Israele avvia l’operazione Carro di Gedeone: è pulizia etnica
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Aggiornamento 21 giugno, ore 9:54: Martedì 13 maggio, gli attacchi israeliani all'ospedale europeo di Gaza hanno causato la morte di 28 persone e il ferimento di decine di altre, secondo l'agenzia di protezione civile gestita da Hamas.
L'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira un centro di comando e controllo di Hamas situato sotto il complesso ospedaliero europeo, senza però fornire prove a sostegno. Il premier israeliano Netanyahu ha detto, dopo l’attacco, che “molto probabilmente” nell’attacco era stato ucciso Mohammed Sinwar, fratello minore dell'ex leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, ucciso lo scorso ottobre a Tal al-Sultan, un’area di Rafah. Alcuni media israeliano avevano scritto che era lui il vero obiettivo dell’attacco, circostanza non confermata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF).
BBC Verify ha analizzato i filmati, raccolto testimonianze e parlato con esperti di munizioni e legali per esaminare come si è svolto l’attacco a uno degli ultimi ospedali funzionanti di Gaza. E sono emerse diverse opacità.
Innanzitutto, secondo quanto riferito dal personale dell’OMS presente nell’ospedale nel momento dell’attacco, non c’era stata alcuna comunicazione da parte dell’IDF che preannunciava che l’esercito avrebbe colpito. L’OMS, come è possibile verificare attraverso documenti mostrati da BBC Verifiy, aveva comunicato in anticipo a Israele la presenza di suo personale nell’ospedale per potere trasferire pazienti da e verso l’ospedale. In totale ci sono state 13 esplosioni in totale che hanno danneggiato varie aree dell’ospedale tra cui quella utilizzata dall’OMS per trasferire pazienti e personale. Secondo quanto appurato da BBC Verifiy, non ci sono prove di ordine di evacuazione tra il 18 marzo, quando sono ripresi gli attacchi di Israele su Gaza, e il 13 maggio.
Nei giorni successivi all’attacco hanno iniziato a circolare immagini che mostravano un tunnel sotterraneo utilizzato da Hamas. Ma l’area mostrata nelle immagini non era adiacente l’ospedale. Anche l’IDF, contattate da BBC Verify, ha confermato questa discrepanza. Perché allora è stato attaccato l’ospedale?
Le analisi degli esperti e i filmati verificati indicano l'uso di bombe “bunker buster” negli attacchi all'ospedale, usate per colpire in profondità. Le fiamme e i buchi nell’asfalto fanno pensare che sotto l’ospedale ci fossero degli spazi vuoti, ma l’IDF non ha presentato evidenze che si trattasse di un tunnel usato da Hamas.
Infine, ci sono questioni sul piano del diritto internazionale. Gli esperti legali affermano che colpire ospedali senza preavviso può costituire un crimine di guerra.

Aggiornamento 20 maggio 2025: Una goccia nell’oceano. L'IDF ha dichiarato che cinque camion contenenti aiuti umanitari sono entrati a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom. L'ONU ha affermato che nove camion hanno ricevuto l'autorizzazione all'ingresso. L’ingresso di questi camion fa seguito all’annuncio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di riprendere immediatamente gli aiuti umanitari in tutte le zone della Striscia di Gaza.
Intanto, l’invasione di terra prosegue. L'IDF ha emesso un ordine di evacuazione immediata per i residenti in diverse zone del nord di Gaza, tra cui Khan Yunis, Abasan al-Kabira e Bani Suheila, dichiarando che avrebbe dato il via a “un attacco senza precedenti per eliminare le capacità dei gruppi terroristici in questa zona”. L'esercito israeliano ha annunciato di aver individuato e distrutto un tunnel lungo centinaia di metri nella zona tra Khan Yunis e Rafah.
Fonti mediche a Gaza che hanno parlato con Al Jazeera hanno affermato che gli attacchi israeliani hanno ucciso 63 persone dalla mezzanotte, 40 delle quali nel centro e nel sud della Striscia di Gaza.
I leader di Regno Unito, Francia e Canada hanno pubblicato una dichiarazione congiunta in cui criticano duramente le azioni di Israele a Gaza e l'espansione degli insediamenti in Cisgiordania, minacciando di intraprendere ulteriori azioni concrete contro Israele, comprese sanzioni mirate.
Nella lettera hanno scritto di “opporsi fermamente all'espansione delle operazioni militari israeliane a Gaza” e hanno invitato Israele a cessare le operazioni e a collaborare con l'ONU per ripristinare la consegna degli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza. I tre leader hanno scritto che il “rifiuto di fornire assistenza umanitaria essenziale” ai civili di Gaza da parte del governo israeliano rischia di violare il diritto internazionale.
