L’omicidio della modella transgender Kesaria Abramidze e la deriva autoritaria della Georgia all’ombra di Putin
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Ha destato scalpore in Georgia l’omicidio di Kesaria Abramidze, una donna transgender, uccisa il pomeriggio dello scorso 18 settembre nel suo appartamento a Tbilisi. La mattina dopo, la polizia ha detto di aver arrestato Beka Jaiani – un uomo di 26 anni che aveva avuto una relazione con Abramidze – accusato di averla pugnalata “a seguito di un litigio”. La vittima era un'attrice, modella e presentatrice televisiva molto nota, tra le prime persone a discutere pubblicamente della propria identità di genere in Georgia anche attraverso il suo profilo di Instagram, che raccoglie più di 500mila iscritti. Tutto questo accade in un paese conservatore, in cui esistono frange della società che nel recente passato hanno usato apertamente la violenza contro la comunità LGBTQIA+.
L’omicidio di Kesaria Abramidze è arrivato in un clima già incandescente per le incombenti elezioni parlamentari, previste per il prossimo 26 ottobre. Il giorno prima dell’omicidio, infatti, il parlamento georgiano aveva adottato un pacchetto di leggi sulla “protezione dei valori della famiglia e dei minori”. Un eufemismo per una legge e 18 norme annesse che limitano esplicitamente i diritti LGBTQIA+ in Georgia. Il partito di governo Sogno Georgiano, promotore della nuova legislazione, è stato accusato dalle opposizioni e da parte della società civile di aver, in un certo senso, legalizzato la violenza di genere e, quindi, più o meno direttamente creato le condizioni per l’omicidio.
Di cosa parliamo in questo articolo:
Le leggi liberticide in Georgia
L’avvicinamento alle elezioni del 26 ottobre non poteva essere più carico di tensioni. Infatti, negli ultimi mesi, Sogno Georgiano ha promosso una serie di leggi che, oltre a rendere evidente una deriva autoritaria, stanno mettendo a rischio il processo di integrazione europea del paese, visto favorevolmente dalla vasta maggioranza della popolazione. Agli occhi degli oppositori, l'obiettivo celato dell’esecutivo sarebbe quello di portare la Georgia nell’orbita della Russia, uno scenario da incubo per moltissimi georgiani in virtù del passato più o meno recente (dai tre secoli di dominio russo sul paese, alla presenza militare di Mosca in Abcasia e Ossezia del Sud, due regioni de facto indipendenti, ma riconosciute internazionalmente come parte della Georgia).
In primavera era stata la volta della cosiddetta legge “sugli agenti stranieri” che è stata approvata dal parlamento il 28 maggio, nonostante la fortissima ondata di proteste che abbiamo raccontato proprio su Valigia Blu e il veto della presidente Salomé Zourabichvili (la Georgia ha un sistema parlamentare e il Capo di Stato ha poteri simili a quello del Presidente della Repubblica in Italia). Questa legislazione impone alle entità giuridiche (organizzazioni della società civile e media) che ricevono almeno il 20% dei loro finanziamenti dall’estero di iscriversi a un registro di “organizzazioni che perseguono gli interessi di una potenza straniera”. Le numerosissime organizzazioni non governative che rientrano in questa fattispecie giuridica sono ora obbligate a fornire dettagli sui propri finanziamenti allo Stato, che ha anche accesso ad altre informazioni sensibili, quali, per esempio, i contatti degli informatori delle testate giornalistiche. I risvolti della legge non sono ancora del tutto chiari in quanto non è ancora stata pienamente applicata (ci si aspetta una piena attuazione se Sogno Georgiano prevarrà nella tornata elettorale di ottobre).
Nello stesso periodo, il 19 aprile, il parlamento aveva rapidamente adottato una riforma del sistema fiscale che, nella sostanza, consente al fondatore di “Sogno Georgiano”, il miliardario Bidzina Ivanishvili, di rimpatriare i propri capitali all’estero, a rischio di sanzioni, in modo conveniente.
A giugno, si è poi arrivati al pacchetto di leggi sulla “protezione dei valori della famiglia e dei minori”. Queste misure definiscono, in seno alla costituzione e in varie leggi, che il matrimonio può essere contratto solo tra un uomo e una donna e le adozioni sono possibili solo per le coppie eterosessuali. È stato introdotto anche il divieto di cambio di sesso tramite intervento medico e nei documenti si potrà solo indicare il sesso maschile o femminile, corrispondente a quello dato alla nascita. La riforma prevede anche una serie di norme contro la cosiddetta “propaganda LGBT” (formula che ricorda una legge russa molto simile). Vieta, infatti la condivisione di informazioni che “mirano a popolarizzare l’appartenenza a un genere diverso dal sesso biologico, relazioni basate sull’orientamento sessuale tra persone appartenenti allo stesso sesso biologico o l’incesto” nei contesti educativi, negli incontri pubblici, nei media e in contesti pubblici più in generale. Sono previste pene amministrative e penali in caso di violazione delle norme. Come detto, le leggi sono state approvate il 17 settembre nell’ultima seduta del parlamento prima delle elezioni, con 84 deputati (su 150) che hanno votato a favore della riforma e nessuno contro (in quanto i partiti di opposizione hanno boicottato i lavori del parlamento).
