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Mentre in Georgia continua la stretta sugli oppositori, Milano apre le porte al sindaco di Tbilisi

17 Giugno 2025 5 min lettura

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Mentre in Georgia continua la stretta sugli oppositori, Milano apre le porte al sindaco di Tbilisi

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Domenica 15 giugno è stato il duecentesimo giorno di fila di proteste antigovernative in Georgia. La settimana che ha preceduto questa data simbolica è stata segnata da arresti e condanne che rendono evidente il consolidamento autoritario e non lasciano molte speranze a chi si oppone al partito al governo del paese, Sogno Georgiano. Negli stessi giorni, Milano e la Lombardia sono sorprendentemente entrati nel dibattito pubblico in Georgia a causa di due incontri bilaterali tra il sindaco di Tbilisi, Kakha Kaladze, il suo corrispettivo milanese, Giuseppe Sala, e il governatore della regione, Attilio Fontana.

"Fire to Russia! Fire to Oligarchy" - Activists from Unity platform marked Day 200 of #GeorgiaProtests with a performance, including marching to parliament with masks and torches and burning the Russian flag. 🎥 Nini Gabritchidze/Civil.ge

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— Civil.ge (@civil.ge) 15 giugno 2025 alle ore 20:22

Arresti e condanne: il caso Devidze

Da quando, lo scorso 28 novembre, sono iniziate le proteste in reazione alle dichiarazioni del primo ministro Irakli Kobakhidze sulla sospensione sui negoziati per l’integrazione europea del paese fino alla fine del 2028, le cose non sono cambiate in Georgia rispetto a quanto scrivevamo su Valigia Blu lo scorso marzo in occasione dei primi cento giorni di manifestazioni. I cittadini georgiani continuano a scendere per strada praticamente ogni giorno, anche se da febbraio in poi le proteste si sono concentrate soprattutto nella capitale, Tbilisi. Le richieste dei manifestanti sono rimaste le stesse: nuove elezioni parlamentari in virtù dei brogli che avevano caratterizzato la tornata elettorale di ottobre (evidenziati, tra gli altri, nel rapporto finale della missione di osservazione elettorale internazionale dell’OSCE/ODIHR) e il rilascio dei centinaia di prigionieri arrestati soprattutto tra dicembre e gennaio.

Parallelamente alle manifestazioni è cambiata anche la natura della repressione delle voci dissenzienti a Sogno Georgiano. Quando i numeri in piazza erano più alti le azioni di protesta venivano represse con l’uso della forza da parte della polizia. Adesso, il partito di governo fa ricorso soprattutto all’apparato legislativo per punire chi non accetta il nuovo status quo, siano essi manifestanti, attivisti, politici o giornalisti. Considerando che i partiti di opposizione non presenziano il parlamento per protesta contro i brogli alle elezioni di ottobre, Sogno Georgiano ha avuto, infatti, carta bianca per adottare una serie di leggi da usare a questo scopo (ben sintetizzate in un articolo in inglese del portale Open Caucasus Media).

Nei giorni scorsi ha destato indignazione il caso di Mate Devidze, un ragazzo di 21 anni che era stato arrestato durante la dispersione di una manifestazione contro i brogli lo scorso 19 novembre (prima ancora dell’inizio della fase calda delle proteste) e condannato a quattro anni e mezzo di reclusione il 12 giugno. Terminato un periodo in detenzione amministrativa, le accuse nei suoi confronti sono state riclassificate come reati penali ed è stato messo in custodia cautelare. Il ministero degli Interni sostiene che durante la protesta del 19 novembre, Devidze abbia attaccato fisicamente alcuni agenti, causando loro lesioni colpendoli con un bastone. Riprese video della scena mostrano Devidze mentre corre durante la dispersione e agita freneticamente un oggetto simile a un bastone in direzione degli agenti di polizia che lo inseguivano. È quasi impossibile ricostruire i fatti che hanno portato a una condanna così sproporzionata.

Devidze non è stato il primo e non sarà l’ultimo a ricevere una punizione esemplare. La sua condanna era stata preceduta da quella a 12 giorni di detenzione amministrativa a due studentesse ree di aver urlato verso una parlamentare di Sogno Georgiano in un bar di Tbilisi lo scorso 17 maggio: “Libertà ai prigionieri politici” e “Basta con gli schiavi della Russia”. Queste condanne così dure sono figlie appunto di nuove leggi che aggravano le pene in caso di insulti ai pubblici ufficiali. 

