l’indipendenza accademica lo testimonia.Quando analizziamo la nuova presidenza Trump, non possiamo quindi prescindere dalla conoscenza di questi movimenti anti-democratici, che stanno sempre più plasmando le idee della nuova amministrazione.

Le idee di un filosofo fino a pochi anni fa ai margini, come Curtis Yarvin, hanno punti di contatto abbastanza palesi con le politiche attuate sinora. Per capire le mosse di Trump, quindi, non basta guardare al Midwest e alla retorica dell’America dimenticata, bisogna sempre più volgere lo sguardo a ovest, dove si trovano quegli imprenditori tech convinti di essere i soli a poter generare progresso nel mondo. Come scritto in un articolo di El Pais, l’influenza di queste idee, che circolano facilmente sui social network, è sempre più forte: gli algoritmi favoriscono il dilagare di contenuti estremi, e Musk e Thiel li promuovono attivamente. Nel frattempo, mentre la fiducia nella democrazia cala, cresce la simpatia per i leader autoritari: il risultato lampante è che non bisogna dare la democrazia per scontata.

Immagine in anteprima: frame video Forbes via YouTube 

3 Commenti
  1. Antonio Foggi

    Scusatemi, se mi permetto, questo articolo ci dà una grande quantità di informazione. Ma non rischiamo, con questo, di dare ancora più pubblicità a questa destra tecnofascista americana ? Come se non ci pensassero già da soli. Non è una critica, è un' idea la mia, che vi sottopongo.

    • Valigia Blu

      Ciao Antonio, difficile vedere un rischio del genere quando, in termini di visibilità, è al potere negli Stati Uniti. Ma a parte questo, fare informazione significa parlare di ciò che accade, che è cosa ben diversa dal fare da cassa di risonanza diffondendo i messaggi di un potere così aggressivo. Spiegare serve a capire, e per capire non si può certo tacere, o imporsi il silenzio.

  2. Tiziana

    Per combattere queste spinte verso l'autoritarismo antidemocratico sono necessari compattezza e unità delle forze democratiche. Opposizione e resistenza devono essere messe in atto in primis dal comportamento dei cittadini, sostenuto dalla politica. Per cominciare, i cittadini dovrebbero ripudiare i social media che alimentano il pensiero tecno-totalitario attraverso algoritmi confezionati ad hoc per manipolare le informazioni, processo che si prefigge lo scopo di censurare il pensiero critico. Chiudere in massa tutti i profili social significherebbe colpire economicamente questi padroni arroganti e pericolosi che si arricchiscono sempre più sulla nostra pelle. I principi di una rete libera e democratica, come era alle origini di internet, sono stati traditi, nel tempo, dagli interessi economici personali di questi loschi individui che aspirano a governare il mondo. A seguire, il compito di sostenere le masse spetta alla politica: i litigi perenni di una sinistra che ormai rischia l'estinzione e allontana i cittadini dal voto, il battibbeccarsi continuo dei narcisi che vogliono fare i leader senza averne la postura e il carisma, la mancanza di visione e di programmi seri, non può che favorire l'ascesa del tecno-totalitarismo. La politica dovrebbe coordinare l'azione dei cittadini e, invece, assistiamo allo scollamento pernicioso dei rappresentanti dalla loro base. Le masse, i popoli, i cittadini possono cambiare le cose con la loro forza e con comportamenti assolutamente pacifici, come compiere scelte che colpiscano le tasche del moderno capitalismo.

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