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La mezza bufala della bimba cristiana affidata a una famiglia musulmana

31 Agosto 2017 11 min lettura

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La mezza bufala della bimba cristiana affidata a una famiglia musulmana

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Aggiornamento 3 ottobre 2017

La “bambina cristiana” che, secondo il Times (e diversi giornali italiani che avevano riportato la notizia), era stata costretta all’affidamento a una famiglia musulmana, ha avuto una relazione calorosa con le persone alle quali era stata affidata e vuole vederli di nuovo. È quanto emerge da un’indagine interna del consiglio di Tower Hamlets, il municipio di un quartiere di Londra che aveva stabilito l’affido della bambina di cinque anni.

A suscitare clamore intorno alla vicenda era stato un articolo del Times, secondo il quale “una bambina di cinque anni, bianca, era stata presa dalla sua famiglia e costretta a vivere con due tutori musulmani a Tower Hamlets” e a seguire precetti e costumi della religione islamica. A fine agosto, la piccola era stata poi affidata alla nonna materna, che si era scoperta essere musulmana non praticante e avere l’intenzione di portare la bambina nel suo paese di origine.

Lunedì scorso, scrive il Guardian, durante un’audizione al tribunale della famiglia di East London, il giudice Kathun Sapnara ha letto una relazione presentata da Tower Hamlets dopo aver intervistato la nonna materna, un assistente sociale e la bambina. I risultati dell’inchiesta interna del municipio londinese, ha dichiarato il giudice, smontano le accuse sollevate dal Times e «forniscono una narrazione alternativa» a quella del quotidiano britannico: dalle interviste fatte emerge che «la famiglia affidataria non ha mai negato cure affettuose e adeguate alla bambina», come confermato anche dal tutore legale (guardian) della piccola. La nonna materna ha dichiarato che la bambina «ha un rapporto affettuoso con uno dei due tutori e con il loro figlio» e, ha aggiunto Sapnara, la bambina stessa ha dichiarato «di sentire la loro mancanza». Durante l’udienza è emerso anche che la bambina ha una doppia nazionalità, è stata battezzata ma non è mai stata portata in Chiesa, mentre i suoi nonni materni sono musulmani, non frequentano la moschea e pregano in casa.

Entro venerdì Tower Hamlets dovrà redigere un rapporto dell’inchiesta in modo che possa essere pubblicato. Gli avvocati della madre hanno dichiarato di opporsi a una sua pubblicazione e hanno annunciato un ricorso. La sentenza definitiva sul futuro della bambina è prevista per dicembre.


 

Questa storia è un mix di dettagli non verificabili, false informazioni e omissioni. Tutto inizia lunedì scorso quando The Times pubblica un articolo dal titolo “Bambina cristiana costretta all’affidamento a una famiglia musulmana”. Il sottotitolo dava più dettagli: “preoccupazione per la ragazza costretta a togliere una collanina con il crocifisso e a imparare l’arabo”.

Secondo la ricostruzione del Times, che ha detto di aver potuto visionare in esclusiva documenti riservati delle autorità locali, “una bambina di cinque anni, bianca, è stata presa dalla sua famiglia e costretta a vivere con due tutori musulmani a Tower Hamlets”, uno dei quartieri più multiculturali di Londra. Inoltre, alla bambina era stato proibito di mangiare il suo piatto preferito, gli spaghetti alla carbonara, perché c’era il maiale, e, stando a quanto affermato da un supervisore dei servizi sociali, che aveva chiesto l’anonimato, la bambina era molto provata perché la famiglia affidataria non parlava la lingua inglese. Eppure, sottolineava il Times, la legge richiede che nella scelta dell’affidamento si tenga conto della "religione, del background linguistico e culturale, della razza". Negli ultimi sei mesi invece la bambina aveva vissuto con due famiglie entrambe musulmane, al cui interno in un caso pare che la madre vestisse il niqab, la tunica nera che copre le donne dalla testa ai piedi, nell’altro che le donne dovessero indossare il burqa prima di uscire di casa.

