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Smetterla con le manifestazioni e i cortei?

17 Ottobre 2011 3 min lettura

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Smetterla con le manifestazioni e i cortei?

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Smetterla con le manifestazioni e i cortei? Forse sì. Almeno per uscire dalla trappola. 

A Roma, sabato si è ripetuto un copione purtroppo già visto spesso negli ultimi dieci anni: sull'onda di un movimento sociale, a tratti culturale, spesso pre-politico, di carattere internazionale, si coagula una massa critica di persone che con entusiasmo, passione, impegno e generosità provano a manifestare il loro dissenso nei confronti dello status quo. E qui arriva il problema, perché a un certo punto quel movimento (che nel caso di Genova 2001 fu ancora più strutturato, vi ricordate i Social Forum mondiali degli anni precedenti?) decide di utilizzare strumenti vecchi e superati per porre
all'attenzione dell'opinione pubblica questioni nuove e impellenti. 
I cortei si facevano nel secolo scorso, quando le forze politiche organizzate (sindacati e partiti) erano in grado di organizzarli e controllarli in modo che le intenzioni e le parole d'ordine iniziali non fossero distorte e strumentalizzate in una controproducente e dannosa eterogenesi dei fini che avrebbe colpito loro in primis. Per fare i cortei servivano i servizi d'ordine, i veterani della piazza, quelli che sapevano dialogare con la Questura e quelli che sapevano "allontanare" i provocatori per evitare proprio quello che negli ultimi
dieci anni accade sistematicamente ad ogni movimento (Genova, l'Onda, gli Indignati italiani...). 
Mettere insieme alcune decine di migliaia di persone non è cosa che si improvvisa, le organizzazioni di massa del secolo scorso lo potevano fare con grande dispendio di energie e risorse, i movimenti fluidi, leggeri (dal punto di vista della struttura, non dei contenuti!) degli anni recenti non ne hanno per loro stessa definizione la capacità e le forze e in questa zona grigia la fanno da padrone i parassiti-violenti che si impadroniscono della scena e la distruggono con facilità. E non credo nemmeno che spetti più di tanto alle forze dell'ordine il compito di chiarire quest'equivoco di fondo per cui i cortei vengono regolarmente infiltrati e i movimenti distrutti da alcune centinaia/migliaia di facinorosi. 
È evidentemente un problema
"politico" dei movimenti stessi, se ormai accade sempre e comunque con la stesso, terrificante schema: Movimento-Consenso-Manifestazione-violenze-polemiche-fine movimento. Forse è giunta l'ora di riconoscere che alcuni strumenti che facevano parte dell'armamentario politico delle generazioni precedenti non hanno più nulla a che vedere con quelli, come noi, che oggi hanno venti o trent'anni. 
Oggi usiamo internet, non i telegrammi, la piazza è quella virtuale, non più quella fisica, l'efficacia di una campagna si misura su ben altri parametri che la misurazione di "quanta gente è scesa in piazza". Siamo passati attraverso l'era televisiva (avete presente Silvio?) e abbiamo già attraversato quattro o cinque fasi di sviluppo della stessa internet. Non vi sembra che si possa fare un salto di qualità anche nella sana, legittima e democratica contestazione politica? 
Ci lamentiamo della gerontocrazia che governa il paese e poi riproponiamo le stesse vecchie scene da tv in bianco e nero? Il cambiamento e l'innovazione, il consenso intorno a una proposta politica nuova e alternativa, secondo voi passano ancora da un "polveroso" corteo, specie se poi finisce sempre con scontri-feriti-devastazione?
Filippo Solibello -  Caterpillar 
@valigiablu - riproduzione consigliata
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