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La guerra costa: Putin cerca soldi e consenso mentre l’economia rallenta

26 Giugno 2025 10 min lettura

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La guerra costa: Putin cerca soldi e consenso mentre l’economia rallenta

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Nei giorni scorsi si è svolto il Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo (SPIEF), appuntamento che si svolge in Russia da quasi trent’anni. Nelle intenzioni originali, questo evento aveva il fine di informare policy maker e investitori sulle opportunità nel paese, soprattutto dopo la transizione da un’economia pianificata sovietica a una di mercato nella Federazione Russa. 

Dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina, però, il legame con aziende e leader occidentali è venuto meno a causa delle sanzioni, perciò la Russia si è concentrata su Cina, India e altri paesi al di fuori del blocco occidentale. L’edizione del 2025 ha visto però uno scarso entusiasmo, come testimonia il Financial Times: al di fuori dell’Indonesia, i paesi alleati e vicini alla Russia hanno inviato rappresentanti di minor prestigio a San Pietroburgo, a partire dalla Cina. 

L’atteggiamento è sintomatico delle difficoltà russe sul fronte economico. Proprio queste difficoltà sono state al centro delle discussioni e dei panel allo SPIEF, con gli interventi di vari esponenti del governo e delle istituzioni economiche. Il monito più importante è arrivato dal ministro dell’Economia Maxim Reshetnikov. Durante l’evento, il ministro ha dichiarato che il paese potrebbe trovarsi ad affrontare una recessione nei prossimi mesi. A indicarlo ci sono i sentimenti delle imprese che secondo il ministro rappresentano però una visione già sorpassata. A confermare questa tendenza ci sono anche le dichiarazioni provenienti dal settore finanziario. In un commento rilasciato a Reuters a margine dello SPIEF, Alexander Vedyakhin, vicepresidente del Comitato Esecutivo della banca Sberbank, ha affermato che l’economia russa si trova ad affrontare un raffreddamento che potrebbe compromettere la crescita futura. 

Più sfumate sono le dichiarazioni di Herman Gref, CEO di Sberbank, e di Anton Siluanov, ministro delle Finanze. Entrambi hanno concordato sul fatto che il paese si trovi in una tempesta perfetta, dovuta a un elevato debito e una mancata coordinazione tra politica fiscale e monetaria. 

Sul tema è intervenuto anche il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, anche se laconicamente: nel suo discorso ha ribadito il parere di osservatori ed esperti circa i rischi di un raffreddamento o di una recessione. Putin ha ribadito che questa eventualità non deve manifestarsi per alcun motivo. 

I dati già segnalano un indebolimento dell’economia: il rallentamento di questi primi mesi dell’anno è stato considerevole, con la crescita del prodotto interno lordo nel primo trimestre del 2025 è stata di appena 1.4 per cento, a fronte di un 4.5 per cento nel trimestre precedente. Quello che ci si chiede, come dimostrano le dichiarazioni, è se la Russia attraverserà un fisiologico calo del tasso di crescita o se invece si andrà incontro a una recessione nella seconda parte dell’anno. 

Finanziare l’invasione è sempre più difficile

Per sostenere l’invasione dell’Ucraina, l’economia del paese si è orientata verso un’economia di guerra, con un forte intervento dello Stato per sostenere il complesso militare industriale. Questo cambiamento, proprio perché trainato dalle risorse economiche iniettate dallo stato nel sistema economico, aveva rinvigorito la situazione economica del paese- nonostante le problematiche persistenti come quella della povertà, su cui i dati ufficiali risultano manipolati. 

Per garantire il sostegno all’operazione militare, infatti, la Russia ha mobilitato ingenti risorse. Secondo i dati della World Bank, la spesa per la difesa in relazione al PIL della Federazione Russa è passata dal 3,6 per cento nel 2021 al 5,9 nel 2023. Nel 2024 e nel 2025, questo trend sta continuando, riporta Reuters. Secondo le stime più aggiornate, la spesa per la difesa ammonterebbe al 6,3 per cento del PIL. 