Sempre al quotidiano britannico, la madre della bambina aveva raccontato di essere sconcertata per la situazione in cui si trovava la figlia, confusa da alcune affermazioni ascoltate dagli affidatari come  «Pasqua e Natale sono feste stupide» e «le donne europee sono alcolizzate e idiote»: «Questa è una bambina bianca, inglese, che ama il calcio ed è stata battezzata in una chiesa. Ha già subito il trauma di essere separata dai genitori e ha bisogno di essere circondata da una cultura che conosce e ama. Invece è intrappolata in un mondo che non conosce e la spaventa», aveva riferito un amico di famiglia.

Nel dare la notizia il Daily Mail e il Mail Online, riporta il Guardian, hanno manipolato la fotografia inserita nell’articolo che ritraeva una coppia in abito islamico con un bambino. L’immagine originale, che aveva una didascalia intitolata “coppia felice nel parco di Dubai”, è stata presa da Getty Images e modificata aggiungendo il velo al viso della donna. Getty Images ha confermato che l’immagine originale non mostrava una donna velata e ha aggiunto che si trattava di una foto che consentiva modifiche alla versione originale. Il Mail ha manipolata la fotografia sia nell’edizione cartacea che in quella online, successivamente modificata per pixellare il volto della donna.

Il giorno dopo, il 29 agosto, il giudice Khatun Sapnara ha deciso che la bambina sarebbe andata a vivere con la nonna. Sempre secondo il Times, la nuova decisione, presa da un giudice di fede musulmana, era volta a tutelare il benessere della bambina e per andare incontro alle sue esigenze fondamentali "in tema di etnia, cultura e religione".

Come è facile notare, gli articoli del quotidiano britannico hanno indugiato su aspetti legati alle differenze culturali puntando a porre in contrapposizione in modo opinabile presunti precetti della religione musulmana (il divieto di mangiare il maiale, l’obbligatorietà di indossare il burqa, l’inutilità di festività come pasqua e natale, il fatto che i genitori parlassero solo l’arabo) e l’educazione ritenuta “tipica” delle società occidentali e cristiane (la pasta alla carbonara, l’amore per il calcio, la collanina con il crocifisso, parlare lingua inglese). Tutti aspetti, tra l'altro, difficili da verificare in assenza di fonti attendibili. Il giornalista chiedeva un atto di fede nei suoi confronti.

Man mano, però, che sono emersi più dettagli, che hanno fornito un quadro più completo della situazione e aiutato a farsi un’idea più chiara di tutto, ci si è accorti che l’articolo non era strutturato per aderire a criteri giornalistici ma più per creare scalpore e quindi discussioni e più vendite e traffico online.

Innanzitutto, come si legge in una nota del municipio di Tower Hamlets, non è vero che la famiglia affidataria non parlava la lingua inglese. Tower Hamlets ha respinto la versione del Times e accusato il giornale britannico di aver riportato dei fatti poco accurati, su un caso invece molto complesso. Inoltre, un portavoce ha dichiarato di aver accolto con favore la decisione del giudice, che era stato il municipio stesso a proporre di affidare la bambina alle cure della nonna e di aver avuto sempre a cuore il miglior interesse per lei. Per la bambina, si legge nella nota, era stata individuata una famiglia di “razza” mista che parlava la lingua inglese e la soluzione trovata era temporanea con l’obiettivo di trovarne una definitiva entro cinque anni. “La decisione di scegliere un affidatario è basata su diversi fattori, tra cui il background culturale e la prossimità per favorire il contatto con la famiglia e la scuola dei bambini per dare loro massima stabilità possibile. Abbiamo sempre lavorato affinché i bambini vengano curati da un membro della famiglia e continueremo a farlo”.