“Israele ha subito un attacco atroce il 7 ottobre. Abbiamo sempre sostenuto il diritto di Israele a difendere gli israeliani dal terrorismo. Ma questa escalation è del tutto sproporzionata. Non resteremo a guardare mentre il governo Netanyahu porta avanti queste azioni”, si legge nella dichiarazione congiunta. “Se Israele non cesserà la nuova offensiva militare e non revoca le restrizioni agli aiuti umanitari, adotteremo ulteriori azioni concrete in risposta".
I tre leader hanno aggiunto di opporsi all'espansione degli insediamenti in Cisgiordania, che hanno definito “illegali e tali da minare la fattibilità di uno Stato palestinese e la sicurezza sia degli israeliani che dei palestinesi”, manifestando ill loro sostegno agli sforzi guidati da Stati Uniti, Qatar ed Egitto per garantire un cessate il fuoco immediato a Gaza, in vista della conferenza del mese prossimo a New York, che sarà co-presieduta da Arabia Saudita e Francia.
Sempre ieri 22 ministri degli Esteri, tra cui l’italiano Tajani, e tre alti funzionari dell'UE, hanno sottoscritto una lettera in cui esortano Israele a consentire la piena ripresa degli aiuti umanitari a Gaza. I firmatari hanno riconosciuto la ripresa limitata degli aiuti alla Striscia di Gaza facilitata da Israele, ma hanno anche espresso la loro preoccupazione per il blocco di due mesi degli aiuti umanitari a Gaza: “Il cibo, le medicine e i beni di prima necessità sono esauriti. La popolazione è sull'orlo della fame. La popolazione di Gaza deve ricevere gli aiuti di cui ha disperatamente bisogno”.
I 22 ministri degli Esteri hanno sottolineato che il “nuovo modello per la consegna degli aiuti a Gaza, proposto da Israele, non sarà in grado di fornire aiuti in modo efficace”, “mette a rischio i beneficiari e gli operatori umanitari, mina il ruolo e l'indipendenza delle Nazioni Unite e dei nostri partner di fiducia e collega gli aiuti umanitari a obiettivi politici e militari”. Pertanto, i ministri chiedono: che Israele consenta la piena ripresa degli aiuti facilitati in modo indipendente dalle Nazioni Unite e dalle organizzazioni umanitarie per entrare a Gaza; e che Hamas “rilasci immediatamente tutti gli ostaggi rimanenti e consenta la distribuzione degli aiuti umanitari senza interferenze”.
Il messaggio si conclude con un appello al ritorno immediato al cessate il fuoco e all'attuazione di una soluzione a due Stati, che secondo loro è “l'unico modo per portare pace e sicurezza agli israeliani e ai palestinesi e garantire la stabilità a lungo termine per l'intera regione”.
L’Operazione Carro di Gedeone ha avuto inizio. Mentre sono in corso in Qatar colloqui indiretti per una nuova tregua e, a parole, Netanyahu si dice aperto a negoziare con Hamas e afferma che Israele consentirà l’ingresso di alcuni aiuti umanitari a Gaza, l’esercito israeliano ha annunciato l’inizio di un’offensiva su larga scala a Gaza, attraverso “ampie operazioni di terra” per conquistare il “controllo operativo” di vaste aree del già martoriato territorio palestinesi.
Funzionari militari israeliani hanno affermato che le loro forze hanno “eliminato decine di terroristi, smantellato siti di infrastrutture terroristiche ... e [sono] attualmente dispiegate in posizioni chiave”. All’operazione stanno partecipando cinque divisioni di fanteria e corazzate.
Gaza, la guerra totale di Netanyahu che nessuno sta fermando
I soccorritori e fonti mediche hanno riferito che almeno 140 persone, tra cui molte donne e bambini, sono state uccise in una serie di attacchi israeliani durante la notte e nella giornata di domenica nei quartieri a nord, centro e sud di Gaza.
L’attacco non ha risparmiato neanche i campi dove si erano rifugiati gli sfollati. Tra questi anche il campo di al-Mawasi, nel sud, precedentemente contrassegnato come “zona sicura” è stato colpito nella notte, provocando 22 morti e 100 feriti. Nell'ampio ordine di evacuazione di domenica, definito “ultimo avvertimento”, l'esercito israeliano aveva dichiarato che avrebbe “lanciato un potente attacco contro qualsiasi area utilizzata per il lancio di razzi” e aveva invitato la popolazione a “spostarsi immediatamente a ovest verso i rifugi conosciuti ad al-Mawasi”.