Un decennio di violenza crescente contro la comunità LGBTQIA+
L’adozione del pacchetto di leggi stupisce fino a un certo punto se si guarda alle tendenze della società e della politica georgiana negli ultimi dieci anni. Nel paese, infatti, si sono registrati ripetuti casi di violenza pubblica nei confronti della comunità LGBTQIA+ che hanno visto reazioni piuttosto ambigue da parte delle autorità.
Andando con ordine, il primo caso risale al 17 maggio 2013, Giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia, quando alcuni membri della comunità LGBTQIA+ georgiana vennero aggrediti da una folla che includeva diverse esponenti della Chiesa ortodossa georgiana, mentre manifestavano per la difesa dei propri diritti davanti al parlamento.
Nel 2014, la stessa Chiesa, attore di grande influenza in Georgia, istituì la Giornata della purezza della famiglia proprio il 17 maggio, occasione che viene celebrata con grande enfasi ogni anno con manifestazioni ed eventi che hanno visto la partecipazione di ospiti internazionali, tra i quali, nel 2017, una delegazione italiana che includeva Silvio Dalla Valle dell’Associazione per la Difesa dei valori cristiani e Luca Volontè di Novae Terrae. Tra le novità del pacchetto di leggi appena adottato, c’è anche la proposta di trasformare questa giornata in una festività pubblica.
Sempre nel 2017, le immagini dell’attuale capitano della nazionale di calcio maschile georgiana, Guram Kashia, con la fascia da capitano arcobaleno nell’ambito di una campagna di “sensibilizzazione alla diversità”, durante una partita del campionato olandese in cui militava, gli costarono un’ondata di insulti online. Frasi come “Se LGBT-Kashia osa ancora vestire la maglia nazionale, gli uomini georgiani boicotteranno la squadra” possono far sorridere a distanza di anni, considerato che il calciatore è diventato un eroe nazionale grazie all’exploit della Georgia a Euro 2024, ma rendono in realtà evidente l’odio presente nella società.
Nel 2019, in occasione dell’uscita del film And Then We Danced del regista svedese Levan Akin che racconta una storia d’amore tra due giovani ballerini georgiani, militanti di estrema destra scesero in strada nel tentativo di bloccare la prima del lungometraggio in sei cinema georgiani. In particolare, l’8 novembre 2019 i manifestanti si radunarono davanti al cinema “Amirani” di Tbilisi scandendo slogan nazionalisti e gridando “vergogna” al pubblico che si era recato ad assistere alla proiezione. Provarono poi a fare irruzione all’interno del cinema, venendo però fermati dalle forze di polizia in tenuta antisommossa. Nel corso degli scontri venne ferita una giornalista e attivista per i diritti della comunità queer, Anna Subeliani, e arrestate 28 persone.
Il 5 luglio 2021, in risposta a un tentativo di organizzare il Pride a Tbilisi, gruppi di estrema destra scesero in piazza in difesa dei cosiddetti “valori tradizionali”. I manifestanti attaccarono i giornalisti che seguivano l’evento ferendone più di 50 (uno, il cameraman Aleksandre Lashkarava, sarebbe morto nei giorni successivi a causa delle ferite riportate) e pugnalando un turista polacco ‘scambiato per gay’ perché indossava un orecchino.
E questi sono solo i casi finiti agli onori delle cronache che danno un quadro molto parziale della violenza (nell’ultima decade sei donne trasgender sono state uccise o sono morte misteriosamente in Georgia) e della discriminazione quotidianamente vissuta dalla comunità LGBTQIA+ georgiana.
La reazione della società georgiana
L’omicidio di Abramidze ha generato una reazione emotiva molto forte in parte della società georgiana, qualcosa, in ogni caso, non scontata. Il funerale ha visto la partecipazione di più di un migliaio di persone, inclusa la presidente Zourabichvili. Il Social Justice Center di Tbilisi, un gruppo per la difesa dei diritti umani di Tbilisi in un comunicato in reazione all’accaduto ha dichiarato: “Esiste una correlazione diretta tra l’uso di un linguaggio d’odio in politica e i crimini d’odio. È da quasi un anno che Sogno Georgiano usa in modo aggressivo un linguaggio omo/bi/transfobico e lo coltiva con mezzi di propaganda di massa”.
Colpiscono positivamente anche le parole dei vicini di casa di Abramidze, intervistati in quei classici servizi televisivi che seguono i casi di cronaca, ma che in questo caso assumono un significato. In particolare, una donna anziana, in teoria appartenente a quella fascia di opposizione più conservatrice e ostile alla comunità LGBTQIA+, ha detto “La vita non è una linea retta, non lo è ora e non lo è mai stata” nel descrivere e ha coraggiosamente accusato il governo di aver creato il clima che ha causato l’omicidio. Non risolvendo certo la gravità di quanto avvenuto, queste affermazioni mostrano almeno l’importanza del lavoro di Abramidze nel problematizzare e parlare apertamente della sua identità di genere che, invece, viene demonizzata in ogni modo dalle fasce più conservatrici della società di cui le nuove leggi sono espressione.
La presidente Zourabichvili ha, infine, auspicato che la morte di Abramidze non sia avvenuta invano e che l’omicidio sia un campanello d’allarme per la Georgia. Nel clima elettorale si spera che queste parole non cadano nel vuoto.
Immagine in anteprima via Guardian