Per finanziare questa economia di guerra, la Russia ha attinto da tre componenti principali, come sottolineato dal rapporto dello Stockholm Institute of Transition Economics (SITE).  In primo luogo, ci sono le entrate derivanti dal mercato di gas e petrolio; poi le risorse del Russian National Wealth Fund (NWF), un fondo sovrano che era inizialmente nato per salvaguardare il sistema pensionistico del paese e intervenire nell’economia in caso di shock esterni. Dall’invasione però è servito sempre di più per finanziare la guerra di Putin. Infine, troviamo gli strumenti di politica fiscale come l’indebitamento o maggiori entrate fiscali dalla tassazione. 

La mobilitazione di risorse per sostenere l’invasione dell’Ucraina ha comportato un aumento del Prodotto Interno Lordo e delle condizioni economiche della popolazione, a causa delle risorse iniettate nel Complesso Militare Industriale. Il calo del PIL russo nel 2022 è stato riassorbito negli anni successivi, che hanno visto un tasso di crescita su base annuale intorno al 4 per cento. Anche il mercato del lavoro ne ha giovato, garantendo migliori condizioni economiche per gli individui in età lavorativa. 

Gli interventi economici del regime di Putin, però, non sono da vedere come una strategia di rilancio dell'economia in senso egualitario. La maggior parte dei fondi sono assorbiti dal Complesso Militare Industriale di cui fanno parte agenzie e imprese (Rostec, Almaz-Antey, KTRV, Roscosmos e Rosatom) che sono o di proprietà statale o strettamente legate allo Stato. Queste sono il frutto della rinascita del settore militare russo: un ristretto gruppo di colossi che hanno inglobato centinaia di imprese minori e operano in un contesto privo di reale concorrenza. Si tratta di veri e propri imperi industriali che soffocano qualsiasi piccola o media impresa potenzialmente competitiva, garantendo così la conservazione dello status quo e della verticale di potere putiniana.

Tuttavia, questa strategia economica ha mostrato crepe, negli ultimi mesi, a partire dalle principali fonti di finanziamento di questa strategia. Sul fronte profitti del mercato di gas e petrolio, che erano già stati duramente colpiti dalle sanzioni europee, si è assistito a un ridimensionamento, visto il calo dei prezzi dovuto anche alle politiche protezioniste dell’amministrazione Trump. Per far fronte a questa situazione, la Russia ha dovuto rivedere le stime del deficit, assieme a investimenti militari e civili, erodendo quindi quelle risorse che sono state alla base della crescita di questi ultimi anni. Anche quelle del NWF saranno pesantemente affette dai movimenti del mercato di questi beni, secondo gli economisti di Mosca. 

Anche per quel che riguarda il finanziamento del debito, la Russia si trova in una situazione delicata. A causa delle sanzioni, lo stanziamento delle obbligazioni emesse dal governo russo (OFZ), è diventato problematico in quanto gli investitori stranieri non sono più predisposti a sottoscriverle. Ma neanche i cittadini russi, nonostante un elevato premio per il rischio che comporta un aumento dei costi del finanziamento del debito, sembrano interessati ad acquistarli. 

Una situazione di questo tipo, sottolinea di nuovo il report del SITE, porta all’ultimo canale disponibile per reperire risorse da parte dello Stato, cioè l’aumento della tassazione. In una situazione che mostra segni di un rallentamento generale, però, un ulteriore aumento della pressione fiscale, dopo quanto avvenuto negli anni precedenti, rischia di compromettere ancora di più l’attività economica. 

A pesare, inoltre, c’è il costo delle operazioni militari. Come ha evidenziato un articolo su RE:RUSSIA, il risarcimento per i soldati feriti o uccisi, tra l’estate del 2023 e quella del 2024, è costato alla Russia tra l’1,4 e l’1,6 del PIL. Ma i costi della mobilitazione impattano anche sulla capacità produttiva. Il dispiego di uomini al fronte sottrae manodopera alle imprese. Questo contribuisce alla situazione sul fronte della capacità produttiva: non avendo a disposizione forza lavoro, le imprese non possono aumentare produzione e quindi sono costrette ad aumentare i prezzi. 

I segnali di raffreddamento e i limiti dell’economia di Guerra

Negli ultimi mesi, anche l’economia russa nel suo complesso ha appunto mostrato segnali di un raffreddamento. Un’analisi del Center for European Policy Analysis (CEPA) ha fornito una panoramica delle difficoltà incontrate dall’economia russa nei primi mesi di quest’anno. 

