L’addio ai trailer e la miopia della SIAE
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5 min lettura
L’ennesima vicenda molto italiana si è consumata in questi giorni. La notizia viene lanciata da alcuni siti amatoriali che trattano di cinema, con recensioni e critiche, i quali informano i loro lettori di aver dovuto rimuovere i trailer dei film, cause esose richieste da parte della Siae.
Prima di chiarire cosa è accaduto è doverosa una premessa. I trailer non sono delle “citazioni” (tipo riassunti per intenderci) del film, per cui potrebbero rientrare nelle libere utilizzazioni previste dal diritto d’autore, ma vengono ritenuti vere e proprie opere d’ingegno separate dal film al quale si riferiscono, tutelabili autonomamente ed allo stesso modo dell’opera maggiore. Però, essendo in fin dei conti delle forme di pubblicità del film, che quindi incentivano la gente a vedere l’opera principale, in genere vengono distribuiti dalla case produttrici senza alcuna limitazione, cioè con licenza di libera distribuzione. Questo spiega perché nessuno si è mai posto il problema di inserire un trailer sul proprio sito, specialmente su portali di condivisione video come YouTube la presenza di trailer è piuttosto elevata, spesso sono le stesse case produttrici ad approfittare di tali vetrine per le loro “pubblicità”.
Nel gennaio del 2011, però, come racconta un articolo de Il Post, è stata stipulata una convenzione tra la Siae, la Agis (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) e le associazioni di categoria aderenti, valida fino al 31 dicembre 2012, con “la necessità di assicurare il pieno rispetto della normativa internazionale sul diritto d'autore nel settore delle utilizzazioni multimediali via internet al fine, nel caso specifico, di evitare ai titolari dei siti cinematografiche di non incorrere nelle conseguenti responsabilità”.
Secondo il responsabile SIAE per la multimedialità si tratta semplicemente della regolarizzazione di situazioni esistenti di siti che pubblicano da anni video musicali, trailer cinematografici e altri contenuti multimediali che contengono musica protetta dal diritto d’autore. Si tratta, quindi, della licenza di video on demand con riferimento, come recita il regolamento Siae, a “sito o la sezione o pagina di portale o di sito”, senza alcuna distinzione in relazione al tipo di sito.
Per la Siae, infatti, non fa alcuna differenza se il sito è commerciale, è un giornale, oppure un semplice blog amatoriale, per la Siae conta solo il diritto d’autore, come chiarì ampiamente il presidente della Siae nel 2007 (“…la nostra vocazione è far pagare più soldi possibile, siamo valutando tutti i mezzi per incassare di più…”).
In sostanza il discorso riguarda le musiche contenute nei trailer, e genericamente i video contenenti musica (“Servizi generalisti che comprendono video con commenti musicali e colonne sonore (quali magazine online, siti di contenuti audiovisivi promozionali, ecc.). Fino a 30 video, per una durata massima complessiva di 10 ore”) con durata superiore a 45 secondi, e quindi non solo i trailer.
Da tale convenzione è immediatamente scaturito l’obbligo da parte dei siti delle sale cinematografiche di pagare per la pubblicazione dei trailer (compreso i booktrailer). Ma nessuno si è accorto dello squilibrio, cioè i siti delle sale cinematografiche erano obbligati a pagare qualcosa che i siti amatoriali invece pubblicavano senza alcun esborso. Di conseguenza, sulla base della genericità della norma di cui sopra, la Siae ha deciso di allargare la sua applicazione ad ogni sito web, e quindi ha iniziato a chiedere il pagamento dei diritti a tutti i siti che pubblicano trailer online.
La risposta dei siti in questione (Fantasy Magazine, Corriere della fantascienza e Horror.it) è stata unanime: hanno rimosso i trailer, trattandosi di 1800 euro l’anno per un massimo di 30 trailer (che in realtà è la tariffa minima, la somma effettiva andrebbe calcolata in percentuale sugli introiti lordi, in assenza dei quali scatta il minimo indicato).