Ieri pomeriggio la Corte ha pubblicato gli atti della sentenza che smentiscono la ricostruzione del Times, soprattutto rispetto al presunto “scontro di civiltà”. La bambina è stata affidata alla nonna materna nel rispetto di quanto prevede la legge del Regno Unito secondo la quale "la famiglia affidataria deve essere culturalmente vicina (religione, razza, cultura e lingua) a quella di provenienza". In precedenza, nel marzo 2017, quando la bambina è stata affidata alla prima famiglia, si legge nella sentenza, non era stato possibile trovare il suo padre biologico e un nucleo familiare culturalmente simile. Il caso era stato segnalato dalla polizia ai servizi sociali. A quanto pare, scrive il giornalista di IrishTimes, Conor James McKinney, la madre aveva problemi di alcool e droga. In estate, poi, c’era stato un affidamento temporaneo a un’altra famiglia per consentire al primo affidatario di poter andare in vacanza.

Il 27 giugno la madre della bambina aveva fatto ricorso alla Corte che aveva fissato l'udienza per il 29 agosto.

La bambina, ascoltata dal suo tutore legale (guardian) ha detto di trovarsi bene presso la sua seconda famiglia affidataria. Presumibilmente le sue lamentele si riferivano alla prima famiglia, ma non è provato. Dagli atti della sentenza, inoltre, non emergono evidenze sul divieto di mangiare carne di maiale, sulle frasi che la bambina avrebbe ascoltato sulle festività cristiane e sul crocifisso strappato.

Il tutore della bambina, che ha condotto inchieste e incontrato la piccola nell’attuale sistemazione e parlato con lei da sola, ha detto che le condizioni della bambina e la cura da parte degli affidatari sono soddisfacenti, come sottolineato da lei stessa.

La nuova affidataria, la nonna materna, in precedenza senza i requisiti necessari per ottenere l'affidamento, è musulmana e, riporta il Telegraph, durante l'udienza è stato necessario il ricorso a un traduttore. La nonna ha chiesto di portare la bambina con sé all'estero e il Tribunale sta valutando la richiesta. La decisione presa è temporanea.

La nonna materna presso la quale ora vivrà la bambina è musulmana, anche se non praticante, mentre la madre della piccola aveva detto di essere di religione cristiana.

La scelta dell'affidamento alla nonna era stata proposta dal municipio di Tower Hamlets prima della pubblicazione dell’articolo del Times e la decisione del giudice è stata presa nel miglior interesse della bambina e non in risposta alla pressione mediatica. La Corte si è detta preoccupata della divulgazione delle foto che ritraggono la bambina e uno dei suoi affidatari.

Già il 15 agosto il municipio di Tower Hamlets aveva proposto una modifica del suo piano di tutela chiedendo di affidare la bambina alla nonna materna, trovando l’accordo di tutte le parti in causa. Il nuovo affidamento sarà soggetto a un accordo scritto con la nonna e la madre per salvaguardare il benessere della bambina. Il tribunale ha approvato il nuovo piano di assistenza ritenendolo nel miglior interesse del minore.

Per fugare ogni dubbio, la Corte ha ritenuto doveroso specificare che la sua decisione è stata presa in applicazione delle leggi esistenti in base alle prove avute dalla Corte e non in seguito alla pressione mediatica dopo la pubblicazione di alcuni articoli sui quotidiani britannici. La madre ha confermato di non aver diffuso documenti riservati alla stampa e la Corte ha espresso preoccupazione per la pubblicazione delle foto della bambina e del suo affidatario.

La BBC in un lungo articolo ha spiegato che è molto meno usuale che vengano affidati bambini non musulmani a famiglie musulmane che il contrario. Il ruolo degli affidatari è molto delicato ed è sottoposto a continui controlli: possono accedere alla formazione dei bambini ma devono dimostrare di stare rispettando gli standard legali di cura. Chi si occupa di bambini vulnerabili deve garantire di comprendere i principi di “uguaglianza, inclusione e pratica anti-discriminatoria”.

Chi vuole avere un bambino in affidamento deve rispondere ad alcune regole e superare una valutazione da parte di un consiglio o di un’agenzia che si occupa di affidamento indipendenti, che può durare tra i 4 e i 5 mesi durante i quali vengono presi in esame l’abitazione, lo stile di vita, le relazioni attuali e passate dei richiedenti. Gli affidatari devono avere almeno 21 anni, una stanza per gli ospiti abbastanza grande per le esigenze di un bambino o adolescente, essere residenti a tempo pieno nel Regno Unito, avere il tempo e la capacità di prendersi cura della persona avuta in affidamento.

