Gaza, la guerra totale di Netanyahu che nessuno sta fermando
7 min letturaIeri il primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato una nuova offensiva “intensificata” a Gaza che comporterà il mantenimento delle truppe israeliane nei territori conquistati e un significativo sfollamento della popolazione. I soldati israeliani non entreranno a Gaza, non lanceranno raid per poi ritirarsi, ha affermato Netanyahu in un video postato su X. “L'intenzione è l'opposto... La popolazione sarà trasferita, per la sua stessa sicurezza”.
Il piano per “conquistare” la Striscia di Gaza e stabilirvi una “presenza permanente” era stato approvato all’unanimità la sera prima dal gabinetto di sicurezza israeliano. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno affermato che la nuova offensiva, denominata ‘Operazione Carri di Gedeone’, “comporterà un attacco su larga scala e lo spostamento della maggior parte della popolazione della Striscia, al fine di proteggerla in un'area libera da Hamas. E continueranno i raid aerei, l'eliminazione dei terroristi e lo smantellamento delle infrastrutture”.
In questi primi 19 mesi di guerra, le truppe israeliane hanno condotto operazioni su larga scala che hanno interessato tutte le zone di Gaza tranne quelle centrali, ma hanno limitato la loro presenza permanente a una zona cuscinetto profonda circa 1 km lungo il perimetro del territorio devastato e a due corridoi relativamente stretti che si estendono da est a ovest. Complessivamente, oltre il 70% di Gaza è sotto il controllo israeliano o coperto da ordini emessi da Israele che impongono ai civili palestinesi di evacuare quartieri specifici. Domenica, il capo dell'esercito, il tenente generale Eyal Zamir, ha dichiarato che l'esercito sta richiamando decine di migliaia di riservisti per consentire il dispiegamento di truppe regolari di leva a Gaza per la nuova offensiva.
Tutto questo avrà un impatto significativo per le finanze di Israele. Il costo dell’escalation della guerra a Gaza e la mobilitazione di decine di migliaia di riservisti israeliani potrebbe superare i 15,4 miliardi di shekel, cioè 3,8 miliardi di euro, minacciando la stabilità del bilancio israeliano, hanno avvertito alti funzionari del Ministero delle Finanze. Per finanziare la guerra potrebbero essere necessari drastici tagli di bilancio in tutti i ministeri, con un forte impatto sui servizi pubblici. I funzionari del Tesoro stanno anche valutando nuove tasse non incluse nel bilancio 2024. “Il governo sta discutendo solo gli obiettivi dell'operazione e non il suo costo finanziario”, ha detto a Ynet un alto funzionario del ministero delle Finanze. “Il costo della mobilitazione di decine di migliaia di riservisti per lunghi periodi sarà enorme e inevitabilmente danneggerà la crescita economica”.
Il piano di occupazione conferma i timori di lunga data di molte persone sulle intenzioni di Israele a Gaza. I funzionari israeliani parlano anche apertamente dello spostamento dei palestinesi verso il sud di Gaza e del loro potenziale sfollamento “volontario” dal territorio per consentire l'attuazione del piano di ricostruzione annunciato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump a gennaio. Il ministro delle Finanze israeliano di estrema destra, Bezalel Smotrich, ha detto agli israeliani di accettare la parola “occupazione”.
L'annuncio di Israele è stato pianificato con cura e tempismo, scrive il giornalista del Guardian, Jason Burke. L'idea di una nuova grande offensiva a Gaza è stata discussa e dibattuta all'interno del governo e dei vertici militari da alcuni mesi. Allora perché il governo israeliano ha annunciato questo piano in modo così clamoroso? E perché proprio ora?
Un fattore chiave sono i colloqui indiretti in corso con Hamas per un nuovo cessate il fuoco. Il governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu spera che la mobilitazione di decine di migliaia di riservisti da parte delle Forze di Difesa Israeliane, la minaccia di una nuova offensiva e la prospettiva che Israele si impadronisca di vaste zone di territorio costringano i leader di Hamas a fare concessioni.
Se ciò non dovesse accadere, il possesso fisico del territorio costituirà un utile strumento di pressione nei futuri negoziati e consentirà nel frattempo di mettere ulteriormente sotto pressione Hamas. I due obiettivi bellici di Israele – schiacciare Hamas e liberare i 59 ostaggi ancora in suo possesso – sono ancora invariati, ma Netanyahu stesso ha affermato che il primo è prioritario.
Se è vero che l’annuncio di Netanyahu ha suscitato la reazione e l’indignazione della comunità internazionale – un portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha affermato che il piano israeliano “porterà inevitabilmente alla morte di innumerevoli civili e all'ulteriore distruzione di Gaza” – il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump non ha commentato il piano ma ha accusato Hamas di aver trattato “molto male” la popolazione di Gaza. Gli Stati Uniti “aiuteranno la popolazione di Gaza a procurarsi del cibo”, ha detto Trump ai giornalisti alla Casa Bianca. “Hamas lo sta rendendo impossibile, perché sta prendendo tutto ciò che viene portato”.
