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Ucraina, il fronte militare a un anno dall’invasione su larga scala

23 Febbraio 2023 7 min lettura

Ucraina, il fronte militare a un anno dall’invasione su larga scala

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L’“operazione militare speciale” in Ucraina, che nelle intenzioni di Putin avrebbe dovuto essere una guerra lampo, ha compiuto il suo primo anniversario. La tenace resistenza opposta dalla popolazione ucraina ha stravolto ogni scenario a breve termine. I mesi invernali, in particolare, hanno segnato l'inizio di una nuova fase nel conflitto seguito all'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte della Federazione Russa.

Dopo la fulminea offensiva nell'Oblast di Kharkiv a settembre e la ritirata russa da Kherson, il conflitto si è focalizzato di nuovo sulla parte orientale del paese, tornando ad assumere i tratti della guerra d’attrito. Qualcosa che si era già visto tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate 2022, quando i russi, dopo essersi ritirati da Kyiv e Kharkiv, erano avanzati nel Donbas in modo lento e progressivo. Negli ultimi mesi, gli scontri più significativi si sono concentrati in tre località, distribuite da nord a sud della linea del fronte. Si tratta dell'asse di Svatove e Kreminna, della città di Bakhmut e della zona intorno a Vuhledar.

Gli scontri sull’asse di Svatove e Kreminna

Svatove e Kreminna sono entrambe località situate nell'Oblast di Luhansk. È nei loro dintorni che, durante il mese di settembre, le forze armate russe sono riuscite a stabilizzare le loro linee di difesa dopo la rotta subita in seguito alla controffensiva ucraina nell'Oblast di Kharkiv. L'asse che collega le due località riveste una notevole importanza strategica. Tra esse corre infatti l'autostrada P66, importante linea logistica che, scendendo da nord, collega il territorio della Federazione Russa a quella dell'Oblast di Luhansk. La cattura di quest’asse non obbligherebbe soltanto le forze armate russe a riorganizzare ancora una volta la loro logistica, ma metterebbe a rischio le loro posizioni nella parte settentrionale del Donbas, esponendole a una manovra ucraina sulle città e i centri logistici dell'Oblast di Luhansk, tra cui l’importante hub di Starobil's'k, che si troverebbe a portata del tiro dei lanciarazzi HIMARS. 

Per questo motivo, durante l’inverno, le forze ucraine hanno cercato di avanzare verso le due città per mettere la loro artiglieria in condizione di colpire la P66 e acquisirne così il controllo. L'avanzata ucraina è stata complicata dalle temperature più alte della media, che hanno impedito al terreno di congelare, ostacolando il movimento dei mezzi corazzati. Un altro ostacolo è stato l'afflusso delle truppe russe mobilitate alla fine di settembre per ordine di Putin, che hanno permesso al comando russo di stabilizzare questa e altre aree del fronte, opponendo al nemico un vero e proprio muro umano.

Pur essendo riuscite ad avanzare di qualche chilometro in direzione di Kreminna, le forze armate ucraine non sono riuscite e sfondare in direzione della città e, nelle ultime settimane, sono state oggetto di un contrattacco russo che le ha costrette ad abbandonare alcune posizioni catturate in precedenza.

Uno sviluppo analogo si può distinguere anche in quello che, nel corso dell'inverno, è stato il fronte su cui si è concentrata di più l'attenzione dei media, ovvero quello della città di Bakhmut e dei suoi dintorni.

Quella combattuta per questa piccola città dell'Oblast di Donetsk è una battaglia che prosegue fin dall'estate del 2022, quando i reparti della forza d'invasione russa sono arrivati nei dintorni dell'area, pesantemente fortificata.

Se fosse stata presa allora, Bakhmut avrebbe aperto ai russi la strada verso Kramatorsk e Sloviansk. Tuttavia, dopo l'offensiva su Kharkiv e la liberazione di Izyum e Lyman, una manovra del genere avverrebbe senza un asse in grado di supportare da nord l'attacco verso le aree meridionali dell'Oblast di Donetsk. Ciononostante, le truppe russe e, nello specifico, i reparti mercenari della PMC Wagner, hanno continuato ad avanzare testardamente sulla città nel corso dei successivi otto mesi.

Data la limitata valenza strategica che Bakhmut riveste - circoscritta soprattutto al ruolo di hub logistico ucraino e trampolino per successive offensive russe - sono state avanzate numerose speculazioni sulle ragioni di tale ostinazione.

Molte di esse hanno al centro la figura di Yevgeny Prigozhin, oligarca e proprietario della PMC Wagner, che avrebbe fatto della presa di Bakhmut un progetto di carattere personale, legato al tentativo di acquisire maggiore influenza sulla politica e la società russe, intestandosi quella vittoria di cui Putin e il suo governo hanno bisogno per continuare a giustificare l'operazione militare speciale dopo la rotta di Kharkiv e la ritirata da Kherson.

Una vittoria che, se venisse ottenuta, lo sarebbe a un prezzo enorme in termini di perdite umane e materiali, come dimostra il recente avvicendamento dei mercenari della Wagner da parte di truppe regolari, avvenuto nel corso delle ultime settimane a causa del crescente logorio della forze di Prigozhin.

L'avanzata su Bakhmut è stata infatti lenta e sanguinosa. Alle truppe della PMC Wagner sono serviti 165 giorni per conquistare posizioni utili a tentare di accerchiare la città, isolandola dalle sue principali linee di rifornimento. Ogni centimetro di terreno è stato conquistato a costo di perdite molto elevate, che solo il massiccio reclutamento di prigionieri nel sistema carcerario russo ha permesso di sostenere.

