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Myanmar, almeno 18 morti nel giorno più sanguinoso delle proteste contro il colpo di Stato

1 Marzo 2021 6 min lettura

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Myanmar, almeno 18 morti nel giorno più sanguinoso delle proteste contro il colpo di Stato

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A quattro settimane dall'inizio delle proteste Myanmar ha vissuto, ieri, la giornata più sanguinosa.

Almeno 18 le vittime accertate della repressione brutale della polizia e dei militari, come riportato dalle Nazioni Unite.

“Nel corso della giornata – si legge nella dichiarazione diffusa dall'organizzazione – in diverse località del paese, forze di polizia e militari hanno risposto alle manifestazioni pacifiche, usando forza letale e non che – secondo informazioni attendibili ricevute dall'Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite – hanno causato la morte di almeno 18 persone e oltre 30 feriti”.

Granate, gas lacrimogeni e colpi sparati in aria sono stati utilizzati per disperdere i manifestanti che da settimane, in maniera incessante, protestano contro il colpo di Stato militare che ha destituito il governo di Aung San Suu Kyi per presunte frodi nel corso delle elezioni dello scorso novembre che hanno visto una vittoria schiacciante del partito dell'ex leader di fatto.

Diversi feriti sono stati portati via dai manifestanti. Un uomo è morto dopo essere arrivato in ospedale con una pallottola nel petto, come ha detto un medico che ha chiesto di non essere identificato.

Secondo quanto riferito dalle Nazioni Unite, i decessi sono avvenuti prevalentemente a seguito di ferite di colpi di arma da fuoco sparati sulla folla nelle città di Yangon, Dawei, Mandalay, Myeik, Bago e Pokokku.

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“Dall'inizio del colpo di stato in Myanmar l'1 febbraio, la polizia e le forze di sicurezza hanno preso di mira un numero sempre crescente di voci dell'opposizione e manifestanti arrestando funzionari politici, attivisti, membri della società civile, giornalisti e professionisti del settore medico. Soltanto oggi la polizia ha arrestato almeno 85 medici professionisti e studenti, oltre a sette giornalisti presenti alle manifestazioni. Oltre 1.000 persone sono state arbitrariamente arrestate e imprigionate nell'ultimo mese – alcune delle quali risultano disperse – per la maggior parte senza ricevere un processo equo, semplicemente per aver esercitato i propri diritti alla libertà di opinione, espressione e riunione pacifica” prosegue il comunicato.

“L'uso della forza letale contro manifestanti non violenti non è mai giustificabile secondo le norme internazionali sui diritti umani”, continua la dichiarazione riprendendo le parole utilizzate una settimana prima in un tweet dal segretario generale dell'ONU, António Guterres, per commentare la morte di altri due dimostranti.

Prove e testimonianze di quanto denunciato dall'ONU sono state raccolte e pubblicate dai media locali.

Come riportato da Al Jazeera, l'agenzia di stampa indipendente Myanmar Now ha diffuso un video in cui si vede un uomo ferito “colpito al petto da quelle che sembravano pallottole vere” che giace per strada a Yangon.

Un manifestante che ha assistito alla scena ha detto al magazine online Frontier Magazine che la polizia aveva sparato colpi contro i dimostranti che si erano rifugiati in una stazione degli autobus e che almeno una persona era morta e altre erano rimaste ferite.

Tra gli almeno cinque dimostranti uccisi a Yangon ci sono un ingegnere, Nyi Nyi Aung Htet Naing, che il giorno prima aveva pubblicato un post su Facebook nel quale esprimeva preoccupazione per la crescente repressione e una docente, Tin New Yee, deceduta per arresto cardiaco dopo che la polizia era intervenuta con lancio di granate per disperdere i partecipanti a una protesta organizzata dagli insegnanti.

A Dawei la polizia ha aperto il fuoco uccidendo tre persone e ferendone altre, ha raccontato a Reuters l'esponente politico birmano Kyaw Min Htike.

Un ente assistenziale che svolge servizi di emergenza ha denunciato due morti nella città centrale di Bago. L'autista di un'ambulanza ha riferito all'agenzia di stampa AFP di aver trasportato i corpi di due diciottenni all'obitorio dell'ospedale principale. I decessi sono stati confermati dai media locali.

