Trump e Netanyahu prima fanno saltare l’accordo sul nucleare e poi scatenano la guerra in Iran
3 min letturaLe recenti dichiarazioni di Trump sulla possibilità di intervenire militarmente in Iran, con l’obiettivo di supportare l’attacco israeliano e distruggere i siti di arricchimento dell’uranio nel paese, per impedire a Teheran di sviluppare una bomba atomica, hanno messo in subbuglio il partito repubblicano e la galassia del movimento MAGA, tra chi condivide l’idea che Teheran vada fermata e chi invece ribadisce la posizione più volte reiterata durante la campagna elettorale che con l’amministrazione Trump gli Stati Uniti avrebbero posto fine alle operazioni militari all’estero. Secondo un sondaggio, il 53% dei repubblicani sarebbe contrario a un intervento militare in Iran.
La vera questione è: un attacco è risolutivo? Cosa succederà se Trump deciderà di bombardare l'Iran? Quali saranno le conseguenze?
Ne ha parlato in un’intervista a Popular Information Joe Cirincione, esperto di non proliferazione che studia l'Iran da decenni. Nel corso dell’intervista, Cirincione si è soffermato sul contesto in cui è maturato l’attacco di Israele, su cosa si sa sul programma nucleare iraniano e sull’efficacia di una guerra. La risposta in breve è no: questa campagna di bombardamenti può al massimo rallentare il programma nucleare iraniano, ma non potrebbe mai porvi fine. Le strade sono altre e riguardano la ripresa dei negoziati per tentare di ricostruire l’accordo interrotto nel 2018, proprio dall’amministrazione Trump. Ipotesi in questo momento in alto mare.
Spiega Cirincione che in tutti i suoi anni di studi sulla non proliferazione del nucleare non ha mai visto un accordo così forte come il JCPOA, il Piano d'azione congiunto globale. “Aveva risolto il problema. Aveva fermato la corsa dell'Iran alla bomba”, dice Cirincione.
L’accordo consentiva all'Iran di procedere a un arricchimento limitato, ma bloccava tutte le sue vie verso la bomba nucleare perché limitava severamente la quantità di arricchimento consentita e prevedeva un piano di ispezioni molto accurato.
Poi è arrivata la prima amministrazione Trump che nel 2018 ha ritirato gli Stati Uniti dall'accordo nonostante le suppliche di tutti i principali alleati, ad eccezione di Israele, che ha sempre spinto per la soluzione militare, e il parere dei capi dell'intelligence militare statunitense, secondo i quali l'accordo funzionava e non c'era motivo di ritirarsi.
“Questo ci porta al momento attuale”, spiega Cirincione. “Netanyahu, che era contrario all'accordo e che è stato uno di quelli che hanno convinto Trump a ritirarsi, e il presidente Trump stanno ora cercando di risolvere un problema che loro stessi hanno creato”.
E per quanto Netanyahu abbia affermato di aver dovuto intraprendere questa azione per prevenire un attacco iraniano contro Israele, le agenzie di intelligence statunitensi hanno affermato di non aver rilevato alcuna prova di piani iraniani per attaccare Israele e di essere prossimi a ottenere la bomba nucleare, prosegue Cirincione. “Netanyahu sta usando lo stesso copione che lui e i neoconservatori negli Stati Uniti hanno usato nel 2002 e nel 2003 per convincere l'opinione pubblica americana a entrare in guerra con l'Iraq. Stanno sostenendo che l'azione militare è necessaria prima che la pistola fumante diventi un fungo atomico. Non era vero allora e non è vero adesso”.
Il vero obiettivo è destabilizzare e rovesciare il regime dell'Ayatollah Khamenei che, per quanto impopolare, è quasi rafforzato all’interno da questa campagna di bombardamenti.
Ma quali saranno le conseguenze di un attacco statunitense?
Di sicuro non porranno fine al programma nucleare iraniano. “L'Iran ha ormai oltre 25 anni di esperienza nella produzione di materiali nucleari. Non si può bombardare via tutto questo”.
Se gli USA attaccassero, l’Iran potrebbe rispondere attaccando direttamente le basi statunitensi in Medio Oriente. I loro missili hanno difficoltà a raggiungere Israele, ma non hanno problemi a colpire obiettivi più vicini. Potrebbero chiudere lo Stretto di Hormuz, interrompendo da un giorno all'altro un quinto dell'approvvigionamento mondiale di petrolio e provocando il crollo dei mercati azionari. Per questi motivi nessun presidente precedente ha attaccato l'Iran, conclude Cirincione.
Come uscirne? La strada è riprendere i negoziati ma Trump è un leader imprevedibile, non ha una strategia e sta facendo una mossa alla volta .

Sergio Palmiero
Egregi di Valigia Blu, la cosa che mi fa specie è che non sento più parlare di aggressori e aggrediti