C’è da dire che sulla base della norma che non differenzia tra le tipologie di siti, è facile presupporre che nel prossimo futuro anche gli utenti che inseriscono video nelle pagine dei social network come Facebook, riceveranno la richiesta di pagamento dei diritti. In linea di massima, quindi, non si tratta di una aberrazione giuridica, quanto piuttosto di una esasperazione del diritto d’autore realizzata dalla Siae.
In ogni caso vengono alla mente numerose perplessità. Innanzitutto, ci si chiede il senso di una operazione del genere, visto che il trailer, anche se è sempre un’opera tutelabile dal diritto d’autore, è principalmente una forma di pubblicità del film. Per cui il tutto si traduce in un assurdo sistema per far pagare la pubblicità a chi la inserisce nel sito. Con le dovute differenze, sarebbe un po’ come se Google Adsense dicesse ad un blogger: “vuoi mettere la mia pubblicità sul tuo sito? Allora pagami!”.
E le cifre richieste dalla Siae sono anche piuttosto onerose (di sicuro per i siti amatoriali). Ma la conseguente eliminazione dei trailer dai siti pare ovvio che avrà un impatto negativo sul film stesso, poiché come è noto la gente preferisce avere un assaggio del film, piuttosto che vederlo a scatola chiusa. Per cui la mossa della Siae pare non giustificabile sotto questo profilo, invece di incentivare la gente ad andare al cinema o a comprare il Dvd, si costringono molti siti a togliere i trailer, così danneggiando gli stessi clienti della Siae i cui profitti dipendono anche dalla pubblicità costituita dai trailer, e quindi un intero settore che non è certo tra i più floridi.
Paradossalmente sembra che in Italia ci sia una decrescente attenzione allo sviluppo dell’economia, a fronte di una crescente voglia di spremere le posizioni dominanti, anche al costo di affossare l’intero settore, in un’ottica miope di breve periodo. E, non dimentichiamo che nel contempo tale mossa alimenterà la pirateria, al punto che da domani probabilmente avremo anche un mercato pirata dei trailer, oltre a quello dei film.
Ma quali sono i casi nei quali non si pagano tali diritti?
La convenzione Siae-Agis precisa che non pagano diritti i siti che:
- non diffondono trailer o musiche di fondo;
- diffondono le sole immagini dei trailer senza colonna sonora e/o musicale;
- utilizzano i trailer in modalità “redirect” (reindirizzamento), ovverosia mediante link generati automaticamente dai motori di ricerca di uso generale e/o mediante link che consistono in un mero reindirizzamento ad un sito esterno a quello dell’esercente (ad esempio al sito della casa di distribuzione).
Infine, se pensiamo che tutto dipende dall’accordo Siae-Agis, che ovviamente è applicabile solo sul territorio italiano, osserviamo che i trailer potranno tranquillamente essere pubblicati su siti posti su server esteri, anche negli altri paesi dell’Unione Europea. Non invece su YouTube, che pur avendo i server negli Usa e la sede in Irlanda, ha comunque sottoscritto un accordo con la Siae per i contenuti video pubblicati dagli utenti, per cui YouTube paga i diritti, ma solo per la trasmissione sulle sue pagine, mentre l’embed su siti esterni deve essere regolarizzato separatamente.
Un ulteriore disincentivo, quindi, all’utilizzo di servizi di hosting italiani, che di sicuro non farà bene alla nostra già asfittica economia. Insomma, con questa mossa la Siae ha preso due piccioni con una sola fava, facendo i proprio esclusivi interessi ma danneggiando quelli di altri settori economici, compreso probabilmente i suoi stessi clienti.
L’ennesima vicenda molto italiana dove alla fine cioè che conta è solo la difesa degli interessi particolari anche a scapito dello sviluppo di interi settori economici.
La soluzione comunque potrebbe essere anche più semplice, considerando che la pubblicità ha una disciplina diversa, per cui basterebbe che i trailer venissero inquadrati, più correttamente, tra la pubblicità, cosa che implica che le case produttrici debbano pagare i siti per inserirla.
Bruno Saetta - brunosaetta.it
@valigiablu - riproduzione consigliata
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