Il primo segnale di un indebolimento dell’economia russa arriva dal calo dell’inflazione. A marzo, il tasso si è attestato al 7,1 per cento, in netto calo rispetto al 12,9 registrato nell’ultimo trimestre del 2024, con una marcata decelerazione dei beni non alimentari. Questo può sembrare un dato positivo, considerando i costi elevati associati all’inflazione. Tuttavia, è importante ricordare che essa è strettamente legata allo stato di salute dell’economia, in particolare alla capacità di spesa di individui e famiglie: quando l’economia cresce e gli agenti economici aumentano i consumi, l’inflazione tende a salire. Al contrario, se l’economia rallenta, prevale la tendenza al risparmio, riducendo consumi, vendite e ordini da parte delle imprese. Questo fenomeno porta, appunto, a un rallentamento dell’inflazione.

Non a caso un altro dato preoccupante, sottolinea sempre l’analisi CEPA, riguarda il potere d’acquisto delle famiglie: la spesa dei consumatori ha subito un calo. Le previsioni, inoltre, indicano che questa tendenza perdurerà per tutto l’anno. Anche la crescita salariale sta subendo un rallentamento. 

Sul lato dell’offerta la situazione è altrettanto preoccupante. Per quanto l’inflazione sia in calo, i tassi di interesse rimangono alti. Questo comporta un calo dei prestiti e quindi degli investimenti che riflettono anche una situazione economica incerta. Come fa notare il Financial Times, con la produzione industriale ormai satura e la domanda aggregata affievolita, questo rischia di peggiorare le prospettive di un rallentamento ed eventualmente portare a una recessione nella seconda parte dell’anno. 

Si tratta di un segnale evidente del fallimento dell’economia di guerra nel generare una crescita duratura e stabile. Questo tipo di economia crea una crescita artificiale, dirottando le risorse su settori specifici. In un primo momento, questo comporta una crescita dei consumi e una ripresa dell’economia. Ma sul lungo periodo, senza cambiamenti strutturali, questa finisce per esaurirsi. Senza un aumento della produttività e una diversificazione dell’economia, quindi, la Russia rischia di rimanere incagliata proprio in questa bolla dipendente dalle spese militari.

Il ruolo della Banca Centrale 

Uno dei temi più discussi, su cui vale la pena soffermarsi, è il dibattito sulla strategia della Banca Centrale Russa in questi ultimi mesi. 

La sua Presidente, Ėl'vira Nabiullina, è una delle strutture portanti dell’economia russa. Durante le prime fasi dell’invasione dell’Ucraina e l’imposizione delle relative sanzioni da parte degli Stati occidentali, fu proprio l’intervento di Nabiullina a contenere gli effetti economici, nonostante avesse presentato le dimissioni, respinte dallo stesso Putin. Ma oggi il suo ruolo è sempre più sotto pressione da parte della politica. Dietro a questi interessi divergenti si cela il trade off tra crescita e stabilità macroeconomiche. 

Come accennato, gli sforzi della Federazione Russa per sostenere l’economia, attraverso l’immissione di denaro pubblico nel sistema, hanno portato a una crescita del PIL, dell’attività economica e dei consumi delle famiglie. Ma, come da manuale, a ciò è corrisposto un aumento dell’inflazione. Per contrastare l’aumento dei prezzi, le banche centrali tendono ad alzare i tassi di interesse, scoraggiando così spesa e investimenti, con l'obiettivo di contenere i prezzi. Sebbene la relazione sia più complessa, queste misure hanno inevitabili contraccolpi sulla domanda aggregata e sulla crescita.

Nelle scorse settimane, Nabiullina ha ridotto il tasso di interesse dal 21 al 20 per cento: livelli impensabili per un’economia come quella europea. Ma dal comunicato ufficiale della Banca Centrale emerge una situazione delicata. L’inflazione sta rallentando nel paese, come segnalano i dati più aggiornati. Ma permangono criticità su questo fronte, anche perché resta alta. Nel comunicato si citano inoltre le aspettative degli agenti economici riguardo l’aumento dei prezzi: le aspettative delle famiglie e del settore finanziario restano stabili o in aumento, mentre quelle del settore produttivo risultano in calo. Sulla base delle analisi svolte dalla Banca Centrale, le pressioni inflazionistiche rimangono nel medio termine superiori a quelle disinflazionistiche. Per questo motivo, le prossime decisioni verranno prese con estrema cautela, tenendo presente il target del tasso d’inflazione al 4 per cento nel 2026. 

