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Gaza, cosa succede quando il mondo guarda altrove

3 Luglio 2025 5 min lettura

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Gaza, cosa succede quando il mondo guarda altrove

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Durante i 12 giorni di conflitto tra Israele e Iran l’attenzione mediatica su quanto accadeva a Gaza è stata minore nonostante l’intensità degli attacchi israeliani non sia diminuita e la catastrofe umanitaria sia ulteriormente peggiorata.

Secondo una ricostruzione del Guardian, l’offensiva israeliana a Gaza tra il 13 e il 24 giugno non ha dato segni di tregua: proseguono gli ordini di evacuazione da parte dell’esercito israeliano (che ora riguardano l’80% di tutto il territorio di Gaza), continuano le uccisioni di palestinesi disperati alla ricerca di cibo nei centri di distribuzione allestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), un gruppo sostenuto da Israele e dagli Stati Uniti come alternativa al sistema di aiuti coordinato dall’ONU; gli aiuti umanitari sono sempre insufficienti secondo le stime dei funzionari delle Nazioni Unite che hanno parlato della necessità di 500 camion al giorno a fronte dei 450 fatti entrare in sette giorni da Israele. L’operazione “Carro di Gedeone” – che aveva fatto seguito alla rottura del fragile cessate il fuoco, lo scorso marzo, e a un blocco di 11 settimane di tutti gli aiuti umanitari – prosegue imperterrita, dunque. Netanyahu continua la sua guerra totale a Gaza.

Il giorno più sanguinoso è stato il 17 giugno. Testimoni hanno descritto scene da “film dell'orrore” dopo che le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro una folla in attesa di camion delle Nazioni Unite carichi di farina vicino a Khan Younis, nel sud, uccidendo almeno 59 palestinesi e ferendone centinaia.

I funzionari umanitari hanno affermato che in media 23 camion delle Nazioni Unite al giorno sono entrati a Gaza attraverso il principale posto di blocco di Kerem Shalom, e hanno ammesso che la maggior parte degli aiuti è stata “distribuita autonomamente” dai palestinesi affamati che li avevano fermati, oppure è stata saccheggiata da bande organizzate.

Le immagini, raccolte dal Guardian, mostrano persone che trasportano sacchi di farina lontano dalla scena prima che l'IDF inizi a sparare. Poco dopo, alcuni palestinesi feriti sono stati visti arrivare in un ospedale di Khan Younis.

L'attacco ha portato alla sospensione temporanea di questi convogli, aggravando la grave carenza di cibo nel territorio devastato. Anche il carburante, l'acqua potabile, le forniture mediche e molto altro scarseggiano, con conseguenze umanitarie disastrose. Un portavoce militare israeliano ha affermato che le truppe hanno rispettato il diritto internazionale e hanno preso tutte le precauzioni possibili per mitigare i danni ai civili.

Gli attacchi nei confronti delle persone che si accalcavano sui convogli umanitari saccheggiati o nei centri di distribuzione di GHF si sono verificati praticamente ogni giorno. Si parla di decine di centinaia di vittime e feriti.

Dall’inizio del conflitto su Gaza, i numeri sulle uccisioni a Gaza è stato fornito dal Ministero della Salute di Gaza, controllato da Hamas. L’ultimo conteggio, risalente al 25 giugno, parlava di 56.200 morti. Tuttavia, l’affidabilità di questi dati è stata messa in dubbio da alcuni, soprattutto con il progredire del conflitto e gli attacchi ai centri medici da cui il ministero attinge i dati sulla mortalità. Ma, secondo la prima indagine indipendente sulle uccisioni a Gaza tra l’ottobre 2023 e l’inizio di gennaio 2025 – condotta da un gruppo di ricercatori guidato da Michael Spagat, ricercatore di economia presso la Royal Holloway, Università di Londra, a Egham, e da Debarati Guha-Sapir, epidemiologa specializzata in conflitti civili presso l'Università di Lovanio a Lovanio-la-Nuova, in Belgio, con sede a Bruxelles – il numero delle vittime potrebbe essere maggiore. Le stime dei ricercatori parlano di quasi 84mila morti, in oltre la metà dei casi donne tra i 18 e i 64 anni, bambini o persone di età superiore ai 65 anni.  

Lo studio è stato pubblicato la scorsa settimana sul server di preprint medRxiv1 e non è stato sottoposto a revisione paritaria. Per condurre l’indagine, i ricercatori hanno collaborato con il Palestinian Center for Policy and Survey Research, un'organizzazione senza scopo di lucro con sede a Ramallah, per intervistare famiglie selezionate a caso e rappresentative della popolazione della Striscia di Gaza. Sono state incluse anche persone che vivono in rifugi di fortuna e tende. Il team di ricerca non è stato in grado di entrare nella parte settentrionale di Gaza, nella città di Gaza o a Rafah a causa del conflitto in corso e degli ordini di evacuazione, ma molte persone che vivono in quelle zone sono fuggite nelle aree oggetto dell'indagine.

A partire dal 30 dicembre 2024, per una settimana, coppie di ricercatori hanno visitato 2.000 famiglie e intervistato gli adulti. Agli intervistati, a cui è stato garantito l'anonimato, è stato chiesto di elencare il numero di persone che componevano la loro famiglia al 6 ottobre 2023 e i bambini nati da allora, e poi di riferire la sorte di tutti i membri della famiglia da allora, indicando se erano vivi, morti o dispersi. Per quanto riguarda i decessi, agli intervistati è stato chiesto di specificare se fossero stati causati da violenza o meno.

“La forza di questo studio deriva dal lavoro sul campo”, afferma a Nature Patrick Ball, statistico e direttore della ricerca presso il gruppo no profit Human Rights Data Analysis Group di San Francisco, California. 

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I ricercatori stimano che dal 7 ottobre 2023 al 5 gennaio 2025 ci siano state circa 75.200 morti violente a Gaza, mentre altre 8.540 persone sono morte per cause non violente a seguito della guerra. Il numero delle vittime sarà sicuramente salito, affermano i due coautori Spagat e Guha-Sapir, considerato l’esacerbarsi del conflitto e delle condizioni umanitarie dopo la rottura del cessate il fuoco.

Spagat ha riconosciuto che l'indagine potrebbe essere parziale: ad esempio, gli intervistati potrebbero aver segnalato la morte di membri della famiglia allargata che non vivevano nella loro famiglia, portando a un sovradimensionamento del numero delle vittime. Alcuni hanno affermato che, basandosi su resoconti aneddotici e sulla garanzia dell’anonimato, i dati raccolti sono inverificabili. Ma, secondo Laith Jamal Abu-Raddad, epidemiologo specializzato in malattie infettive presso la Weill Cornell Medicine-Qatar a Doha, sentito da Nature, il team ha progettato l'indagine per ridurre al minimo tali distorsioni. Inoltre, il conteggio della ricerca condotta da Spagat e Guha-Sapir è in linea con le stime di un altro studio, a cura di ricercatori della ​​London School of Hygiene & Tropical Medicine, Yale University e altre istituzioni, soggetto a peer-review e pubblicato all’inizio di questo anno su The Lancet, che aveva parlato di di 64.260 morti violente fino alla fine di giugno 2024.

Immagine in anteprima: frame video Guardian 

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