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Polonia, perché la destra sovranista vince anche se di misura

4 Giugno 2025 7 min lettura

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Polonia, perché la destra sovranista vince anche se di misura

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Il risultato delle elezioni presidenziali polacche indica ancora una volta un paese spaccato a metà. Ha vinto Karol Nawrocki, candidato dal partito conservatore e sovranista Diritto e Giustizia (PiS). Succederà al presidente uscente Andrzej Duda che terminerà l’incarico il 6 agosto. Nawrocki ha sconfitto con il 50,9% dei voti il candidato liberaldemocratico Rafal Trzaskowski, espressione del partito di maggioranza al governo Coalizione Civica, che si è fermato al 49,%. Sono solo 370mila i voti di differenza, ma si sa, in politica The winner takes it all. Per Trzaskowski, il sapore della beffa. Cinque anni fa era già uscito sconfitto dalla corsa presidenziale con più o meno lo stesso margine. 

La posta in gioco era alta. In Polonia, il presidente della Repubblica ha tra le sue facoltà quella di poter porre il veto sulle leggi poste del parlamento. Una prerogativa che nell’ultimo anno e mezzo Duda ha utilizzato spesso per ostacolare l’operato della coalizione centro-liberal-progressista guidata da Donald Tusk. Per l’attuale governo polacco avere un presidente allineato politicamente avrebbe significato riuscire ad accelerare su tutta una serie di riforme che finora sono rimaste in cantiere.

D’altra parte queste elezioni, arrivando proprio a metà della legislatura, rappresentavano una sorta di test per l’esecutivo, che al di là dell’ostacolo Duda non ha mai pienamente convinto. Per fare un esempio, la tanto attesa riforma della legge sull’aborto non è mai arrivata ad essere approvata, a causa di dissidi interni alla coalizione.

La sconfitta di Trzaskowski è quindi suonata come una bocciatura per l’esecutivo. Il leader dell’opposizione conservatrice, Jarosław Kaczyński, ha parlato di “cartellino rosso” e ha invocato la creazione di un governo tecnico che traghetti il paese fino alle elezioni del 2027.

Tusk, in un discorso trasmesso sulla tv pubblica, ha annunciato che chiederà il voto di fiducia in parlamento per il proprio esecutivo. La cosa che più preme al premier polacco è quella di dimostrare al paese di avere la legittimità per continuare a governare. La data fissata è quella dell’11 giugno. Al momento una sua caduta pare poco probabile ma la situazione sarà più chiara nei prossimi giorni, dopo che avranno avuto luogo i colloqui di coalizione tra le tre entità che compongono il governo: i liberali di Coalizione Civica, i centristi di Terza Via e la sinistra di Lewica.

All’opposizione il leader di Konfederacja Slawomir Mentzen si è detto disponibile a discutere di con Kaczyński sulla possibilità di supportare un governo tecnico.

Chi è Karol Nawrocki e perché ha vinto

Sono state molteplici le ragioni che hanno portato alla vittoria di Nawrocki nella corsa presidenziale.

La prima è strettamente legata alla figura di questo candidato, fino a qualche mese fa sconosciuto alla stragrande maggioranza dei polacchi. L’idea della sua candidatura è nata nello scorso autunno da un’idea di Kaczyński, non nuovo a questo tipo di operazioni (anche Duda dieci anni fa era stato una sua mezza scommessa).

La prima cosa che salta all’occhio è che Nawrocki non è un politico e non hai mai fatto formalmente parte di un partito, sebbene ciò non significhi che la politica gli sia completamente estranea. Dal 2021 è infatti il direttore dell’Istituto della Memoria Nazionale, un ente che tutela il patrimonio storico e indaga sui crimini commessi contro la nazione polacca dal nazismo e dal comunismo. In precedenza aveva ricoperto la carica di direttore del Museo della Seconda Guerra Mondiale. Durante gli anni di governo di Diritto e Giustizia (2015 – 2023) questi musei, come molti altri a indirizzo storico, erano stati soggetti a una forte politicizzazione e di allineamento alle linee guida del partito, che aveva individuato nella revisione e nella presentazione della storia, uno dei punti cardine della sua agenda.

Nawrocki è dunque uno storico di formazione avendo conseguito il dottorato nel 2013 con una tesi sulla “Resistenza sociale alle autorità comuniste nella provincia di Elbląg tra il 1976 e il 1989”.

Appassionato di sport, fin da giovane pratica il pugilato, e da ragazzo ha frequentato molto l’ambiente della curva del club calcistico della sua città, il Lechia Gdańsk. Proprio questo aspetto è finito sotto i riflettori durante la campagna elettorale. Nawrocki avrebbe partecipato a delle risse con altre tifoserie. Inoltre a quel periodo risalirebbe l’amicizia con personaggi entrati nell’orbita della criminalità.

Questo e altri aspetti del suo passato sollevati dai giornali – il suo presunto coinvolgimento in un giro di favoreggiamento della prostituzione in un hotel di Sopot, e un sospetto caso di truffa immobiliare ai danni di un ex vicino di casa – tutte accuse da lui respinte - non hanno scalfito la sua immagine agli occhi dell’elettorato conservatore, anzi lo hanno fatto apparire come un bersaglio dei media liberali.