Il 13 giugno ha visto, dopo i casi di Zurab Japaridze e Nika Melia, l’arresto di un terzo esponente di punta dell’opposizione, Nika Gvaramia, che rischia come gli altri due fino a un anno di carcere per non essersi presentato a una commissione parlamentare istituita da Sogno Georgiano per individuare i responsabili della guerra del 2008. Si tratta di uno strumento che sta funzionando efficacemente per smantellare l’opposizione politica.

La trasferta milanese di Sogno Georgiano

Nella settimana che ha preceduto il duecentesimo giorno di proteste, anche l’Italia è entrata nel dibattito pubblico georgiano. 

Il 9 giugno il sindaco di Tbilisi (ex giocatore del Milan e attualmente anche Segretario Generale di Sogno Georgiano) Kakha Kaladze ha incontrato il suo corrispettivo milanese Giuseppe Sala e il governatore della Lombardia Attilio Fontana. In una situazione normale non si tratterebbe di nulla di sorprendente ma, da ottobre, ovvero da quando ci sono state le elezioni fraudolente in Georgia, l’Italia, così come gli altri paesi dell’Unione Europea con l’esclusione di Ungheria e Slovacchia, ha interrotto quasi tutti gli incontri di alto livello con i rappresentanti di Sogno Georgiano.

Anche quando tali incontri sono avvenuti, come nel caso di un bilaterale tra la ministra degli Esteri georgiana, Maka Bochorishvili, e la corrispettiva austriaca Beate Meinl-Reisinger a fine marzo, quest’ultima non ha mancato di condannare le violazioni dei diritti umani in corso in Georgia.

Non è stato questo il caso degli incontri in Lombardia. Come confermato dall’Ufficio Relazioni Internazionali di Palazzo Marino, interpellato da Valigia Blu, durante l’incontro con Sala non si è parlato dei diritti umani in Georgia, ma meramente di questioni amministrative.

L’incontro con Kaladze è stato seguito da un altro evento a cui ha partecipato Sala il 10 giugno in occasione dell’inaugurazione del consolato georgiano a Milano. In quell’occasione, insieme al sindaco di Milano c'erano il primo ministro georgiano, Irakli Kobakhidze, e la ministra degli Esteri, Maka Bochorishvili. Palazzo Marino ha dichiarato a Valigia Blu che l’evento non è stato occasione di incontri bilaterali e che Sala aveva accettato l’invito prima che il premier decidesse di partecipare. Ma ciò che resta sono le immagini, tra sorrisi e strette di mano, di un sindaco che si è fatto campione della difesa dei diritti civili in compagnia dei rappresentanti di un partito che ha adottato leggi esplicitamente contro la comunità LGBTQIA+ in Georgia. Le stesse persone che lo scorso 17 maggio avevano sfilato per le strade di Tbilisi per “la giornata della difesa della purezza della famiglia”, festività introdotta dal partito al governo in risposta alla Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. 

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Questi incontri milanesi dimostrano, come sottolineato da diversi analisti georgiani, anche il paradosso della politica del partito al governo in Georgia. Nella retorica di Sogno Georgiano l’Europa (e l’Occidente in generale) è lo spauracchio accusato costantemente di voler intaccare i cosiddetti “valori tradizionali” attraverso la “propaganda LGBT” e di voler trascinare la Georgia nel conflitto con la Russia (la retorica del “partito globale della guerra”). Al contempo, il partito cerca disperatamente di mostrare di avere buoni rapporti con i partner occidentali, dando enorme enfasi alla partecipazione di un amministratore locale italiano all’inaugurazione di una rappresentanza diplomatica che in realtà ha aperto i battenti nel 2023.

Il prossimo appuntamento politico in Georgia sono le elezioni amministrative autunnali. Considerando che la maggior parte dei partiti di opposizione boicotterà la tornata elettorale, gli arresti dei rappresentanti di questi partiti e il fatto che l'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’Osce non abbia ricevuto un invito a svolgere una missione di monitoraggio elettorale internazionale (un precedente che ricorda quanto avvenuto in Belarus’ e Russia negli ultimi anni), non sembrano esserci le premesse perché le cose cambino in Georgia.

 

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