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La Rete si mobilita, ma poi non scende in piazza

2 Agosto 2010 4 min lettura

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La Rete si mobilita, ma poi non scende in piazza

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“Tanto non cambia mai niente”. Quante volte mi sono fermata bloccata da questo. Ma è da un po’ di tempo (da quando la richiesta di rettifica al Tg1 di Minzolini - perché prescrizione non è assoluzione - è stata sottoscritta da 200mila cittadini) che sento l’esigenza di impegnarmi, mobilitarmi, farmi sentire, vedere, espormi anche se al fondo quella vocina rimane: “Tanto non cambia mai niente. A che serve?”. Adesso so perché lo faccio. Non lo faccio più perché convinta che qualcosa cambierà ma perché sento necessario impegnarmi come cittadina. Sta tutto qui il senso. Al di là dei risultati che si otterranno, se si otterranno.

La riflessione che sto per fare nasce da una constatazione (senza aggettivi perché è una constatazione e basta, non è amarezza, ma leggere la realtà per quella che è e provare a capirla).

Ancora una volta la Rete si mobilita (vedi la campagna dei post - it partita proprio dalla Rete e rilanciata da Repubblica, diventando una dei simboli più forti della mobilitazione dell'opinione pubblica contro la legge sulle intercettazioni), ma non scende in piazza. Quando siamo andati a consegnare alla Rai le firme raccolte per una rettifica al Tg1 gli iscritti al gruppo su facebook “la dignità dei giornalisti e il rispetto dei cittadini” erano 154mila in 5 giorni (poi con il tempo siamo diventati 208mila e oltre 17.000 sulla pagina fan). Con me alla Rai c’erano 10 persone. E così ogni volta che ci siamo andati per rinnovare la nostra richiesta (tutt’ora senza risposta da parte dei vertici Rai). Eravamo un centinaio (sebbene gli iscritti all’evento che hanno cliccato “parteciperò” fossero più di mille) sempre davanti alla Rai il giorno della protesta e dello sciopero di RaiNews.

E la vedi, la senti dai commenti, dai post: la partecipazione dei cittadini è forte, è costante, è immensa. Indignazione, partecipazione. Virtuale però. Perché la Rete si mobilita ma poi non scende in piazza. Stessa scena per la contestazione della legge bavaglio sin dalla prima volta quando è stato organizzato lo speaker’s corner davanti a Montecitorio. Era la prima mobilitazione “fisica” contro una legge che era (è) un vero e proprio attacco al diritto dei cittadini all’informazione e alla sicurezza. C’era poca gente. Così come c’era poca gente il 29 luglio ancora una volta davanti a Montecitorio per dire No alla Legge Bavaglio e No al Bavaglio alla Rete (comma 29 dell'art.1, eppure il nostro appello al presidente Fini e all’Onorevole Bongiorno ha raggiunto in 3 giorni oltre 10.000 adesioni).

Io e Guido Scorza, che eravamo lì insieme ad altri, ce lo siamo chiesti: ma la gente che in Rete si mobilita e si ribella qui dov’è? Il giorno dopo leggo un commento su un post della pagina “No alla Legge bavaglio alla rete” in cui si parla appunto della legge rinviata a settembre e del successo della manifestazione (che poi era un sit-in, un presidio organizzato dalla FNSI per il giorno 29 davanti alla Camera). Il commento di Carlo denuncia e lamenta la mancata partecipazione, secondo lui il sit-in è stato un flop e bisognerebbe ammetterlo.

Ma è proprio così che stanno le cose? La Rete si mobilita ma poi non scende in piazza. È vero. Ma non credo affatto che sia stato un flop, e lo sapete perché? Perché mi sono messa in testa che le forme di mobilitazione sono cambiate, com’è cambiato il mondo tutto a partire dall’informazione e dalla comunicazione. Mi sono messa in testa che in tre giorni (weekend di fine luglio) 10.000 persone che aderiscono all’appello per fermare la legge bavaglio alla rete valgono (in termini “politici”) quanto 1.000 persone che si riuniscono in piazza. Chi decide il peso della mobilitazione? Se l’opinione pubblica ha trovato un altro modo di esprimersi e farsi sentire forse bisognerà ottimizzare il nuovo strumento, valorizzarlo e non vedere un fallimento quando si utilizzano “metodi tradizionali”? Ma qui poi arriviamo al passo successivo ossia alla necessaria alleanza della rete con i media main stream, solo se diventi notizia per i grandi giornali o le tv allora la Rete esce dall’”acquario” e può incidere sulla società.

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Insomma perché 12.000 persone “riunite” su Facebook varrebbero di meno che 100 in piazza? Ho lanciato il quesito sulla mia bacheca (95 commenti in pochissimi minuti) le spiegazioni della scarsa partecipazione fisica vanno da gli italiani sono pigri, è facile fare clic ma poi andare in piazza è un’altra cosa a perché c’è il lavoro, la famiglia, spostarsi per arrivare a Roma costa…. Secondo me sono tutte motivazioni valide.

La discussione in sintesi che pongo è: come possiamo valorizzare la mobilitazione dei cittadini sulla Rete che c'è ed è forte ed è innegabile? 

Arianna Ciccone
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