Israele vede la visita di Trump in Medio Oriente la prossima settimana come una “finestra di opportunità” per un accordo sugli ostaggi a Gaza, prosegue Burke nella sua analisi. Israele sta cercando di “sfruttare” il viaggio del presidente degli Stati Uniti per spingere Hamas ad accettare un accordo.
A tutto questo, si aggiunge poi la questione della tenuta del governo. “Netanyahu sta assecondando questa linea per poter restare al governo: continuare la lotta su più fronti aiuta a mantenere viva la coalizione”, scrive su Haaretz il giornalista Amos Harel. “Dal suo punto di vista, questo è più importante della vita degli ostaggi”, considerato che a fine maggio inizierà la fase del controinterrogatorio nel processo che vede coinvolto Netanyahu e che gli potrebbe causare non pochi grattacapi. In altre parole, il premier israeliano starebbe proseguendo in questa guerra senza fine per potersi garantire una sopravvivenza politica e di potere.
“Sarò franco: stiamo marciando verso un altro disastro nella Striscia di Gaza”, aggiunge Harel. “Se il presidente degli Stati Uniti Donald Trump deciderà di rimanere fuori dalla questione durante la sua visita nel Golfo la prossima settimana, Israele inizierà a intensificare le operazioni militari a Gaza non appena tornerà a Washington. Considerando come è stata pianificata la manovra, è lecito aspettarsi un'invasione di vaste zone di Gaza, un controllo territoriale prolungato, la perdita di vite umane tra gli ostaggi e i soldati, ingenti danni alle infrastrutture civili rimaste, altre morti di massa tra gli abitanti di Gaza e un ulteriore deterioramento della situazione umanitaria in cui versano già i palestinesi. È tuttavia molto improbabile che ciò porterà a una sconfitta decisiva di Hamas”.
In Israele, centinaia di manifestanti sono scesi in strada a Gerusalemme, mentre una coalizione che rappresenta la maggioranza delle famiglie degli ostaggi detenuti da Hamas, circa la metà dei quali si ritiene siano morti, ha condannato la nuova offensiva pianificata come una minaccia alla vita degli ostaggi e dei soldati israeliani.
Israele ha anche reso pubblico il suo piano per consentire l'ingresso di alcuni aiuti a Gaza, che secondo i funzionari umanitari è stata portata “sull'orlo della catastrofe” da due mesi di stretto blocco israeliano di cibo, carburante, medicine e tutto il resto. Gran parte dei 2,3 milioni di abitanti non riesce più a trovare cibo a sufficienza e il sistema umanitario è vicino al collasso, secondo quanto riferito dai funzionari umanitari presenti nel territorio.
Il piano prevede la creazione di grandi centri di distribuzione gestiti da appaltatori privati nel sud di Gaza, dove i rappresentanti selezionati di ogni famiglia palestinese potrebbero recarsi per ritirare pacchi alimentari. Le truppe israeliane sorveglierebbero le basi, che probabilmente sarebbero situate in una vasta zona larga fino a 5 km attualmente in fase di sgombero lungo il confine con l'Egitto. L’obiettivo è “impedire a Hamas di prendere il controllo delle forniture e distruggere le sue capacità di governo”.
Il piano “viola i principi umanitari fondamentali... È pericoloso, spinge i civili in zone militarizzate per raccogliere razioni, mettendo a rischio vite umane... e rafforzando ulteriormente lo sfollamento forzato”, ha commentato l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA).
“Il nuovo piano di Netanyahu per Gaza è tratto direttamente dal manuale della guerra in Iraq”, osserva il giornalista Amir Tibon sempre su Haaretz. “Le aziende americane inizieranno ad operare nel sud di Gaza, sotto la supervisione dell'esercito israeliano, in un “‘complesso umanitario’ circondato da filo spinato. Due milioni di cittadini di Gaza saranno concentrati in questo complesso per ricevere cibo e aiuti, mentre Israele prenderà il controllo del resto di Gaza e userà la pressione esercitata sulla popolazione di Gaza per rovesciare il regime di Hamas”.
Con cosa sarà sostituito Hamas?, si chiede Tibon. Il governo israeliano non riesce a trovare una risposta, se non quella di dire “no” a ogni alternativa proposta: no a un governo palestinese diverso, no al controllo temporaneo da parte dei governi arabi, no al ritorno dell'Autorità Palestinese. Un copione già visto in Iraq, con “gli appaltatori americani che operavano sotto la guida militare nel tentativo di ‘separare la popolazione locale dai terroristi’ e sostituire il regime, ma non è chiaro con cosa esattamente”.
Secondo Jason Burke, invece, il risultato probabile, se la nuova offensiva dovesse andare avanti, sarebbe che le truppe israeliane finirebbero per diventare i governanti de facto di gran parte di Gaza e dei suoi 2,3 milioni di abitanti. Da oltre un anno, d’altronde, circolano tra alti funzionari israeliani documenti programmatici che delineano e sostengono l'imposizione di un'amministrazione militare a Gaza.
Immagine in anteprima: frame video Sky News via YouTube
