Le masse della rete non vanno in piazza: lamento di un’agitatrice virtuale
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Già perché 200 mila firme su Facebook diventano 10 teste in piazza? E perché oggi delle immense dimensioni del Popolo Viola non vi è più traccia? Questa “labilità” è la fisiologia del consenso liquido o la patologia della lotta politica al tempo del web 2.0, e magari effetto di inconsistenza politico-culturale interna ai singoli movimenti? La prima domanda e molte altre – la seconda è mia – se le fa Arianna Ciccone in questo intervento sul blog di Valigia Blu.
L’opinione e la volontà politica che si raccoglie attorno alla rete sono reali, non immaginarie. Le opinioni si muovono davvero e magari si va in piazza una sola volta, in modo anche potente. Ma se si chiede a quelle persone di mobilitarsi per quella stessa causa per la quale hanno firmato, di far durare il loro impegno, questo non succede. E quindi: è una paralisi da inconsistenza politica o funziona proprio in questo modo qui?
Sono certo che la Ciccone pensa alla patologia. Io penso alla fisiologia. Cioè, è così che funziona. Di recente ho sostenuto cose analoghe, anche in polemica con Marco Pannella che aveva definito gli ascoltatori di radio radicale “consumatori” della radio che, quindi, non si mobiliterebbero per la politica ivi ascoltata. E certo...
Io penso che c’è qualcosa che ci fa vivere la politica in una sfera che non è più fisica, ma ha consistenza reale quando si pensa, si vive e si vota. E’ la vita “sullo schermo”, come l’ha chiamata 12 anni fa Sherry Turkle. Poi che il potere faccia fatica a percepirla come reale è altra faccenda. Sì, certo, è qualcosa di molto vicino al berlusconismo storico, quello nato dalla cultura della tv commerciale. Ma delle pochissime cose positive che si possono dire di quel movimento, un giorno si dovrà affermare il carattere della sua simbiosi col pensiero dei media – poi i suoi e i nostri sono diversi, come diversi i contenuti, ma questa è ancora altro capitolo.
Insomma leggere la Ciccone e dibattere, se si vuole.
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