Come spiegato da Bloomberg, su queste scelte hanno pesato anche le pressioni politiche degli uomini vicini a Putin. Temono infatti che il costo del denaro così elevato stia soffocando la domanda di investimenti privati, come rilevato anche dalla Banca stessa. Lo stesso ministro Reshetnikov, nel suo intervento allo SPIEF, ha invitato Nabiullina a mostrare “amore per il proprio paese”. Il taglio dei tassi è funzionale al raggiungimento dell’obiettivo di crescita del 3 per cento del PIL fissato da Putin. Secondo il ministro dell’Economia, la strategia della Banca Centrale dovrebbe essere più equilibrata, capace cioè di contenere l’inflazione senza soffocare investimenti e consumi. 

A queste dichiarazioni, sempre dal palco dello SPIEF, ha risposto proprio la Presidente della Banca Centrale. In un suo intervento, Nabiullina ha osservato come la situazione che si è venuta a creare in Russia è proprio dovuta a un’economia stimolata artificialmente attraverso la spesa militare che ha rinvigorito la domanda senza che l’offerta fosse in grado di espandersi ulteriormente. Ciò è stato dovuto all’utilizzo di risorse, ha continuato Nabiullina, che oggi sono sempre più scarse, citando tra le altre cose la liquidità del NWF. Tuttavia, a differenza di Reshetnikov, secondo Nabiullina quello che sta avvenendo è la naturale conseguenza di un’economia surriscaldata: quello a cui si andrà incontro sarà quindi un rallentamento dell’attività economica, non una recessione. 

Il futuro economico della Russia non sarà semplice

A oggi l’eventualità di un collasso dell’economia russa è quantomeno improbabile. Se questo rallentamento resterà, appunto, un raffreddamento dell’economia o una recessione dipenderà da una miriade di fattori, a partire dalla situazione in Ucraina e dal ruolo che svolgeranno in quel contesto gli Stati Uniti di Donald Trump. Una fine delle ostilità, unita a una distensione con Mosca, potrebbe in linea teorica riportare gli investitori statunitensi nel paese. Ma per ora i tentativi dell’amministrazione Trump di raggiungere un cessate il fuoco in Ucraina hanno incontrato proprio il parere negativo di Putin. 

Se sul breve periodo, la situazione appare problematica, i problemi su un orizzonte temporale più ampio mettono in luce i problemi strutturali della Russia. Dopo la transizione da economia pianificata all'economia di mercato, il fulcro dell’economia russa è stata l’abbondanza di risorse come gas e petrolio, assieme alla partnership con l’Europa. In un mondo in cui la transizione ecologica sta diventando un imperativo, un’economia come quella russa rischia un contraccolpo importante. Non a caso, nel suo discorso, Putin ha chiarito che di fronte alle sfide del presente la Russia deve diversificare la propria economia e ha illustrato quella che vuole che sia la strada:

Dobbiamo creare condizioni che favoriscano l'attività economica, consentendo a giovani e adulti di realizzare il proprio potenziale nel mercato del lavoro, acquisire nuove competenze, costruire carriere di successo e aumentare il proprio reddito.

In altre parole, puntiamo a una transizione verso un'economia ad alti salari, non guidata dalla carenza di manodopera che costringe i datori di lavoro ad aumentare i salari per attirare i lavoratori, ma basata sul miglioramento della qualità del lavoro e sull'aumento della produttività del lavoro.

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Questa transizione non sarà di certo semplice, visto anche il sistema di potere della Russia di Putin. Non solo: il consenso di Putin si è dimostrato resiliente in periodi di insoddisfazione per l’economia grazie soprattutto alla politica estera aggressiva. 

Davanti alle problematiche che la Russia si troverà ad affrontare in futuro, quindi, il rallentamento o la recessione a cui si potrebbe assistere in questi appaiono sfide tutto sommato sormontabili. 

(Immagine anteprima: frame via YouTube)

 

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