I funzionari sanitari hanno dichiarato di non essere in grado di far fronte alle vittime degli ultimi attacchi. “Gli ospedali sono sopraffatti dal numero crescente di feriti, molti dei quali sono bambini, e ... stanno lottando con la carenza di forniture mediche”, ha detto Khalil al-Deqran, portavoce del ministero della Salute di Gaza.
Gli ospedali continuano a essere sotto attacco. Tre ospedali pubblici sono ora “fuori uso” nel governatorato di Gaza Nord, ha detto il ministero della Salute, e nell’ultimo attacco i carri armati dell’IDF hanno circondato e iniziato a colpire l'ospedale indonesiano di Beit Lahia, secondo quanto ricostruito dalla BBC. All'interno c'erano 55 persone, tra cui quattro medici e otto infermieri. Gli altri erano pazienti immobilizzati che non erano riusciti a fuggire dall'ospedale dopo l'attacco del mattino. L'IDF ha affermato che le sue truppe stanno combattendo “siti di infrastrutture terroristiche” nel nord di Gaza, compresa l'area adiacente all'ospedale indonesiano.I medici hanno riferito alla BBC che prima degli attacchi non era stato emesso alcun ordine di evacuazione o avviso e hanno negato la presenza di obiettivi militari all’interno.
Questo attacco segue quelli precedenti a due dei più grandi centri medici di Khan Younis: il Nasser Medical Complex e l'European Hospital, al cui interno Israele ha accusato Hamas di nascondere un centro di comando e controllo e, in particolare, Mohammed Sinwar, figura di spicco di Hamas e fratello minore dell'ex leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, ucciso lo scorso ottobre a Tal al-Sultan, un’area di Rafah.
L’escalation dello sterminio
Intanto, l'ufficio del primo ministro ha dichiarato che Israele avrebbe consentito l'ingresso di alcuni generi alimentari a Gaza per evitare che “si sviluppi una crisi alimentare nella Striscia di Gaza”, aggiungendo che una situazione del genere comprometterebbe la sua nuova offensiva.
Israele è sottoposto a crescenti pressioni affinché revochi il blocco, durante il quale non è stato consentito l'ingresso di cibo, carburante o medicinali. Gran parte dei 2,3 milioni di abitanti non riesce più a trovare cibo a sufficienza e il sistema umanitario è vicino al collasso, secondo quanto riferito dai funzionari umanitari presenti nel territorio. Le Nazioni Unite hanno documentato almeno 10.000 casi di malnutrizione infantile, di cui oltre 1.400 classificati come malnutrizione acuta grave. E questi sono solo i casi di chi riesce ad arrivare in ospedale. Il ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot ha invitato Israele a consentire la ripresa “immediata, massiccia e senza ostacoli” degli aiuti a Gaza.
Il piano per gli aiuti di Netanyahu – che prevede la creazione di grandi centri di distribuzione gestiti da appaltatori privati nel sud di Gaza e sorvegliati dalle truppe israeliane per “impedire a Hamas di prendere il controllo delle forniture e distruggere le sue capacità di governo” – è stato definito dalle organizzazioni umanitarie irrealizzabile e potenzialmente illegale. Il piano “viola i principi umanitari fondamentali... È pericoloso, spinge i civili in zone militarizzate per raccogliere razioni, mettendo a rischio vite umane... e rafforzando ulteriormente lo sfollamento forzato”, ha commentato l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA). Le organizzazioni umanitarie hanno chiesto a Israele di revocare il blocco e affidarsi all'ONU e ad altri organismi umanitari esistenti, che hanno una lunga esperienza nel trasporto di aiuti a Gaza. "Se attuato, il piano equivarrebbe a un'escalation abominevole dello sterminio. In realtà, il piano di Israele è così palesemente estremo ed è stato reso così estremamente evidente che dovrebbe scatenare un'azione internazionale ai sensi del 'dovere di prevenire' della Convenzione sul genocidio, scrive Human Rights Watch.
Nel frattempo in Qatar si stanno svolgendo i colloqui indiretti per un nuovo accordo tra Israele e Hamas. Secondo quanto riferito da fonti interne, ci si starebbe concentrando sulla garanzia di una tregua di due mesi, con Hamas che libererebbe circa la metà dei 20 o più ostaggi ancora in suo possesso. In cambio, Israele rilascerebbe centinaia di palestinesi dalle sue prigioni e porrebbe fine al blocco totale imposto su Gaza dall'inizio di marzo. Gli Stati Uniti offrirebbero forti garanzie per assicurare lo svolgimento dei colloqui per porre fine definitivamente alla guerra. Tuttavia, fonti di entrambe le parti hanno affermato che finora non sono stati fatti grandi passi in avanti.