L’età, lo stato civile, l’etnia, la religione sono tutti fattori presi in considerazione, ma ogni decisione è vincolata al miglior interesse per il bambino. Anche se la legge sull’Infanzia (Children Act) del 1989 dice che “deve essere garantita la piena attenzione al genere, alla fede, all’origine etnica, al background culturale e linguistico di ogni singolo bambino, all’orientamento sessuale e alla presenza di disabilità”, questo non significa, spiega BBC, che gli affidatari debbano avere lo stesso background etnico o religioso dei bambini avuti in affidamento, ma devono essere in grado di soddisfare le loro esigenze culturali e religiose.

Le regole dell'affidamento sono complesse e titoli che alimentano odio e paura nei confronti dei musulmani non aiutano, scrive sul Guardian Esmat Jeraj, autrice dello studio “The Missing Muslims report on the barriers to Muslim participation in public life”. È giunto il momento di avere una discussione onesta sullo stato del sistema di cura, le pressioni sulle autorità locali, il numero crescente di bambini in cura, e come far sì che le famiglie di tutte le provenienze possano diventare affidatarie. Di scrivere articoli che consentano di capire come si diventa affidatari e rendere più semplice garantire la sicurezza dei bambini, il vero obiettivo che tutti devono avere a cuore, prosegue la studiosa.

Invece il Times, e i giornali che hanno ripreso i suoi articoli hanno preferito titoli e toni sensazionalistici perché vendono e catturano facilmente l’attenzione. Far pensare che l’Islam è incompatibile con i valori britannici dà nutrimento non solo ad altri giornali ma anche a coloro che fomentano l’ostilità nei confronti dei musulmani e l’odio razziale e religioso.

I media svolgono un ruolo essenziale nella formazione di una sana democrazia e nella promozione della responsabilità, ma allo stesso tempo hanno il dovere di riportare le notizie in modo equilibrato e responsabile.

Invece, dall’articolo del Times, «il ritratto che salta fuori è quello dello scontro tra il cristianesimo bianco e l’Islam. Mi chiedo se la storia sarebbe stata notizia da prima pagina se i genitori adottivi non fossero stati musulmani», scrive ancora Jeraj. Aspetti anche di poco conto o innocenti (come la lingua parlata) sono stati decontestualizzati e caricati di valore simbolico per rafforzare l’idea dello scontro di civiltà. Viene applicato un doppio standard: a parti invertite nessuno avrebbe messo in discussione il diritto di una famiglia bianca di prendere in affidamento o adottare un bambino nero o di una minoranza etnica. E la stessa cosa sarebbe probabilmente accaduta a religioni invertite.

Per questo, conclude Jeraj, bisogna prendere seriamente in considerazione le ramificazioni di storie come questa: «in un momento in cui molti musulmani nel Regno Unito hanno paura di esporsi per timore di essere denigrati, il rischio sarà che sempre meno famiglie musulmane si propongano per diventare genitori adottivi? In un momento in cui molti chiedono che i musulmani si integrino il più possibile e svolgere un ruolo attivo nelle comunità in cui vivono, è giusto generare sospetti se decidono di prendere un bambino in affidamento?»

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Il Times ha manipolato e distorto le informazioni, decontestualizzando la storia, non consentendo di dare elementi utili per conoscere la vicenda nei suoi dettagli e puntando, invece, a infiammare e aizzare l'opinione pubblica, che se avesse avuto tutti gli elementi a disposizione avrebbe sicuramente reagito in modo diverso. Ma oramai il quotidiano britannico, e tutti gli altri media che hanno ripreso la notizia senza verificarla, hanno fatto danni incalcolabili. A poco servirà far sapere che la storia non è così come ce l'hanno raccontata.

Immagine in anteprima via BBC

*Grazie a Davide Denti e Gino Pino per la segnalazione.

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