Post Europa

Trump e Putin accelerano la crisi globale. E l’Europa rischia di seguirli

18 Giugno 2025 4 min lettura

author:

Trump e Putin accelerano la crisi globale. E l’Europa rischia di seguirli

Iscriviti alla nostra Newsletter

4 min lettura

Dagli Stati Uniti alla Russia, in questi mesi mesi stiamo assistendo a delle possenti spallate al diritto internazionale, agli organismi transnazionali, in buona sostanza alle regole (scritte e non) che il mondo si è dato dopo la Seconda Guerra mondiale per evitare che ci fossero altri conflitti globali e far sì che il piano del diritto prevalesse su quello dell’aggressione militare.

Il mondo costruito nel secondo dopoguerra - e che sembrava ormai consolidato e quasi dato per garantito – viene smantellato, lasciando le popolazioni mondiali inerti e sbigottite mentre lo vedono rapidamente sgretolarsi.

In politica estera tornano le aggressioni militari per annettere territori: lo stiamo vedendo con l’invasione in Ucraina della Russia di Putin, le cui mire hanno messo in allarme anche i paesi baltici e scandinavi; lo stiamo vedendo con le minacce di Trump di annessione ora della Groenlandia, ora del Canada, ora di Panama.

Ma, osserva in un editoriale sul Guardian Alberto Alemanno, professore di Diritto dell'Unione europea all’HEC di Parigi e fondatore di The Good Lobby, “Trump e Putin hanno involontariamente dato all'Europa un senso comune di scopo e la necessità di un'azione urgente. La questione non è se gli europei siano pronti a rispondere: i sondaggi dimostrano che lo sono. La questione è se i leader europei continueranno a vagare come sonnambuli fino a diventare irrilevanti, o peggio”.

Secondo i recenti dati dell'Eurobarometro, il 74% degli europei considera positiva l'adesione all’Unione Europea. Si tratta del livello di sostegno all’UE più alto mai registrato: l’integrazione europea non è solo importante, è percepita come una questione esistenziale, spiega Alemanno.

Le guerre commerciali, le aggressioni militari che non rispettano i confini, il sentirsi intrappolati tra la coercizione economica e l'intimidazione militare fanno intravvedere nell’Europa l’ultimo baluardo di democrazia – anzi, di sopravvivenza democratica. L’UE è percepita come l’ultimo spazio in cui si parlano ancora il linguaggio dell’integrazione tra Stati della cooperazione, del multilateralismo, dello Stato di diritto: in altre parole, l’ultimo organismo politico transnazionale in grado di fare politiche tenendo insieme le sorti del pianeta nella sua globalità.

Eppure, riflette Alemanno, invece di opporsi a Putin e a Trump, i leader europei ne seguono le tracce sia nell’agenda politica sia nell’esercizio del potere: “Questa è la vera tragedia: i governi europei non mettono più in pratica gli ideali che predicano. Sebbene l’UE continui a parlare il linguaggio del multilateralismo e della leadership climatica, la sua direzione politica e quella della maggior parte dei suoi Stati membri rispecchiano sempre più quella di Trump”.

In materia di migrazione, il nuovo patto dell'UE sull'immigrazione e l'asilo ridefinisce l'asilo come un rischio per la sicurezza, facendo eco alla repressione dell'immigrazione di Trump. L’Europa ha rotto col diritto d’asilo, trascurando tutti i principi sulla protezione dei rifugiati contenuti nelle convenzioni internazionali, che in molti paesi sono già lettera morta. L’Italia non è sola ad aver portato le politiche anti immigrazione all’estremo, tanto da violare contemporaneamente norme interne, costituzionali, europee e trattati internazionali. 

Sul clima, la Commissione europea di Ursula von der Leyen sta indebolendo silenziosamente il Green Deal e sta ritardando l'adozione di leggi fondamentali, sulla scorta dello smantellamento delle politiche volute da Biden negli Stati Uniti.

Anche la società civile è sottoposta a pressioni crescenti. Il Partito Popolare Europeo (PPE), cui afferisce von der Leyen, ha lanciato un attacco senza precedenti alle ONG, minacciandone i finanziamenti e la legittimità. Infine, la risposta dell'UE al divieto del pride in Ungheria e all’erosione dei diritti civili in Ungheria (e in altre regioni europee) è stata nel migliore dei casi tiepida.