Una fonte di alto livello di Hamas ha dichiarato alla BBC che “non è stato raggiunto alcun progresso o svolta nei negoziati in corso a Doha a causa della continua intransigenza israeliana”. La fonte ha affermato che Hamas “respinge qualsiasi accordo parziale o temporaneo” e ha espresso la volontà di rilasciare tutti gli ostaggi israeliani in un'unica fase in cambio di un numero concordato di prigionieri palestinesi, il ritiro completo di Israele dalla Striscia di Gaza e l'ingresso degli aiuti umanitari, “a condizione di raggiungere un accordo di cessate il fuoco globale e permanente, cosa che la parte israeliana continua a rifiutare, poiché la sua squadra negoziale non ha il mandato per decidere su questioni fondamentali”.
Dietro le quinte si stanno muovendo gli Stati Uniti. Secondo quanto raccolto da Axios da un funzionario israeliano, i colloqui di Doha sarebbero solo di facciata, mentre le negoziazioni più importanti si starebbero svolgendo su altri canali.
L'inviato della Casa Bianca Steve Witkoff ha presentato a Israele e Hamas una proposta aggiornata per un accordo sul rilascio degli ostaggi e sul cessate il fuoco a Gaza e sta esercitando pressioni sulle parti affinché la accettino. La proposta di Witkoff è simile alle precedenti e prevederebbe il rilascio di 10 ostaggi in cambio di 45-60 giorni di cessate il fuoco e il rilascio dei prigionieri palestinesi, ma differisce per le prospettive a lungo termine: la nuova tregua sarebbe propedeutica a un cessate il fuoco permanente e garantirebbe a Hamas che Netanyahu non potrà decidere unilateralmente la fine del cessate il fuoco e riprendere la guerra, come ha fatto a marzo.
Secondo l’editorialista del Guardian, Jonathan Freedland, “Trump sta dicendo a Netanyahu che non è più il numero uno e che non ostacolerà alcuna decisione che il presidente USA ritenga più vantaggiosa per i propri interessi e quelli degli Stati Uniti e per i propri. (…) Ciò che Trump vuole da Netanyahu è che la guerra contro Hamas finisca e sparisca dagli schermi televisivi di tutto il mondo, ma il primo ministro israeliano non sta mantenendo le promesse”. Tuttavia, stando a quanto riportato da Axios, Netanyahu avrebbe dato un parere positivo, manifestando però molte condizioni e riserve, mentre Hamas vorrebbe maggiori garanzie sulla fine della guerra. In particolari, Hamas si aspettava condizioni più favorevoli da parte degli Stati Uniti dopo il rilascio dell’ostaggio statunitense Edan Alexander, cittadino con doppia cittadinanza statunitense e israeliana, negoziato direttamente con Trump e della cui operazione Netanyahu ha saputo solo dopo che era stata compiuta.
Netanyahu è diventato il principale ostacolo per i piani e gli interessi di Trump in Medio Oriente
A marzo, Israele ha rifiutato di avviare i colloqui sulla seconda fase di una fragile tregua di due mesi che avrebbe potuto portare alla fine del conflitto e al rilascio degli ostaggi rimasti. Ha quindi interrotto tutti i rifornimenti a Gaza e rilanciato la sua offensiva aerea.
Netanyahu è stato ripetutamente accusato – anche dalle famiglie degli ostaggi – di prolungare la guerra per motivi di politica interna – cosa che egli nega – e ha spesso affermato che Israele avrebbe continuato a combattere fino a quando Hamas non sarà “schiacciato”.
Secondo il giornalista del Guardian Jason Burke, l’obiettivo della nuova offensiva è diventare de facto i governanti di gran parte di Gaza e dei suoi 2,3 milioni di abitanti. Da oltre un anno, spiegava nelle scorse settimane Burke, circolano tra alti funzionari israeliani documenti programmatici che delineano e sostengono l'imposizione di un'amministrazione militare a Gaza.
La nuova massiccia offensiva, i recenti attacchi e il rigido blocco imposto a Gaza da Israele nel mese di marzo hanno suscitato una crescente ondata di preoccupazione e indignazione a livello internazionale. Venerdì, l'Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Volker Türk, ha affermato che l’obiettivo della campagna di bombardamenti è provocare un “cambiamento demografico permanente a Gaza” che “viola il diritto internazionale” ed è equivalente a una pulizia etnica.
Le parole di Turk sono state riprese anche dal segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, che, durante un vertice della Lega Araba a Bagdad, ha chiesto un cessate il fuoco permanente.
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