Il suo essere di umili origini gli ha permesso di incarnare il ruolo di persona vicina al popolo. Nawrocki si è presentato infatti come “candidato civico di tutte le polacche di tutti i polacchi”, in contrapposizione a Trzaskowski, rappresentante dell'élite liberale varsaviana di buona famiglia, che tutelerebbe i diritti solo di alcuni.

Il fatto di non essere mai stato legato a un partito gli ha permesso, inoltre, di essere accettato più facilmente dagli elettori dell’estrema destra più radicale, che lo hanno supportato in massa al ballottaggio. 

Andando a osservare i numeri di queste elezione una cosa appare chiara: non ci sarebbe stata nessuna vittoria di Nawrocki senza l’appoggio dell’estrema destra radicale, incarnata da Słaromir Mentzen (Konfederacja) e Grzegorz Braun (Confederazione della Corona Polacca).

Al primo turno Nawrocki aveva ottenuto 5,79 milioni di voti, un risultato migliore rispetto alle previsioni della vigilia, ma in termini assoluti molto inferiore rispetto ai 7,64 milionidi voti presi da PiS alle elezioni del 2023.

Al contrario si era registrato l’exploit di Mentzen (2,9 milioni di voti) e di Braun (1,2 milioni), per un totale di 4,1 milioni di voti. Nel 2023 Konfederacja, il partito di Mentzen da cui poi Braun è stato espulso per le sue posizioni troppo estremiste, aveva ottenuto 1,5 milioni di preferenze.

Al ballottaggio l’88% degli elettori di Mentzen e il 92% degli elettori di Braun hanno deciso di votare per Nawrocki. Questa è stata la chiave della vittoria, e non era niente affatto scontato, considerando che Konfederacja si è tradizionalmente posta come partito anti-sistema con lo slogan “Mai con PiS, mai con PO”.

Questa volta è stato diverso, e la motivazione è stata la voglia di punire il governo di Donald Tusk e tutto quello di cui la destra lo ritiene rappresentante: il “liberalismo woke”, l’europeismo, il privilegio delle élite, l’immigrazione incontrollata. Concedere la vittoria a Trzaskowski avrebbe significato spianare la strada a una svolta progressista inaccettabile per tutte le diverse anime della destra polacca, che per una volta hanno deciso di fare fronte comune.

Alla base c’è infatti l’eterna lotta tra le due anime della Polonia, quella liberale e progressista contro quella nazionalista e conservatrice. Il voto ha rispecchiato uno schema che si ripete da circa vent’anni. Le città e l’ovest del paese a favore del campo progressista e liberale, le aree rurali e l’est appannaggio di quello conservatore e nazionalista.  Questa dicotomia è sempre stata espressa dai due maggiori partiti del paese, appunto Diritto e Giustizia e Piattaforma Civica (diventata Coalizione Civica dopo aver inglobato alcuni piccoli partiti).

Questo duopolio, che dal 2005 domina incontrastato ogni elezione che si svolge nel paese, è figlio di una storia comune, quella di Solidarność, il sindacato di cui i padri fondatori di Piattaforma Civica rappresentavano le colombe, mentre quelli di PiS erano i falchi. Due modi completamente diversi di intendere il mondo, la vita, Polonia e la transizione dal comunismo alla democrazia.

Un duopolio che però ora rischia di vacillare proprio a causa della crescita di Konfederacja.

Che tipo di presidente sarà Nawrocki?

In politica interna viene dato per scontato che il nuovo presidente darà continuità al lavoro di Duda, e quindi di ostacolo alla legislatura. Fuori discussione l’approvazione di leggi chiave come quella sulla magistratura e sull’aborto.

Si può inoltre immaginare che Nawrocki svolgerà un ruolo di pontiere tra PiS, partito fortemente ancorato ai valori cristiani e votato e una destra sociale, e Konfederacja, che raccoglie un elettorato più giovane e ultraliberista in termini economici.

Una grande differenza tra i due partiti è sempre stato l’approccio alla guerra in Ucraina e in generale alla politica estera. PiS è un partito fortemente atlantista e nei confronti della guerra in Ucraina ha inizialmente mostrato un appoggio totale a Kyiv, andato un po’ sfumando nel corso del tempo. Konfederacja è invece un partito apertamente anti ucraino (la corrente fuoriuscita di Braun addirittura filorussa, caso unico nel panorama politico polacco).

In campagna elettorale Nawrocki ha dichiarato di essere contro l’adesione dell’Ucraina alla NATO, mentre per quanto riguarda il suo ingresso nell’Unione Europea ha posto delle condizioni stringenti, che riguardano situazioni storiche pendenti come la risoluzione del contenzioso sui massacri della Volinia, e altre economiche, riguardanti in particolar modo l’agricoltura. Proprio gli agricoltori polacchi hanno supportato apertamente Nawrocki in questa campagna. 

In linea generale Nawrocki può essere considerato un trumpiano e questo potrebbe aiutarlo a svolgere questo ruolo di collante tra le diverse anime della destra polacca. Ricevuto da Trump alla Casa Bianca qualche settimana prima delle elezioni, sposa l’idea che il risolutore della guerra in Ucraina possa essere solo il presidente americano.

Nei rapporti con l’Unione Europea ci si può immaginare che un terreno di scontro sarà quello del Green Deal, a cui Nawrocki si è dichiarato fermamente contrario a ogni possibile processo di accentramento dei poteri verso Bruxelles. Tra le sue promesse c’è quella di non aderire a nessun trattato che comporti la cessione di sovranità della Polonia nei confronti dell’Unione Europea.

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