I condannati sono ritenuti infatti truppe sacrificabili e, in quelle che sono state definite delle vere e proprie ondate umane, sono stati scagliati contro le fortificazioni ucraine nel tentativo di conquistarle prima e mantenerle in seguito. Per fronteggiare questa tattica, in cui unità di 7-12 soldati sono state obbligate con la forza ad avanzare sotto il fuoco nemico senza possibilità di ritirarsi, le truppe ucraine hanno adottato forme di difesa attiva, limitando perciò le azioni offensive e i contrattacchi per negare al nemico la conquista delle proprie posizioni.

La difesa attiva consiste nel mantenere le posizioni fino a quando non sono compromesse, per poi ritirarsi su altre linee di difesa, mentre l'artiglieria colpisce le posizioni appena abbandonate per impedire al nemico di occuparle stabilmente. Quando il nemico si ritira, le posizioni vengono occupate nuovamente fino all'assalto successivo. Serve perciò un elevato numero di iterazioni di questo ciclo per mettere i difensori nelle condizioni di dover abbandonare definitivamente una posizione. In questo modo il rapporto di morti e feriti in azione penalizza gli attaccanti, ed è questo fatto che è valso a Bakhmut il tetro soprannome di "tritacarne".

Anche se nel corso dei mesi di gennaio e febbraio il ritmo dell'avanzata russa su Bakhmut ha accelerato, le forze armate ucraine continuano a difendere le sua caduta potrebbe non verificarsi prima di alcune settimane. Com'era già successo a Mariupol, la difesa di Bakhmut non ha assunto solo una valenza simbolica. La città è diventata anche un importante punto di ancoraggio per mantenere le truppe russe impegnate su un fronte strategicamente poco rilevante, impedendone l'utilizzo in altri teatri.

Tra questi, va segnalata la zona intorno a Vuhledar dove, tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio, si è consumato un massiccio assalto russo contro posizioni fortificate ucraine. Secondo alcune fonti, la "battaglia di Vuhledar" - risoltasi in una cocente disfatta per le truppe russe che, nel giro di pochi giorni, avrebbero perso un'intera brigata - sarebbe stata voluta dal ministero della Difesa per oscurare la fama della PMC Wagner dopo la presa del villaggio di Soledar a nord di Bakhmut.

Il punto della situazione

Da questa ricognizione dei tre fronti principali del conflitto sembra che, dopo diversi mesi passati a difendersi e consolidare le proprie posizioni, la forza d'invasione abbia ripreso in mano il pallino dell'iniziativa. Per molti analisti, l'incremento delle perdite russe registrata nelle ultime settimane segnalerebbe l'inizio di uno nuovo sforzo offensivo russo. Una spinta che potrebbe essere rivolta alla conquista del Donbas entro il mese di marzo, così come è stato ordinato da Putin al generale Gerasimov, il quale, in gennaio e dopo soli tre mesi, ha sostituito il collega Sergei Surovikin come comandante in capo delle forze russe in Ucraina. Una decisione che rispecchia le traiettorie opache della politica russa e che alcune voci vorrebbero dovuta a un tentativo coordinato di Surovikin, Prigozhin e Kadyrov per far cadere il ministro della difesa Shoigu.

La risposta ucraina al tentativo di riprendere l'iniziativa da parte della forza di invasione si è concretizzata soprattutto nell'intensificarsi degli sforzi per ottenere supporto politico e militare da parte degli alleati occidentali. Sforzi che hanno permesso al governo del presidente Zelenski, impegnato in una massiccia campagna anticorruzzione, di assicurarsi nuovi e consistenti pacchetti di aiuti. Ne fanno parte le cosiddette GLMSDB (Ground launched small diameter bombs), razzi capaci di colpire le linee logistiche russe oltre la portata dei lanciarazzi HIMARS, il cui uso costante da parte delle forze armate ucraine ha spinto le forze russe ad allontanare i propri depositi e centri di comando dalla linea del fronte; la fornitura di mezzi corazzati e carri armati da battaglia di moderna concezione tra cui i Challegner 2 britannici, gli M1 Abrams statunitensi e i Leopard 1 e 2 tedeschi, su cui le truppe ucraine hanno già cominciato ad addestrarsi; e numerosi altri sistemi tra cui quelli di difesa aerea necessari per contrastare i bombardamenti aerei russi contro le infrastrutture civili e militari del paese. 

A questi aiuti si aggiungono infine le discussioni e le trattative mirate alla fornitura di caccia multiruolo. Su questo tema si segnala la recente disponibilità, da parte dei Paesi Bassi, a trasferire i loro F16 all'Ucraina.

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Dunque, seppure arrivi alla fine dell'inverno trovandosi nuovamente nella posizione di dover difendere il proprio territorio dalle operazioni offensive russe, l'Ucraina ha utilizzato questi ultimi mesi per consolidare le proprie posizioni difensive, pianificare nuove offensive e garantirsi gli equipaggiamenti necessari a eseguirle nel minor tempo possibile per provare a raggiungere il suo obiettivi militare e politico: la liberazione del proprio territorio dalla forza d'invasione russa.

A un anno dall'inizio dell'operazione militare speciale lanciata da Putin, le parti in campo si preparano per affrontare nuove campagne e provare a dare una svolta decisiva a un conflitto che, di mese in mese, diventa sempre più centrale per la definizione degli equilibri geopolitici mondiali del presente e del futuro.

Immagine in anteprima via europeanwesternbalkans.com

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