“Ma forse la convergenza più pericolosa risiede nel modo in cui viene esercitato il potere”, spiega Alemanno. Seguendo le orme di Trump – che governa per decreto esecutivo, riducendo il peso del Congresso – l'attuale Commissione sta centralizzando il potere, approvando complessi pacchetti “omnibus” e aggirando il Parlamento europeo.

“Quello a cui stiamo assistendo non è solo una rottura dell'alleanza transatlantica, ma qualcosa di più insidioso”, osserva Alemanno: “Ci sono segni di una convergenza ideologica tra l'America di Trump e l'attuale centro politico europeo, dove i partiti rubano sempre più idee all'estrema destra – come in Germania – o governano con quei partiti, direttamente o indirettamente. Questa non è solo la realtà in molti paesi dell'UE, ma anche nel sistema stesso dell'UE sotto von der Leyen”, che fa sempre più affidamento al sostegno di gruppi come i Conservatori e Riformisti Europei (ECR) – un tempo considerati conservatori moderati, ma che ora riuniscono Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, partiti di estrema destra più radicali come Reconquête in Francia e i Democratici Svedesi – , i Patrioti per l'Europa (PfE), co-guidato da Marine Le Pen e Viktor Orbán, e l'ancora più estremo Europa delle Nazioni Sovrane (ESN), dominato dall'AfD.

Iscriviti alla nostra Newsletter


Come revocare il consenso: Puoi revocare il consenso all’invio della newsletter in ogni momento, utilizzando l’apposito link di cancellazione nella email o scrivendo a info@valigiablu.it. Per maggiori informazioni leggi l’informativa privacy su www.valigiablu.it.

Il rischio è una “trumpizzazione” della politica UE nei contenuti e nelle modalità di esercizio del potere. “Ciò che manca è il coraggio politico di articolare un'alternativa convincente al messaggio dell'estrema destra, che sostenga con forza un'azione a livello europeo sulle questioni più importanti per gli europei: sicurezza comune, gestione dell'immigrazione e distribuzione della ricchezza”. 

“L'incapacità di articolare una visione di questo tipo ha costi reali”, conclude Alemanno. “Ogni compromesso con figure e regimi autoritari erode la credibilità democratica che rende possibile la leadership europea”.

Immagine in anteprima: © European Union, 2025, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons

1 Commenti
  1. Jack

    L’articolo mi sembra cogliere efficacemente la duplice caratteristica dell’avanzata delle forze populiste in questi anni, la quale non è consistita solo nel venire alla ribalta di nuove formazioni ma anche nell’assorbimento di temi, scelte e linguaggi populisti da parte dei partiti “tradizionali”, impegnati ad inseguire i populisti sul loro stesso terreno più che a configurare un’alternativa: non sorprende che questa scelta non sia coronata dal successo (svuotare il bacino elettorale populista e normalizzarne gli alfieri), per la banale ragione che fra l’originale populista e la sua copia sbiadita gli elettori privilegiano ovviamente il primo. Non rende più semplice il quadro il fatto che accanto a quello trump-putiniano, ed in generale alla galassia del populismo di destra oggetto dell’articolo, esiste anche un populismo di sinistra che non deriva dalla mimesi dell’altro ma ha salde radici proprie, e che tuttavia con quello di destra converge di fatto su numerose questioni fondamentali, specie in politica estera (salvo l’immigrazione, con i suoi corollari razzistici). Il bersaglio e la vittima designata di questa tenaglia “rossobruna” non è tanto questo o quel partito ma l’idea stessa di una politica ancorata alla razionalità e al rispetto dei fatti, allergica ai volontarismi sconsiderati, forte di capacità di leadership e avversa al leaderismo: sono questi, a mio parere, i requisiti di un’alternativa, ma dinanzi alla diffusione del populismo in tutto lo spettro politico (per gemmazione, mimesi o tradizione propria), mi chiedo da quale sede un discorso del genere potrebbe essere portato avanti senza condannarsi programmaticamente ad un’insuperabile vocazione minoritaria. La difficoltà di creare un’alternativa al populismo, in altre parole, risiede nel fatto che ad essa non bastano semplicemente nuovi partiti o nuovi leader ma occorre una diversa idea della politica, la quale a sua volta può fondarsi solo su una diversa idea dell’uomo: un soggetto attraversato dalle fratture della modernità ma capace di trovare ricomposizioni, quale è stato bene o male il cittadino delle democrazie liberali del secondo dopoguerra, non l’aggregato di dati profilati da un algoritmo che riempie le piazze digitali della propria rumorosa anomia.

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


CAPTCHA Image
Reload Image

Segnala un errore