Due persone, tra cui una donna colpita alla testa, sono state uccise nel corso delle proteste che si sono svolte nella città di Mandalay.

Interpellati da Reuters né la polizia né il portavoce del consiglio militare hanno voluto commentare quanto accaduto domenica.

La scorsa settimana il generale a capo della giunta birmana, Min Aung Hlaing, aveva dichiarato che le autorità stavano facendo un minimo uso della forza per fronteggiare le proteste.

Ad oggi sono almeno 21 i manifestanti morti nei disordini e, secondo quanto riferito dall'esercito, un poliziotto avrebbe perso la vita.

Migliaia di persone hanno partecipato lo scorso 21 febbraio ai funerali di Mya Thwe Thwe Khaing, prima vittima dall'inizio delle contestazioni, ferita con un colpo di arma da fuoco alla testa e deceduta dopo dieci giorni di ricovero in ospedale. La ragazza aveva appena compiuto 20 anni.

Per l'emittente di Stato MRTV più di 470 persone sono state arrestate sabato 27 febbraio. Non è chiaro quanti siano stati fermati il giorno successivo.

La repressione di polizia ed esercito di domenica è stata sferrata all'indomani dell'annuncio della televisione di Stato del licenziamento dell'inviato del Myanmar alle Nazioni Unite, Kyaw Moe Tun, accusato di aver tradito il paese dopo aver esortato l'organismo internazionale a usare "ogni mezzo necessario" per rovesciare il colpo di Stato dell'1 febbraio.

"Ho deciso di oppormi il più a lungo possibile", ha detto Kyaw Moe Tun a Reuters.

Per le Nazioni Unite l'uomo rimane attualmente in carica come ambasciatore del Myanmar non essendo pervenuta alcuna comunicazione ufficiale dell'insediamento della giunta al governo.

La repressione, che non accenna a diminuire, sembrerebbe indicare la determinazione da parte dei militari di imporre la propria autorità non solo nelle strade ma più in generale nella pubblica amministrazione, nella magistratura, nei settori dell'istruzione, della sanità e dei media.

Phil Robertson, vicedirettore per l'Asia di Human Rights Watch, ha condannato l'uso della forza letale definendolo "oltraggioso e inaccettabile" affermando che deve essere fermato immediatamente.

"Le munizioni vere non dovrebbero essere usate per controllare o disperdere le proteste e la forza letale può essere utilizzata solo per proteggere la vita o prevenire lesioni gravi", ha scritto su Twitter.

“Eventuali decessi e lesioni gravi dovrebbero essere indagati prontamente e con imparzialità. I responsabili di qualsiasi atto illegale dovrebbero essere chiamati a risponderne".

Robertson ha chiesto, inoltre, il rilascio dei giornalisti detenuti dalle forze di sicurezza e ha evidenziato come anche i medici che curano i manifestanti feriti nei luoghi di protesta siano diventati bersagli "in un palese tentativo di intimidire chiunque cerchi di assistere i manifestanti pro-democrazia".

Aung San Suu Kyi, che non appariva in pubblico da quando è iniziato il golpe, è comparsa oggi in un collegamento video nel corso della prima udienza del processo a suo carico. Ad annunciarlo il suo avvocato che ha detto che Suu Kyi è in buone condizioni di salute. Il caso è stato aggiornato al 15 marzo.

La donna, attualmente agli arresti domiciliari, è accusata di aver importato illegalmente sei walkie-talkie e di aver violato i protocolli del coronavirus organizzando una protesta.

Condanna per i fatti di domenica è stata espressa dall'Alto rappresentante dell'Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell che ha ribadito l'applicazione di sanzioni in risposta al colpo di Stato.

"La violenza non darà legittimità al ribaltamento illegale del governo democraticamente eletto", ha detto Borrell in una dichiarazione. "Sparando contro cittadini inermi, le forze di sicurezza hanno mostrato un palese disprezzo per il diritto internazionale e devono essere tenute a risponderne".

Anche il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha condannato la repressione in Myanmar. In un tweet ha espresso vicinanza “al popolo coraggioso della Birmania” e ha incoraggiato i paesi a parlare con un'unica voce a sostegno della volontà dei cittadini.

Immagine anteprima video via VOA Burmese News

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